
L’Unione Europea sta spingendo perché l’onda elettrica non resti appannaggio solo di SUV e berline premium.
Infatti sembra che Bruxelles voglia rendere l’auto elettrica “alla portata di molti”, favorendo lo sviluppo di microcar e vetture di segmento A e B (le cosiddette utilitarie o city car) progettate e prodotte in Europa.
Gli obiettivi sono abbattere le emissioni del parco circolante e ricostruire un’offerta industriale competitiva e sostenibile per i piccoli segmenti, oggi fortemente sotto pressione sia per costi che per concorrenza internazionale.
Perché le utilitarie elettriche sono politicamente importanti
La cornice normativa europea fissa l’obiettivo di vendite di auto a zero emissioni per il 2035 con soglie di CO₂ già stringenti dal 2025.
Tutto ciò ha creato una forte pressione sui costruttori.
Bruxelles sta valutando strumenti specifici per il segmento più piccolo: incentivi mirati, possibili “bonus” normativi e una cooperazione industriale per favorire modelli a basso costo con batterie e piattaforme ottimizzate per la città.
La Commissione ha esplicitamente richiamato la necessità di investire in vetture piccole e accessibili nel suo discorso politico.
Le sfide tecniche: batteria, peso e costi
Realizzare una vera utilitaria elettrica competitiva non è solo ridurre la batteria ma richiede ripensare il veicolo come sistema.
I punti critici sono davvero numerosi.
Per esempio, per mantenere prezzi aggressivi serve ridurre la capacità nominale delle batterie (con un target 20–30 kWh per autonomia urbana) pur preservando densità energetica e durabilità.
Questo sposta l’attenzione su celle meno costose, pack semplificati e strategie di modularità per upgrade futuri.
Va quindi presa in considerazione la gestione termica e la degradazione.
Pack più piccoli si scaldano e degradano più rapidamente se non progettati con cura, quindi una gestione termica passiva e elettronica BMS ottimizzata sono fondamentali per vita utile e garanzie accettabili.
Anche l’architettura e il packaging sono importanti.
Ridurre il peso significa materiali compositi leggeri, scocche ottimizzate e centralizzazione elettronica.
Alcuni costruttori guardano alle piattaforme “scalabili” che permettano versioni di peso e costo ridotti.
Infine, non bisogna dimenticare le infrastrutture e gli usi reali.
Utilitarie con batterie limitate sono eccellenti per la mobilità urbana se integrate in ecosistemi di ricarica rapida e sharing. Senza reti urbane affidabili, la proposta commerciale vacilla.
Soluzioni industriali e modelli di business emergenti
Per abbassare prezzo finale e rischio industriale sembra che gli esperti stia studiando più strategie.
Le piattaforme dedicate “A-segment” , per esempio. Invece di adattare piattaforme di segmenti superiori, alcuni progetti europei puntano a piattaforme leggere e modulari, ottimizzate per batterie più piccole e produzione a basso costo.
La nuova regolazione sulle batterie e la politica sui dazi spinge l’Europa a dare vita a catene del valore per quanto riguarda celle, assemblaggio pack, riciclo…

Regole come il “battery passport” e la tracciabilità potrebbero cambiare i requisiti di progettazione e certificazione.
Infine, servizi e finanziamenti. Batterie in leasing, soluzioni di ricarica incluse e incentivi pubblici mirati possono abbassare la barriera d’ingresso per acquirenti sensibili al prezzo.
Impatto sul progetto
Per profili urbani realistici andrebbe immaginata una utilitaria BEV con precise caratteristiche tecniche.
Una batteria tra 18 e 28 kWh (energia utile ~16-24 kWh) in modo da avere un’autonomia urbana realistica tra 180 e 320 km WLTP se ottimizzata per traffico urbano.
La potenza del motore elettrico dovrebbe posizionarsi tra i 40 e 70 kW, sufficienti per dinamica cittadina e accelerazioni discrete, con coppia massima 120-220 Nm.
La massa a vuoto non dovrebbe superare i 1.150 kg; è un obiettivo ambizioso che richiede alluminio e acciai ad alta resistenza, oltre a componentistica leggera).
Infine, il tempo di ricarica dal 10 all’80% dovrebbe essere cobntenuto nei 45 minuti con DC fast charging limitato. E per vetture con pack piccoli il rapporto energia/potenza di ricarica va bilanciato con il costo.
Certo, si tratta di numeri indicativi che tuttavia già dimostrano come la sfida sia tecnica e commerciale, oltre che politica.
Strategia industriale e tutela della concorrenza
Bruxelles dovrebbe quindi favorire prodotti accessibili e allo stesso tempo proteggere l’industria europea dalla concorrenza sleale.
In questo modo sarà possibile ottenere una reale transizione sociale e ambientale e allo stesso tempo tutelare òla produzione europea dalle importazioni (in particolare cinesi) che hanno ridotto i prezzi a livelli difficili da pareggiare senza misure di politica industriale.
Per ingegneri e product manager il messaggio è chiaro.
Non si tratta solo di miniaturizzare componenti, ma di riprogettare l’esperienza di mobilità urbana, con integrazione di hardware e software, un approccio sistemico alla lifecycle analysis, design per riciclabilità e ottimizzazione dei costi per km.
Per i tecnici, opportunità e vincoli normativi aprono uno spazio di innovazione su materiali, elettronica di potenza e servizi connessi.
Una leva importante
L’Europa sta puntando a trasformare la piccola auto in un pezzo chiave della sua transizione.
Non più un ripiego, bensì una leva per rendere l’elettrico veramente di massa. Se la scommessa regge la città potrebbe ritrovare silenzio, spazi e aria più pulita senza perdere qualità della mobilità.
Il tutto con batterie più sostenibili, catene del valore ravvicinate e modelli commerciali intelligenti.
Ma la vittoria non sarà solo tecnica in quanto richiederà visione politica, scelte industriali coraggiose e, soprattutto, un progetto che restituisca all’auto piccola la dignità di uno strumento pensato per le persone, non solo per i numeri e fare cassa sui volumi.
