BEV, microcar & ICE: transizione europea sempre più in salita?

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Finiranno tutte così le vetture con motore termico a partire dal 2035? - foto © Direzione generale della Comunicazione Unione Europea

La mobilità europea sta attraversando uno dei momenti più critici e al tempo stesso strategici della sua storia recente.

Nel cuore delle discussioni politiche e industriali si intrecciano obiettivi climatici ambiziosi, esigenze tecnologiche reali dell’industria e aspettative dei cittadini-consumatori.

Al centro di questo confronto (tutt’altro che da banalizzare con boutade politiche a fini di propaganda) c’è la combinazione di nuove politiche di decarbonizzazione, incentivi per l’elettrico, pressioni per la rivitalizzazione della produzione locale e il destino della motorizzazione termica oltre il 2035.

Mica poco!

Produzione e filiera sotto stress

Nella sua recente lettera aperta alle istituzioni europee e italiane, ANFIA (l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) delinea una diagnosi impietosa.

Infatti, nel documento si afferma che sono oltre 100mila i posti di lavoro persi nel 2024 in Europa e fino a 400mila a rischio entro il 2028, nonostante investimenti di oltre 250 miliardi di euro nell’elettrificazione da parte delle imprese europee.

ANFIA sottolinea che la filiera automotive contribuisce all’8 % del PIL europeo, con 13 milioni di posti di lavoro e 84 miliardi annui in Ricerca & Sviluppo: numeri che spiegano perché il settore non può e non deve essere trattato come un elemento secondario del mosaico regolatorio europeo.

Secondo l’associazione, l’attuale percorso europeo verso la decarbonizzazione (finora imperniato su obiettivi rigidi di “zero emissioni al 2035” per nuove immatricolazioni) rischia di essere unidimensionale e potenzialmente controproducente se non integrato con strumenti tecnologici di transizione.

ANFIA chiede, tra le altre cose, la valorizzazione dei carburanti rinnovabili e non fossili, oggi esclusi dalla legislazione e il riconoscimento e l’incentivo per le ibride plug-in o con range extender, penalizzate dall’attuale normativa.

Inoltre, la revisione dei target di CO₂ per il 2025–2030, con obiettivi più realistici e differenziati per i veicoli commerciali e la flessibilità per il 2035, prevedendo un’estensione fino a 5 anni e fino al 25 % di veicoli non BEV monitorando i progressi biennalmente.

Infine, misure di tutela del “Made in Europe” per contrastare tensioni commerciali e protezionismi internazionali.

ANFIA dichiara che queste proposte non sono capricci industriali, ma fatti che puntano a rendere realistico e attuabile un percorso di decarbonizzazione socialmente sostenibile, preservando occupazione, know-how e competitività della filiera europea.

Incentivi UE: micro-car elettriche e “Made in Europe”

In parallelo alle istanze industriali, Bruxelles sta discutendo una bozza di piano d’azione per l’automotive.

Questo documento include misure finanziarie e regolatorie per sostenere la transizione verso veicoli a emissioni zero.

Tra le novità più significative figura una categoria di “micro-car elettriche Made in Europe”, veicoli urbani compatti ispirati al modello giapponese delle Kei-cars.

Queste vetture potrebbero beneficiare di vantaggi come incentivi specifici dedicati, accesso preferenziale a parcheggi e aree urbane, esenzioni temporanee da alcuni standard come Euro 7 e il supporto alla produzione locale per competere con Cina e USA.

L’intento è duplice: rendere più accessibili le elettriche piccole per i cittadini e rinvigorire la produzione europea di city-car, segmento oggi sotto pressione e fondamentale per la mobilità urbana.

La strategia europea si innesta, sul fronte italiano, con i nuovi incentivi auto 2025/2026.

Si tratta di quasi 597 milioni di euro di ecobonus, con sconti fino a 11mila euro sull’acquisto di BEV, se abbinato alla rottamazione di un veicolo Euro 5 o inferiore. L’obiettivo statale è promuovere la sostituzione del parco circolante con BEV più efficienti ed ecosostenibili.

La mobilità termica tra costi e restrizioni

Apriamo una piccola parentesi.

Parentesi che non riguarda direttamente la produzione o gli incentivi, ma le condizioni di esercizio dei veicoli termici.

La vita per tutti noi che abbiamo un’auto cambierà in modo significativo dal 2026.

Accise su gasolio e benzina saranno equiparate, con conseguente aumento del diesel di circa 4 centesimi al litro e piccolo ribasso per la benzina.

Un pieno da 50 litri per un diesel costerà circa 2,47 euro in più rispetto al 2025, considerando anche l’IVA.

Sulle polizze RC Auto, alcune garanzie accessorie (come gli infortuni al conducente e l’assistenza stradale) vedranno l’aliquota fiscale portata dal 2,5 al 12,5%, con potenziali incrementi dei premi delle polizze

Queste misure, pur indirizzate a “correggere” distorsioni fiscali o a ridurre sussidi ambientalmente dannosi, finiscono per determinare costi operativi più elevati per i veicoli ICE.

Ciò influisce sulle scelte di acquisto dei cittadini e accentua la percezione che la mobilità termica, pur non proibita, diventi progressivamente più onerosa da mantenere.

Quanto spenderà nel 2026 un “automobilista termico”

Spesa 2025 2026 Impatto stimato
Diesel al litro ~1,625 € + ~0,04 € + ~2,47 € per pieno da 50 l
Benzina al litro ~1,699 € ~ –0,04 € ~2 € per pieno da 50 l
RC Auto (accessorie) 2,5 % imposta 12,5 % imposta Possibile aumento premi

Stop alle ICE o nuova equazione tecnologica?

Il dibattito sul futuro delle auto a combustione è ormai inevitabile.

Bruxelles ha fissato il 2035 come anno di stop alle nuove immatricolazioni ICE, ma in molti spingono per flessibilità tecnologiche, sostenendo che una transizione realmente sostenibile non può essere basata esclusivamente su una singola soluzione.

Le alternative concrete proposte includono carburanti sintetici e rinnovabili (non ancora riconosciuti pienamente dalla normativa); ibridi plug-in o con range extender, che permettono un bridge tecnologico verso la decarbonizzazione; incentivi mirati per veicoli urbani elettrici (le micro-car) insieme a una pianificazione realistica di sostituzione del parco circolante esistente.

In questo scenario, la decisione che deve prendere l’Europa lascia una domanda chiave: ci sarà la fine delle ICE nel 2035, o una proroga?

Nel primo caso, inizierà una mobilità più sostenibile o imboccheremo un’autostrada a senso unico senza corsie di emergenza tecnologiche?

E se invece il motore termico continuerà a essere prodotto e venduto, magari a fianco di incentivi forti per le piccole vetture elettriche a basso costo, otterremo un calo di rigidità normativa che permetta una transizione più equa e fattibile?

Speriamo che per una volta chi stabilisce le regole riesca a comprendere l’intero ecosistema della mobilità: le esigenze dei cittadini, dell’industria e dell’ambiente.

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foto © Direzione generale della Comunicazione Unione Europea