Le emissioni, i numeri per misurarle e i cicli omologati

Le emissioni, i numeri per misurarle e i cicli omologati – Il Dieselgate ha portato alla ribalta un problema solo apparentemente risolto: quello delle emissioni. In realtà, il percorso tecnico che ha portato alle normative vigenti ha richiesto anni di ricerca e investimenti importanti. Partiamo quindi dall’evoluzione delle direttive europee.

L’inizio della storia
Erano gli anni ’70 e i limiti imposti per il CO erano a quota 35 g/km, mentre la somma degli HC e degli NOx si aggirava nell’intorno dei 10 g/km. Con il passare del tempo, questi limiti iniziarono a scendere, mentre la normativa ci accompagnava verso le imposizioni dell’Euro IV del 2006. Questo è il momento in cui viene imposta la soglia di 1 g/km di CO, ma, successivamente, le misure diventano così fini che si inizia a cambiare la notazione delle unità di misura e si comincia a parlare di 1.000 mg/km (CO), 100 mg di HC (idrocarburi incombusti), 80 mg/km per gli NOx, con la somma di questi ultimi due pari a quel 180 mg/km che abbiamo sentito più volte. Abbiamo detto che siamo nel 2006 e parliamo quindi di 0,18 g/km (HC+ NOx). Siamo quindi alla normativa Euro IV. Tutto quanto detto fino ad ora valeva per i motori a benzina. Cosa capitava invece ai motori a gasolio? Beh, i diesel, sempre agli inizi degli anni ‘90, stavano molto meglio.

La riduzione delle emissioni per i motori a benzina.
La riduzione delle emissioni per i motori a benzina. A partire dagli inizi degli anni ’70 ad oggi, la riduzione delle emissioni ha portato effetti importanti. Si noti come i benzina manifestino già negli anni ’70 un ottimo comportamento in termini di emissioni di ossidi di azoto. L’avvento dell’iniezione diretta anche sui motori a benzina ha portato invece un peggioramento in termini di particolato.

A fronte dei 35 g/km di CO del benzina erano a 7,5 g/km, sempre con il CO, e a 1,6 g/km per la somma HC+NOx. Malauguratamente, però, sul diesel avevamo già allora quello che chiamavamo il “fumo nero”, e che oggi chiamiamo particolato. Il valore superava gli 0,25 g/km. Questo era, ed è tuttora, uno dei maggiori problemi dei motori a gasolio. Il diesel si è sempre comportato meglio del benzina per quanto riguarda le emissioni degli ossidi di carbonio, tanto che si vede come in occasione della normativa Euro IV si raggiungono i 500 mg/km di CO contro i 1.000 mg/km del benzina. Purtroppo, però, gli NOx del diesel si attestavano a 250 mg/km contro gli 80 mg/km del benzina, quindi circa tre volte tanto. Questi valori misero subito a nudo una delle maggiori debolezze del motore a gasolio e fu proprio a questo punto della storia che cominciarono i problemi. Rimanevano ovviamente presenti anche i brutti comportamenti in termini di particolato, che già in occasione delle Euro IV raggiungevano i 0,025 g/km. Dall’euro IV ci muoviamo verso i giorni nostri. Quindi si inizia a parlare di Euro V ed Euro VI. Per quanto riguarda il CO e gli HC del benzina, in pratica, l’Euro IV era già a limiti considerati pari praticamente a zero. Cosa voleva dire questo? Questo significava che se tutte le vetture avessero funzionato con i limiti Euro IV, i livelli di qualità dell’aria, molto probabilmente, sarebbero stati soddisfatti.

La riduzione delle emissioni nei motori a gasolio.
La riduzione delle emissioni nei motori a gasolio. Sin dagli inizi degli anni ’90, i motori a gasolio si portavano dietro il problema del particolato e degli NOx.

Sui benzina, tra l’altro, per gli NOx venne richiesta una riduzione da 80 mg/km a 60 mg/km, tutto sommato non una grande riduzione (pari al 25%), ma si chiese di introdurre la misura del particolato anche sul benzina ad iniezione diretta, perché la combustione del benzina ad iniezione diretta porta in primo piano il problema del particolato anche per i motori a ciclo Otto. Sul diesel, con i dati dell’Euro IV, gli HC e CO andavano bene, ma, ecco qui il problema del diesel, già l’Euro V richiedeva una riduzione del particolato dell’80%: il filtro per il particolato arriva su tutte le vetture. Per i diesel, però, viene richiesta anche una bella riduzione degli NOx, una riduzione pari al 30%. L’Euro VI, poi, chiede ancora un ulteriore sforzo con una piccola riduzione del particolato, ma la sberla finale al motore di Rudolph Diesel arriva con le limitazioni sugli ossidi di azoto che devono scendere a quegli 80 mg/km parenti degli 80 mg/km del benzina. Ci troviamo di fronte ad un punto di svolta in cui il legislatore non è più interessato al tipo di vettura scelta dall’utente. L’importante è non inquinare più. Ecco allora che l’NOx del diesel si deve allineare a quello del benzina dotato del famoso catalizzatore a tre vie. Oltre alla misura del particolato in massa (PM), si rende necessaria la misura del numero di particelle per chilometro (PN). È il momento dei numeri un po’ strani per i non addetti al settore. Viene fuori una cifra di 6×10^12 particelle per chilometro (limite intermedio), che diventa poi definitiva con un valore 6×10^11 particelle al chilometro. Numeri che devono valere, ovviamente, sia sul benzina, sia sul diesel.

Un motore a quattro cilindri sovralimentato di produzione General Motors.
Un motore a quattro cilindri sovralimentato di produzione General Motors. L’adozione della sovralimentazione in maniera estesa anche sui benzina ha prodotto un avvicinamento delle due motorizzazioni, a tal punto che con l’introduzione dell’iniezione diretta anche sui gasoline engines il particolato sta diventando un problema anche per i propulsori a ciclo Otto.

I cicli di misura
Al momento, tutte queste grandezze vengono misurate con il ciclo NEDC (New European Driving Cycle), che tanto nuovo non è più, perché è stato definito nel 1990 e si compone di una parte urbana (velocità massima 50 km/h, velocità media 19 km/h), di una parte extraurbana (velocità massima 120 km/h, velocità media 62 km/h), con una velocità media complessiva di 33 km/h ed una lunghezza complessiva di 11 km. Questo ciclo viene eseguito su un dinamometro, che simula con molta accuratezza le resistenze di rotolamento e aerodinamiche della vettura, per poter replicare condizioni più realistiche.

NEDC - Ciclo Europeo per la Misura delle Emissioni.
Il Ciclo Europeo utilizzato per rilevare le emissioni su banco a rulli è ormai vecchio e poco rispondente alle esigenze di controllo delle vetture moderne. Questo è il motivo per cui il legislatore ha pensato bene di introdurre il nuovo WLTC (vedi sotto).

Questi banchi prova sono equipaggiati con una batteria di analizzatori estremamente fondamentale per la misura degli HC, del CO2, del CO e degli NOx. Oltre a tutto ciò, troviamo un apparato fondamentale, il CVS (Constant Volume Sampling) che ha una particolarità: diluisce i gas di scarico emessi dalla vettura con una forte quantità di aria ambiente, perché la chimica e la fisica ci dicono che nella realtà capita proprio questo. Questo sistema, progettato alla fine degli anni ’70, ha capito questa cosa e questo concetto è fondamentale, perché grazie ad esso siamo stati capaci di misurare con molta accuratezza tutti gli step legislativi. La quantità di gas di scarico della miscela è misurata da un Critical Flow Venturi come quantità totale. La concentrazione viene rilevata dagli analizzatori, mentre quel blower che si vede sul tetto dei laboratori è lo strumento che determina la portata totale. E si faccia attenzione: si tratta di una portata costante. In questo volume che simula l’atmosfera si immette il gas di scarico emesso dalla vettura. CVSLa diluizione viene realizzata con una percentuale nell’intorno di 1:10, rapporto normalmente utilizzato nei laboratori dei costruttori di auto. Per i motori diesel bisogna aggiungere ancora qualcosa, un qualcosa abbastanza complesso. Per miscelare l’aria di scarico con l’aria ambiente e arrivare nella zona di campionamento per avere un’uniforme distribuzione del particolato nella portata totale, si fa uso di un particolare tunnel che nella pratica è un grosso tubo con una lunghezza pari a 10 volte il suo diametro. Il prelievo al termine di questo condotto finisce su filtri di raccolta posizionati prima del ciclo e dopo il ciclo. Dalla pesatura dei filtri si possono dedurre i grammi per chilometro del particolato emesso. Le linee di campionamento degli analizzatori, tra l’altro, vengono riscaldate, perché il gasolio per sua natura produce più condensa. Bisogna quindi evitare questa condensazione che danneggerebbe gli analizzatori e che produrrebbe reazioni secondarie che a loro volta altererebbero le concentrazioni. Bisogna dire che la qualità dei combustibili è migliorata moltissimo. Abbiamo tolto il piombo dalle benzine e lo zolfo dal gasolio. Ci siamo tolti dai piedi il benzene e i polinucleari aromatici, che sono componenti decisamente pericolosi e la loro riduzione è stata determinata sia dal miglioramento dei combustibili, sia dall’utilizzo del catalizzatore a tre vie, un sistema molto efficace nel ridurre il benzene e i polinucleari aromatici. Naturalmente, malgrado tutto ciò, permangono ancora delle difficoltà, perché sul particolato e sugli NOx la riduzione c’è, ma a soddisfare i limiti ci stiamo arrivando soltanto oggi. Questa situazione è resa complicata dal fatto che sia il particolato, sia gli NOx non sono il frutto del solo trasporto su ruota, ma molto è dovuto anche a tutte le fonti industriali. Bisogna infatti ricordare che anche la combustione dei processi industriali, come per esempio quelli legate al riscaldamento, produce NOx e particolato, anche quando la combustione non è così veloce come quella che avviene all’interno dei motori a combustione interna. E siccome il  particolato ci preoccupa, ecco che ci ritroviamo a dividere e catalogare le particelle in fine particles (diametro di 2,5 micron), ultra fine particles (sotto gli 0,1 micrometri), nano particles (sotto gli 0,05 micrometri),  in funzione appunto del loro diametro.

Il Particle Counter per contare le particelle di particolato.
Il Particle Counter per contare le particelle di particolato. Come è possibile osservare al centro dell’immagine, ci sono due stadi di diluizione, PND1 e PND2, utilizzati per separare le particelle da contare che verranno successivamente marcate con un componente chimico riconosciuto dal PNC, il contatore vero e proprio.

Nel caso non lo sapeste, le fine particles sono quindi abbastanza grosse e vengono bloccate dal nostro naso. Le ultra fine particles, purtroppo, riescono ad arrivare dentro i nostri bronchi, cosa certamente poco entusiasmante, ma c’è di peggio! Le nano particles sono quelle che raggiungono gli alveoli polmonari e, disgraziatamente, il nostro polmone non ha la capacità di metabolizzarle. Le può solo accumulare. Abbiamo allora capito che il sistema CVS è in grado di misurare tutte queste grandezze, mentre per misurare il numero di particelle come richiesto dall’Euro VI ci vuole una strumentazione ancora più complessa, un apparato che sia in grado di discriminare le particelle in funzione del diametro. Ecco in sintesi la struttura di questa macchina magica. Il sistema è costituito da un tunnel all’interno del quale passa la miscela di aria e gas di scarico. Il tutto viene fatto transitare in un primo diluitore che possiamo definire PND1 che determina la prima diluizione. Successivamente, un evaporatore, che ha la forma di una tubazione, si occupa di evaporare l’aerosol, cioè l’acqua contenuta nei gas di scarico. CVS UpdatingAll’uscita di quest’ultimo troviamo un secondo stadio di diluizione, che possiamo definire PND2. Cosa succede quindi? In definitiva i due diluitori determinano una diluizione in un rapporto di 1 a 1.000. A questo punto la singola particella di particolato viene marcata con un componente chimico specifico. Questo agglomerato, costituito da particella e marker, viene conteggiato dallo stadio finale della strumentazione che è il Particle Number Counter, un abile contatore capace di sommare tutte le particelle. Con questa diavoleria, possiamo allora permetterci di studiare la riduzione delle particelle emesse quando applichiamo il filtro del particolato. Dalle analisi fatte in sede di ricerca e progettazione, si è potuto effettivamente verificare che il filtro per il particolato funziona, intrappolando particelle di ogni diametro, a partire da quelle più piccole sino ad arrivare a quelle di 2,5 micron. Peccato che tutto questo funziona per circa 300/400 km, ma poi ad un certo punto questo filtro deve essere rigenerato.Durante la rigenerazione, che dura circa 10/15 minuti, la situazione torna ai livelli osservati quando il filtro del particolato non è presente. Per effettuare l’omologazione, allora, è necessario misurare le emissioni con trappola attiva e in fase di rigenerazione. Successivamente si farà la media ponderata delle due misure per confrontare, infine, il risultato ottenuto con i limiti imposti dalla legislazione vigente. L’effetto di queste trappole sembra esserci e i risultati non hanno tardato ad arrivare. Tanto per dare un ordine di grandezza, e concentrandoci nella regione del PM1, cioè quella delle particelle con 1 micron di diametro, scopriamo che senza trappola buttavamo in atmosfera circa 50 miliardi di particelle al chilometro. Con la trappola attiva scendiamo a 10 milioni di particelle per chilometro, più o meno è la quantità di particelle che stiamo respirando adesso. Il CVS oltre a fare tutte queste cose realizza anche la misura del Carbon Balance, con cui valutiamo consumi e CO2. In altre parole, il sistema è in grado di contare quanti atomi di carbonio sono presenti complessivamente tra CO, CO2 e idrocaburi. Ad un determinato numero di atomi di carbonio corrisponde una quantità precisa di combustibile consumato. Giusto per avere qualche ordine di grandezza,  quando bruciamo un chilo di combustibile (c’è poca differenza tra diesel e benzina), la regola di massima ci dice che rilasciamo in atmosfera 3 kg di anidride carbonica e questo è un problema. Per fare quindi un esempio, se una vettura consuma 10 litri per fare 100 km, avremo un’emissione di circa 240 grammi di CO2 al chilometro se il motore è a benzina, 266 grammi di CO2 al chilometro se il motore a gasolio. Certo, il diesel consuma meno del benzina, ma fatta la misurazione a parità di consumo, il diesel emette più CO2 perché il gasolio è più denso e quindi contiene più atomi di carbonio. Il diesel, però, ha un ciclo termodinamico nettamente migliore a quello del benzina e quindi emette meno CO2. Questo è anche il motivo per cui il legislatore europeo, per difendere il diesel, e allo stesso tempo per ridurre la bolletta energetica, ha promosso lo sviluppo del motore a gasolio e lo ha fatto crescere fino al punto in cui lo conosciamo oggi. Vale infine la pena di spendere due parole sulle missioni di anidride carbonica, che, lo ricordiamo ancora, non è un inquinante, ma un fattore aggravante nei confronti dell’effetto serra.

Andamento della CO2 in funzione della massa della vettura.
Andamento della CO2 in funzione della massa della vettura. La CO2 non è un inquinante, ma incide sull’effetto serra. E la fisica non è un opinione: a vettura pesante corrispondono emissioni di CO2 superiori.

La variazione del CO2 è funzione della massa della vettura. Se abbiamo un bel SUV, che indubbiamente è molto attraente e che pesa circa 2 tonnellate, emetteremo circa 240/250 grammi di CO2 per chilometro. Se decidiamo di girare con una city car, le emissioni di CO2 scenderanno intorno ai 100 grammi di CO2. E i target per la CO2 quali sono? Beh, i 130 g/km sono quelli imposti per il 2015, ma già nel 2020 il valore dovrà scendere a 95 g/km.

Ciclo per il controllo delle emissioni - WLTC
Dal settembre 2017 tutte le nuove vetture che verranno omologate dovranno essere sottoposte al nuovo Ciclo per il controllo delle emissioni. Con questa nuova imposizione, il legislatore tenta di avvicinare i test di omologazione alle condizioni reali di utilizzo della vettura.

Tutto bello, tutto interessante, ma quanto distante dalla realtà? Dalle considerazioni di questi ultimi anni e in particolare di questi ultimi mesi, sono state tratte delle conclusioni molto importanti. Il ciclo che utilizziamo deve essere messo in discussione, perché non sembra più così vero che l’NEDC sia veramente rappresentativo dell’utilizzo reale dell’auto? Nasce quindi il Worldwide Light Test Cycle (WLTC), il nuovo ciclo che è stato definito partendo dal presupposto di aumentare la distanza percorsa da 11 km a 23 km, aumentano la velocità media da 3 km/h a 46 km/h, la velocità massima da 120 km/h a 131 km/h, l’accelerazione da 1 m/s^2 a 1,7 m/s^2 e la percentuale di accelerazione durante il ciclo dal 21% al 43%. Questo è il ciclo che dovremo utilizzare dal settembre 2017 per omologare e continuare a fare questo mestiere. Ma probabilmente, l’inquinamento sarà ancora un grosso problema con cui dovremo confrontarci, perché le auto non potranno essere le sole protagoniste di una società più più responsabile e più rispettosa del proprio ambiente. Questo articolo è stato realizzato grazie alle informazioni raccolte durante la presentazione dell’Ing. Francesco Cavallino, titolare della ZET di Torino, presso il seminario “Technologies for Emission Reduction”, tenutosi presso l’Autodromo Nazionale di Monza in occasione dello Smart Mobility World. Il seminario è stato organizzato dallo Studio Comelli, a cui vanno i nostri ringraziamenti per l’organizzazione di un evento particolarmente interessante.