È ben nota, e per molti un atto di coraggio, la scelta di Volvo Cars verso la mobilità elettrica.
In Italia, si sa, l’elettrico stenta a trovare uno spazio al pari degli altri Paesi europei in cui la transizione è partita prima.
Ma dopo essere stati a Göteborg, per provare la nuova EX30 e la conosciuta EX40, che occupano i primi due gradini della gamma elettrica Volvo, e le XC60, XC90, V60 e V90 plug-in hybrid, in attesa della EX90 che andrà presto a chiudere verso l’alto la proposta ‘a batteria’, ci siamo resi conto della coerenza di questa scelta.
Sì, perché se Volvo ha fin dalle origini dato alla sicurezza attiva e passiva un’importanza primaria nella progettazione dei suoi veicoli, è naturale che oggi questa filosofia includa anche l’impatto ambientale.
Non stupisce quindi che altri nuovi modelli saranno determinanti per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di CO2 che Volvo Cars si è data per il 2030.
Per capire ciò che sta dietro la ‘visione’ di Volvo, è stata molto utile la visita effettuata presso lo stabilimento di Göteborg e al nuovo ‘World of Volvo’, uno spazio moderno e multifunzionale predisposto, come anche in altre città del mondo, inclusa Milano, per ospitare altre attività non prettamente legate all’auto ma, appunto, per farlo secondo la filosofia della Casa svedese che, pur facendo parte del Gruppo cinese Geely, ha mantenuto una completa indipendenza nelle fasi di sviluppo veicolo.
Battery Lab di Volvo
La prima struttura interna allo stabilimento che visitiamo è il battery lab, ovvero il laboratorio dove vengono effettuate le prove sulle celle, i moduli e le batterie complete.
Inaugurato nella veste attuale nel 2017, si occupa di effettuare prove rivolte soprattutto a sviluppare batterie in grado di sostenere elevate potenze di ricarica per abbreviare i tempi di sosta alle colonnine, di aumentare l’autonomia a parità di peso e volume e, non ultimo, il tutto nel rispetto di rigorosi parametri di sicurezza.
Le prove sono condotte in camere climatiche nelle quali sono riprodotte le più svariate condizioni d’impiego.
I test sono continui e seguono la rapida evoluzione dei componenti e della chimica.
Questo significa una sequenza ininterrotta di test per valutare tutte le nuove tecnologie che arrivano sul mercato ed eventualmente introdurle nella produzione, con lo scopo di migliorare le prestazioni del pacco batterie, la sicurezza e, possibilmente, ridurre i costi.
Il laboratorio lavora in tandem con l’ingegneria e, insieme con un’analoga struttura a Shanghai, può effettuare fino a 300 test in contemporanea.
I laboratori dispongono di una quarantina di camere climatiche per testare le singole celle, i moduli (formati da più celle) e anche il pacco batteria completo.
A disposizione di una tecnologia in continua evoluzione
Per i test sulle celle, ci sono camere climatiche di volume 3 m3 in grado di simulare temperature di esercizio da -30 a +70°C e condizionare in temperatura le celle con un sistema centralizzato di raffreddamento/riscaldamento a liquido.
I test su moduli e batterie sono condotti in camere climatizzate che hanno volume di 12 m3 e operano su un range di temperatura da -40 a +80°C e di umidità dal 10 al 98%, dotate ciascuna di un sistema di condizionamento in grado di mantenere temperature locali da -30 a +70°C con 5kW di potenza.
Allo scopo di velocizzare il set up delle prove, i cassetti che contengono i componenti in prova sono collegati elettricamente e idraulicamente (per il cooling) con connettori rapidi.
In una control room sono visibili i dati provenienti da tutte le camere climatiche in prova che sono quindi sorvegliate H24-7/7 dal personale.
Lo staff assegnato ai Battery Lab di Volvo è composto da ingegneri, tecnici e addetti ai macchinari.
L’ambiente di lavoro è, ovviamente, estremamente pulito e ordinato a mantenuto a una temperatura costante.
La Galleria del Vento di Volvo
Dopo il Battery Lab è stata la volta del Wind Tunnel, un impianto installato a Göteborg nel 1986 e successivamente aggiornato per adeguarlo alle nuove prestazioni dei veicoli.
Nel 2007 sono stati aggiunti il tappeto scorrevole metallico che simula il moto relativo tra veicolo e pavimento e i rulli che mettono in rotazione le ruote a una velocità angolare coerente con quella del flusso d’aria (e quindi del veicolo), che è stata elevata fino a 250 km/h.
Si tratta di un sistema ad anello a sezione squadrata orizzontale chiuso, lungo 165 metri in cui è inserita un’enorme ventola di diametro oltre 8 metri con 9 pale in fibra di carbonio mossa da un motore elettrico da 5MW.
Sui 4 spigoli dell’anello ci sono delle paratie costituite da superfici conformate per ridurre la turbolenza innescata dal vortice della ventola e rendere il più possibile laminare il flusso d’aria che investe il veicolo.
La sezione maestra, da dove l’aria entra nell’area di test, è di 27 m2.
Il volume di prova è condizionato a temperature da +20 a +60°C, per condurre test ad alte temperature ambientali.
Per temperature sotto lo zero si utilizza un’altra struttura, sempre all’interno dello stabilimento.
L’importanza del sottoscocca
L’introduzione del tappeto scorrevole ha spostato la ricerca aerodinamica anche al sottoscocca, area nella quale oggi si lavora molto per la riduzione dei consumi, anche per effetto delle favorevoli superfici dei pianali delle auto a batteria.
Alle alte velocità (come noto la resistenza aerodinamica aumenta col quadrato della velocità del veicolo) l’influenza del sottoscocca e delle zone circostanti le ruote arriva al 50%, in pratica dà lo stesso contributo delle superfici di stile esposte al vento, normalmente considerate le più importanti per aumentare l’efficienza aerodinamica.
L’auto è posizionata su una piattaforma girevole con un angolo di imbardata di circa 30° per fare test aerodinamici anche col vento incidente sul corpo vettura anche ad angoli diversi da zero.
Il veicolo è appoggiato su celle di carico che registrano con estrema precisione le forze aerodinamiche sui due assi (drag force e lift force).
Durante le prove sono verificati la contamination, ovvero gli effetti della pioggia o dello spray d’acqua generato dalla strada), i fruscii aerodinamici (NVH) e le performance degli impianti HVAC.
Simulazione sì, ma la sperimentazione ci vuole
Secondo il responsabile delle prove, che si è coerentemente definito un amante delle prove pratiche, “oggi la simulazione consente di creare in poco tempo tante configurazioni con prestazioni aerodinamiche molto vicine a quelle reali; tuttavia, gli ingegneri scelgono solo alcune di queste e poi le portano in galleria del vento per le prove in quello che noi definiamo ‘il mondo reale’, dove subentrano fattori che a oggi non possono ancora essere simulati con la necessaria precisione. Su questi modelli vengono poi fatti gli affinamenti sui dettagli che, alla fine, fanno la differenza in termini di efficienza e portano alla soluzione definitiva”.
Abbiamo verificato di persona la spinta sul nostro corpo di un flusso d’aria a 70 km/h. Già in queste condizioni la minima variazione d’assetto porta a variazioni della spinta.
Immaginate a 180 orari (velocità massima autolimitata delle Volvo) come anche una piccola imperfezione possa far variare la resistenza aerodinamica in modo sostanziale.
Volvo Car Exploration and Enabling Labs
Sotto questo nome si cela una struttura di ricerca che utilizza molti strumenti, dalla Extended Reality (XR), che si riferisce agli ambienti reale e virtuale e alle iterazioni uomo-macchina, a robot o veicoli reali attrezzati, per sperimentare nuove idee su prodotti e servizi per l’utente, lo sviluppo di nuove user interface e l’ottimizzazione della HMI.
Abbiamo assistito alla dimostrazione di come, utilizzando la realtà virtuale per calarsi nell’abitacolo, sia possibile ‘toccare’ i comandi e ricavarne la sensazione della più corretta ergonomia senza ricorrere alla più lunga e costosa prototipazione.
Questo approccio consente di sperimentare un numero enorme di soluzioni diverse in poco tempo e di poter scegliere le migliori per la successiva sperimentazione su oggetti reali, riducendo i tempi e i costi di sviluppo e dando maggiori possibilità creative ai progettisti.
Lo stesso approccio è applicato per simulare le iterazioni tra chi occupa l’abitacolo, il veicolo e l’ambiente esterno in varie situazioni critiche di traffico, possibili ma spesso non facilmente ritrovabili nel mondo reale, utilizzando un’auto reale attrezzata di opportuni sistemi hardware e software per riprodurre la guida su strada senza far uscire l’auto dallo stabilimento.
Da qui possono essere sviluppati nuovi layout di visualizzazione per offrire al cliente le informazioni più necessarie in modo facilmente fruibile, incluse gli avvisi di pericolo e l’intervento dei dispositivi di assistenza alla guida, fino a simulazioni di guida autonoma.
Massima cura anche dell’acustica
Nel laboratorio c’era anche un esempio di vettura attrezzata per lo sviluppo dell’acustica nell’abitacolo, per trovare in questo caso il miglior compromesso tra qualità del suono e isolamento verso l’esterno dell’abitacolo.
Come suono si intende ovviamente non solo quello dell’impianto audio propriamente detto ma anche tutti i suoni da allarme e avvertimento che devono essere calibrati in modo da risultare udibili e richiamare l’attenzione del guidatore senza essere fastidiosi (ad esempio l’avviso di cintura non allacciata o l’anticollisione in manovra) che sappiamo ora essere il frutto di uno studio approfondito concretizzato poi con le sensazioni dirette degli utenti.
Simulatore dinamico di guida
Presso la struttura di Göteborg è installato anche un simulatore di guida che è utilizzato in modo esteso per ottimizzare la dinamica per rendere il veicolo prevedibile nel comportamento, facilmente controllabile e confortevole.
Una metodologia, questa, che oggi non è ovviamente esclusiva di Volvo, ma che la Casa svedese si vanta di essere stata tra le prime a utilizzare con un simulatore avanzato fin dal 2014.
Come nel caso della galleria del vento, anche in questo caso la simulazione è complementare alle prove su strada, consentendo di sperimentare in modo virtuale una grande quantità di differenti set-up in altrettanto diversi scenari, resi virtuali con dati derivati da situazioni reali, come quella dei proving ground al nord della Svezia o l’IDIADA di Barcellona o la pista di Hällered vicino a Göteborg.
La possibilità di provare diverse soluzioni su auto esistenti o su prototipi in fase di sviluppo nelle stesse condizioni del percorso consente test comparativi impossibili da fare nel mondo reale con lo stesso grado di riproducibilità.
Volvo Car Safety Centre
Un altro vanto di Volvo è l’aver posto, fin dalla nascita e per espresso desiderio dei fondatori, la sicurezza dei propri veicoli come prioritaria.
Sono infatti innumerevoli le innovazioni portata da Volvo in questo settore, a cominciare dall’ormai leggendaria prima cintura di sicurezza a tre punti (1959), divenuta poi universalmente utilizzata su tutti i veicoli in circolazione.
Una virtuosa cronologia di eventi che passa dal seggiolino per bambini rivolto all’indietro (1972) alla struttura di protezione dell’impatto laterale (1991), dallo studio delle protezioni gonfiabili per proteggere varie zone del corpo degli occupanti (air-bag e affini) al rivelatore degli angoli ciechi (2004), dal dispositivo anticollisione coi ciclisti (2013) al limite di velocità predefinito per tutti i veicoli volvo (2020).
Tutti step verso la sicurezza assoluta (obiettivo zero incidenti) che Volvo vuole contribuire a raggiungere anche attraverso un laboratorio di crash test che per esperienza e tecnologie applicative e all’avanguardia.
Crash Test di ogni tipo
A Göteborg possono in pratica essere simulati ogni tipo di crash test, frontali, laterali e posteriori contro barriere da massa elevatissima (quello principale che abbiamo visto da vero è di 850 ton); altre barriere fisse e mobili simulano altre situazioni, incluso l’impatto con animali di grossa taglia, non infrequenti in queste zone ma non raro anche da noi, con la ripopolazione dei cinghiali.
Una delle aree dove maggiormente si è concentrata la ricerca di questo laboratorio è quella della sicurezza agli impatti laterali, dove negli ultimi 30 anni sono stati fatti progressi fondamentali, sia in termini di sicurezza attiva (il SIPS, Side Impact Protection System è un’invenzione Volvo di inizio anni ‘90) con l’uso di più air-bags conformati e posti in posti strategici dell’abitacolo per contenere i traumi al collo, al bacino alla colonna vertebrale e alla testa, ai sensori per prevenire il contatto fino alle strutture di assorbimento dell’urto.
Ribaltamenti e situazioni derivate dalla perdita di controllo del veicolo vengono riprodotti in un’area esterna.
In definitiva una carrellata utile per immergersi nel ‘mondo Volvo’ ed essere parte della filosofia costruttiva di questa Casa.
Pur non essendo operativamente semplice, siamo convinti che un percorso come questo sarebbe utile anche all’utente finale per prendere consapevolezza della complessità e della sofisticata tecnologia applicata nella ricerca di migliorare la sicurezza dei veicoli e, perché no, fidelizzare il cliente rendendolo partecipe di una condivisa filosofia progettuale e costruttiva.