Suzuki Ignis Hybrid sotto la lente di Auto Tecnica

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Era il 2016 quando Suzuki presentò l’ultima generazione di Ignis.

Un nome già noto, poiché utilizzato per due serie di modelli nei quindici anni precedenti, per una vettura invece molto moderna anche nel concetto, a metà tra l’utilitaria e il SUV con un design molto vivace (valorizzato soprattutto con i colori più sgargianti) premiato da un ottimo successo a livello di vendite e brand awareness.

Posizionamento

Ignis unisce dimensioni estremamente compatte con un’immagine vagamente offroad, grazie alla fisionomia a ruote alte unita a elementi stilistici tipici delle vetture dal carattere wild e alla possibilità di essere dotata della trazione integrale AllGrip.

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Con il restyling introdotto nel 2020, la Ignis è stata rinnovata in modo leggero sul fronte estetico e più sostanziale sotto quello tecnico, proseguendo il processo di elettrificazione ‘soft’ messo in atto dalla Casa giapponese.

Questo si esprime su tutta la gamma con un powertrain ibrido leggero a 12V che permette di ridurre i consumi ma soprattutto il livello di emissioni di CO2.

La Suzuki Ignis Hybrid monta il cambio manuale a 5 marce sia nella versione a trazione anteriore sia in quella integrale, mentre il cambio automatico CVT a variazione continua è riservato esclusivamente alla All-Grip.

Grazie a queste caratteristiche, la Casa giapponese alza il livello tecnologico nel segmento A, proponendo un modello che offre la solita versatilità ma più efficienza e uno stile iconico, il tutto a un prezzo che, rapportato alla qualità e alla dotazione, si mantiene a livelli accessibili.

Design: analisi formale e dimensioni

SUV o citycar? Le dimensioni estremamente compatte (stiamo parlando di un’auto lunga appena 3.700 mm, larga 1.690 mm e alta 1.605 mm) si uniscono a forme muscolose, ai passaruota allargati e ad un’altezza da terra che sfiora i 180 mm.

Un city-SUV a tutti gli effetti che, con il restyling, acquista ancora più carattere grazie ai piccoli ritocchi estetici nella parte anteriore e posteriore.

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Il frontale del city-SUV giapponese. Si notano la nuova mascherina con le quattro finestre col bordo cromato dal design curato, lo skid plate e il lip inferiore, aggiunto per contrastare la lift force aerodinamica.

Il frontale ospita la nuova mascherina a quattro listelli verticali che richiama Jimny aumentando la suggestione offroad e congiunge i gruppi ottici anteriori con luci diurne a LED e fendinebbia ora rialzati rispetto alla versione precedente.

Nella parte anteriore, sotto lo skid plate che, insieme a quello posteriore e ai mancorrenti sul tetto, garantisce un aspetto più massiccio su strada, troviamo un lip anteriore con il compito di diminuire la lift force aerodinamica (portanza) che tenderebbe ad alleggerire l’avantreno a velocità sostenute.

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Piacevole la linea di stile che parte dallo spigolo della cornice faro e particolare l’inserto in plastica che ‘rompe’ il profilo inferiore del cofano.

In assenza di un fondo piatto, questa è una delle soluzioni surrogate più diffuse che permette, a un costo ridotto, di ottenere un buon risultato in termini dinamici.

Nella parte laterale spiccano le portiere dalla forma squadrata, che garantiscono una buona accessibilità anche alle persone molto alte, e le finte prese d’aria posizionate sul C-Pillar, un dettaglio stilistico che omaggia e richiama alla mente la sportiva Suzuki Cervo degli anni ’60-‘70.

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Le due linee spezzate che danno forma al montante C su cui sono stampate le tre finte prese d’aria che ricordano la Suzuki Cervo degli anni ’70.

Il posteriore è definito da linee spezzate e un andamento verticale, ma mette in maggior risalto i parafanghi allargati.

Con il restyling il paraurti, ridisegnato, perde il paracolpi in plastica nera e viene dotato di un fascione simile a quello posteriore e di due catadiottri laterali incastrati nella carrozzeria.

Le linee e il design non fanno certo passare inosservata la Ignis che, con i numerosi ritocchi subiti dal lancio mantiene una sua precisa identità, avvicinando sempre più i gusti europei.

Ergonomia: abitacolo e interni

All’interno lo spazio disponibile è buono in larghezza e ottimo in senso longitudinale.

Apprezzabile da una buona fetta di clientela, specie femminile, la seduta alta e l’ampia visibilità.

Gli interni (in questo caso della versione col cambio manuale) sono semplici nel design e funzionali, come si addice a un veicolo di questo segmento. Tuttavia il livello di finitura e la cura dei dettagli è esemplare.

La praticità a cui sono votati gli interni non preclude una certa cura dei dettagli e materiali che danno una percezione di solidità e durata.

Semplici e sufficientemente intuitivi i comandi.

Architettura e telaio

Alla base della Suzuki Ignis c’è un telaio in acciaio altoresistenziale.

Grazie alle dimensioni nettamente più contenute, il piccolo SUV della Casa giapponese può contare su un eccellente rapporto potenza/peso, grazie al peso a vuoto contenuto in 855 kg (modello a trazione anteriore entry-level).

Un punto importante che permette al nuovo sistema di propulsione ibrido di spingere senza particolari sofferenze l’unico modello sul mercato che in 3,70 metri di lunghezza condensa una certa propensione all’off-road, specie nella versione con la trazione integrale AllGrip, e la maneggevolezza di una vera e propria citycar.

La macchina è diventata più alta di circa un centimetro per via della nuova taratura più confortevole delle sospensioni.

La soluzione adottata rimane la stessa: MacPherson sull’avantreno e ponte torcente al posteriore.

L’impianto frenante vede l’utilizzo di freni a disco ventilati sulle ruote anteriori e di freni a tamburo sulle posteriori.

Tecnica e innovazione

La Suzuki Ignis Hybrid monta un powertrain mild hybrid a 12V.

Il motore endotermico quattro cilindri Dualjet da 1,2 litri, siglato K12D, è un’evoluzione del precedente K12C introdotto per la prima volta da Suzuki nel 2014 sulla Swift.

Omologato Euro 6D, ha la cubatura leggermente ridotta (da 1.242 cc a 1.197 cm3 per effetto di un corsa passata da 74,2 mm a 71,5 mm col medesimo alesaggio di 73 mm).

E’ aumentato anche il rapporto di compressione, passato da 12,5:1 a 13:1.

Inoltre è stato rivisto il sistema che controlla la fasatura variabile delle valvole di aspirazione (tramite un nuovo attuatore elettrico) e di scarico (con attuatore idraulico convenzionale) ed è stata introdotta una nuova pompa dell’olio a palette a portata variabile.

Il vano motore ospita in posizione trasversale il nuovo quattro cilindri K12D, l’1.2 litri Dualjet a benzina da 83 CV.

Ormai generalizzato l’uso di un sistema di ricircolo dei gas di scarico (EGR) che, come noto, preleva una piccola porzione di gas e la introduce all’aspirazione per ridurre la quantità di ossigeno della carica.

Di conseguenza, la combustione avviene più lentamente e si abbassa la temperatura, andando a ridurre la formazione di NOx allo scarico.

Tra gli altri punti di forza troviamo l’iniezione Dualjet, sviluppata da Suzuki, che, grazie a due iniettori per cilindro posizionati molto vicino alle valvole di aspirazione, consente una miglior atomizzazione del carburante e una migliore combustione.

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Un’immagine che illustra le due posizioni di massima e minima portata della pompa di lubrificazione a palette. L’anello esterno, statore, è fatto ruotare rispetto al rotore che porta le palette centrifughe per mezzo di un flusso d’olio in pressione controllato da un’elettrovalvola.

La Suzuki Ignis è una delle poche vetture del segmento A a poter contare sulla motorizzazione mild hybrid.

L’Integrated Starter Generator (ISG) è una piccola unità elettrica da 2,7 CV che funge da alternatore, motorino d’avviamento e assistente al motore termico quando viene richiesto un surplus di potenza da parte del guidatore.

L’aumento di compressione (da 12,5:1 a 13:1) del motore della nuova Ignis, il K12D, è stato ottenuto modificando la forma del cielo del pistone e rilavorando la camera di combustione che è passata da un volume di 27 cc a 24,94 cc. Rispetto al precedente K12C è cambiato il diametro della valvola di aspirazione (da 26,5 mm a 28 mm) mentre quella di scarico è rimasta invariata (22,9 mm).

Viene alimentata da una batteria agli ioni di litio da 10 Ah alla cui ricarica provvede l’energia recuperata col generatore in fase di frenata rigenerativa.

Sebbene questo sistema non consenta l’utilizzo della vettura in modalità 100% elettrica, garantisce comunque una riduzione significativa dei valori di consumo di carburante e di emissioni di CO2.

Per il modello che abbiamo provato, ovvero il 2WD con cambio CVT, la Casa dichiara, nel ciclo combinato WLTP, 4,6 l/100 km e 124 g-CO2/km.

La nuova valvola di controllo dei flussi del liquido di raffreddamento, parte del ‘pacchetto’ di accorgimenti introdotti per diminuire il warm-up.

A livello di prestazioni, il nuovo powertrain della Ignis Hybrid è stato ottimizzato in funzione dell’aiuto fornito dal sistema mild-hybrid, intervenendo sull’erogazione: la coppia di 107 Nm e disponibile già a 2.800 giri/min, mentre la potenza è di 83 CV a 6.000 giri/min.

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Un’altra modifica importante introdotta sul motore è l’integrazione del collettore di scarico nella fusione della testata, per un miglior controllo della temperatura e avere il sistema di trattamento gas di scarico il più possibile vicino alla zona calda, anche in questo caso per accorciare il tempo di warm-up.

Il cambio CVT a variazione continua è composto dalla classica cinghia in acciaio che collega le due pulegge con le spalle mobili per mantenere sempre il rapporto di trasmissione ottimale in funzione del carico.

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La leva per selezionare le modalità di marcia del cambio CVT.

Il rapporto di trasmissione varia in modo continuo tra 4,006:1 e 0,550:1, ma è stata prevista una preselezione di 7 rapporti da gestire con i paddle al volante.

Qualità costruttiva percepita  

Quando si va ad analizzare la qualità costruttiva di una vettura di segmento A che a un prezzo contenuto offre anche la trazione integrale e una dotazione così ricca si potrebbe partire prevenuti.

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Un dettaglio delle guarnizioni montate sulle portiere, ben progettate ed efficaci.

E, invece, la Ignis ci ha stupito. Esaminando alcuni dettagli costruttivi abbiamo notato la presenza di alcune soluzioni intelligenti che i tecnici giapponesi hanno adottato contenendo i costi senza rinunciare agli obiettivi. Ad esempio i passaggi obbligati di cavi e tubazioni nel sottoscocca, completamente aperto, sono stati curati in modo quasi maniacale per evitare danneggiamenti o abrasioni, così come ben progettati e robusti sono i supporti elastici del motore alla scocca.

Il nostro ‘indice pratico di qualità dell’assemblaggio’ ovvero la misura del passo sui due lati del veicolo (valore nominale 2.435mm) ha evidenziato uno scostamento minimo, segno positivo di un processo sotto controllo, tipico delle aziende giapponesi.

Non ci ha invece convinto il posizionamento dell’astina che tiene aperto il cofano anteriore: il punto di ancoraggio molto vicino a una delle due cerniere genera un forte sbalzo che unito a una certa flessibilità del cofano dà la sensazione di una certa labilità dell’insieme, specie in presenza di vento.

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L’astina che regge il cofano ha poco ‘piede’, è quasi verticale e col fulcro molto arretrato. questo rende l’ancoraggio piuttosto labile, specie in presenza di vento.

Buoni gli accoppiamenti tra parti mobili e fisse e gap&flash contenuti e costanti e coerenti con la mission e il posizionamento del veicolo.

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Nonostante sia un’utilitaria, la Suzuki Ignis segue elevati standard qualitativi, che si esprimono anche con accoppiamenti tra parti fisse e mobili contenuti e costanti.

Vano motore e sottoscocca

Sul vano motore c’è poco da dire: Suzuki, come per gli altri modelli della gamma, propone un sotto cofano ampio con molto spazio fra i vari elementi, aumentando così la facilità e la rapidità degli interventi di manutenzione.

Andando più nel dettaglio, i cablaggi sono curati, le guaine adeguate all’utilizzo e rinforzate nei punti più critici.

Il sottoscocca, come abbiamo già accennato, è completamente aperto e lascia bene in vista la trasmissione, il differenziale anteriore e il gruppo sospensioni anteriore e posteriore.

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Un primo piano della parte anteriore del sottoscocca. Si può notare come la maggior parte degli elementi principali siano in vista e accessibili. Dietro al tubo di scarico si può intravedere il semiasse anteriore destro che per effetto della posizione decentrata del differenziale è più lungo del sinistro (550 mm vs 28 mm). Per compensare la diversa frequenza torsionale è stata applicata un’opportuna massa metallica rivestita in gomma.

Tutto ciò che è in vista è comunque adeguatamente protetto, a cominciare dalle estese protezioni termiche per l’impianto di scarico fino a cavi e tubi.

Il braccio verticale della sospensione McPherson anteriore.

I cavi che dalla batteria da 10Ah, posizionata sotto il sedile del conducente, corrono fino al vano motore per collegarsi al sistema ibrido, sono protetti da un robusto guscio in materiale plastico.

La copertura dei collegamenti tra batteria e ISG del sistema ibrido leggero.
Un dettaglio del dispositivo per la regolazione dell’altezza fari in funzione dell’assetto assunto dal retrotreno in conseguenza del carico.

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Per alloggiare un ammortizzatore con la corsa adeguata all’escursione della ruota e col vincolo superiore l’attacco inferiore ha dovuto essere vistosamente abbassato. Si notano anche la molla elicoidale e il freno a tamburo.

Prova su strada

Saliamo a bordo della Ignis e nonostante le dimensioni esterne siano tra le più ridotte sul mercato, l’abitacolo offre il giusto comfort per 4 persone.

La posizione di seduta molto eretta, unita a vetrature poco inclinate e ingombri minimi, offre una buona visibilità esterna.

I comandi sono facilmente raggiungibili così come lo schermo touchscreen da 7” posizionato sulla parte alta della plancia che, a dire il vero, non ha entusiasmato in termini di velocità di esecuzione dei comandi e di nitidezza dell’immagine.

In movimento, la Ignis Hybrid fa risaltare subito le doti di maneggevolezza: merito del passo corto che esalta l’agilità del veicolo, dote estremamente utile in città, anche se lo sterzo, che abbiamo trovato un po’ troppo demoltiplicato, può in parte penalizzare nei rapidi cambi di traiettoria.

La direzionalità in autostrada, a velocità di 100-110 km/h, è afflitta da un leggero pulling in tiro/rilascio, rilevabile ma all’atto pratico innocuo.

Inoltre il lip anteriore non genera una spinta verso il basso sufficiente a contrastare del tutto la lift force dell’avantreno, con la conseguenza di un percettibile alleggerimento dello sterzo che comunque non si manifesta mai in modo allarmante e tale da diminuire la generale sensazione di sicurezza offerta dal veicolo.

La nuova taratura delle sospensioni garantisce invece un maggior livello di confort rispetto alla versione pre-cedente anche se evidenzia un certo rollio ad andatura sostenuta in curva.

Qualche rimbalzo su terreno fortemente sconnesso non inficiano un comfort complessivo buono.

In sostanza la guida e comunque facile e sicura e, a meno di forzature inopportune, non mette mai in difficoltà.

Nei rilasci indotti in curva il sovrasterzo resta progressivo e controllabile, così come il lieve sottosterzo in ingresso nelle curve strette, dovuto al trasferimento di carico sull’anteriore.

In generale la conduzione della traiettoria è sempre precisa.

La cosiddetta driveability, ovvero il parametro che considera guidabilità e fluidità dell’erogazione, è da considerare piacevole ad andatura urbana con l’erogazione ben calibrata, merito del seppur limitato boost offerto dall’ibrido allo spunto e, nel caso della vettura provata, del cambio CVT che contribuisce a ‘mascherare’ eventuali picchi o vuoti nell’alimentazione.

Certo, la Ignis non nasce per fare le corse ma offre quando necessario la giusta spinta per affrontare qualche sorpasso in scioltezza o una pendenza più critica della media.

A livello di NVH, nell’abitacolo si rileva una bassa presenza motore ma si percepisce un certo rotolamento degli pneumatici attorno agli 80-90 km/h, cui si aggiungono peraltro limitati fruscii aerodinamici appena sopra i 100 orari.

Del cambio CVT è nota la tendenza a far ‘frullare’ il motore quando si chiede tutta potenza.

E’ un limite strutturale a cui Suzuki ha posto rimedio preimpostando 7 rapporti selezionabili coi paddle al volante.

Si tratta di 7 posizioni definite delle pulegge nella loro escursione continua tra i due limiti di rapportatura.

Certo non diventa un doppia frizione, che impatterebbe in modo importante sui costi, ma in certe situazioni, come ad esempio nell’utilizzo del freno motore in discesa o in frenata, offre un contributo tangibile.