Nel 1984, in Casa Renault si viveva una piccola rivoluzione: l’amatissima utilitaria nota semplicemente come R5 lasciava infatti, dopo ben 12 anni di carriera, il posto alla sua diretta erede, chiamata ‘Supercinque’ proprio per dare un segnale di crescita nella continuità.
L’auto che mancava
Alla fine degli anni ’60, il segmento delle utilitarie era ben presidiato dalla Renault 4 o R4, una vettura essenziale ma molto pratica, piccola ma a cinque porte, capace di fare da familiare o da veicolo tuttofare non troppo sensibile agli strapazzi.
L’evoluzione dei gusti e delle esigenze della clientela stava però mostrando che i tempi erano maturi per qualcosa di più accattivante, un’utilitaria sempre versatile ma più grintosa e meglio rifinita.
Il progetto ha ripreso l’impostazione, all’epoca molto in voga in Renault, della due volumi con portellone, una fisionomia che Renault ha avuto l’audacia di proporre anche per le sue ammiraglie come la 16 e che riproporrà ancora dal ’75 con la 20 e la 30.
Renault R5: design moderno, meccanica collaudata
La linea del progetto dal codice interno ‘122’, è stata definita da Michel Boué, che le ha dato tre porte, linee morbide e arrotondate e diversi tocchi di modernità come i paraurti avvolgenti in plastica integrati nella linea della carrozzeria, lunga poco più di tre metri e mezzo (3,52 per l’esattezza).
Meno innovativa, invece, tutta la parte sottostante, eccezion fatta per la struttura, non più a pianale con carrozzeria separata ma a scocca portante, più efficace per la sicurezza passiva, con pavimento piatto rinforzato da traverse.
Fatta eccezione per questo, il grosso delle soluzioni strutturali sono state riprese dalla R4, iniziando dalle sospensioni anteriori a doppi triangoli con barre di torsione longitudinali e da quelle posteriori a bracci tirati con barre di torsione trasversali affiancate.
Invariata anche l’impostazione meccanica, a trazione anteriore con motore longitudinale e cambio montato a sbalzo davanti all’asse, azionato tramite un lungo rinvio da una leva che fuoriusciva direttamente dalla plancia.
Questa, già nel ’73, quindi l’anno successivo al lancio, poteva essere sostituita con una leva in mezzo ai sedili, diventata poi lo standard qualche anno più tardi, nel ’76.
Più potenza
Uno degli obiettivi della R5 era offrire anche migliori prestazioni rispetto all’infaticabile ma tranquilla R4.
Al momento del lancio, avvenuto appunto nel 1972, oltre a riprendere il motore 4 cilindri da 782 cm3 e 36 CV di quest’ultima come offerta di base con l’allestimento L (dal ’77 sostituto da un ‘850’ da 37 CV), la gamma proponeva una più grintosa TL equipaggiata con un 956 cm3 da 47 CV e freni anteriori a disco.
Nel 1974 è arrivata la versione TS, con un 1.3 litri (1.289 cm3) da 64 CV, mentre dal 1980 il 950 è stato sostituito da un 1.108 cm3, anche se di potenza ridotta.
Dal 1978 è stato offerto anche un cambio automatico abbinato al motore 1.3, opzione estesa qualche anno dopo anche al 1.4 delle Alpine.
In entrambi i casi la potenza era sensibilmente ridotta, rispettivamente a 55 e 58 CV.
La R5 Alpine
Nel 1973, appena un anno dopo il lancio della R5, Renault acquisì definitivamente la Alpine, piccola fabbrica di vetture sportive con cui collaborava fin dalla metà degli anni ’50 e a cui forniva motori e telai delle sue utilitarie per l’allestimento di vetture sportive.
Qualche anno più tardi, nel 1976, mentre la R5 si arricchiva della variante a cinque porte, la Losanga decise di sfruttare immagine e competenze della factory di Dieppe per sviluppare una versione più sportiva della R5.
La R5 Alpine era equipaggiata con un motore da 1.397 cm3 e 93 CV ed era capace di raggiungere i 175 km/h e accelerare da 0 a 100 km/h in 7”5.
Il suo prezzo era quasi doppio rispetto al modello base L, ma fece fare un primo balzo di immagine all’utilitaria, facendone di fatto una delle prime ‘piccole bombe’ disponibili sul mercato.
La Renault R5 Turbo
Parallelamente, Renault, che stava introducendo sulle vetture di serie i primi motori turbocompressi grazie all’esperienza maturata con le competizioni (tra cui la Formula 1).
Avviò quindi lo sviluppo della R5 Turbo, dall’architettura totalmente stravolta rispetto alla normale R5 stradale, con motore da 1.397 cm3 sovralimentato montato dietro i sedili anteriori, trazione posteriore e una potenza iniziale di ben 160 CV.
Questa versione è stata prodotta per uso agonistico come Gruppo 4 e poi Gruppo B ma resa disponibile dal 1981 anche in versione stradale.
Nel 1983, il motore della Turbo, in versione da ‘soli’ 110 CV, andò sulla R5 Alpine per dare vita alla R5 Alpine Turbo da 186 km/h.
La prima elettrica nel ‘72
La R5 ha avuto una variante elettrica: si chiamava Renault 5 Èlectrique e fu costruita in pochi esemplari, dal 1972 al ’74.
Le prestazioni erano modeste, appena 10 CV di potenza per una velocità massima di 60 km/h e un’autonomia di appena 60 chilometri era tutto ciò che le batterie da 300 kg potevano consentire.
La particolarità più curiosa era il tetto, modificato per consentire un’apertura più ampia di quella concessa dal solo portellone.
Questo si doveva all’ingombro del pacco batterie stesso, posizionato al posto dei sedili posteriori, che per essere installato e rimosso necessitava di più spazio di manovra.
La Supercinque
Nel settembre del 1984, Renault ha lanciato quella che oggi definiremmo la seconda generazione della R5, ribattezzata Supercinque e simile nell’aspetto ma molto diversa sul piano tecnico.
Nuova scocca e, soprattutto, nuova architettura meccanica a motore trasversale ripresa dalle berline Renault 9 e 11, per un miglior sfruttamento degli spazi, con un avantreno MacPherson che sostituì il vecchio schema a barre di torsione.
Invariate, invece, le sospensioni posteriore con barre trasversali, così come la disponibilità di versioni a cinque porte che però, a differenza della R5, stavolta offrivano anche passo allungato di sei centimetri, per una lunghezza totale che passava quindi dai 3,59 metri della 3p a 3,65 metri.
Il filone delle ‘hot hatch’ è proseguita con le grintose GT e GT Turbo.
In vendita per altri dodici anni, di cui sei passati affiancando la sua erede, la Clio, a cui ha fatto da alternativa più accessibile, la Supercinque ha totalizzato oltre 3,5 milioni di esemplari da sommare virtualmente ai 5,5 milioni di R5 prodotti, anche fuori dai confini francesi.
La mano di Gandini
Lo stile della Supercinque è opera del maestro italiano Marcello Gandini, celebrato autore di molte vetture di successo, tra cui le Lamborghini Miura, Countach e Diablo.
A lui a cui la dirigenza Renault si rivolse perché nessuna delle proposte ricevute dai responsabili interni dello stile aveva convinto pienamente.
Gandini scelse di non discostarsi troppo dalla R5, modernizzando appena le linee e integrando ancora di più i paraurti.
Sul piano dei motori, la Supercinque ha esordito con unità in parte derivate da quelle della R5:
- 956 cm3 da 42 CV,
- 1.108 cm3 da 47 CV,
- 1.397 cm3 da 72 CV.
Nel 1987 sono arrivati un nuovo 1.237 cm3 da 55 CV e un 1.7 da 90 CV, anche con iniezione elettronica (96 CV), una novità proposta nel ’93 anche su un nuovo 1.237 cm3 da 60 CV.
La Diesel e la GT Turbo
Da fine 1985 la Supercinque è anche diventata la prima della sua dinastia a offrire un motore Diesel.
Questa unità apparteneva alla nuova famiglia Type F introdotta nel 1982 ed era un 1.6 litri aspirato a iniezione indiretta capace di sviluppare 55 CV, ma soprattutto di percorrere quasi 20 km con un litro di gasolio, dato che faceva perdonare lo 0-100 in oltre 16 secondi.
Decisamente più gratificante la versione sportiva GT Turbo, introdotta sempre nell’85 come erede e sostituta della R5 Alpine, di cui sostanzialmente riprese il motore 1.4 sovralimentato.
La potenza era però cresciuta a 115 CV, portati due anni dopo a 120, per una velocità superiore ai 200 km/h e uno 0-100 in 7”6.