Come funziona il motore a Ciclo Atkinson

Honda CR-V Hybrid
Il 2 litri i-VTEC 16 valvole che opera secondo il ciclo Atkinson ha dimensioni caratteristiche di 81x96,7 mm e rapporto di compressione geometrico di 13:1. Eroga 145 CV a 6.200 giri e 175 Nm di coppia a 4.000 giri.

Quasi sconosciuto fino a una trentina d’anni fa, il funzionamento a Ciclo Atkinson è salito progressivamente agli onori della cronaca con il diffondersi di automobili ibride.

Infatti, non esiste quasi nessun modello full hybrid o plug-in che non utilizzi, per la parte endotermica, un motore modificato con questo ciclo di funzionamento.

Pioniera nel suo utilizzo è, giocoforza, Toyota, con la Prius che risale al 1995.

Tuttavia, in tempi più recenti la Casa ha applicato il principio del ciclo Atkinson anche ad alcune motorizzazioni non ibride come il 1.0 che fa da base alla sua Yaris.

Ma perché, e per quale motivo è considerato imprescindibile per i modelli con sistemi ibridi “completi” ma non per quelli più “leggeri” come i mild-hybrid? Eccolo spiegato.

Curiosità e cenni storici

Al giorno d’oggi il principale obiettivo delle case costruttrici di automobili è la ricerca dell’estrema efficienza dei loro mezzi, che siano equipaggiati con motori termici, elettrici, ibridi. Nel 1882 un giovane ingegnere britannico, James Atkinson, aveva già intuito questa necessità: grazie ad una articolata modifica al manovellismo di un motore a ciclo Otto riuscì nel suo intento.

La complessità del sistema fu il limite alla sua industrializzazione su larga scala, ecco perché non sono esistite per molti decenni vetture che installassero un propulsore “Atkinson” fino, appunto, all’avvento dell’ibrido.

Come funziona

Come già ribadito, il principio di funzionamento energetico del motore “ciclo Atkinson” è lo stesso del “ciclo otto”, vediamo nel dettaglio analogie e differenze (parleremo solo del ciclo “ideale” di un motore 4T).

Figura 1 – Ciclo otto ideale VS Ciclo Atkinson reale
  • Fase di aspirazione (0-1):

Il pistone si trova al Punto Morto Superiore (PMS), la valvola di aspirazione è idealmente già aperta e grazie al movimento del pistone verso il Punto Morto Inferiore. All’interno del cilindro viene immessa la miscela di aria/benzina. Il ciclo ideale prevede che questa fase sia isobara.

  • Fase di compressione: (1-2):

Il pistone percorre il percorso inverso (da PMI a PMS) comprimendo l’aria affinché la pressione in camera di combustione aumenti. Le valvole di aspirazione e scarico sono idealmente chiuse, la fase è teoricamente adiabatica.

  • Fase di scoppio (2-3)

Il pistone si trova al PMS, l’innesco della miscela avviene tramite una scintilla generata dalla candela. Le valvole di aspirazione e scarico sono chiuse, il ciclo ideale prevede che questa fase sia istantanea, a volume costante (isocora).

  • Fase di espansione (3-5)

Spinto verso il basso dall’enorme energia generata dalla combustione (si superano i 40 bar di pressione, come a 400 metri sott’acqua circa) il pistone raggiunge il PMI. Il ciclo ideale prevede che questa trasformazione sia adiabatica.

Il manovellismo Atkinson interviene qui, allungando di fatto la corsa di espansione sino a raggiungere la pressione ambiente, recuperando lavoro utile (la fase 4-1 del ciclo Otto)

  • Fase di scarico (5-0)

Il pistone, risalendo verso il PMS, forza i gas ad uscire. Questa fase idealmente è isobara. Anche in questo caso, rispetto al ciclo “Otto”, si ha un aumento della corsa di questa fase.

Aumentando la fase di espansione recuperiamo tutta l’energia utile generata durante la fase di scoppio. Ne consegue che questo ciclo garantisce potenze più elevate a pari energia immessa nel propulsore (miscela aria-benzina idealmente identica). Le corse maggiorate di espansione e scarico non fanno altre che aumentare la cilindrata di queste due fasi.

Foto 1 – Manovellismo ciclo Atkinson

Pro e Contro

L’estrema complessità del sistema non ha mai permesso a questa idea di concretizzarsi: problemi di lubrificazione del manovellismo che realizza le due corse (Foto 1, particolare cerchiato in rosso), ingombro, peso sono i vincoli che rendono la realizzazione un propulsore del genere non profittevole.

Tuttavia, con l’evoluzione tecnica dei motori, è stato possibile ovviare al problema realizzando un Ciclo Atkinson non basato sul manovellismo. I moderni motori delle ibride sfruttano infatti i moderni sistemi di controllo delle valvole per modificare il timing di apertura e chiusura.

In questo modo, la corsa dei pistoni resta la stessa, ma lasciando aperte le valvole di aspirazione anche per la prima fase di risalita del pistone, si riduce l’energia necessaria alla compressione rispetto a quella generata dall’espansione.

I motori a Ciclo Atkinson, confrontati con equivalenti a Ciclo Otto, hanno una potenza relativamente bassa rispetto alla cilindrata, ma un’efficienza termodinamica superiore.

La perdita prestazionale nelle fasi di spunto e accelerazione è compensata dall’azione della parte elettrica.

Questo spiega perché l’applicazione diventa possibile solo dai modelli full-hybrid in su, che hanno una potenza elettrica sufficiente anche ad assicurare la trazione e il motore endotermico può rimanere spento nella fase di spunto. Sui mild hybrid, nei quali il motore elettrico fa soltanto da booster, questo non sarebbe possibile.