
La nave è alla deriva, e il suo timoniere non sa dove ha messo i salvagenti. Detto male e in fretta, il futuro per Tesla, marchio californiano che era riuscito a mettere in riga il mondo dell’automotive, non sembra promettere nulla di buono. Da una parte la zampata cinese, che ad ogni trimestre ruba spazio e consolida modelli a ritmo inarrestabile, dall’altra gli effetti della scellerata discesa in campo politica di Elon Musk, le cui conseguenze ancora si fanno sentire sui bilanci malgrado il dietrofront annunciato, spingono sempre più Tesla verso l’ignoto.
Ed Elon, perso in chissà quali altri idee, scommette tutto su un altro mercato vergine, o quasi: i robotaxi. Nel giro di qualche settimana, una ventina di Tesla ovviamente elettriche e soprattutto autonome invaderanno le strade di Austin, popolosa capitale del Texas.
Tanti dubbi, fra esperti e inchieste
Peccato che, secondo gli esperti, i “Cybercab” di Tesla non sembrano in grado di scansare incidenti e problemi una volta immersi nel traffico. Anzi, statisticamente “Autopilot” e “FSD” (Full Self-Driving), due software di guida autonoma finora utilizzati sulle Tesla, hanno provocato o non evitato a dovere incidenti mortali, e peggio ancora potrebbe succedere vista la decisione di Musk di affidarsi a videocamere piuttosto economiche rispetto ai più cari ma almeno sicuri sensori: si parla di 8 telecamere da 5 megapixel che patiscono gli effetti controluce e le giornate con scarsa luminosità, contro i sensori “Lidar” in 3D della Waymo, decisamente più costosi ma in grado di vedere anche al buio.
Per di più, i due software sono stati creati per avere sempre e comunque il supporto di un essere umano alla guida. Non a caso, sui due sistemi la “NHTSA” (National Highway Traffic Safety Administration) ha in corso diverse indagini, alcune iniziate nel 2016 dopo aver accertato che 13 decessi erano stati causati da malfunzionamenti dell’FSD, a cui lo scorso anno si è aggiunta l’ennesima, per altre due morti riconducibili alla guida autonoma.
L’unica dimostrazione pubblica dei Robotaxi è andata in scena lo scorso ottobre, quando una piccola delegazione di clienti Tesla fra i più fidati, era stato messo a bordo di una flotta di Cybercab per una prova nel chiuso dei “Warner Bros Studios” di Los Angeles: in pratica un giretto sui set, dove il traffico non esiste e i pedoni neanche. “Era solo un circuito chiuso in un set cinematografico, niente di impressionante – ha commentato Noah Goodall, esperto in sicurezza automobilistica – affrontare un ambiente urbano reale, con imprevedibilità, altri utenti della strada e situazioni in cui frenare non basta, è tutta un’altra storia. Cercavo segnali che indicassero una reale prontezza, ma non li ho trovati”.
Un indizio che sembra fare il paio con un’inchiesta realizzata da “Business Insider”, testata che è riuscita a intervistare alcuni dei circa 300 collaudatori dei due software impegnati nel programma “Project Rodeo”, raccogliendo dubbi, perplessità e l’idea che i tempi non siano ancora del tutto maturi per un passo così delicato. Parte del problema sta anche nella mancanza di verifiche sull’efficacia dei sistemi, o almeno di quelli affidati a esperti che non siano di parte.
La battaglia con Waymo, i robotaxi di Google
Per distogliere ogni dubbio, Tesla sembra aver scelto di fare affidamento su operatori da remoto pronti ad assumere la guida in caso di problemi, al contrario di quanto accade con “Waymo”, l’altro colosso dei robotaxi di proprietà di Alphabet, la sconfinata holding di Google, in cui gli operatori non sono in grado di guidare da remoto ma semplicemente di suggerire soluzioni ai sistemi. Per di più, il dipartimento di polizia e dei vigili del fuoco di Austin hanno confermato di aver condiviso mappe di edifici e zone critiche della città, oltre ad aver partecipato a simulazioni di interventi stradali.
Messe insieme fanno una serie di controindicazioni che, nel più perfetto spirito del personaggio, non hanno intimidito e tantomeno frenato Musk, super eccitato all’idea dell’arrivo dei Cybercab, soprattutto nella speranza di ridare fiato ai mercati di Tesla e strappare un sorriso a investitori sempre più in allarme. “Il problema con le auto Waymo è che costano molto di più – ha commentato Musk poche settimane fa – le loro sono auto costose e prodotte in piccole quantità. Le Tesla costano circa il 20–25% rispetto a una Waymo, e sono prodotte su larga scala”.
Come trasformare in cybertassista ogni proprietario di Tesla
Il sogno nemmeno tanto segreto di Musk è che ogni proprietario di Tesla, in qualsiasi angolo del mondo, possa guadagnare denaro quando l’auto è inutilizzata convertendola in robotaxi. Per adesso, giusto per contenere eventuali problemi e danni, una flotta composta da una decina di Tesla Model Y, in attesa dell’arrivo del “Cybercab”, modello creato appositamente, entrerà in funzione nel prossimo giugno in una zona limitata di Austin, con possibilità di circolazione in un’area altrettanto circoscritta considerata tra le più sicure della città texana. Poi si vedrà.