Dopo il GP di Singapore che guaio a Woking, laddove ha sede la McLaren!
Ora Zak Brown (il boss aziendale) e Andrea Stella (il boss della scuderia) dovranno mettere mano alle “papaya rules” e forse riscriverle daccapo.
Nel GP di Singapore, su una di quelle piste cittadine da dentro o fuori, le McLaren (auto color papaya, appunto) hanno dominato alla grande e Lando Norris ha vinto la corsa, mentre Oscar Piastri (che aveva vinto la gara precedente a Baku) ha chiuso terzo, sul podio.
La vittoria di Norris scuote il Mondiale anche se Max Verstappen e la Red Bull sono stati bravi a “shakerare” la loro auto (inguardabile al venerdì) e chiudere al secondo posto.
Morale: Norris adesso ha 279 punti, però Max continua a comandare la classifica con 331 (52 di vantaggio).
Certo, nella classifica costruttori le cose sono diverse (McLaren in testa con 516 punti e Red Bull seconda con 475), ma questa è una competizione che interessa soprattutto le squadre e non troppo il pubblico.
Gli appassionati si chiedono invece se Norris, a bordo di un’auto così straordinariamente prestazionale, riuscirà a rosicchiare punto su punto il margine di Verstappen sino a conquistare il titolo iridato.
Se lo chiede anche Norris, se lo chiede anche Verstappen. E qui c’entrano le “papaya rules”, ovvero le regole relative ai giochi di squadra in casa McLaren.
I piloti resteranno liberi di correre oppure Piastri dovrà mettersi al servizio di Norris?
La Red Bull non si fa scrupolo a usare gli ordini di scuderia, tanto che è stato chiesto a Daniel Ricciardo (che è pilota Red Bull, ma corre per la squadra gemella italiana di Faenza, e che a Singapore forse era alla sua ultima prova in Formula 1) di “rubare” il giro veloce a Norris, per sottrargli il punto addizionale.
Nemmeno troppo “fair” a dirla tutta, visto che si tratta di due squadre teoricamente differenti.
Comunque è ormai chiaro che tutti pensano a un titolo da vincere sul filo di lana, lottando punto per punto. Poi chissà cosa accadrà.
Lando stremato
Norris ha vinto grazie alla pole conquistata sabato, a una bella partenza (finalmente) e a una gara di testa, da vero leader.
Una corsa fisicamente durissima (per lui come per tutti, ovviamente) forse la peggiore dell’anno, con una temperatura dell’aria altissima e un’umidità pazzesca.
Il pilota inglese è giunto alla fine letteralmente stremato, ma vincente.
Ha perso concentrazione in due occasioni, toccando il muro una prima volta a sinistra (con l’ala anteriore) e una seconda volta a destra (stessa ala), ma ha portato a casa i 25 punti.
Ed è quel che conta: “E’ stata una corsa straordinaria, l’auto letteralmente volava. Vero, mi sono preso qualche spavento, tra l’altro in momenti in cui non stavo nemmeno spingendo troppo. Comunque è stata una grande giornata per me e per la squadra”.
Piastri per ora si limita ad analizzare la corsa, per il resto ci sarà tempo: “Non è stata la mia serata migliore, ma ho evitato rischi eccessivi. Il podio è un buon risultato”.
Ma è chiaro che i giochi interni si decideranno intorno a un tavolo, guardandosi in faccia.
Nel GP di Singapore la resurrezione delle Rosse
E la Ferrari? Venerdì bene, in gara benissimo (con Leclerc più che con Sainz).
Ma al sabato è andato tutto storto.
L’incidente a Sainz nel “Q3″ della qualifica, poi la sbavatura di Leclerc nel giro decisivo.
Dopo devono esserci state ore concitate, visto che sabato Leclerc se l’era presa con la temperatura delle gomme e forse con la squadra.
“Non erano pronte nemmeno al 50 per cento”, ha detto il monegasco.
“Siamo usciti dai box e le temperature delle gomme anteriori erano più basse di non so quanti gradi rispetto alle temperature ideali. Non so perché è successo”.
Ma dopo la bandiera a scacchi ha corretto le sue parole: “Vorrei precisare che la responsabilità dell’errore in qualifica è solo mia”.
“Forse le mie dichiarazioni non sono state chiare e possono essere state fraintese”.
“In gara è andato tutto bene, è stata una bella prova, ma la posizione in griglia mi ha condizionato. Speravo in una safety car, ma non c’è stata”.
Per la cronaca: a Singapore è la prima volta che non ci sono state interruzioni.
Di certo le Rosse in gara avevano un gran passo, forse contrastare la McLaren sarebbe stato impossibile, ma arrivare sul podio probabilmente sarebbe stato possibile.
Invece Leclerc ha chiuso al quarto posto e Sainz al settimo.
Ma ormai il GP di Singapore è andato, recriminare è inutile.
Spiega Sainz: “Nelle ultime tre gare ho perso qualche occasione, nelle ultime due le abbiamo perse tutti quanti. Ma ora si torna su piste “normali” come Austin e Città del Messico, cercheremo di lavorare meglio”.
La guerra delle parolacce
Il Mondiale adesso affronta un specie di sosta (le squadre non devono chiudere per regolamento, come ad agosto) perché il GP in Texas è in calendario il 20 ottobre.
Verrebbe da dire “poffarbacco” o “perdindirindina”.
Anche perché qualcosa in più, in questo momento, entrerebbe nella polemica questione del linguaggio scurrile (o giudicato tale).
La Fia ha deciso di dare una stretta, sollevando un vespaio, dopo un “fu*** di troppo pronunciato in pubblico da Verstappen.
Il presidente ben Sulayem s’è chiesto: “Ma come, ci mettiamo a usare un frasario da rapper?!”.
E se Verstappen ha risposto semplicemente: “Non siamo mica tornati all’asilo?”, Hamilton è stato più pesante: “Brutte frasi quelle del presidente, i rapper sono quasi tutti neri, non vorrei che ci fossero allusioni razziste”.
Sabato, durante la conferenza stampa post qualifiche (che è un evento ufficiale) Verstappen ha risposto a monosillabi, scusandosi per un calo di voce.
Poi nel paddock, qualche attimo dopo, ritrovando la voce quasi per incanto, ha dato vita a una capannello in stile Anni Novanta, scoprendosi colpito da improvvisa ed eloquente logorrea, proprio mentre la Fia lo sanzionava (con ore di impegno socialmente utile).
Viene da domandarsi se ci si trovi all’inizio di una guerra tra federazione e piloti (che quindi, prima o poi, coinvolgerà anche squadre e Liberty Media) o se prevarrà il buon senso da parte di tutti e queste inutili schermaglie dialettiche avranno termine.
Il GP di Singapore secondo Mario Isola (Pirelli): “Gara lineare, ora i test”
Infine le gomme. Anche nel GP di Singapore, in un contesto molto particolare (temperatura dell’aria molto alta, ma quella dell’asfalto appena nella media, considerando che si corre dopo il tramonto), le gomme della Pirelli hanno offerto un rendimento eccellente.
“Tutto sommato, è stata una gara piuttosto lineare, anche perché non c’è stata nemmeno una neutralizzazione, circostanza non si era mai verificata in passato su questa pista”.
“La sosta unica si è confermata nettamente la più veloce e tutte e tre le mescole si sono comportate secondo le aspettative”.
“La Medium e la Hard sono state chiaramente le più utilizzate, ma anche la Soft ha dimostrato di poter essere un’opzione, come si è visto ad esempio dai tempi ottenuti col pieno di benzina nel primo stint di Hamilton (17 giri) o quelli di Tsunoda nella sua seconda parte di gara (28 giri), facendo registrare un livello di degrado tutto sommato accettabile”.
“Molto rilevante nella valutazione del rendimento dei pneumatici è stato il livello di gestione del passo messo in atto dai piloti, unitamente al traffico in cui si sono ritrovati nelle varie fasi della gara”.
“In particolare, lo è stato per quanto riguarda la Medium perché, in base appunto al passo tenuto, alcuni piloti hanno potuto estendere la lunghezza del primo stint ben oltre la finestra prevista nelle simulazioni della strategia, aprendo così eventualmente la possibilità anche ad un possibile utilizzo della Soft”.
“Ora c’è una piccola sosta, ma per il nostro gruppo ci sarà ancora da fare in pista, con quattro giorni di test che potranno essere svolti grazie alla sempre fondamentale collaborazione delle squadre, nella fattispecie Mercedes, Red Bull, Ferrari e McLaren”.