Cobra Daytona Coupè: la prima sfida americana alla Ferrari

Cobra e Carroll Shelby. Due nomi magici che attorno alla metà degli anni ’60 hanno varcato i confini degli States per gettare il guanto di sfida alle Case europee, e alla Ferrari in particolare.

Il sogno di Shelby era iniziato qualche anno prima, quando ambiva a montare un potente V8 americano su un telaio europeo, la cui scuola tecnica nella parte dinamica della vettura era ritenuta all’epoca all’avanguardia. Il matrimonio avvenne nel 1962 quando Shelby si mise in contatto con la Casa inglese AC e li convinse a provare a montare un V8 Ford di 260 cu.in. (4,3 litri) sulla loro spider due posti.

Cobra
La Cobra nella versione più nota, quella spider col motore Ford di 427 cu.in.

Ovviamente il trapianto non fu indolore, e la vettura dovette essere adattata alla coppia del nuovo motore e alle prestazioni che questo era in grado di garantire. Si intervenne un po’ dappertutto, allargando in modo significativo la carreggiata e di conseguenza ‘gonfiando’ i fianchi della carrozzeria la cui linea diventerà un’icona tra le ‘muscle car’ americane. In questa versione la vettura varcò l’Oceano dove fu battezzata Cobra e prodotta in piccola serie tra il 1962 e 63 per poter essere omologata per correre nella categoria GT. Nella sua prima configurazione, la Cobra aveva un motore Ford da 264 CV con cambio a 4 marce Borg Warner alimentato da un carburatore Holley. La potenza arrivò ai 350 CV quando fu montato un Ford V8 di 289 cu.in. (4,7 litri). Ma per poter reggere il confronto con la Ferrari GTO, ovvero la Granturismo più performante di quegli anni, serviva però una carrozzeria più aerodinamica, sia nella parte anteriore, con un muso più basso e penetrante, sia nel posteriore, con una coda tronca.

La Cobra Daytona telaio CSX2299 fotografata a Goodwood.

Bob Bondurant, un pilota delle Cobra, raccontò che a Spa, pista velocissima, le Ferrari e le Aston Martin potevano letteralmente ‘girare attorno’ alle Cobra lanciate alla massima velocità in quarta.  Artefici del nuovo progetto furono, oltre a Shelby, Pete Brock che raccontò di essersi ispirato, nella concezione della Coupè, agli studi aerodinamici eseguiti alla fine degli anni ’30 dal tedesco Wunibald Kamm.

Shelby Cobra Daytona

Del gruppo che creò questa vettura facevano parte anche Phil Remington, la cui abilità come tecnico fu fondamentale nella costruzione pratica della vettura e Ken Miles, un inglese che univa alle indiscusse capacità di pilota anche quelle di tecnico, arrivando ad essere un personaggio chiave non solo nello sviluppo della Cobra Daytona ma anche nella Ford GT40, che in un certo senso ne raccolse il testimone nella sfida contro la Ferrari. Parallelamente alla Ford lavorarono sul motore per completare a dovere un ‘pacchetto’ formidabile. La nuova vettura, la cui carrozzeria fu creata su una maschera in legno appoggiata a un telaio della spider, fu considerata dalla FIA come una variante della versione aperta già omologata e fu dunque pronta per le gare GT nonostante fosse stata realizzata in pochissimi esemplari, che alla fine pare siano stati solo sei. La Ferrari fu colta di sorpresa e si trovò ad opporre alla nuova Cobra le ormai datate GTO.

Il motore di 289 cu.in. ebbe una cura ricostituente che portò la potenza a 400 CV utilizzando alberi a camme speciali e carburatori Weber 48 IDA. Il telaio, irrobustito rispetto al precedente e con barre antirollio, montava sospensioni Koni e freni a disco Girling. La velocità massima, coi rapporti più lunghi, superava abbondantemente i 300 orari…

Nel 1965 la Cobra Daytona vinse il Campionato del Mondo Marche per vetture GT oltre 2 litri, battendo la Ferrari.