
Le difficoltà di un confronto oggettivo tra le scelte costruttive e il coraggio delle case che escono dal coro.
Non è raro imbattersi in chi lancia confronti tra le soluzioni tecniche, etichettando l’una o l’altra come migliore (o peggiore), spesso in modo sbrigativo.
In realtà il sistema “veicolo” è talmente complesso e colmo di variabili, non solo interne al sistema, ma anche esterne (si pensi ad esempio alle condizioni atmosferiche o alla configurazione del tracciato), da far sì che nulla possa essere categorizzato a priori.
Per non parlare dello sviluppo e della sperimentazione, processi in grado di ottimizzare e rendere performanti prodotti che sulla carta possono sembrare penalizzati, per ragioni prettamente teoriche.
Possiamo invece affermare che ogni soluzione ha la sua logica e i suoi punti di forza, i quali, se sfruttati a dovere, possono ribaltare il risultato finale.
Se nelle competizioni è sempre difficile un confronto tecnico, per i regolamenti limitano le scelte costruttive, figuriamoci nelle auto di produzione, mondo nel quale ogni casa è libera di perseguire la propria filosofia costruttiva.
Fare un’analisi di tutte le componenti del veicolo richiederebbe molto più di un articolo, limitiamoci dunque a riportare alcuni significativi esempi.
LA TRADIZIONE DELLA 911
Sarebbe banale affermare che il migliore bilanciamento possibile lo si ottiene quando l’unità propulsiva è installata in mezzo ai due assi, in modo da distribuire in modo equo il peso.
Esistono tante eccezioni che dimostrano che anche altre soluzioni possono essere adottate, quella più eclatante è il caso di Porsche, che con l’immortale modello 911, fin dalla sua origine persegue il concetto del motore installato a sbalzo dietro all’asse posteriore.

Una soluzione sulla carta svantaggiosa, perché crea un momento che diminuisce la forza verticale agente sulle ruote anteriori, di fatto riducendo la tenuta di strada di quell’asse; nonostante ciò, grazie a una continua ottimizzazione dei pesi, le iconiche vetture di Stoccarda possiedono un handling sopraffino e sono tra le più veloci al mondo.
La loro scelta è coraggiosa, perché impone ai progettisti notevoli sforzi per recuperare quel carico all’anteriore, fondamentale per poter garantire la direzionalità e il recupero dell’imbardata, cioè del sovrasterzo.
Al tempo stesso, porta ad alcuni vantaggi, come la migliore motricità e la possibilità di avere un passo molto corto rispetto alle concorrenti, a favore della maneggevolezza, perché le ruote posteriori possono essere collocate vicine all’abitacolo: per esempio, la nuova 911 ha un passo di 2450 mm contro i 2650 mm della Ferrari 488.
Non è l’unico caso in cui Porsche va controcorrente, basti ricordare gli anni in cui i suoi motori boxer erano rigorosamente raffreddati ad aria, soluzione che fu abbandonata soltanto nel 1997 con la 996, a causa delle sempre più restringenti normative anti-inquinamento, che imposero l’utilizzo delle quattro valvole per cilindro (per avere una camera di combustione più compatta), con le quali era impossibile garantire un adeguato flusso d’aria nella zona tra le valvole e la candela di accensione.
LE MOLLE A BALESTRA DI CORVETTE
Chevrolet, da sempre sulle proprie Corvette (anche per l’ultima serie C7 ZR1, che arriverà entro il 2018) prevede che l’elemento elastico delle sospensioni sia composto da una balestra trasversale (mono lamina), al posto delle molle elicoidali, divenute ormai convenzionali su tutte le auto.

La molla elicoidale è in teoria più vantaggiosa, perché di fatto rende indipendente il cinematismo di ogni ruota, in particolare il movimento verticale che essa compie quando si affronta una curva o quando la strada è irregolare.
Una molla a balestra trasversale invece crea un collegamento elastico tra le due ruote dello stesso asse, rendendo molto più difficile l’ottimizzazione delle caratteristiche dinamiche di smorzamento e di rigidezza.
Nonostante queste prerogative, grazie a uno sviluppo continuo da parte di Chevrolet, si è arrivati oggi a un prodotto maturo e a una soluzione innovativa, tramite la realizzazione delle balestre in materiale plastico (FRP – fibre reinforced plastic), che porta addirittura a una sensibile diminuzione di massa rispetto agli elementi elastici di tipo tradizionale.
Come conseguenza, la Corvette può vantare un’eccellente tenuta di strada, allineata con le dirette concorrenti; a dimostrazione di ciò, segnaliamo il giro record della C06 di 7:13.9 al Nürburgring Nordschleife, fatto registrare dai colleghi tedeschi di Sport Auto, anche se non ufficialmente riconosciuto, ma il cui video è visibile in rete.
SCOCCHE: SCELTA DEL MATERIALE
La scelta del materiale costruttivo delle scocche sembra essere dovuto a molteplici fattori, in primis ai costi di produzione e all’esperienza che la casa ha maturato con quello specifico materiale.
Se sulla carta l’alluminio ha un peso specifico di due terzi inferiore rispetto all’acciaio (2,6 kg/dm3 contro i 7,85 kg/dm3), è anche vero che gli acciai alto-resistenziali permettono oggi degli spessori di lamiera notevolmente più bassi, grazie alle migliori proprietà meccaniche, quindi si può ottenere con essi una massa complessiva pari o inferiore.
Discorso a parte per le scocca realizzate in materiali compositi, prodotti che solo pochi specialisti nel mondo sono in grado di realizzare.
E’ il caso dell’Alfa Romeo 4C, unica auto del suo settore a tentare l’azzardo di una monoscocca in fibra di carbonio (fornito dagli specialisti dall’italiana Adler).

Un materiale composito in fibra di carbonio ha una densità media di 1,75 kg/dm^3 ed è quindi potenzialmente in grado di permettere sensibili riduzioni di peso, anche dell’ordine del 20-30% in meno rispetto ai materiali metallici convenzionali: ciò ha permesso alla piccola Alfa di raggiungere un rapporto peso potenza inferiore ai 4kg/cv (il peso della monoscocca è di soli 65 kg).
Ma sappiamo che non è solo questione di peso, infatti la corretta rigidità torsionale e flessionale, in abbinamento alla taratura degli ammortizzatori e al comportamento degli pneumatici, sono ciò che determineranno le caratteristiche dinamiche del veicolo.
Oltre al notevole costo di produzione, un’altra difficoltà che deriva dall’utilizzo delle fibre è la forte anisotropia, ovvero il cambiamento delle caratteristiche meccaniche a seconda della direzione degli sforzi, il che porta a una difficilissima progettazione.
Anche in questo caso ci troviamo quindi di fronte a pro e contro, i quali rendono impossibile un confronto oggettivo tra le scelte costruttive.

CONCLUSIONI
Non esistono scale di valore o scale prestazionali, quando si parla di un sistema così complesso come l’automobile.
Slogan derivati dal marketing, come migliore o peggiore, vecchio o nuovo, ci distraggono da quella che invece è un’evoluzione tecnologica a 360 gradi, dove nessuna ipotesi viene tralasciata e nessuna strada viene scartata a priori.
Evitiamo quindi i preconcetti e prestiamo attenzione nel valutare le diverse soluzioni tecniche, perché sono sempre inserite all’interno di un’architettura appositamente sviluppata e molto complessa, che può portare a sorprese in termini prestazionali.
