L’iniezione diretta secondo Porsche

Iniezione diretta Porsche

L’iniezione diretta secondo Porsche 2010: dopo i successi di Audi, anche Porsche ha sviluppato un propulsore da competizione ad iniezione diretta.

UN PO’ DI STORIA

La storia dei sistemi di iniezione diretta di benzina comincia durante la Seconda Guerra Mondiale, nel campo aeronautico. L’alimentazione ad iniezione si rivelò molto efficace per i propulsori degli aerei, perché era compatibile, malgrado le frequenti ed improvvise variazioni di assetto e di quota, con la sovralimentazione, ed eliminava il rischio di formazione di ghiaccio nella zona della valvola a farfalla (dovuta al raffreddamento causato dall’evaporazione del combustibile). Con l’iniezione diretta si avevano poi ulteriori vantaggi: la riduzione del rischio di detonazione ed una più uniforme distribuzione del combustibile tra i cilindri. In campo automobilistico le prime applicazioni si ebbero nei primi anni ’50 su motori sia a due che a quattro tempi. Sui primi, l’obiettivo principale era di ridurre i consumi di combustibile eliminando il cortocircuito di miscela carburata allo scarico, dato che era possibile iniettare con le luci di scarico chiuse; sui secondi, invece, si cercava soprattutto di sfruttare l’incremento di potenza che l’iniezione diretta consente. La prima applicazione nel mondo delle competizioni automobilistiche si ebbe nel 1954 su motori ad 8 cilindri in linea Mercedes destinati alla F1 (W196) e Sport (300 SLR). Il sistema era dotato di iniettori e di una pompa in linea simile a quella usata sui motori diesel.

n evidenza il propulsore 6 cilindri in linea 3 litri capace di erogare oltre 210 CV grazie anche all’iniezione diretta.
n evidenza il propulsore 6 cilindri in linea 3 litri capace di erogare oltre 210 CV grazie anche all’iniezione diretta.

In seguito, la stessa soluzione venne adottata sulla Ferrari 158 con motore V8 1.500 cm3. Successivamente, come spesso accade, l’idea venne esportata dalle competizioni alle automobili di serie, nel 1956, sulla Merdeces 300SL (Ali di gabbiano), dotata di un motore a 6 cilindri in linea da 3.000 cm3 (modello M196) con pompa in linea a sei pistoni. Nonostante i vantaggi, la soluzione venne però presto abbandonata. In primo luogo si manifestò l’inadeguatezza del sistema di iniezione, derivato dai motori Diesel. Le alte pressioni a cui doveva essere iniettato il carburante, per poter vaporizzare in breve tempo, richiedevano la costruzione di pompe con giochi molto ridotti. Dato che la benzina, diversamente dal gasolio, ha scarse proprietà lubrificanti, questo comportava diversi problemi, tra i quali il grippaggio della pompa. Inoltre, a causa della non elevatissima pressione di iniezione che si riusciva ad ottenere, la qualità dello spray era mediocre, si aveva un elevato “impingement” (quando lo spray va ad impattare sulle superfici del cilindro o del pistone) che lavava via il lubrificante dalle pareti dei cilindri (causa di elevate usure e rischio di grippaggio) e faceva aumentare la produzione di idrocarburi incombusti. Anche a causa di questo, il funzionamento del propulsore risultava poco uniforme e piuttosto ruvido ai bassi carichi. Le pompe, inoltre, erano molto complesse, costose ed anche pesanti: nella Ferrari 158, la pompa pesava quanto 1/3 del basamento. Tutto questo fece orientare i produttori verso soluzioni ad iniezione indiretta, dove le pressioni di iniezione possono essere notevolmente più basse.

Un tipico iniettore ad alta pressione a benzina. E’ di tipo multiforo, come si vede dalla forma dello spray.
Un tipico iniettore ad alta pressione a benzina. E’ di tipo multiforo, come si vede dalla forma dello spray.

Anche nei motori a 2 tempi venne abbandonata a causa del costo eccessivo del sistema di alimentazione, rapportato alla semplicità dei motori dell’epoca, mentre nel campo aeronautico il motore a pistoni venne soppiantato da quello a reazione. Solo negli ultimi due decenni è tornato vivo l’interesse verso questa soluzione, inizialmente nel campo dei veicoli di serie con l’obiettivo principale della riduzione dei consumi. La prima auto di serie ad esserne equipaggiata è stata, nel 1996, la Mitsubishi Carisma 1.800 GDI; in seguito molte altre case hanno scelto di adottare l’iniezione diretta, con soluzioni diverse e con…alterne fortune! Anche nelle unità a 2T la soluzione è stata ripresa tra i motori marini (Evinrude E-TEC) e sugli scooter da 50 cm3 (Aprilia DiTEch ). Nel campo delle competizioni l’iniezione diretta è stata reintrodotta, con successo dall’Audi (V8 ALMS nel 2001) e, successivamente adottata sulle Penske-Porsche. In questo articolo verrà analizzato un motore da competizione, il V12 Porsche che equipaggia la Penske LMP2 RS Spider che corre nel campionato ALMS.

L’INIEZIONE DIRETTA APPLICATA AI MOTORI DA COMPETIZIONE: VANTAGGI E SVANTAGGI

Focalizzando il discorso sui motori da competizione, quali sono i principali vantaggi dei sistemi GDI (gasoline direct injection), confrontati con i tradizionali sistemi ad iniezione indiretta PFI (port fuel injection)? Gli alti regimi di rotazione hanno sempre rappresentato un ostacolo difficilmente valicabile per l’introduzione dell’iniezione diretta su questo genere di propulsori. Tale problema, durante la fase di sviluppo, ha posto i tecnici Porsche di fronte ad incognite nuove e dubbi di non facile soluzione, tanto che all’inizio (il primo prototipo al banco è del 2006) non c’era la certezza che il nuovo motore avrebbe potuto funzionare bene, portando anche dei vantaggi rispetto a quello PFI. Il primo vantggio derivante dall’adozione dell’iniezione diretta, e probabilmente il più interessante per un motore da competizione, è l’aumento della massa di aria aspirata dal propulsore, quindi della potenza massima ottenibile. Nei motori PFI la benzina è iniettata nel condotto di aspirazione di ogni cilindro; l’iniettore può essere posizionato all’inizio del condotto (configurazione tipica dei motori con elevati regimi di rotazione) o più vicino alla testata. La benzina, evaporando a contatto con l’aria, produce due conseguenze. Passando dallo stato liquido a quello gassoso, la benzina diminuisce di densità, quindi occuperà più spazio, sottraendolo all’aria aspirata.

Tempo a disposizione per la preparazione della miscela in un motore PFI confrontato con un motore GDI.
Tempo a disposizione per la preparazione della miscela in un motore PFI confrontato con un motore GDI.

L’evaporazione del combustibile, però, avviene con sottrazione di calore all’aria circostante, che risulta così raffreddata e quindi di densità maggiore. Se la benzina evaporasse solo a contatto con l’aria, questo fenomeno non comporterebbe una riduzione della massa di aria aspirata perché i due effetti tendono a compensarsi. Nei motori ad iniezione indiretta, però, il combustibile evapora anche a contatto con i condotti e le valvole di aspirazione, che si trovano a temperature maggiori rispetto all’aria ed alla benzina presenti nel condotto. Così facendo, la benzina non raffredda l’aria aspirata, per cui si avrà solo l’effetto negativo di sottrazione di volume all’aria aspirata. Nei motori ad iniezione diretta, al contrario, la benzina raffredda solo l’aria che sta entrando nel cilindro. Il risultato è che la potenza aumenta, di circa il 5%, perché, a parità di volume, si potrà introdurre nel cilindro una maggiore quantità di aria e di conseguenza, una maggiore quantità di benzina. La riduzione della temperatura della miscela comporta anche un aumento del rendimento nonché della potenza del motore, perché anche la combustione avverrà in condizioni di maggiore efficienza, con una riduzione ad esempio, della dissociazione gassosa.

I principali campi di moto che si generano all’interno di un cilindro sono lo Swirl (vortici con asse parallelo a quello del cilindro) e Tumble (vortici con asse ortogonale, visibile nell’immagine qui sopra).
I principali campi di moto che si generano all’interno di un cilindro sono lo Swirl (vortici con asse parallelo a quello del cilindro) e Tumble (vortici con asse ortogonale, visibile nell’immagine qui sopra).

Ulteriori vantaggi si hanno perché vi è una maggiore resistenza alla detonazione, che si può sfruttare per incrementare il rapporto di compressione del motore, il che consente un ulteriore aumento del rendimento, quindi della potenza ottenibile. Questo è particolarmente vantaggioso nel caso di motori sovralimentati, dove si è costretti ad adottare RDC molto bassi proprio per evitare la detonazione (il propulsore Audi V8 ALMS era appunto sovralimentato). L’iniezione diretta risulta poi vantaggiosa nelle fasi di transitorio. In fase di accelerazione, nei motori PFI la pressione nel condotto aumenta repentinamente perché si apre la valvola a farfalla, che ai bassi carichi introduce una significativa perdita di carico. L’aumento della pressione fa depositare sulle pareti in fase liquida parte della benzina che prima era in fase di vapore, così in questa circostanza è necessario iniettare più combustibile per compensare quello che si deposita sulle pareti. In fase di decelerazione, a causa della brusca chiusura della farfalla, si ha una diminuzione di pressione che fa aumentare l’evaporazione del film liquido presente nel condotto. In camera di combustione entrerà così una miscela ricca che dà luogo a idrocarburi incombusti. Con un motore ad iniezione diretta questo problema non si verifica perché nei condotti è presente solo aria per cui si avrà, in queste condizioni di funzionamento, una riduzione degli inquinanti ed un funzionamento più regolare.

Migliore la turbolenza nel cilindro mantenendo al tempo stesso un ottimo coefficiente di efflusso: l’obiettivo dei tecnici Porsche.
Migliore la turbolenza nel cilindro mantenendo al tempo stesso un ottimo coefficiente di efflusso: l’obiettivo dei tecnici Porsche.

Inoltre è possibile stratificare la carica e migliorare la gestione del regime del minimo. Per contro, ci sono una serie di ostacoli di non facile soluzione. Anzitutto, è necessario trovare lo spazio per posizionare l’iniettore nella testata, facendo sì che non interferisca con gli altri componenti (valvole, alberi a camme, candela). Ci sono anche vincoli di natura termica. Un aspetto molto complesso da superare, nel caso dei motori ad elevato regime di rotazione, è il ridotto tempo a disposizione per la formazione della miscela. È poi necessario studiare l’idraulica dell’intero sistema ad alta pressione (pompa, rail, iniettori) per tenere sotto controllo le pulsazioni di pressione. Inoltre, come sarà chiaro in seguito, gran parte del lavoro di studio svolto su un propulsore con determinate caratteristiche (disegno condotti aspirazione, rapporto corsa/alesaggio) non vale per altre configurazioni, anche dello stesso propulsore. Per cui, nel caso fosse necessario esplorare nuove soluzioni, gran parte del lavoro fatto non sarebbe utilizzabile. Vediamo come queste problematiche sono stata affrontate e risolte dai tecnici Porsche.

LA SOLUZIONE PORSCHE

Il primo passo da compiere è riuscire a posizionare l’iniettore all’interno della camera di combustione, facendo sì che non interferisca con gli altri componenti (valvole, alberi a camme, candela). L’ingombro dell’iniettore non può, ad esempio, sacrificare il diametro delle valvole che devono rimanere quanto più grandi possibili; oppure non può penalizzare il disegno dei condotti. Si comprometterebbe il riempimento del cilindro, vanificando l’effetto di raffreddamento operato dalla benzina sull’aria aspirata. Un altro aspetto da tenere sotto controllo è la temperatura a cui è soggetto l’iniettore, in particolare la parte che si affaccia nella camera di combustione. Oltre la cosiddetta temperatura di cracking, la benzina forma depositi carboniosi capaci di modificare le caratteristiche dello spray sino ad impedire il corretto funzionamento dell’iniettore. Nel motore Porsche l’iniettore è stato posizionato lateralmente, tra le due valvole di aspirazione. Rispetto alla configurazione con iniettore in posizione centrale (tra le valvole di aspirazione e la candela) si ha il vantaggio di minori vincoli dimensionali; inoltre è uno dei punti meno caldi della camera di combustione del motore in quanto continuamente raffreddata dall’aria aspirata. Anche il motore Audi V8 adotta la stessa soluzione. Quando l’iniettore è posto lateralmente, lo spray esce in direzione trasversale rispetto all’asse del cilindro. Anche considerando l’interazione con l’aria che entra nel cilindro attraverso le valvole di aspirazione, c’è la possibilità che lo spray attraversi l’intero cilindro, andando ad impattare con la canna, dalla parte opposta.

Configurazione con iniettore laterale. In questa immagine la testata del motore 2.0 JTS Alfa Romeo.
Configurazione con iniettore laterale. In questa immagine la testata del motore 2.0 JTS Alfa Romeo.

Questo fenomeno deve essere evitato sia perché comporta uno spreco di combustibile, sia perché la benzina lava l’olio dalle pareti, il che è possibile causa di grippaggio del pistone. Inoltre tende a colare nella coppa, diluendo l’olio e quindi mettendo a rischio le parti lubrificate del motore. Per ridurre questo effetto, sugli iniettori multiforo è possibile fare in modo che lo spray esca angolato (bent angle) rispetto all’asse dell’iniettore, generalmente orientato verso il pistone. Probabilmente il maggior ostacolo che si presenta all’adozione dell’iniezione diretta nei motori ad elevato regime di rotazione è il ridotto tempo a disposizione per l’iniezione e per l’omogeneizzazione della miscela. La benzina iniettata deve evaporare e miscelarsi con l’aria circostante in proporzioni adeguate facendo sì che il titolo (rapporto aria/combustibile) sia omogeneo in tutta la camera di combustione, senza che in essa siano presenti zone troppo ricche e zone troppo povere. In particolare, per garantire che la combustione parta e si sviluppi in maniera regolare, è importante che la miscela vicina agli elettrodi della candela abbia titolo stechiometrico o leggermente ricco. Nelle altre zone della camera, la miscela può anche essere magra (se non si ricerca la massima potenza ottenibile) perché, una volta che la combustione è iniziata, riesce a bruciare anche miscele con rapporto A/C superiore a quello stechiometrico. In ogni caso il rapporto aria/combustibile non può essere troppo elevato, altrimenti la combustione si arresta (questo fenomeno è detto quenching). Per ottenere questo, è di fondamentale importanza il tempo che si ha a disposizione per la fase di iniezione. In un motore ad iniezione indiretta, è possibile iniziarla molto presto, addirittura alla fine della fase di aspirazione del ciclo precedente, quando cioè le valvole di aspirazione si sono chiuse. Sfruttando il calore dei condotti e delle valvole di aspirazione, le successive fasi di aspirazione e compressione, la benzina ha tempo di evaporare e di formare una miscela omogenea con l’aria, anche a regimi molto elevati. Gli iniettori sono solitamente posti lontani dalle valvole di aspirazione proprio per agevolare l’evaporazione del combustibile iniettato.

Configurazione con iniettore centrale. Come si può notare, non è semplice trovare lo spazio per posizionare tutti i componenti (BMW 335i).
Configurazione con iniettore centrale. Come si può notare, non è semplice trovare lo spazio per posizionare tutti i componenti (BMW 335i).

Per questo, le pressioni di iniezione sono relativamente basse e l’atomizzazione dello spray è un parametro importante, certo, ma non tanto critico per il funzionamento del propulsore. In un motore ad iniezione diretta, invece, è possibile far cominciare la fase di iniezione solo all’apertura delle valvole di aspirazione. Inoltre, se si vuole evitare il cortocircuito di miscela fresca allo scarico, il tempo si riduce ulteriormente in quanto è necessario aspettare che le valvole di scarico siano chiuse o che il tempo rimanente alla chiusura sia tanto ridotto in modo da evitare, o quantomeno ridurre al minimo, che la benzina iniettata esca dallo scarico. Tipicamente i motori da competizione aspirati sono caratterizzati da regimi di rotazione molto elevati e da fasature con ampio incrocio. Si pensi che un motore ad iniezione indiretta che ruota a 11.000-12.000 giri/min ha a disposizione circa 10 millisecondi per la fase di iniezione. In un motore ad iniezione diretta, a parità di regime di rotazione, tale tempo si riduce a 1,5 millisecondi! Per fare questo è necessario avere iniettori che riescano ad avere portate adeguate (ovvero ad iniettare la quantità di benzina richiesta in poco tempo) e che producano uno spray stabile, ripetibile e caratterizzato da una dimensione delle gocce molto piccola. Questo impone l’uso di iniettori ad alta pressione (sono comuni pressioni di esercizio di circa 200 bar) che consentono di avere portate adeguate ed uno spray “fine”. Ma la benzina iniettata avrà il tempo di evaporare e formare una miscela omogenea prima che la combustione abbia inizio? Audi ha dimostrato la fattibilità su un motore V8 Turbo da corsa caratterizzato da regimi di rotazione di circa 8.000 giri/min; in questo caso il motore è aspirato ed ha regimi di rotazioni molto più alti, sino a 11.000 giri/min. A queste velocità di rotazione, il tempo a disposizione per la formazione della miscela sarà sufficiente? Per velocizzare l’evaporazione del combustibile, in primo luogo è fondamentale l’analisi della qualità dello spray. Uno spray caratterizzato da gocce di minor diametro consente una più rapida evaporazione.

Il nuovo V8 con bancate disposte a 90°. Si noti anche l’alimentazione con una farfalla per cilindro, soluzione tipica dei motori da competizione.
Il nuovo V8 con bancate disposte a 90°. Si noti anche l’alimentazione con una farfalla per cilindro, soluzione tipica dei motori da competizione.

Per fare questo, si può lavorare innalzando la pressione di iniezione ed usando fori dell’iniettore quanto più piccoli possibile, compatibilmente con le esigenze strutturali della pompa per quanto riguarda il primo aspetto; senza penalizzare la portata nel secondo caso (naturalmente maggiore è il diametro dei fori, maggiore sarà la portata a parità di condizioni). E’ quindi necessario trovare un compromesso tra questi aspetti contrastanti, quindi un iniettore che garantisca la portata necessaria garantendo nel contempo uno spray fine. Un parametro molto importante ai fini della miscelazione e dell’evaporazione del combustibile è sicuramente la turbolenza presente all’interno del cilindro, ovvero i moti creati dall’aria durante la fase di aspirazione. Tale fenomeno viene sfruttato, ad esempio, nei motori diesel, in particolare in quelli a due valvole per cilindro. I condotti di aspirazione presentano un disegno “a chiocciola”; fanno sì che l’aria entri nel cilindro con una forte componente tangenziale che crea un moto rotatorio con asse parallelo a quello del cilindro. Tale moto, detto di swirl, agevola la frammentazione delle gocce di combustibile, la loro evaporazione e la miscelazione con l’aria aspirata. Nel caso di motori a benzina a 4 valvole per cilindro (come in questo caso), il moto che si instaura è detto di tumble: è un vortice con asse ortogonale a quello del cilindro. Se si analizza il funzionamento dei condotti di aspirazione tipici di un motore da competizione, si nota come essi siano ottimizzati non in funzione della massima turbolenza ottenibile, quanto del massimo coefficiente di efflusso. Questo perché è di fondamentale importanza massimizzare la massa di aria aspirata. Solitamente, un incremento della turbolenza all’interno del cilindro si paga con la riduzione del coefficiente di efflusso dei condotti. Durante la fase di aspirazione, la turbolenza migliora l’atomizzazione e l’omogeneizzazione della carica; nella successiva fase di compressione, per effetto degli attriti, degrada progressivamente dando luogo a vortici sempre più piccoli, fino ad arrivare, in fase di combustione, ad una scala molto piccola (microturbolenza), assai favorevole per la combustione. Studiare questo fenomeno significa, quindi, analizzare l’intera evoluzione della struttura vorticosa durante tutte le fasi di aspirazione e compressione, sino all’istante in cui inizia la combustione. Non si deve trascurare l’influenza che hanno alcuni componenti, ad esempio le farfalle, sul campo di moto generato e l’interazione con lo spray.

Penske–Porsche in versione 2008 per il campionato ALMS.
Penske–Porsche in versione 2008 per il campionato ALMS.

Un ulteriore ostacolo viene dalla poca esperienza. Ad esempio: come interpretare un dato ottenuto da una prova sperimentale o da una simulazione? Una simulazione può dire che all’inizio della fase di combustione, il 5% della benzina iniettata si trova in fase liquida. Sarà sufficiente per garantire una corretta combustione oppure, viceversa, è troppo poco? All’inizio dello sviluppo, semplicemente non era possibile saperlo. Posti di fronte a queste esigenze contrastanti, i tecnici Porsche hanno cercato un compromesso: ottenere la massima turbolenza mantenendo lo stesso coefficiente di efflusso dei condotti del motore ad iniezione indiretta, che l’anno precedente si era dimostrato competitivo. Questo ha comportato un’intensa campagna di studi, non solo sperimentali (tramite flussaggi) ma anche con simulazioni numeriche CFD. Per sfruttare il poco tempo disponibile per la formazione della carica, si cerca di iniettare all’inizio della fase di aspirazione, quando il pistone si trova vicino al punto morto superiore. Eventualmente, è possibile accettare che parte della benzina iniettata fuoriesca dalle valvole di scarico, anche se ciò è penalizzante per il consumo. Iniettando così in anticipo, lo spray può andare ad impattare contro la superficie dello stantuffo; fenomeno che di solito si tende ad evitare. Anzitutto, lo spray evapora a contatto con le pareti, perdendo l’effetto di raffreddamento descritto all’inizio. Inoltre, se la benzina non evapora e rimane a contatto col pistone sotto forma di film liquido, durante la fase successiva di combustione può superare la temperatura di cracking; questo dà luogo alla formazione di incrostazioni e depositi carboniosi sul cielo dello stantuffo. Nel caso specifico, fermo restando il primo aspetto, il secondo non costituisce in questo caso un problema perché il pistone si trova a temperatura elevata, quindi la benzina evaporerà completamente prima che la combustione abbia inizio. Un altro aspetto che richiede attenzione sono le pulsazioni di pressione presenti all’interno del sistema di alimentazione, pompa, rail, iniettori. Le fluttuazioni di pressione sono dovute sia alla pompa sia alle fasi di apertura e chiusura degli iniettori. Se non efficacemente smorzate e controllate, causano una serie di problemi. La portata di un iniettore dipende infatti dalla pressione; se diversa da quella nominale, cambia la quantità di benzina iniettata rispetto a quella voluta. Se poi le pulsazioni raggiungo valori molto elevati, c’è addirittura il rischio che le forze idrauliche tendano a chiudere anticipatamente l’iniettore.

L’iniezione diretta ha permesso di aumentare la potenza del motore riducendone nel contempo i consumi. La migliore guidabilità del propulsore è una caratteristica desiderabile nelle vetture destinate a competere in gare di durata.
L’iniezione diretta ha permesso di aumentare la potenza del motore riducendone nel contempo i consumi. La migliore guidabilità del propulsore è una caratteristica desiderabile nelle vetture destinate a competere in gare di durata.

Da quanto detto sino ad ora, si capisce come l’adozione dell’iniezione diretta sia tutt’altro che semplice; anzi, richiede una gran mole di studio su aspetti come l’evoluzione dell spray, la formazione della carica e la combustione. E’ necessario prevedere analisi di tipo idraulico, termico e, non ultimo, strutturale. Un sistema tanto complesso è anche fortemente dipendente dai vincoli geometrici e costruttivi del propulsore. Ad esempio, non è possibile cambiare il rapporto corsa/alesaggio in maniera semplice come solitamente avviene. In un motore GDI questo può significare la ridefinizione della posizione dell’iniettore, la sua angolazione e, di conseguenza, dover studiare nuovamente la formazione della carica e la combustione.

I RISULTATI

Così ha preso forma il nuovo propulsore ad iniezione diretta. Oltre alle soluzioni tecniche sin qui descritte, il nuovo propulsore ha valvole di scarico più piccole, il raffreddamento della testata modificato, camme con differenti profili e nuovi pistoni, necessari anche per innalzare il rapporto di compressione. Il risultato è che il nuovo V8 da 3.400 cm3 eroga una potenza massima di 350 kW/476 CV a 9.800 giri/min (+5% rispetto al motore versione 2007) ed una coppia massima di 370 Nm a 7.500 giri/min (+4%). Inoltre il nuovo propulsore ha una migliore guidabilità e transitori più rapidi e meglio controllabili (gran parte delle prove al banco è stata effettuata in condizioni dinamiche). Questo comporta dei vantaggi anche nelle fasi di cambiata e rende più precisa l’azione del controllo di trazione. Inoltre, cambiando la strategia di iniezione quando il motore si trova a bassi regimi e carichi (ad esempio, durante il percorrimento della pit lane o in regime di safety car), è possibile far funzionare il propulsore con miscele magre (una sorta di stratificazione della carica). In queste condizioni, il consumo si riduce di un ulteriore 5%. Sono ottimi risultati, soprattutto se si pensa che si tratta di miglioramenti in rapporto al motore della precedente stagione che aveva portato alla vittoria la vettura nel campionato ALMS per undici volte su dodici gare disputate. Insomma, nonostante la gran mole di lavoro che è stata necessaria per lo sviluppo del nuovo propulsore, i risultati hanno ripagato lo sforzo fatto: il nuovo motore è più potente, meglio guidabile ed ha consumi inferiori rispetto al precedente. Dopo che Audi aveva dimostrato la validità dell’iniezione diretta nel caso di motori da corsa sovralimentati, Porsche è riuscita, con successo, ad applicare questa soluzione sui motori aspirati caratterizzati da elevati regimi di rotazione. Facile immaginare, a questo punto, che sentiremo parlare sempre più spesso di iniezione diretta nel mondo delle competizioni, soprattutto nel campo delle gare di durata dove il consumo di combustibile è un parametro assolutamente fondamentale nell’ottica della competitività globale della vettura.