
Queste due nuove parole magiche sembrano destinate a far rivivere vere e proprie icone del secolo scorso.
Low volume: quest’espressione, che fa riferimento alla produzione automobilistica in serie limitate, sembra essere una delle due parole magiche che consentiranno la rinascita di alcune tra le più evocative icone automobilistiche del passato; l’altra è “continuation car”, cioè lo stratagemma di considerare auto che escono di fabbrica per la prima volta come la “coda” di una serie costruita molti anni prima, senza necessità di nuova omologazione.
Il 6 aprile del 2015, infatti, era stato presentato negli Stati Uniti il Low Volume Motor Vehicle Manufacturers Act per consentire ai costruttori automobilistici, la cui produzione non superasse le 2.500 unità annue, di costruire fino a 325 esemplari di repliche di auto, che fossero uscite di produzione da più di 25 anni, con una prassi di omologazione semplificata (pur dovendo ugualmente sottostare alle norme dei singoli States in fatto di sicurezza e tutela ambientale). Questa proposta di legge è stata inserita in un contesto più ampio, approvato e divenuto esecutivo il 9 dicembre 2015.
Tra i primi “rilanci” che possono beneficiarne sono stati annunciati quelli della DeLorean e dell’AC Cobra, ma si parla anche di altre auto da sogno come la mitica Cord 810/812 degli anni Trenta, disegnata da Gordon Buehrig. La Cord, produttrice di auto di prestigio, aveva superato a fatica la Grande Depressione ed aveva chiuso definitivamente i battenti nel 1937. Nel 2014 i diritti di utilizzo del nome Cord sono stati acquistati dall’imprenditore texano Craig Corbell che ha annunciato l’intenzione di metterne in vendita una replica, con nuova meccanica, nel corso del 2017, un progetto sul quale al momento non si hanno ulteriori dettagli, mentre molto meglio definite sono analoghe iniziative che riguardano la AC Shelby Cobra, la DeLorean, la Jaguar XKSS e l’Aston-Martin DB4.
AC Shelby Cobra
Un’auto che si può definire classica tra le classiche è l’AC Shelby Cobra, una sportiva nata nel 1962 dalla collaborazione tra l’americano Carrol Shelby e l’inglese AC Cars (il marchio risalente al 1901, quando la denominazione sociale era Auto Carriers Ltd.) per realizzare una sportiva che fosse in grado di rivaleggiare con la Corvette. La Cobra 427S/C, cioè la prima versione stradale, fu realizzata in soli 31 esemplari, oggi ricercatissimi ed oggetto di quotazioni astronomiche. Nel 1967 Shelby vendette il marchio Cobra alla Ford mentre la AC produceva 27 esemplari stradali “addomesticati”, la versione Cobra Mk.III 289.
Nel 2003 la Carrol Shelby International e l’AC Motor Holdings (nel corso degli anni oggetto di diverse variazioni nella proprietà) annunciarono la ripresa della produzione dell’AC 427S/C, dell’AC 289F/A; alla costruzione tradizionale con telaio in acciaio si aggiunsero carrozzeria in alluminio e in fibra di carbonio ma vi furono nuove difficoltà e la costruzione fu trasferita dall’Inghilterra a Malta, dove la produzione si svolse solo tra il 2005 ed il 2007. Nel 2007 la AC si associò alla Brooklands Motor Company e vi furono ancora lotti di produzione ma è difficile star dietro a tutti i passaggi ed alle localizzazioni dell’attività riconducibile all’originario marchio AC.
Per dare un’idea di quanto il pubblico degli appassionati (ovviamente di quelli più facoltosi) sia affezionato alla AC Cobra si può ricordare che nell’agosto 2016 il primo esemplare della Cobra 427 (identificato dal numero di costruzione CSX2000 e dalla designazione di progetto Ace 3.6) è stato venduto all’asta per 13,75 milioni!
All’inizio di settembre la premiata ditta Shelby/AC ha annunciato l’intenzione di procedere alla costruzione di nove “continuation cars”, chiamate AC Cobra Mk.1 Legacy Edition. Queste auto sono costruite a mano dagli specialisti dell’AC Heritage con il motore Ford 260 V8 (il 4,2 litri a otto cilindri) del quale è stato reperito uno stock di esemplari mai usati.
Non si era ancora spenta l’eco di quest’annuncio che in novembre, probabilmente anche a seguito dell’interesse che si era andato creando attorno a quest’auto degli anni Sessanta con la clamorosa vendita all’asta, l’AC Cars ha annunciato l’intenzione di mettere in produzione una Cobra aggiornata, con un V8 da 6,2 litri, nuovo sterzo, nuovi freni e aria condizionata come optional, derivata dal progetto della Mk.4. Al momento in cui scriviamo il prezzo di questa Cobra 378 è previsto in circa 90.000 sterline.
DeLorean
Tra i miti di un passato non troppo lontano, che con questa normativa si può provare a rimettere in produzione con minori difficoltà di quanto sarebbe stato prima della sua approvazione, non può mancare la DeLorean DMC-12. Dopo il fallimento dell’azienda che ne aveva rilevato le auto incomplete, le infrastrutture e le parti di ricambio nessun tentativo di rilancio era andato in porto ma ora sembrano esserci condizioni più favorevoli. Tra l’altro, è stato raggiunto un accordo tra Stephen Wynne, attuale titolare del marchio e presidente della DeLorean Motor Company, e la vedova DeLorean. A seguito di ciò, l’azienda ha annunciato alla fine di ottobre 2016 il programma di iniziare nel corso del 2017 la vendita di DMC-12 complete (costruite per quanto possibile con parti originali), con l’intenzione di realizzarne circa 300. Sono già state aperte le prenotazioni e il prezzo, non ancora fissato, si aggirerà tra i 65.000 e i 100.000 dollari.
La Jaguar XSSK
Il 5 luglio 2016 è stata la volta della Jaguar Classic di Coventry, che fa capo alla Special Vehicle Operations, divisione specializzata della Jaguar Land Rover. Il blasonato marchio britannico ha annunciato una “continuation car”, niente meno che la XKSS del 1957. Quest’auto nasceva come una derivata per l’impiego stradale della D-Type, “barchetta” realizzata con il design di Malcolm Sayer per partecipare alla 24 ore di Le Mans del 1954; dalle D Type ed XSSK derivò poi la divina XKE, universalmente nota come E-Type.
Utilizzando i telai rimasti disponibili delle D-Type, Sir William Lyons (uno dei fondatori della Jaguar) decise di produrre una versione stradale, da vendere principalmente negli Stati Uniti. Il 12 febbraio 1957, tuttavia, nella sede di Browns Lane scoppiò un incendio e nove auto rimasero gravemente danneggiate dal fuoco: ne sopravvissero solo 25. Sulla scia dell’interesse creato attorno alle “continuation cars”, la Jaguar ha deciso un’operazione d’immagine, facendo costruire o ricostruire dagli artigiani della Jaguar Classic i nove esemplari mancanti al completamente della serie. L’esperimento, peraltro, non è una novità per la casa che nel 2015 aveva costruito le sei E-Type Lightweight (una versione sportiva) che nel 1964 dovevano essere parte di una serie di 18 ma non erano state completate.
La Aston Martin DB4
Al fenomeno della rinascita di alcune delle più amate tra le vecchie glorie non è rimasta estranea la Aston-Martin che ha annunciato in dicembre la DB4GT Lightweight Continuation. Ne saranno costruite 25, le prime delle quali saranno pronte nell’estate 2017. Come nel caso della Jaguar E, anche questa Aston-Martin era una versione alleggerita ad alte prestazioni ed era stata costruita in soli otto esemplari, inclusi in una serie standard di 75, dal 1959 al 1963.
Le “continuations” rimangono quanto più fedeli al progetto originale ma un’adesione assoluta non è sempre possibile e nel caso delle nuove DB4 il motore sarà un sei cilindri di 4,2 litri più potente dell’originale (340 HP anziché 302). Il prezzo, poi, non sarà certamente alla portata di tutte le borse: si parla di 1,9 milioni di dollari.
Le “continuations” si possono considerare autentiche e, in genere, portano lo stesso numero di telaio che avrebbero avuto se le serie originariamente allestite fossero state completate; si tratta di prodotti di “ultra nicchia” destinati ad un pubblico particolarmente facoltoso: d’altra parte, si sa, in tempi di crisi l’unico a “tirare” è il mercato del lusso. Oltre ai facoltosi collezionisti del mondo del petrolio queste auto interesseranno soprattutto gli Stati Uniti, un mercato nel quale l’ingresso è reso più facile dalla legge sulla produzione “low volume” che, purtroppo, non si applica alle auto che hanno macinato grandi numeri di produzione. Peccato: perché sarebbe stato bello vedere ritornare le Ford Customline del ’56, le Chevrolet Bel Air del ’57 o i modelli più felici delle Thunderbird e delle Corvette.