Introduzione allo studio delle benzine

Introduzione allo studio delle benzine
AGIP SAN DONAT F1134

Introduzione allo studio delle benzine – L’avvento dei carburanti ad elevato numero di ottano ha creato grande interesse e forti aspettative, ma i parametri tecnici che caratterizzano le benzine sono poco noti sia al pubblico, sia ad alcuni addetti del settore. Vediamo quindi di entrare nel merito della questione.

Introduzione
L’avvento di benzine ad elevato numero di ottano ha focalizzato l’interesse di molti appassionati che hanno intravisto, in questi combustibili innovativi, la possibilità di aumentare le prestazioni delle proprie vetture. Se ciò in parte è vero bisogna però capire quando, e in che modo, è possibile sfruttare i vantaggi offerti da questi carburanti. L’unica strada per poter valutare, almeno in prima approssimazione, le reali potenzialità di questi carburanti è quello di fare un piccolo passo indietro per riassumere, brevemente, alcune nozioni di base. Solo in un secondo tempo e con opportune prove sperimentali come, per esempio, delle banali prove su banco a rulli si potranno visualizzare i benefici.

La benzina secondo la chimica
Le benzine sono idrocarburi ricavati dalla raffinazione del petrolio; la disposizione degli atomi all’interno delle loro molecole da origine a famiglie differenti di idrocarburi. Vediamo qui di seguito di trattare brevemente gli idrocarburi più noti elencandone le relative proprietà. Gli idrocarburi della serie paraffinica o alifatica sono rappresentati dalla formula generica CnH2n+2; si tratta di strutture a catena semplice all’interno delle quali l’atomo di carbonio si lega agli atomi di idrogeno sfruttando tutta la sua valenza. Questo è il motivo per cui le paraffine vengono chiamate idrocarburi saturi; la loro caratteristica principale è quella di essere molecole molto stabili e, tra queste, possiamo annoverare l’isottano. Seguono quindi gli idrocarburi della serie olefinica che sono caratterizzati dalla formula generale CnH2n e Introduzione allo studio delle benzinepresentano, pur con una stabilità inferiore, forte somiglianza alle paraffine di cui si è detto precedentemente. La terza famiglia che consideriamo è quella della serie naftenica con formula CnH2n che sono idrocarburi piuttosto stabili a catena chiusa; la differenza rispetto agli olefinici è proprio la struttura molecolare a catena chiusa. Rimangono, infine, quelli della serie aromatica, con formula CnH2n-2, anch’essi del tipo a catena chiusa e caratterizzati da una stabilità superiore rispetto a tutti le altre serie non sature. Per capire come i combustibili che conosciamo si distribuiscono, all’interno delle serie sopra elencate, basta dire che quelli che a pressione e temperatura ambiente si trovano allo stato gassoso appartengono alla serie paraffinica e olefinica. Diversamente le benzine sono formate da idrocarburi di tutti i tipi e la loro distinzione è proprio funzione dei diversi elementi che concorrono a formarle; la loro caratteristica comune rimane invece la massa molecolare non elevata.

La normativa di riferimento
La norma europea di riferimento è la EN 228; quest’ultima fa riferimento, a sua volta, ad altre norme tra le quali citiamo: EN 237:2002 (Determinazione della concentrazione di piombo attraverso spettrometria ad assorbimento); EN 238:1996 (Determinazione del contenuto di benzene mediante spettrometria ad infrarossi); EN 1601:1997 (Determinazione di composti organici ossigenati e contenuto totale di ossigeno mediante gascromatografia); EN 12177:1998 (Determinazione della quantità di benzene mediante gascromatografia); EN 13016-1:2000

Introduzione allo studio delle benzine
Tabella estratta dalla normativa EN 228. I valori indicati nella tabella rispecchiano le caratteristiche a cui deve sottostare l’odierna benzina verde. Vale la pena sottolineare come la normativa non contempli affatto altre tipologie di benzine come quelle ad elevato numero di ottano tanto pubblicizzate. E’ altresì evidente che tali benzine devono comunque rispettare i valori minimi e massimi imposti dalla normativa di cui sopra.

(Determinazione della pressione di vapore saturo dell’aria); EN 13132:2000 (Determinazione dei composti organici ossigenati e del contenuto totale dell’ossigeno legato mediante gascromatografia); EN ISO 3405:2000 (Determinazione  delle caratteristiche di distillazione); prEN ISO/DIS 5163:2002 (Determinazione delle caratteristiche di detonazione mediante metodo Motor); prEN ISO/DIS 5164:2002 (Determinazione delle caratteristiche di detonazione mediante metodo Research); EN ISO 7536:1996 (Determinazione della stabilità all’ossidazione della benzina); EN ISO 12185:1996/C1:2001 (Determinazione della densità); prEN ISO/DIS 20884:2002 (Determinazione del contenuto di zolfo nei combustibili per uso automobilistico). La presenza di zolfo nelle benzine commercializzate può rappresentare un grosso problema per le vetture moderne dotate di catalizzatori e sonde lambda; la sua presenza, anche in percentuale ridotta, può essere dannosa, limitando la vita utile dei sensori d’ossigeno e dei convertitori catalitici.

Gli additivi contenenti composti metallici
Tra i primi citiamo immediatamente il piombo; si tratta di un elemento ormai famoso nel campo automobilistico e soprattutto tra i motoristi. Questo componente metallico ha trovato storicamente impiego come additivo, economicamente vantaggioso, in grado di aumentare sensibilmente il numero di ottano delle benzine. Purtroppo l’utilizzo dei catalizzatori ha rappresentato, sin dall’inizio, una scelta tecnologica assolutamente in contrasto con la presenza di piombo. Quest’ultimo, infatti, avvelena in breve tempo gli strati attivi presenti nei catalizzatori e, allo stesso tempo, danneggia drasticamente le sonde lambda utilizzate per rilevare la quantità di ossigeno presente nei gas di scarico. Detto questo vale anche la pena tener presente come l’eliminazione di tutti i composti a base di piombo porti beneficio anche nel caso di vetture non catalizzate; è stato dimostrato, infatti, che anche i motori più datati, alimentati con benzina senza piombo, emettono una quantità di idrocarburi sensibilmente inferiore. Altri componenti metallici dannosi sono gli MMT (methylcyclopentadienyl manganese tricarbonyl) a base di manganese e quelli a base ferrosa; sia gli uni che gli altri hanno trovato largo impiego come miglioratori del numero di ottano. In realtà gli studi effettuati a questo proposito hanno dimostrato che quelli a base di manganese sono componenti che rimangono all’interno del motore e del catalizzatore. La loro azione negativa si fa sentire, ad esempio, a livello degli elettrodi della candela e, infatti, non è raro assistere a fenomeni di mancate accensioni (misfiring) provocati proprio dalla presenza di questi elementi. Due ulteriori precisazioni sono necessarie in merito agli ossidi di ferro che con il passare del tempo si depositano sulle superfici di lavoro delle sonde lambda, agendo come vere e proprie barriere tra i gas combusti e l’elemento sensibile della sonda; a tutto ciò va inoltre aggiunto il contributo, sempre dannoso, dovuto alla presenza di ossidi ferrosi nel lubrificante. Il risultato si concretizza in una minor durata di alcuni organi fondamentali del propulsore come, ad esempio, pistoni e fasce elastiche.

I composti siliconici, quelli ossigenati, le olefine, gli idrocarburi e il benzene
Accenniamo ora brevemente ad alcuni altri elementi spesso presenti nelle benzine commercializzate; i siliconi sono, ad esempio, componenti che compaiono nelle benzine nelle fasi successive, quando il combustibile esce dalle raffinerie. Anche in concentrazioni limitate, possono causare il danneggiamento dei sensori per ossigeno e dei convertitori catalitici. Per quanto riguarda i componenti ossigenati, i numerosi studi in proposito hanno evidenziato il loro contributo positivo alla riduzione delle emissioni di monossido di carbonio, ma allo stesso tempo ne è stata segnalata la loro potenziale pericolosità come fattore cancerogeno; un ulteriore problema legato a tali componenti è costituito dalla loro elevata solubilità in acqua. Ad elevare il numero di ottano contribuiscono anche gli idrocarburi isoparaffinici e aromatici come l’isottano, i xileni, il toluene e il benzene. Quest’ultimo elemento merita una particolare attenzione, se non altro per le conseguenze dannose che può provocare; è noto ormai da tempo come la lunga esposizione dell’organismo umano ai vapori di benzene possa condurre, ad esempio, a gravi forme di leucemia. L’incremento di benzene, nelle benzine di ultima generazione, si è resa necessaria per migliorare le capacità antidetonanti dei combustibili ormai privati del piombo. Come si potrà apprezzare più avanti, molti dei componenti introdotti nella riformulazione delle benzine moderne sono stati scelti unicamente per migliorare il numero di ottano rispettando, allo stesso tempo, elementi cruciali come sonde lambda e catalizzatori. Purtroppo l’utilizzo di tutti questi elementi ha permesso sì di ristabilire le capacità antidetonanti dei combustibili precedenti (additivati con composti al piombo), ma in realtà le emissioni allo scarico spesso si sono rivelate altamente tossiche. Per questo motivo, e sempre per aumentare il numero di ottano delle benzine, vengono anche utilizzati componenti organici ossigenati (MTBE ed ETBE) ed idrocarburi insaturi come le olefine; anche in questo caso si tratta di elementi che causano un generale peggioramento delle emissioni inquinanti dei motori. Le olefine, in particolare, oltre a sporcare i sistemi di alimentazione, possono, una volta evaporate nell’atmosfera, reagire contribuendo alla formazione di ozono. Inoltre, sebbene il problema delle emissioni inquinanti possa sembrare in parte risolto, con l’uso di composti ossigenati è bene tener presente che l’elevato contenuto di ossigeno presente negli eteri può indurre una produzione eccessiva di aldeidi che a loro volta risultano essere notevolmente tossiche (si pensi ad esempio a composti come la formaldeide o l’acetaldeide).

Il problema della detonazione e il numero di ottano
Il motore a combustione interna è una macchina termica che trasforma l’energia chimica del combustibile in energia meccanica applicata all’albero a gomiti del propulsore stesso; per fare ciò, come noto, viene utilizzata la fase utile di un ciclo completo (sia esso a due tempi che a quattro tempi) ossia quella di scoppio seguita dalla successiva espansione. È possibile dimostrare, teoricamente, che il rendimento di un motore alternativo, alimentato a benzina, è funzione del rapporto geometrico di compressione e cresce con l’aumentare di quest’ultimo. Purtroppo questo vantaggio termodinamico è sfruttabile solo in parte, proprio a causa del limitato potere antidetonante del combustibile. Aumentando il rapporto di compressione ed in corrispondenza di carichi motore elevati, infatti, si possono riscontrare i tipici fenomeni di detonazione. Questi ultimi sono dovuti ad accensioni non programmate della carica (per eccesso di pressione) che danno origine a pressioni di combustione elevatissime e tali da provocare, in taluni casi, la rottura di parti vitali del motore. Da tutto ciò ne discende la necessità di calcolare le capacità antidetonanti dei combustibili utilizzati e di progettare i motori in modo tale da tener conto proprio di questo genere di fenomeni. In questi ultimi tempi sono state messe in commercio benzine ad alto numero di ottano che, a detta dei petrolieri che le producono, sono in grado di aumentare l’efficienza dei motori garantendo elevata resistenza alla detonazione. L’argomento in questione richiede però qualche precisazione; il numero di ottano, sicuramente noto ai lettori, viene calcolato utilizzando un apposito motore, il CFR (Cooperative Fuel Research), che tra le sue principali caratteristica possiede quella di poter variare il proprio rapporto di compressione in un range compreso tra 4:1 e 30:1. La ricerca del numero di ottano avviene confrontando il comportamento del combustibile in esame e quello di una miscela di isottano e normaleptano; in pratica si sfrutta la particolare resistenza alla detonazione fornita dall’isottano e l’opposto comportamento garantito, invece, dal normaleptano. Viene quindi definito numero di ottano del combustibile il numero intero che più si avvicina alla percentuale in volume di una miscela di isottano e normaleptano che detona con modalità identiche a quelle del combustibile in esame. Per fare un esempio pratico una benzina avrà numero di ottano 95 quando il suo potere antidetonante sarà molto simile a quello di una miscela costituita dal 95% in volume di isottano e 5% di normaleptano.

Introduzione allo studio delle benzine
Il grafico illustra in modo sintetico il motivo per cui le benzine verdi prodotte oggi giorno, e contemplate dalla norma EN 228, sono caratterizzate da un numero di ottano RON pari a 95; le esigenze dei petrolieri e dei costruttori di motori sono antitetiche. I motori, infatti, migliorano la propria efficienza all’aumentare del numero di ottano mentre il costo di produzione del combustibile cresce sensibilmente all’aumentare del numero di ottano. Il valore di 94,8 corrisponde esattamente all’incrocio delle curve che esprimono queste due diverse esigenze; evidentemente, all’interno di questa logica, la scelta di porre il numero di ottano pari a 95 rappresenta quindi una conseguenza inevitabile.

Ciò che invece è probabilmente meno noto è il fatto che con il motore CFR, e secondo una procedura normalizzata, vengono calcolati due diversi numeri di ottano e precisamente il RON (Research Octane Number) ed il MON (Motor Octane Number). Tra i due si può dire che il più severo sia il MON che non corrisponde a quello pubblicizzato dai produttori di combustibili; il MON viene ottenuto in condizioni di prova sensibilmente più gravose e i parametri che lo differenziano dal RON sono la temperatura dell’aria di alimentazione (149 °C a fronte di un valore non definito), l’anticipo di accensione (compreso tra i 19° e i 26°  contro i 13° del RON) e il numero di giri del motore (900 giri/min contro 600 giri/min). Detto questo è bene quindi ricordare che le possibili rotture di un propulsore, a causa di fenomeni detonanti, vanno imputati, nella maggior parte dei casi, a bassi valori di MON e non di RON. La differenza tra i due numeri sopra definiti (RON-MON) prende il nome di sensitività del combustibile e, in linea del tutto generale, si può affermare che gli idrocarburi paraffinici sono poco sensitivi mentre gli olefinici e gli aromatici sono dotati di una sensitività maggiore.

Il potere calorifico
Si tratta di una delle grandezze fondamentali che distinguono i diversi combustibili; il potere calorifico rappresenta l’energia totale sviluppata in forma di calore dall’unità di massa di combustibile se questa bruciasse completamente. L’aggettivo “inferiore” deriva dal metodo con cui viene misurata. Quando i prodotti di combustione vengono raffreddati, infatti, si ottiene la condensazione dei vapori di H2O che in tal modo restituiscono il loro calore latente di evaporazione. Quando il potere calorifico viene misurato considerando anche quest’ultimo contributo energetico prende il nome di potere calorifico superiore. Quello inferiore si differenzia pertanto dal superiore esclusivamente per il calore latente di evaporazione dell’acqua.

La volatilità e le proprietà ad essa legate
La volatilità è la capacità che la benzina ha di evaporare e pertanto di miscelarsi omogeneamente con l’aria; la volatilità influenza pesantemente il funzionamento di un motore a combustione interna; le condizioni climatiche dell’ambiente in cui i veicoli a motore si trovano ad operare richiedono gradi diversi di volatilità. La normativa prevede, quindi, dieci diverse classi di volatilità da applicarsi, in modo diverso, a seconda del periodo e del paese. Le benzine caratterizzate da volatilità elevata possono causare, a loro volta, problemi nel circuito di alimentazione; il noto fenomeno del “vapour lock” consiste nella formazione di una quantità eccessiva di vapori all’interno del circuito. Tra le conseguenze più gravi ricordiamo la diminuzione di afflusso di carburante al motore (con relativa perdita di potenza), un sovraccarico di lavoro per il canister e nei casi più gravi un sensibile aumento delle emissioni nocive allo scarico. La volatilità viene derivata dalle curve di distillazione del combustibile valutando la tensione di vapore; la curva di distillazione fornisce la legge con la quale varia la percentuale in volume di combustibile che evapora all’aumentare della temperatura. In sostanza si può dire che un combustibile è tanto più volatile quanto più bassa è la sua temperatura di ebollizione in corrispondenza di ben determinati valori di pressione.

I motori a combustione interna e le emissioni inquinanti
Le caratteristiche dei combustibili contribuiscono a determinare, in concerto con quelle dei propulsori, i valori degli inquinanti, immessi nell’atmosfera, dalle vetture in circolazione. Vale quindi la pena spendere qualche parole anche a questo proposito per fare un minimo di Il grafico illustra in modo sintetico il motivo per cui le benzine verdi prodotte oggi giorno, e contemplate dalla norma EN 228, sono caratterizzate da un numero di ottano RON pari a 95; le esigenze dei petrolieri e dei costruttori di motori sono antitetiche. I motori, infatti, migliorano la propria efficienza all'aumentare del numero di ottano mentre il costo di produzione del combustibile cresce sensibilmente all'aumentare del numero di ottano. Il valore di 94,8 corrisponde esattamente all'incrocio delle curve che esprimono queste due diverse esigenze; evidentemente, all'interno di questa logica, la scelta di porre il numero di ottano pari a 95 rappresenta quindi una conseguenza inevitabile.chiarezza su un argomento complesso protagonista delle cronache giornaliere degli ultimi anni. I principali inquinanti emessi dai motori a combustione interna alimentati a benzina possono essere raggruppati in alcuni filoni principali; il primo che consideriamo, ma non in ordine di importanza, è l’ossido di carbonio (CO), seguono quindi gli ossidi di azoto (monossido NO, biossido NO2), generalmente indicati con la sigla NOx e la grande varietà degli idrocarburi incombusti.

Gli ossidi di carbonio
Questi vengono originati, nella zona della camera di combustione dove si svolge la reazione di combustione, dalla reazione di ossidazione parziale degli idrocarburi. Si può considerare in generale la reazione seguente:

CO + OH ⇔ CO2 + H

Per quanto riguarda la formazione del monossido di carbonio è bene tener presente che la rapida diminuzione della temperatura durante la fase di combustione tende a paralizzare la reazione precedentemente indicata lasciando quindi in camera di combustione una certa percentuale di CO; un ulteriore fattore che condiziona la presenza di questo componente, alla fine della fase utile, è il rapporto aria/combustibile.

Gli idrocarburi incombusti
Durante il processo di combustione non tutto il combustibile entrato nel cilindro riesce a partecipare alla reazione; i motivi per cui ciò avviene sono molteplici e tra i più importanti ricordiamo lo spegnimento del fronte di fiamma in prossimità delle pareti del cilindro e della camera (fenomeno noto con il nome di “quencing“) e l’arresto del fronte di fiamma stesso a causa di una velocità di propagazione eccessivamente lenta. Un ulteriore problema è costituito dai possibili interstizi all’interno del quale può annidarsi la carica fresca che quindi non verrà mai raggiunta dal fronte di fiamma.

Gli ossidi di azoto
Questi componenti si formano in presenza delle elevate temperature e soprattutto in presenza di eccesso di O2; tra gli ossidi di azoto prevale nettamente il monossido la cui concentrazione dipende, come già detto, dai valori massimi di temperatura e dal contenuto di ossigeno nella carica fresca. Il sistema di ricircolo dei gas di scarico, tanto in voga sui motori delle ultime generazioni, è una strategia utilizzata proprio per ridurre la temperatura massima di combustione; si tenga presente che la percentuale dei gas di scarico, utilizzati nella fase di ricircolo, è normalmente compresa tra il 15% ed il 25%.

Il grafico illustra in modo sintetico il motivo per cui le benzine verdi prodotte oggi giorno, e contemplate dalla norma EN 228, sono caratterizzate da un numero di ottano RON pari a 95; le esigenze dei petrolieri e dei costruttori di motori sono antitetiche. I motori, infatti, migliorano la propria efficienza all'aumentare del numero di ottano mentre il costo di produzione del combustibile cresce sensibilmente all'aumentare del numero di ottano. Il valore di 94,8 corrisponde esattamente all'incrocio delle curve che esprimono queste due diverse esigenze; evidentemente, all'interno di questa logica, la scelta di porre il numero di ottano pari a 95 rappresenta quindi una conseguenza inevitabile.

Conclusioni
Seguirà un altro articolo con ulteriori approfondimenti. Approfondimenti che serviranno a completare l’intero discorso introduttivo sulle benzine.