
GP d’Australia divertente, specie per la McLaren che ha dominato e vinto.
La Ferrari, invece, è incappata in un clamoroso flop.
Ecco il nostro “pagellone” del GP d’Australia
McLaren 10. Il motto di Lando Norris alla fine dello scorso anno sembrava essere: amo le rose che non colsi.
Almeno così lasciò intendere, dicendo che aver perso il Mondiale lo liberava di un peso. Chissà poi perché, ma a caldo si spendono così tante parole…
Di certo a Melbourne ha cominciato con un piglio da condottiero, niente a chiede vedere con il pilota preda di un sentimento di sudditanza psicologica nei confronti di Verstappen.
Certo, nel finale una svista (chiamiamola così) gli scappa anche stavolta, ma non gli sfugge la vittoria, merita 10 come tutto il team.
Del resto è la squadra intera che convince, come dimostra l’andamento del fine settimana, dalla libere alla gara. In fondo lo si era visto anche in Bahrain, nei test prestagionali, le Papaya sono pronte al grande salto.

Stecca invece Oscar Piastri. Avrebbe potuto cogliere il secondo posto e sarebbe stato meritato, per velocità ed efficacia di guida.
Ma ha commesso un errore di troppo nel finale, un brutto svarione.
Senza la baraonda dei giri conclusivi, tra acqua e sole, safety car e scivoloni, probabilmente avrebbe chiuso meglio che nono.
Voto 5 per la classifica finale, però almeno 7 per la pesantezza del piede tocca darglielo. Un appunto alla squadra di Woking tuttavia bisogna muoverlo: alcune incertezze di strategia avrebbero potuto avere brutte conseguenze.
Ferrari 4. Tra innamoramento e amore c’è differenza. La Ferrari ha saputo suscitare innamoramento da inizio anno (solare, s’intende) sino a pochi giorni fa con l’operazione Hamilton, l’ottimismo sparso a profusione, la grande festa di popolo a Milano, Leclerc e Lewis a braccetto.
Ma l’amore è un altra cosa. Senza velocità né risultati è una chimera. Qualche dubbio sui Rossi era venuto dopo i test in Bahrein, a dire il vero, e in Australia l’argine ha ceduto.

La SF-25 non ha mostrato prestazione, a tratti sono emersi limiti simili a quelli della monoposto 2024, le strategie sono parse a dir poco marzoline (d’accordo siamo a marzo…), quella di restare in pista con le slick dure (le bianche) sotto l’acquazzone anziché rientrare a mettere le metà-pioggia (le verdi) ha suscitato incredulità.
Il più incredulo di tutti è stato Hamilton, che è passato dai toni zuccherosi dei primi due mesi e mezzo a un “bip” via radio, coperto dalla regia internazionale: voto 5.
Ha detto che ha imparato molto e che c’è tanto potenziale da estrarre. Forse è così, ma ci vorrà tempo e in Formula 1 il tempo non c’è mai, lui ha sette titoli nel palmares e dovrebbe saperlo meglio di tutti.
Anche i suoi dialoghi con Riccardo Adami, ingegnere di pista, sono significativi: “Lasciatemi stare, so quel che devo fare”. E anche le sue lamentele lo sono: “Mi avevate detto che avrebbe piovuto poco…”.
Leclerc è sempre stato più in palla di lui, ha pagato gli stessi limiti dell’auto (ovvio) e le stesse carenza strategiche.
In più di suo ci ha messo un testacoda che è costato qualche posizione. Voto 5,5.
Unica fortuna della Rossa: si corre il prossimo GP tra pochi giorni e su una pista più significativa (a Shanghai) rispetto a quella di Melbourne, c’è modo di rialzare la testa.
Sempre che ci siano i mezzi per farlo.

Verstappen 9. Helmut Marko, l’eminenza grigia del pianeta Red Bull (voto 10 e lode alla schiettezza e 4 alla diplomazia, ma alla sua età può permettersi di parlare senza filtri), sostiene: “Sappiamo in cosa deve migliorare l’auto, in quattro o cinque gare saremo a posto”.
Si vedrà. Ma intanto la squadra che ha dominato gli ultimi anni deve dire grazie a Max Verstappen che, sornione come un felino, lascia che siano gli altri a sbagliare.
Anche lui non è esente da qualche sbavatura, ma in una corsa dai colori di un girone dantesco, solo Max emerge come anti McLaren.

Il giudizio sulla squadra per ora resta sospeso, ma va sottolineato che il giovane Liam Lawson s’è esibito per tutto il fine settimana in formato Sergio Perez. Voto 6, perché è un “quasi rookie” e merita le attenuanti generiche. E magari pure un 6 (alle memoria) al messicano.
Mercedes 9. Il voto è una media, non aritmetica sia chiaro. L’auto sembra meglio della Ferrari e della Red Bull (dunque voto 9), si attende riprova. Bene Russell (voto 8,5) che si prende il podio con merito.

Ma che dire di Andrea Kimi Antonelli, che ha debuttato in gara proprio al GP d’Australia?
Meglio tenere toni sommessi, da tanto tempo un pilota italiano non disputava una gara così, non resta che incrociare le dita e augurare a lui e all’intera Italia dei motori tutto il meglio.
Kimi è stato superlativo, ha saputo navigare (anche in senso letterale vista la pioggia) nei frangenti più insidiosi e risalire con velocità e tenacia dal sedicesimo posto al quarto.
Voto 10 e lode, anche se l’errore in qualifica è costato caro (togliamo la lode?).
Il ragazzo ha un talento cristallino. Ha solo 18 anni, zero esperienza. Ma, senza urlarlo ai quattro venti, si può dire che abbia le carte in regola per grandi risultati.
Williams 8. Carlos Sainz si gira e sbatte come un pivello, poi si scopre che c’è stato un malfunzionamento dell’elettronica che gli ha causato un’erogazione anomala della coppia.
Ma lo spagnolo non si abbatte, si toglie la tuta e al muretto box aiuta la squadra a compiere le scelte migliori per il compagno Alexander Albon.
Il Team Principal, James Wolves, lo ha ammesso: “Abbiamo avuto uno stratega in più, il suo aiuto è stato fondamentale”.
Bravi tutti, è bello rivedere una squadra storica che torna protagonista. Voto ad Albon 8 e 5,5 a Sainz (più per la sfortuna che per i demeriti).
Racing Bulls 8. La squadra italo-inglese (o anglo-italiana, la situazione è fluida in tal senso) mette a terra un’auto che funziona, se desse conferma potrebbe dire la sua in questo campionato.
Il frizzante Yuki Tsunoda (voto 7) paga qualche errore della squadra, nonché il caos generale. Il deb franco-algerino Isaak Hadjar (sv) sbatte nel giro di formazione. Ma alla fine, visti i tanti incidenti, accaduti anche a nomi di peso, il suo errore sembra meno grave.
Lui rientra ai box senza togliersi il casco, le spalle curve, si capisce che singhiozza.
Appena mette piede nel paddock trova casualmente papà Hamilton che lo abbraccia, lo conforta e lo sorregge.

Un bel momento, non c’è che dire. Hadjar si ripresenta più tardi, rinfrancato. Ma un bel voto (si può azzardare 8) lo merita anche Hamilton senior.
Sauber 8. La scuderia elvetica è giustamente impegnata più sulla transizione tra un prima (l’era Sauber, appunto) a un dopo (quando sarà Audi in tutto e per tutto).
Nel frattempo cerca di non essere una pedina trasparente e soprattutto non vuole finire il Mondiale come decima squadra (su dieci).
Alla prima australiana tutto funziona bene, pur considerata la cornice di una gara imprevedibile.
E comunque 8 a Mattia Binotto, anche (ma non solo) perché azzecca la scelta dei piloti: un senatore (Hulkenberg, voto 7) e un giovane di grandi prospettive come Bortoleto.
Che va anche benino, peccato sprechi finendo contro il muro. Ma non è stato il solo, sv.
Nella classifica costruttori la Sauber ha un punto in più della Ferrari, per una sera si può brindare.
Alpine 5. Flavio Briatore non vuole aspettare, chiede un salto di qualità in attesa del 2026.
Pierre Gasly (voto 5) per buona parte della gara mette in scena quel che sa fare meglio, essere pulito e costante, sempre in zona punti.
Ma alla fine non raccoglie nulla (undicesimo).
Il suo compagno (il figlio d’arte Jack Doohan) viene coinvolto nella giornataccia degli inesperti (sv anche a lui).
A Flavione non mancano le alternative, a cominciare da Franco Colapinto. I titolari di oggi potrebbero non essere quelli di domani, urge svegliata.

Aston Martin 5. Fernando Alonso (voto 5) sacramenta venerdì e sabato (chiaro che l’auto 2025 non è quella che sognava lui) e mette in scena un numero classico del suo repertorio, le critiche taglienti.
Forse alla sua età (43 anni) potrebbe cambiare registro e puntare su atteggiamenti costruttivi.
Lance Stroll (mai dimenticare che è il figlio del proprietario) se la cava meglio (sesto) e prende la sufficienza, voto 7.
Ma la squadra del padre Lawrence, visti il dispendio di energie e le grandi ambizioni, dovrebbe avere altra consistenza.
Haas 4. Il “ferrarista” Oliver Bearman vive giornate dure in prova e in gara arriva ultimo, voto 5.
Esteban Ocon (voto 5) arriva appena davanti a lui. La piccola multinazionale, americana (di passaporto), italiana (con sede a Maranello e collaborazione la Dallara), inglese (sede operativa) e da quest’anno anche un po’ tedesca (grazie all’accordo con Toyota Motorsport, basata a Colonia) comincia con il piede sbagliato.
Pirelli 8. La pista del GP d’Australia sembrava più adatta a dei pattinatori su ghiaccio che ai piloti di Formula 1.
Ma le gomme, slick o da pioggia, funzionano.
Come spiega Mario Isola, direttore del Motorsport. “Sotto il profilo prettamente tecnico, abbiamo potuto vedere come la versione 2025 della intermedia si sia dimostrata una gomma in grado di permettere ai piloti di spingere a fondo e per tanti giri anche su una pista ormai diventata asciutta in traiettoria”.
Non c’erano dubbi.
