Catl, il colosso cinese che domina il mercato delle batterie

La maggior parte di chi guida un’auto elettrica, probabilmente non sa di avere a bordo un componente realizzato dalla “CATL”, acronimo di “Contemporary Amperex Technology Co. Limited”, società con sede a Ningde, prefettura di Fujian, in Cina. Un colosso di proprietà del magnate Zeng Yuqun, uno degli uomini più ricchi del continente asiatico, con diversi impianti produttivi e altrettanti centri di ricerca e sviluppo fondato nel 2011 e specializzato nella produzione di batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici che appena cinque anni dopo – nel 2016 – è riuscito a diventare uno dei principali fornitori dell’universo automotive, con una cinquantina di marchi che adottano le sue batterie, dai cinesi di BYD a Tesla e il gruppo Volkswagen.

Motivo di tanto successo la continua ricerca che nel 2019 ha portato il gruppo a presentare il primo veicolo al mondo dotato di tecnologia “cell-to-pack” che integra le cellule eliminando la presenza dei moduli: un doppio colpo che oltre ad alzare il volume di utilizzo del 20%, dimezza del 40% il numero dei componenti e di conseguenza tempi e costi.

SHENXING, LA PIÙ VELOCE

Un brevetto rivoluzionario che fa il paio con una novità presentata in anteprima al Salone di Shanghay qualche settimana fa: la seconda generazione della “Shenxing”, una batteria a ricarica ultrarapida in grado di assicurare 520 km di autonomia con 5 minuti netti di ricarica e la capacità di passare da 0 all’80% in un quarto d’ora. Quanto basta per essere stata prenotata da almeno una settantina di modelli in uscita.

PREDOMINIO ASSOLUTO

Preambolo necessario per spiegare che l’Asia, in una gara riservata a due fra Cina e Corea, non sta solo assumendo il comando dei mercati mondiali dell’auto, ma anche in quello della componentistica. Secondo un report della “Sne Research”, fra gennaio e marzo di quest’anno la Catl ha ormai conquistato il 38% della quota di mercato globale con 339,3 GWh complessivamente installati, ma è un solo piccolo indizio di una top ten di produttori di batterie per auto occupata da aziende cinesi. Al secondo posto svetta BYD (153,7 GWh), seguita dai coreani di LG (96,3). Appena giù dal podio un’altra cinese, la Calb (39,4 GWh), quindi la coreana Sk On (39), la giapponese Panasonic (35,1) e l’ennesima coreana, Samsung Sdi (29,6).

A certificare il predominio assoluto della Catl anche il via libera della “China securities regulatory commission” all’emissione di 220 milioni di azioni con una nuova quotazione sulla borsa di Hong Kong, dopo quella a Shenzen. Secondo l’agenzia “Reuters”, l’offerta pubblica iniziale potrebbe sfiorare i 5 miliardi di dollari, diventano la più imponente quotazione di un’azienda cinese dopo quella del 2021 della “Kuaishou Technology”.

LA CONQUISTA DELL’EUROPA

Denaro fresco per le casse della Catl, che avrebbe intenzione di investire trasformando in dimensioni colossali l’impianto per la produzione di batterie da 100 GWh a Debrecen, in Ungheria, in grado di soddisfare le richieste dei marchi europei, che farebbe il paio con un altro in costruzione in Spagna, in joint venture con Stellantis, per la produzione di batterie al litio ferro fosfato. Sempre in Ungheria – tanto per spiegare la foga con cui presidente Orbán si era opposto alle misure europee contro l’imperversare dei marchi cinesi – dovrebbe sorgere uno stabilimento della BYD, anche se con l’ombra del sospetto di aver ricevuto sussidi da Pechino in contrasto con le leggi UE.

Ma qualche nuvola scura, sul cielo della Catl non manca: nel gennaio scorso, il Dipartimento per la Difesa statunitense ha inserito il colosso delle batterie nella black list di società che avrebbero anche interessi in campo militare. Sospetti che a Bruxelles, al contrario, non sembrano interessare.

UNA SUPREMAZIA PIANIFICATA NEI DETTAGLI

“La Cina è stata in grado di compiere un balzo dall’archeologia industriale alla tecnologia più moderna -ha spiegato in un’intervista a “Wired” Giuliano Noci, prorettore delegato del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano – e rispetto all’Europa non è stata frenata dalle incrostazioni industriali del passato. Ma nulla è frutto di improvvisazione, perché i cinesi pianificano con decenni di anticipo: adesso stanno già guardando al 2050. Le prime avvisaglie dell’attuale trasformazione innovativa si potevano intravedere già sul far degli anni 2000 quando per la prima volta il governo manifestò una forte attenzione per i temi della proprietà intellettuale: nel 2005 è nato il Piano made in China 2025, in cui è stato deciso che le industrie del paese dovessero primeggiare in una lunga serie di settori innovativi”. Et voila.