Velocità massima: la teoria e il testing

Supercar e hypercar sono sempre più potenti. Negli ultimi anni hanno raggiunto valori a dir poco incredibili e oggi si parla senza troppo clamore di valori che superano i 1.000 CV. Nell’ultimo decennio, l’introduzione delle motorizzazioni elettriche e ibride ha permesso poi di fare un ulteriore e netto balzo in avanti in termini di potenza massima erogata. Ma se da un lato i motori elettrici consentono di superare alcune storiche barriere tecnologiche che vincolavano il potenziale dei motori endotermici, come la pressione media effettiva (PME) e la velocità media del pistone, dall’altro vedono però altri limiti tecnici, soprattutto legati al surriscaldamento delle batterie e alla conseguente difficoltà a mantenere velocità elevate per un periodo temporale prolungato. Ecco quindi che la nuova hypercar elettrica Lotus Evija da 2.000 CV, che debutterà nel 2023, teoricamente in grado di raggiungere velocità ben superiori a 400 km/h, dichiara invece una velocità massima di “soli” 320 km/h, un valore per i quali bastano in genere circa 600-700 CV di potenza su una vettura tradizionale. È evidente quindi una scelta di limitazione di velocità massima. La limitazione può essere fatta sia in modo elettronico, agendo sulle logiche della centralina, ma anche con una scelta di maggiori rapporti di riduzione, a vantaggio di altri parametri, come per esempio la ripresa e l’accelerazione da fermo, lo 0-100 o lo 0-200 km/h. Le Case più generaliste invece, quasi occultano i valori di velocità massima, concentrando i dati dichiarati su accelerazione, consumi ed emissioni (per i motori endotermici). Poi c’è il caso di Volvo, da sempre paladina dei temi legati alla sicurezza, che addirittura dal 2020 ha limitato a 180 km/h la velocità di tutti i propri veicoli, non solo quelli elettrici, mandando un segnale forte sui rischi connessi alla velocità.

La ricerca della velocità massima è quindi oggi ostacolata sia da problematiche tecnologiche, per quanto riguarda i veicoli elettrificati, ma anche da tematiche di sicurezza, sempre più dibattute tra i legislatori. Sin dalla nascita dell’automobile moderna, avvenuta agli inizi del secolo scorso, la velocità massima è stato il parametro più utilizzato per mettere in mostra le prestazioni dei veicoli, mentre oggi stiamo assistendo a un cambio netto di paradigma. Almeno in questo periodo storico, la velocità sembra passare in secondo piano. Anche le parole di Stephan Wilkenmann, presidente di Bugatti, sono state chiare. Infatti tre anni fa, alla fine del 2019, dopo aver battuto il record di velocità con la Chiron Super Sport 300+, oltrepassando il muro delle 300 miglia orarie (circa 480 km/h), il manager ha ufficialmente dichiarato che la Casa di Molshein non tenterà più nuovi record in futuro, dedicandosi a sfide differenti e a nuovi “numeri”. Insomma, la ricerca della velocità massima ha perso decisamente appeal, anche perché con le nuove hypercar si parla di velocità fuori da ogni logica di contesto stradale. Oggi effettuare record di velocità prossime a quelle del decollo degli aerei, con auto sperimentali, è molto pericoloso e sembra quasi un vanto dei Costruttori che non un reale strumento di sviluppo, come invece era decenni fa. Per questo motivo oggi ci si affida a moderni banchi prova dinamometrici per lo sviluppo delle vetture ad altissime prestazioni. La velocità massima rimane un parametro tecnicamente interessante, soprattutto per quanto riguarda la fisica che sta dietro ad esso. Nei prossimi paragrafi, parliamo di teoria e di pratica, delle equazioni di base e di come viene testata la velocità massima sulle hypercar di Bugatti.

La Teoria

La velocità massima di un veicolo è raggiunta quando la massima potenza motrice e la potenza resistente si equiparano. In questa condizione, la vettura non è più in grado di accelerare, cioè non è più possibile introdurre un’ulteriore forza di inerzia nell’equazione di moto del veicolo. La potenza motrice è derivata da quella generata dal motore, al netto dell’efficienza della trasmissione, mentre la potenza resistente è data dalla somma delle forze resistenti moltiplicate per la velocità (P = F * V). Le forze resistenti sono le forze resistenti aerodinamiche e le forze di resistenza al rotolamento degli pneumatici (rolling resistance).

 

Riassumendo l’equazione di equilibrio della potenza è la seguente:

Equazione 1

La potenza motrice è quella che arriva alle ruote, cioè quella del motore moltiplicata per l’efficienza della trasmisione η, mentre la potenza resistente è la somma della forza aerodinamica e della rolling resistance, moltiplicate per la velocità espressa in metri al secondo:

Equazione 2

Dove η è il coefficiente di efficienza di tutta la catena cinematica di trasmissione, che dall’albero motore giunge alle ruote. Di solito è attorno a 0.9, ma per una vettura a quattro ruote motrici l’efficienza sarà ovviamente inferiore, a causa dei maggiori componenti in movimento e strisciamento, quindi può scendere anche a 0.85. La scelta del rapporto in cui si vuole ottenere la velocità massima (solitamente il penultimo), è molto importante e deve essere tale che la curva di potenza motrice intersechi quella della potenza resistente nel proprio punto di massimo. In altri termini, alla velocità massima, la velocità di rotazione del motore deve essere tale da poter esprimere la potenza massima. Il rapporto complessivo di riduzione si ottiene moltiplicando per il rapporto di moltiplicazione della marcia inserita, per il rapporto al ponte e per il raggio di rotolamento dello pneumatico.

Le forze resistenti si possono esplicitare, ottenendo:

Equazione 3

dove ρ è la densità dell’aria (pari a 1,22 kg/m^3), V la velocità del flusso d’aria che investe il veicolo, A è la superficie investita dall’aria (o area frontale del veicolo), e Cx è il coefficiente di resistenza aerodinamica, chiamato anche Cd (drag coefficient). La forza di rolling resistance è invece esplicitata come la moltiplicazione tra il coefficiente di rotolamento Crr, che ha valori attorno a 0,013÷0,015 (più alti quando si tratta di pneumatici sportivi), e il carico normale N agente sugli pneumatici.

Il carico normale (o verticale) sugli pneumatici è espresso come:

Equazione 4

Ovvero la forza gravitazionale m * g (accelerazione di gravità = 9,81 m/s2) e la forza aerodinamica di deportanza. Non solo il motore e le batterie, ma anche gli pneumatici stessi sono chiamati a smaltire un’enorme quantità di calore, pari al valore P = Crr * N * V. Per esempio un veicolo di 1500 kg a 300 km/h (83 m/s), senza considerare la deportanza, vede una potenza di circa P = 0.015 * 1500 * 9.81 * 83 = 18.3 kW, che viene smaltita in calore dai quattro pneumatici.

Grazie all’equazione 3 è possibile stimare, con un buon grado di approssimazione, la velocità massima teorica di qualsiasi veicolo, inserendo i valori noti e risolvendo l’equazione di terzo grado con l’incognita della velocità. Appare chiaro come abbassando l’area frontale A e il coefficiente di resistenza aerodinamica Cx, si possano diminuire in maniera considerevole le forze resistenti e quindi aumentare la velocità massima. Mentre l’area frontale è propria delle caratteristiche dimensionali del veicolo, si può ridurre il Cx riducendo la deportanza (i due valori sono in genere direttamente proporzionali) e quindi l’incidenza dei profili alari, eventualmente sfruttando l’aerodinamica attiva e quindi facendolo solo in condizioni di rettilineo. Ridurre la deportanza va a vantaggio anche della diminuzione della resistenza al rotolamento che, come visto precedentemente, risente del carico verticale sugli pneumatici.

Come si testa

Per avere valore di ufficialità, il test della velocità massima deve essere effettuato con prove sperimentali, sugli anelli ad alta velocità, come quello di Nardò in Puglia – oggi di proprietà Porsche – o quello della Volkswagen di Ehra-Leissen, entrambi situati all’interno dei Proving Ground, dove sono presenti altre piste e infrastrutture di collaudo. I test sperimentali possono però risultare molto critici e pericolosi per la sicurezza dei collaudatori, specialmente quando si superano abbondantemente i 300 km/h, su vetture sperimentali, estreme nella loro realizzazione tecnica. Per effettuare test più frequenti e propedeutici allo sviluppo delle hypercar, oggi le Case si affidano ai banchi dinamometrici, che permettono in tutta sicurezza di simulare le condizioni di altissima velocità. Durante il test, oltre ai controlli delle prestazioni, vengono effettuate anche altre misurazioni, come il valore di carico aerodinamico, le accelerazioni, nonché le emissioni e il consumo di carburante. In particolare, si utilizzano banchi dinamometrici a rullo singolo a quattro ruote, nei quali ogni pneumatico rotola su un rullo grande anziché tra due rulli piccoli affiancati, come avviene nei banchi convenzionali. Il principale vantaggio è che la ruota ha un solo punto di contatto, come nel caso della strada, quindi il comportamento di rotolamento della ruota è più vicino a quello della strada. Inoltre lo slittamento degli pneumatici, le deformazioni e la perdita di prestazioni sono notevolmente ridotti rispetto a un dinamometro a due rulli. Infine gli pneumatici si riscaldano meno, consentendo così velocità più elevate. Per esempio, a una velocità di 400 km/h, uno pneumatico gira a circa 50 volte al secondo. Questo può esercitare sul battistrada forze circa 4.000 volte quelle dell’accelerazione gravitazionale (g = 9,81 m/s2).

Il Dyno di Bugatti

Recentemente Bugatti ha svelato i dettagli del proprio banco prova ufficiale, con il quale vengono effettuate le misurazioni di velocità massima delle proprie hypercar, come la Bugatti Chiron Super Sport. Le dimensioni del dinamometro di Molsheim sono impressionanti, un set di rulli pesa 3,5 tonnellate e la massa rotante è di circa 720 kg. Con una potenza frenante massima di 1.200 kW per rullo, è possibile simulare velocità fino a 480 km/h e il veicolo può comunque frenare in sicurezza.  Il rullo dell’asse posteriore può essere adattato idraulicamente al passo. La soffiante, alta quattro metri con un rotore di 1,93 metri di diametro, sposta fino a 300.000 metri cubi di aria all’ora e genera un flusso d’aria fino a 230 km/h. L’impianto simula quindi flussi d’aria realistici anche a velocità molto elevate. Il flusso fornisce aria di raffreddamento al motore, al sottoscocca per il sistema di scarico, per la trasmissione e per il differenziale. L’estrazione dei gas di scarico avviene dietro al veicolo, l’aria viene trasportata all’esterno tramite torri alte 12,5 metri contenenti grandi ventilatori di estrazione. “Sul banco dinamometrico a rullo singolo a quattro ruote, tutti i componenti possono essere testati in condizioni di guida reali in modo neutrale e comprensibile. Vengono simulati livelli di resistenza alla guida identici a quelli su strada“, afferma Michael Gericke, sviluppatore dei motori di Bugatti. “Possiamo anche riprodurre i test in qualsiasi momento dell’anno e indipendentemente dal tempo. Questo ci aiuta nella nostra continua ricerca della perfezione tecnica”.

Il sistema di fissaggio, per bloccare il veicolo, è costituito da un telaio con quattro piastre, che vengono fissate al sottoscocca tramite 20 bulloni in acciaio alto resistenziale. Ciascuna delle piastre è attaccata alle altre con catene incrociate ed è ancorata al pavimento della sala. Le catene possono sopportare una forza di trazione fino a 24 tonnellate. Altre cinghie speciali ai lati nella parte posteriore fissano l’auto in modo che le gomme rimangano permanentemente in contatto con l’apice del rullo, per evitare l’insorgere di derive e slittamenti nell’area di contatto, che potrebbero generare pericolose oscillazioni. Durante i test, due ingegneri siedono all’interno del veicolo, regolando la velocità per ottenere la simulazione desiderata.