Dammi il cinque. Incredibile Zanardi. Apparentemente sempre in cerca di nuove sfide. In realtà, come dice lui, con un sorriso sornione, “quando mi fanno proposte come questa come posso rispondere di no”. Già, si riferisce all’ultima “impresa… suicida”, sempre come l’ha definita lui, in ordine di tempo. In effetti una sfida non semplice, perché il campione bolognese, appena terminato il mondiale hand-bike dove purtroppo ha perso la maglia iridata, ha debuttato nel DTM in occasione del round italiano corso a Misano, il settimo dei dieci su cui si articola la stagione DTM 2018. Una categoria tra le più competitive a livello internazionale, sia per le prestazioni delle macchine, in pratica degli autentici prototipi, sia per il livello dei piloti presenti, tutti super professionisti ingaggiati dalle tre Case presenti: BMW, Mercedes e Audi. Un po’ come gettarsi nella gabbia dei leoni. Infatti, alla vigilia della gara Zanardi ci confidava che “chiunque mastichi un po’ della materia sa bene che non posso avere aspettative, soprattutto considerando il valore dei piloti presenti”. Peraltro campioni molto esperti della categoria e pienamente affiatati con la propria macchina, mentre il pilota bolognese ha dovuto imparare tutto in due giorni di test a Vallelunga e nelle prove libere di Misano, oltre tutto disturbate dalla pioggia. A questo si aggiunga che i tecnici BMW hanno dovuto studiare e mettere a punto i sistemi e comandi speciali per consentire a Zanardi di pilotare la M4 DTM. Peraltro guidando in modo completamente nuovo rispetto al passato, quando aveva utilizzato le protesi delle gambe. Insomma, una sfida all’ennesima potenza. Che Zanardi ha affrontato con la solita serenità e, al tempo stesso anche se dall’esterno potrebbe non sembrare per il tradizionale humor con cui “condisce” le sue dichiarazioni, la tradizionale pignoleria e grinta. Un impegno premiato con lo splendido quinto posto in gara 2 (foto Bonoragency), certamente favorito dalla strategia azzeccata ma strappato con i denti e ottenuto in condizioni di pista davvero difficili. In una parola, grande! E noi abbiamo approfittato della corsa romagnola per conoscere nei dettagli com’è fatta la BMW M4 DTM, in generale e in particolare quella utilizzata da Alessandro Zanardi.
Prototipi travestiti
E’ sufficiente un semplice colpo d’occhio, da vicino, per realizzare che una vettura DTM, a parte le sembianze esterne, ha ben poco a che spartire con il modello di vettura stradale che “replica”. In realtà si tratta di veri e propri prototipi carrozzati, con un livello di sofisticazione tecnologica molto alto ma senza le diavolerie elettroniche che limitano di fatto l’apporto del pilota e fanno lievitare i costi all’inverosimile. Proprio per limitare i costi, il regolamento tecnico impone alle tre Case impegnate nella serie l’utilizzo di diverse componenti comuni. A partire dal telaio, composto da una vasca inferiore in composito “legata” nella parte superiore da una gabbia in tubi fissata in sei punti, con strutture di assorbimento d’urto integrate, anteriori, laterali e posteriori. Il telaio è rivestito da una carrozzeria, anch’essa in composito che contribuisce a contenere il peso totale della vettura con pilota a bordo in 1.031 kg, che richiama un modello di vettura stradale scelto dalla Casa. Nello specifico la M4, le cui linee sono riprese nella parte superiore, a parte i passaruota generosamente allargati fino al limite regolamentare, fino al mozzo ruota, sotto il quale vi sono ampie modifiche per incrementare il carico aerodinamico. Che peraltro, come vedremo più avanti, da questa stagione è stato limitato.
Costi calmierati
Oltre al telaio, per contenere i costi il regolamento tecnico impone l’utilizzo di altre parte comuni: impianto frenante, peraltro con l’utilizzo di massimo tre set di dischi e nove set di pastiglie a vettura per l’intera stagione, alcuni elementi delle sospensioni, cambio e differenziale, cerchi, splitter, fondo estrattore e ala posteriore. Anche i motori sono contingentati, per un massimo di otto a stagione per le sei vetture schierate dal Costruttore, così come sono otto i set di pneumatici per weekend di gara.
Guida “personalizzata”
Contrariamente a quanto fatto in precedenza, nel WTCC e GT dove lo stesso pilota bolognese aveva insistito per frenare con la protesi della gamba, in questa occasione i tecnici di Monaco d’accordo con il pilota hanno realizzato dei sistemi che permettessero di pilotare solo con l’ausilio delle mani. Una scelta effettuata anche in previsione della partecipazione alla 24 Ore di Daytona 2019, dove sarà al volante della M8, che Zanardi spiega così: “al momento del mio rientro alle gare le vetture WTCC erano dotate di cambio con leva manuale, perciò la mano destra mi serviva per cambiare ed è stato abbastanza scontato adottare quel sistema. Poi durante la mia partecipazione alla 24 Ore di Spa 2014 mi sono reso conto che con quel sistema non ce la facevo fisicamente a tenere sulla distanza, infatti feci solo un doppio stint, perciò questa scelta si è rivelata decisamente migliore. Così è vero che devo utilizzare parecchia forza per frenare con la leva, ma fisicamente sono preparato per quello e inoltre senza le protesi accuso molto meno affaticamento derivante dal calore che c’è nell’abitacolo”. Gli interventi maggiori hanno riguardato l’applicazione di una speciale leva per frenare, e relative pompe con ripartitore di frenata, sul tunnel centrale, e l’adozione di una frizione centrifuga in luogo di quella idraulica tradizionale. Per rendere meno faticosa la manovra di frenata il diametro dei cilindretti delle pompe è stato ridotto, in modo tale da richiedere una forza di spinta minore: 70 kg in luogo dei tradizionali 100-120 kg. Inoltre, lo studio ergonomico dell’impugnatura della leva, oltre alla forza centrifuga che in fase di frenata aiuta la spinta, contribuiscono a limitare la fatica, come confermato dallo stesso Zanardi. Come per le altre vetture DTM c’è un freno di stazionamento, utilizzato per le partenze da fermo, che può essere azionato sia premendo il tasto sul volante sia meccanicamente tramite la leva. Infine, siccome normalmente la manovra di scalata si effettua nella fase di frenata, quindi con la mano destra impegnata ad azionare la leva del freno, nella parte alta frontale della leva c’è un tasto che consente la scalata. L’altra modifica importante riguarda la frizione centrifuga completamente automatica, che apre e chiude automaticamente ad un determinato regime di giri del motore. Va detto che sulle vetture DTM la frizione si utilizza solo per partire e nel momento in cui ci si ferma. Naturalmente la definizione dei regimi di rotazione appropriati per l’azionamento della frizione ha richiesto un meticoloso lavoro di messa a punto. Obbiettivo evidentemente raggiunto, dato che nelle prove effettuate i tempi di partenza sono risultati simili a quelli ottenuti con la frizione tradizionale, così come non ha dato i temuti problemi in caso di pista bagnata, che avrebbe potuto favorire un eccessivo calo di giri motore oppure un iniziale bloccaggio delle ruote con conseguente stacco della frizione. Per il resto, il volante riprende quello già utilizzato da Zanardi sulle vetture GT, con un anello circolare completo dietro la corona per accelerare, il cui movimento è controllato dagli stessi sensori del pedale dell’acceleratore standard, quindi è stato applicato il tasto di azionamento del DRS e disattivati i pomelli di comando di ABS e Traction control che, a differenza delle Gt3, non sono presenti sulle vetture DTM.
Aerodinamica limitata
Per questa stagione c’è stata una limitazione dell’aerodinamica che ha comportato la diminuzione del carico di circa un terzo rispetto all’anno scorso. A vantaggio dello spettacolo, dato che i piloti possono metterci più del loro nella guida e hanno maggiori possibilità di sorpasso. Le limitazioni hanno riguardato l’utilizzo di un solo “flick” (piccolo flap) anteriore per lato, peraltro di dimensioni inferiori ai precedenti, e la semplificazioni dei canali laterali sotto le portiere. Per il resto, le dimensioni dello splitter anteriore sono comuni, ma ogni Costruttore può adattarne la conformazione ed i canali Venturi inferiori. I tecnici di Monaco sono intervenuti realizzando un ampio scalino centrale da cui partono i canali Venturi che indirizzano il flusso d’aria sia alle pance laterali sia al fondo estrattore posteriore. Anche l’ala posteriore è comune, regolabile a profilo singolo con un flap superiore mobile con funzione DRS (Drag Reduction System), azionabile dal pilota (con un gap inferiore al secondo) per un massimo di 36 volte a gara, che ritorna automaticamente in posizione al rilascio dell’acceleratore. Molto curata anche la fluidodinamica interna al cofano motore, per evitare effetti di portanza, e passaruota. L’ampia bocca anteriore alimenta il raffreddamento dei radiatori sdoppiati e dei freni anteriori, oltre a fornire aria ai due condotti che la convogliano al cassoncino d’aspirazione. Per evacuare l’aria calda vi sono due aperture sul cofano motore. Dischi freni e montanti sono carenati con appositi cestelli che favoriscono il raffreddamento ed evitano fastidiosi vortici. A inizio stagione le componenti aerodinamiche e meccaniche vengono omologate e successivamente non è più possibile effettuare modifiche significative.
Sospensioni, quasi, libere
Dallo scorso anno anche per le sospensioni sono stati introdotti elementi comuni, come le barre antirollio regolabili su quattro posizioni. Questo, unitamente alla conformazione della scocca ed ai punti di attacco delle sospensioni posteriori sul cambio, pur con una certa libertà di movimento, ha determinato la scelta comune dello schema push-rod sui due assi. Tuttavia l’ampia possibilità di regolazione, come angoli di camber e convergenza oltre all’altezza da terra, consente di ottimizzare le geometrie sia in funzione del tracciato su cui si corre sia delle caratteristiche del pilota. Altro elemento comune sono gli ammortizzatori Multimatic, piazzati in posizione orizzontale ai lati delle testate motore all’anteriore e sul cambio al posteriore, regolabili a quattro vie, in estensione e compressione alle basse e alte velocità, con un terzo elemento che controlla l’affondamento della vettura. Infine, un ulteriore elemento determinante per rifinire la messa a punto è la pressione degli pneumatici Hankook (300/680-18 anteriori e 320/710-18 posteriori, su cerchi rispettivamente di 12×18” e 13×18”), molto sensibili alla variazione di temperatura dell’asfalto. L’impianto frenante della AP Racing, anch’esso comune, è composto da doppie pompe racing, con ripartitore di frenata, dischi in carbonio da 380 mm all’anteriore e 340 mm al posteriore, rispettivamente accoppiati a pinze monoblocco a 6 e 4 pompanti. In caso di surriscaldamento, l’impianto dispone di un sistema di raffreddamento supplementare a liquido per le pinze anteriori, azionabile dal pilota per un massimo di due volte a gara.
Potenza e affidabilità
Anche alla voce motori il regolamento mette dei paletti ben precisi entro i quali i tecnici possono muoversi: architettura V8 di 90°, cubatura massima 4.0 litri, quattro valvole per cilindro, albero a gomiti piatto, valore massimo della corsa 75 mm, bride da 29 mm ai due cassoncini di aspirazione. Insomma, ai motoristi non rimane che lavorare di fino sui dettagli meccanici, mentre hanno maggiore libertà di programmazione della centralina elettronica Bosch, dovendo però fare i conti con la strozzatura all’aspirazione. Nonostante questi limiti, i tecnici sono riusciti a spremere dal V8 bavarese circa 500 cv a 7.800 giri/min, con una coppia di 515 Nm. Il cambio, altro elemento comune, è un sequenziale ZF a sei rapporti con comando manuale, con scala di rapporti unica ma sei differenti possibilità di rapporto variando la coppia conica. Il differenziale autobloccante è di tipo meccanico, con regolazione del precarico. Quindi, come detto, non c’è alcun tipo di controllo elettronico, tutto è nelle mani solo del pilota. E non per modo di dire nel caso di Zanardi.