Ero stato a visitare l’officina di Luigi Moreschi un paio di anni fa. Era bastata un’oretta per scoprire la passione viscerale di quest’uomo per le vetture da corsa e la meccanica in generale e per capire quale miniera di informazioni e aneddoti poteva venir fuori solleticando la sua memoria: “Un amico sta scrivendo un libro sulla mia storia”, ci disse, “quando sarà pronto ve lo farò sapere”.
E oggi, seduti davanti a lui nel suo ufficio, stiamo sfogliando il lavoro uscito dalla brillante penna di Gianni Tomazzoni, autore già noto nell’ambiente della ‘letteratura da corsa’ per aver dedicato un volume, tra gli altri, alla Osella e alla Lucchini. “Non potevo trovare una persona migliore per trasferire su un libro i miei ricordi”, ci dice Luigi, “siamo arrivati a 384 pagine ma solo perché ci siamo fermati… Ne avrei ancora di cose da raccontare”. In effetti, Moreschi, classe 1947, ha iniziato a correre giovanissimo, ancora minorenne e ad oggi non ha ancora smesso: “Sono circa due anni che lavoriamo a quest’opera”, esordisce Tomazzoni, “nell’arco dei quali, oltre a raccogliere dal vivo le testimonianze di Luigi, ho selezionato circa un migliaio di fotografie dal suo archivio infinito, andando poi a cercare tutto quanto pubblicato su di lui dalle riviste specializzate e dalla stampa locale, che ha sempre seguito con interesse le sue gesta sportive”.
Un lavoro in parte facilitato dalla eccellente memoria storica di Moreschi e dalla sua certosina registrazione non solo dei risultati ottenuti, ma anche delle vetture possedute o anche solo utilizzate in gara, per la maggior parte delle quali Moreschi ha creato una sorta di ‘scheda tecnica’ sulla quale annotava tutte le informazioni utili, a partire dal numero di telaio e motore. Sfogliamo il libro e ci soffermiamo su una foto. Moreschi ci dice al volo la data, la corsa, il tipo di auto e il risultato ottenuto. Al termine del capitolo il palmarés conferma ciò che ci ha detto. E lo stesso accade più volte nel corso del nostro colloquio. “La memoria di Luigi è incredibile”, prosegue Tomazzoni, “e se avessi dovuto trascrivere sul libro tutto ciò che mi ha raccontato ci sarebbe voluto un altro volume…”. Cosa peraltro non impossibile, poiché il settantunenne Moreschi non ha nessuna intenzione di smettere di correre e continua ad annotarsi tutte le sue performance tra le ‘storiche’, gara dopo gara! Nell’officina di Quingentole, in provincia di Mantova, vediamo infatti la sua Osella-BMW 2000 fresca di restauro e pronta per la prossima stagione di gare, e poi una Lucchini 2000, una Osella, una Abarth e una formidabile Lola T70 Coupé in fase di assemblaggio, e poi, tra gli altri, un motoreV8 Cosworth DFV appena revisionato.
Moreschi debutta come navigatore nel 1964. Proveniva da una famiglia benestante, tanto che il padre gli regalò una Austin Healey ‘Frogeye’ quando aveva solo 16 anni. Il libro inizia così, con le immagini di famiglia e le prime esperienze al volante. Voltiamo le pagine e arriviamo all’anno 1967 e all’immagine di una Abarth 695: “La mia prima vera auto da corsa. Me la preparava Eugenio Poggi, di Mantova e continuò a seguirmi tecnicamente per tanti anni, fino al 1973. Questa 695 la pagai circa un milione e la ritirai, nuova, direttamente alla Abarth, in corso Marche. A partire dal 1970 frequentai spesso la sede Abarth, ogni due settimane ero infatti a Torino dal dottor Avidano per ritirare pezzi di ricambio. Con la 695 ottenni la prima vittoria nella gara in salita Caprino-Spiazzi”.
Poi arrivò la prima monoposto, una Brabham di Formula 3 e quindi, nel 1969, un’altra Abarth, una 850 TC ex ufficiale che l’anno prima aveva corso il campionato europeo: “Una gran macchina. All’epoca la mia era al top. Ricordo che la pagai due milioni e seicentomila lire e con quella ci corsi parecchio in pista. A Monza superava di poco i 200 orari e le migliori andavano tutte uguali, quindi grande battaglia! Il curvone si faceva in pieno, con una certa difficoltà ma senza togliere gas… Con le Sport 2000 lo facevo ai 250, ma la difficoltà era la stessa”. Nel 1970 la prima gara importante, la Targa Florio al volante della AMS, una vettura bolognese assemblata a Sasso Marconi. I buoni risultati con le sue Abarth gli fecero guadagnare un posto ufficiale nella squadra dello Scorpione. “Avevo vinto il campionato italiano con la OT e da lì iniziai a fare qualche gara con una loro vettura. Nel 1971 mi proposero di diventare dipendente ma dovetti rinunciare e quel posto fu poi preso da Arturo Merzario. Non potevo trasferirmi a Torino poiché dovevo curare l’azienda agricola di famiglia. Per questo proseguii con la AMS: andare a Bologna era più comodo”.
La prima gara endurance fu la 1000 km di Zeltweg del 1970, proprio con la Abarth ufficiale: “In griglia al mio fianco c’era Niki Lauda con una Porsche 908 e davanti tutti i mostri sacri coi prototipi a cominciare da Ickx con la Ferrari. Facemmo il nono assoluto e il primo posto di classe”. Dopo la AMS, Moreschi acquista una Lola 2000: “Era un po’ più evoluta della AMS, era la macchina vincente in quel momento e ne trovai una usata in buone condizioni”.
Moreschi ha debuttato nella Targa Florio nel 1970, con la AMS e da allora ne ha corse sei edizioni, inclusa l’ultima con validità mondiale: “Ho fatto circa 40.000 chilometri su quel tracciato, tra corse e allenamento. Conoscevo tutte le curve come fosse un autodromo…”. Moreschi ha corso anche con la De Tomaso Pantera: “Ne acquistai una e con quella macchina vinsi tutte le corse a cui partecipai. Alejandro de Tomaso mi notò e mi fornì l’assistenza completa, come se fossi un ‘ufficiale’”. Troppo lungo l’elenco della vetture utilizzate da Moreschi. Ma sul libro c’è tutto.
Da segnalare la lunga amicizia che ha legato Moreschi con Eugenio Renna, pilota di spicco palermitano, noto col soprannome di Amphicar: “Siamo stati ‘soci’ per vent’anni. Acquistavamo le macchine da corsa dividendo le spese al 50%. Un’amicizia nata in gara e che è durata nel tempo. Abbiamo corso spesso in coppia ma anche ciascuno per proprio conto, con la macchina che era per metà dell’altro. E quando uno dei due faceva un danno non abbiamo mai litigato…”. Con l’esplosione delle gare storiche, dal 1986 Moreschi si alterna sulle ‘moderne’ e sulle vetture che furono quelle dei suoi esordi: “Tutto nacque dal fatto che quell’anno organizzarono la prima Targa Florio storica. Amphicar mi telefonò per dirmelo e mi incaricò di comprare la miglior vettura storica in circolazione per correre quella gara in coppia con lui. Ci siamo ritirati col motore rotto, ma a metà gara ero dietro la Porsche 908 di Redman di un solo secondo. E lo stavo prendendo…”. Nel 1989 Moreschi apre la sua officina, la stessa in cui opera ancora oggi col figlio: a parte ha una bella collezione di auto storiche, che utilizza in corsa, alternandole a quelle dei clienti che gliele mettono volentieri a disposizione, sapendo che con lui al volante hanno la sicurezza che la macchina torna a casa integra e magari con una coppa in più… Andiamo avanti pagina dopo pagina, su ognuna delle quali una foto e il relativo testo raccontano una storia. Al fondo un’appendice raccoglie l’elenco di tutte le vetture utilizzate da Moreschi, siano esse state di proprietà, ‘prestate’ o ufficiali, e una lunga serie di statistiche impressionanti, oltre ai palmarés divisi per anno. Un libro da non perdere per chi vuole rivivere quel periodo storico del nostro automobilismo attraverso l’esperienza di chi ne è stato uno dei più brillanti protagonisti.
Le foto sono tratte dal libro e appartengono all’Archivio Moreschi.
Il libro
Titolo: Luigi Moreschi le corse le auto i record
Autore: Gianni Tomazzoni
Formato: 30 x 24; 384 pagine, circa 1.000 fotografie in b/n e a colori
Confezione: rilegatura cartonata rigida
Editore: Moreschi Edizioni
Prezzo: 50 euro