Ford Fiesta R5: vecchietta terribile

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Ci sono Case il cui nome è indissolubilmente legato ai rally. Subaru, ad esempio, e prima ancora Lancia, Audi e Peugeot, protagoniste di spicco nell’epoca delle mostruose Gruppo B che ancora suscitano emozione e qualche nostalgia. Tra le Case che hanno scritto pagine importanti di questa disciplina, però, c’è anche Ford, che fin dalla fine degli Anni ’60 ha dedicato una parte consistente dei budget destinati ai programmi sportivi proprio alla realizzazione di auto da rally. Dalla mitica Escort RS in avanti, passando per le Sierra e le Escort Cosworth Gruppo A (erano gli Anni ’90) per arrivare alla Ford Focus WRC con cui ha affrontato, vincendo il Mondiale nel 2006 e nel 2007, gli albori dell’era moderna di questa disciplina. Alla Focus, dal 2011, è subentrata la Fiesta, svelata prima in versione WRC e, due anni dopo, declinata in numerose varianti meno spinte, dalla R1 molto vicina ad un’auto di serie alla più performante R5, riservate ai clienti privati.

La prima Ford Fiesta R5

Nonostante gli anni sulle spalle, la Ford Fiesta continua ad essere una delle R5 più gettonate nei rally, sia in Italia sia all’estero. Per questo motivo abbiamo deciso di andare a scoprire meglio come è fatta. Per farlo, ci siamo recati nel quartier generale del Team D’Ambra, dove abbiamo potuto studiare da vicino la R5 della Casa americana nel corso di un rialzo post-gara.

Tra una Super2000 e una WRC
Appena entrati in officina, il nostro sguardo cade subito su di lei. Bassa e larga, ha un aspetto davvero minaccioso, con quei passaruota che sembrano contenere a stento i grandi cerchi da 18”. Come dicevamo, la Fiesta è stata la prima vettura a venire declinata in variante R5. Ad occuparsi del suo sviluppo sono stati i tecnici di M-Sport, l’azienda inglese responsabile storica del programma rallystico di Ford. L’obiettivo della factory britannica guidata da Malcolm Wilson è stato chiaro fin dall’inizio: creare una vettura più prestazionale delle uscenti Super2000, ma dai costi più contenuti rispetto a quelli di una WRC. Il risultato è una macchina estremamente veloce e competitiva, un vera e propria “word rally car” in miniatura, che nonostante differisca nel 90% delle sue componenti da quelle in uso sulle vetture della categoria regina riesce, cronometro alla mano, ad essere più veloce della Super2000 di oltre un secondo al chilometro.

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La Ford Fiesta R5 del Team D’Ambra.
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L’abitacolo della Fiesta R5. Per accentrare i pesi, il sedile del pilota è spostato verso il centro della vettura, così come il volante e la pedaliera.

Carrozzeria sotto steroidi
La base di partenza per lo sviluppo della Ford Fiesta R5 è quella offerta dalla stradale più sportiva disponibile a listino, ossia la ST lanciata nel 2013. Rispetto a questa, però, il modello da competizione è profondamente diverso. Si nota a colpo d’occhio perché se la lunghezza della vettura è rimasta la stessa della ST che si può incrociare per strada, ossia 3,97 metri, a livello di larghezza la R5 guadagna addirittura 10 centimetri, arrivando a un totale di 1,82 metri. Invariato, come da regolamento, l’interasse, che misura 2,48 metri ovvero la lunghezza ideale per rendere la vettura tanto precisa e reattiva nel misto stretto, quanto stabile e controllabile sui tratti più veloci. Il resto dell’impatto visivo con la Fiesta R5 è tutto merito del pacchetto aerodinamico. Questo, in realtà, non è così estremo come quello in uso sulle nuovissime WRC Plus: non si trovano quindi, vistosi splitter nella parte anteriore e nemmeno uno scivolo posteriore ad effetto Venturi, l’unico elemento in grado di generare qualche chilo di downforce è lo spoiler posteriore, che è fisso ed è realizzato in fibra di carbonio.

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Il propulsore della R5 di casa Ford è un 1.6 a quattro cilindri capace di sviluppare 285 CV e 450 Nm di coppia, che vengono trasmessi a tutte e quattro le ruote.

Il fischio del turbo
Derivato dalla serie è anche il propulsore. Sotto il cofano della Ford Fiesta R5, infatti, trova posto un quattro cilindri di 1.619,97 centimetri cubici pure questo strettamente imparentato con il 1.6 che spinge la ST stradale. Le similitudini, tuttavia, si limitano al basamento. Tutti gli altri elementi che costituiscono il motore della R5 sono inediti. A cambiare, rispetto al modello di serie, è anche il posizionamento dell’unità. Per abbassare il baricentro e per spostare il più possibile le masse verso il centro della vettura, il quattro cilindri è stato montato qualche cm più in basso rispetto alla versione da strada e soprattutto inclinato all’indietro di 45 gradi. L’unità è sovralimentata tramite una turbina prodotta dalla Garrett che, come da regolamento FIA, è stretta da una flangia da 32 millimetri. Il sistema di sovralimentazione, inoltre, è completato da una valvola pop-off, anche questa regolamentata dalla Federazione internazionale. Si tratta della 007 – ma nelle gare titolate FIA si può usare la 008 – e il suo compito è quello di mantenere una pressione massima di sovralimentazione della turbina pari a 1,5 bar. Particolare il sistema di isolamento termico del tubo di mandata del turbo, costituito dal nastro isolante Gold Reflective Film: si tratta di un materiale aerospaziale, un polimero poliammide per la precisione, in grado di riflettere il 78% del calore radiante con temperature di utilizzo costanti di 450° C. Così configurato, il propulsore è in grado di sviluppare una potenza massima di 285 CV a 4.500 giri e un picco di coppia di circa 450 Nm a partire sempre da 4.500 giri al minuto. FordIn effetti, pur trattandosi di un motore sovralimentato, potenza e coppia si sviluppano piuttosto in alto. Per questo l’unità è abbinata a un cambio sequenziale di origine Sadev con frizione bidisco in rame i cui rapporti – cinque in totale più retromarcia – sono studiati per assicurare comunque un ottimo “tiro” anche ai bassi regimi. Prima, seconda e terza sono molto corte, soltanto quarta e quinta si allungano un pochino anche se il finale resta comunque da circa 170 km/h. Integrale, ovviamente, la trazione, che fa affidamento sulla presenza di due differenziali autobloccanti meccanici per la trasmissione della potenza ai due assali.

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Il disco freno anteriore da 355 mm con pinza monoblocco a quattro pompanti AP Racing.

Con le ruote sempre a terra
Molto profondo e accurato è stato anche il lavoro svolto dai tecnici inglesi di M-Sport al capitolo assetto. La Fiesta R5 sfrutta uno schema MacPherson sia per l’avantreno sia per il retrotreno e l’intero comparto sospensivo è montato su telai in alluminio facilmente smontabili in caso di necessità, sui quali sono installate le sospensioni prodotte da Reiger. Queste sono dotate di un particolare sistema di sgancio della molla di estensione: quando l’ammortizzatore raggiunge la massima distensione, come accade nel corso di un salto, il sistema rilascia la molla consentendo alla sospensione di allungarsi ulteriormente fino al massimo della loro capacità. In questo modo le ruote si staccano dal terreno per il minor tempo possibile: un bel vantaggio in termini di trazione e conduzione. Di contro, la regolazione dell’estensione non è delle più semplici – come ci spiegano i tecnici del Team D’Ambra – perché per regolare il rebound degli ammortizzatori è necessario avere la macchina a terra e cercare il punto zero dell’estensione, intervenendo direttamente sulla rondella posizionata nella parte alta della sospensione, quella che spunta all’interno della macchina per intenderci. Più tradizionale, invece, la regolazione della compressione (lenta e veloce) che può essere fatta direttamente dall’apposito comando accanto al serbatoio dell’ammortizzatore. La particolare geometria delle sospensioni, inoltre, permette di godere di un recupero dell’angolo di camber nell’ordine dei due gradi. Questo è possibile grazie alla notevole inclinazione degli ammortizzatori, che ne aumenta l’escursione consentendo così di non dover perdere tempo a trovare l’angolo di camber ideale prima di ogni gara.

Ottimo anche l’impianto frenante marchiato AP Racing che fa affidamento su quattro dischi baffati e autoventilanti da 355 millimetri per le gare su asfalto e da 300 millimetri per quelle su terra. In entrambi i casi la pinza è monoblocco a quattro pompanti. Non è presente un vero e proprio ripartitore di frenata, ma un più semplice sistema di bilanciamento della potenza frenante tra l’assale anteriore e quello posteriore. Il sistema è chiamato a frenare una massa a vuoto di 1.224 kg, ripartiti al 55% all’anteriore e al 45% al posteriore. Il freno a mano, indispensabile su un’auto da rally, è di tipo idraulico ed ha la peculiarità di contenere l’olio per lo sblocco del differenziale direttamente all’interno della leva nell’abitacolo.

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La PDU montata all’interno del vano motore. Ce ne sono cinque sulla vettura, tutte comandate dalla centralina iniezione e ognuna con funzione di termofusibile.

Cervello elettronico
Un capitolo a parte va dedicato all’elettronica. La Ford Fiesta R5 è un vero e proprio tripudio di gingilli elettronici. Oltre alla classica centralina iniezione, quella in uso su qualsiasi vettura, la R5 di casa Ford ne ha altre cinque sparse un po’ per tutta la macchina, per la precisione due all’interno del vano motore e tre all’interno dell’abitacolo. Si chiamano PDU e ognuna di esse ha la funzione di termofusibile preposta al controllo di alcune particolari funzioni della vettura. Quella montata sul lato destro del vano motore, ad esempio, controlla la temperatura e la pressione dell’aria in ingresso nel propulsore oltre che l’accensione e lo spegnimento delle luci anteriori, compresi gli eventuali fari supplementari. Ma non è tutto oro quello che luccica: se è vero che questo sistema di centraline è in grado di tenere sotto controllo i vari parametri di funzionamento della vettura comunicando eventuali guasti al pilota tramite lo schermo posto dietro il volante, è anche vero che nel caso una di queste cinque centraline si guasti, ricomprarne una è piuttosto costoso e prima di poterla installare sulla vettura occorre farla programmare da zero. Sempre alla voce elettronica e tecnologia troviamo poi le due mappe motore, una per i trasferimenti e una per le prove speciali. All’interno della seconda ci sono le tre mappature del “bang” che regolano l’aggressività di risposta del propulsore su tre livelli, appunto, in base alle condizioni del tratto di strada sul quale ci si trova a correre. Tutte queste funzioni sono comandabili attraverso la piccola consolle centrale posizionata davanti alle leve del cambio e del freno a mano tra pilota e navigatore. Qui, trovano posto anche i comandi del launch control, anch’esso “settabile” in base alle proprie necessità, permette di scegliere il regime di giri dal quale effettuare la partenza fino ad un massimo di 6.500 giri. (Testo di Pietro Cardone – Foto apertura Davide Giaccioli)