Ulteriori approfondimenti sulle benzine

Le benzine - Ulteriori approfondimenti

Ulteriori approfondimenti sulle benzine – Gli appassionati cercano quelle super ottanate. I driver più disinteressati sono alla caccia di quelle che costano meno, mentre i preparatori hanno spesso da ridire, imputando alle benzine la colpa dei loro errori. Ma nessuno di loro si é mai preoccupato di approfondire le specifiche tecniche che contraddistinguono una benzina. Tentiamo allora di fare un po’ di chiarezza cercando di tralasciare la chimica che governa un prodotto complicato come le benzine moderne.

Introduzione
Il problema delle benzine é molto simile a quello dei lubrificanti: per molti é un semplice liquido, con un odore non molto piacevole, che viene messo nel serbatoio. Non lo si vede, non lo si conosce, ma inconsciamente si pretendono da lui tutte quelle caratteristiche che lo rendono la sorgente di energia, unica e fondamentale, per i motori a combustione interna che tutti i giorni scorrazzano per le strade del paese. A differenza di molti altri componenti dell’auto che l’utente riesce a toccare e vedere con estrema semplicità, le benzine sono un mistero e come tali vengono trattate. In realtà, i combustibili, e quindi le benzine di cui stiamo parlando in queste pagine, sono prodotti molto sofisticati e, fatta eccezione per alcuni casi di comportamento fraudolento, da parte di chi le benzine le distribuisce, a loro non devono essere imputate colpe che non hanno. Il riferimento principale é ovviamente al mondo del tuning, un settore in cui talvolta si nascondono operatori scarsamente informati che attribuiscono i fallimenti del loro lavoro alle benzine.

Le benzine - Ulteriori approfondimentiLa prima differenza all’origine
La benzina é un prodotto che deriva dal petrolio grezzo. E come capita per altri elementi, anche per il petrolio le caratteristiche cambiano a seconda di dove viene estratto. È se cambia il petrolio, allora dovranno necessariamente essere differenti i processi per ottenere la benzina. Il consumatore, per fortuna, non si deve preoccupare di questo problema, perché all’atto pratico le benzine, che arrivino dal petrolio estratto in Alaska o da quello preso in Libia, saranno completamente compatibili con le richieste della normativa del paese in cui verranno commercializzate. Il concetto però é fondamentale, perché i blend finali che si ottengono, pur performando allo stesso modo, potrebbero essere anche molto differenti. Detto questo e consolidato il concetto secondo cui qualsiasi benzina andrà bene per il motore della vostra auto (un discorso a parte meritano i motori datati e quelli preparati), possiamo senz’altro affermare che le benzine non sono tutte uguali. Ad un operatore del settore non si chiede di conoscere la chimica di una benzina, anche perché il blend finale é talmente elaborato che ci vorrebbero elevate competenze nel settore della chimica industriale. É bene però che lo stesso conosca alcuni tra i parametri più importanti che rendono una benzina migliore di un’altra. Per ogni particolare riferimento normativo, ricordiamo che il progetto di norma utilizzato in Europa é l’EN 228 (di cui tra l’altro abbiamo parlato già in un altro articolo), mentre se volete conoscere la regolamentazione americana dovrete far riferimento alla norma ASTM D439 (American Society for Testing and Materials).

Petrolio e benzina
Il petrolio grezzo si presenta con una massa volumica compresa tra i 0,70 kg/dm3 e i 0,94 kg/dm3. Il suo contenuto energetico, voce di cui più avanti discuteremo in maniera un po’ più approfondita, varia tra i 41.800 kJ/kg e i 46.000 kJ/kg. Si compone per la maggior parte di carbonio che risulta presente con una percentuale nell’intorno dell’85%. A seguire c’è l’idrogeno in percentuale superiore al 10%, l’ossigeno che non supera il 5% e poi zolfo e azoto in piccole percentuali. I dati qui forniti sono importanti per quello che verrà detto più avanti, ma giusto per delimitare i termini della questione possiamo dire che una benzina standard viaggia normalmente sulle seguenti percentuali: 85% di carbonio, 14,4% di H2 e 0,1% di zolfo. Il potere calorifico inferiore (anche di questo ne parleremo più avanti) é pari a circa 42.700 kJ/kg, mentre la sua massa volumica é di 0,7 kg/dm3. Un ultimo dato importante per le benzine é il punto di accensione che, sempre con riferimento ai prodotti standard, si aggira tra i 70 ºC e i 120 ºC. Di che cosa si tratta? Adesso ci arriviamo. Concludiamo ricordando che le benzine sono composte da idrocarburi, elementi che tra le loro principali proprietà annoverano anche l’attitudine a volatilizzarsi con estrema facilità e quindi ad evaporare e miscelarsi con l’aria.

I parametri che bruciano
Ci sono due valori caratteristici delle benzine che servono ad avere un’idea di quanto le stesse abbiano attitudine a produrre un processo di combustione. Il Punto di Infiammabilitá é la temperatura alla quale il vapore prodotto dalla benzina é sufficiente a formare una miscela capace di infiammarsi una volta a contatto con l’aria. Ricordiamo, a tal proposito, che la reazione di combustione é, a tutti gli effetti, un processo di ossidazione che trasforma l’energia chimica contenuta nel combustibile in energia meccanica all’albero motore. A bruciare é ovviamente una miscela di aria e benzina, con la prima che svolge la funzione di comburente e la seconda che invece é il vero é proprio combustibile. Qualcuno si sarà accorto che tendiamo a non utilizzare il termine carburante, ma più frequentemente facciamo ricorso alla parola “combustibile”. Per quanto ci riguarda, e da qui in poi varrà questa considerazione, non vi é nessuna differenza pratica tra i due termini. La dizione carburante fa chiaro riferimento ai vecchi motori a benzina dotati di carburatore. Da qui ne nasce una considerazione di esclusivo valore semantico, secondo cui il termine combustibile ha valenza più generale e non fa riferimento ad una tipologia ben definita di unità motrice. Tornando al vapore necessario per la combustione, se vogliamo sapere quando questo vapore é in grado di sostenere un processo di combustione continuo, allora dobbiamo considerare il Punto di Accensione. Anche in questo caso avremmo a che fare con un valore di temperatura.

Paura del freddo
Esiste anche un valore di temperatura al di sotto del quale un liquido come la benzina cessa di scorrere. Ciò accade perché il liquido tende a solidificare, cosa ben nota a chi durante l’inverno viaggia con motori a gasolio. In ogni caso, il valore di temperatura per valutare questa caratteristica si chiama Punto di Scorrimento.

Il mito del Numero di Ottano
La maggior parte degli utenti che si definiscono degli esperti in materia scelgono una benzina in funzione del numero di ottano. É vero, si tratta di un numero importante, ma non é il solo. È poi, quale numero di ottano? Il RON o il MON? E quale differenza esiste tra i due? E alla pompa, normalmente, che indicazioni troviamo? Se sapete rispondere con precisione a queste domande siete già sopra la media, ma in realtà le cose da sapere sono molte di più. Ad esempio, se voleste scegliere una benzina per avere un elevato rendimento dovreste seriamente preoccuparvi del contenuto energetico. Oppure, dovreste dare un occhio agli additivi presenti, come i componenti ossigenati. Oppure, ancora, potreste valutare la gravità specifica o prendere in considerazione la sensitività. Vi siete già persi? Poco male. Potremmo dire che il valore del numero di ottano esprime l’attitudine di una benzina a resistere all’accensione per compressione. In altre parole, al salire dei valori di pressione all’interno della camera di combustione, potrebbero generarsi delle condizioni per le quali la benzina si accende senza la presenza della scintilla generata dalla candela.

Le benzine - Ulteriori approfondimenti
Il grafico illustra in modo sintetico il motivo per cui le benzine verdi prodotte oggi giorno, e contemplate dalla norma EN 228, sono caratterizzate da un numero di ottano RON pari a 95; le esigenze dei petrolieri e dei costruttori di motori sono antitetiche. I motori, infatti, migliorano la propria efficienza all’aumentare del numero di ottano mentre il costo di produzione del combustibile cresce sensibilmente all’aumentare del numero di ottano. Il valore di 94,8 corrisponde esattamente all’incrocio delle curve che esprimono queste due diverse esigenze; evidentemente, all’interno di questa logica, la scelta di porre il numero di ottano pari a 95 rappresenta quindi una conseguenza inevitabile.

La regola vuole che più é alto il numero di ottano e più il blend é in grado di non detonare a causa delle elevate pressioni raggiunte. Ricordiamo infatti che l’accensione deve essere di tipo comandato (non a caso i motori a ciclo Otto vengono anche definiti ad accensione comandata) e quindi la miscela aria/benzina deve rispondere esclusivamente alla presenza della scintilla emessa dalla candela e non ad altri fattori di cui non si ha il controllo. È bene capire che il numero di ottano non é strettamente legato alla potenza che il motore é in grado di esprimere. Se l’unità é dotata di sensori di detonazione, si potrà verificare il caso che una benzina con numero di ottano superiore consenta di sviluppare una potenza superiore. Ma non perché quel particolare combustibile abbia un maggiore contenuto energetico. Semplicemente perché, per non far detonare il motore con benzina a basso valore di ottano, il controllo elettronico motore posticiperà i tempi di accensione per non far salire eccessivamente la pressione. Un tempo, la maggior resistenza alla detonazione si otteneva aggiungendo Piombo che aveva un elevato potere antidetonante. Dal 2000, però, il Piombo é stato bandito dalla normativa europea perché l’avvento dei catalizzatori ha costretto i produttori di combustibili a percorrere nuove strade. Quando però si parla di numero di ottano bisogna distinguere tra MON (Motor Octane Number, EN ISO 5164) e RON (Research Octane Number, EN ISO 5163). La differenza tra i due é sostanziale, ma ancora più fuorviante é non sapere che alle pompe italiane il numero di ottano indicato é il RON. Per ottenere questi due valori si utilizza un motore monocilindrico a compressione variabile che viene fatto funzionare in due condizioni ben distinte: per il calcolo del RON, a 600 giri/min, con una temperatura dell’aria di aspirazione di circa 50 ºC mentre per il calcolo del MON a 900 giri/min con una temperatura dell’aria aspirata di 150 ºC. La compressione del motore utilizzato per il test – spesso noto come motore CRF (Cooperative Fuel Research) – viene aumentata progressivamente fino a quando il combustibile oggetto di studio raggiunge la detonazione incipiente. Il RON, quindi, per come viene ottenuto, può essere considerato come un parametro in grado di fornire una valutazione del comportamento del combustibile in corrispondenza dei carichi parziali e comunque sotto sollecitazioni di esercizio più ridotte. Il MON rende ragione di cosa succede con farfalla completamente aperta nelle condizioni più gravose (in realtà il MON é anche un valore che spiega il comportamento della benzina quando il motore gira ad elevato regime, con temperature alte e farfalla parzializzata). Quindi, signori miei, se proprio vogliamo avere un’indicazione sulla reale performance della benzina in termini di tutela dei motori rispetto alla detonazione é bene informarsi anche sui valori del MON. Peccato che alla pompa troverete indicato solo il valore del RON. Ma non solo. La differenza tra RON e MON prende il nome di sensitività. Più é elevata la sensitività e più sensibile è la benzina. In tempi più recenti sono state sollevate obiezioni sull’effettiva validità di questi due parametri per la valutazione del comportamento nei confronti della detonazione. Per questo motivo é stato pensato l’Indice di Ottano ricavabile da un’equazione del tipo seguente: OI=RON-K•S, dove S é la Sensitività mentre K é un fattore che dipende dalle condizioni di funzionamento del motore utilizzato per il test. Da questa recente introduzione, c’é chi sostiene che il RON sia attualmente il numero di ottano più verosimile da utilizzare per predire il comportamento su strada dei motori più moderni che viaggiano con temperature di aspirazione tendenzialmente più basse rispetto a quelli più datati. Banalmente si osserva che per K=0, l’OI viene a corrispondere al RON. Per chi non lo sapesse, invece, alle pompe americane l’indice di ottano indicato é una semplice media aritmetica dei due: AI=(RON+MON)/2, dove l’AI rappresenta l’Antiknock Index. In realtà, la definizione dell’AI deriva dalla considerazione secondo cui il motore CRF é un motore monocilindrico che non consente di riprodurre le reali condizioni del veicolo. Per questo motivo, é stato definito un numero di ottano in grado di tenere conto di ciò che accade su strada. Questo nuovo numero é stato chiamato Road Octane Number, il quale viene definito attraverso l’equazione RdON = a(RON) + b(MON) + cA e una buona approssimazione si ottiene assegnando il valore 0,5 ad a e b e considerando c=0. Così procedendo si ottiene l’AI, talvolta indicato anche come AKI, che corrisponde alla famosa media aritmetica indicata alle pompe americane. Sono numerosi gli elementi di un motore che hanno chiara influenza sul numero di ottano richiesto: il disegno della camera di combustione, la temperatura dell’aria aspirata, la temperatura di esercizio del motore, il rapporto geometrico di compressione oltre che elementi esterni al motore stesso come l’altitudine. Ovviamente, la stessa posizione della candela, soprattutto in virtù della geometria della camera si combustione, può avere una grande influenza sul fenomeno della detonazione. L’aspetto più importante, che poi é l’errore più ricorrente anche tra gli operatori del settore, é pensare che a un numero di ottano superiore corrisponda una benzina capace di generare più potenza. Per farvene una ragione, provate a mettere su banco a rulli una vettura con motore aspirato privo di sensore/i di detonazione. A questo punto eseguite due rullate, a pari condizioni ambientali di rifermento, con le due benzine. Non vedrete nessuna differenza di comportamento tra un blend standard e uno con numero di ottano superiore. Ovviamente, a parità di altre specifiche. Vale la pena anche sottolineare che l’uso di additivi che contengono metalli e che concorrono alla formazione delle ceneri é seriamente sconsigliato. Tra i componenti che sono in grado di aumentare il numero di ottano, ci sono gli Aromatici. Queste molecole si caratterizzano per la presenza al loro interno di almeno un anello di benzene, una delle tante organizzazioni degli atomi di Carbonio e Idrogeno. Oltre a rappresentare un grande aiuto nei confronti della detonazione, gli aromatici sono anche molecole ad elevato contenuto energetico. Questo aspetto, però, genera un rovescio della medaglia. Le molecole pesanti come gli aromatici sono responsabili, spesso, dei maggiori depositi che si formano all’interno del motore e delle maggiori emissioni allo scarico. Per questo motivo la normativa cerca di limitare la presenza degli aromatici nelle benzine moderne. E sebbene la CO2 non possa essere considerato un inquinante, sappiamo che la sua presenza in quantità eccessive genera il famoso effetto serra. Bene, da studi effettuati si è potuto dimostrare che esiste un legame certo tra il contenuto di aromatici e la quantità di CO2 emessa allo scarico. Una riduzione del 30% degli aromatici può portare ad un’altrettanta riduzione di CO2 per una quota parte pari al 5% circa. Se vogliamo guardare al numero di ottano con occhio più tecnico, possiamo dire che questo valore rappresenta la percentuale in volume di isottano di una miscela costituita da isottano e eptano. Quando si deve determinare il numero di ottano di una benzina si utilizza questa miscela dosando l’isottano e l’eptano in modo tale che la detonazione nel motore CFR avvenga in corrispondenza dello stesso valore di rapporto di compressione a cui detona la benzina ordinaria che si sta testando. L’intero gioco si basa su due semplici convenzioni; dato che l’isottano ha un elevato potere antidetonante gli si affibbia un numero di ottano par a 100. L’eptano, invece, manifesta il comportamento opposto e quindi gli si assegna un numero di ottano pari a 0. Se quindi parliamo di una benzina a 98 ottani significa che il suo comportamento é pari a quello di una miscela composta per il 98% da isottano e per il 2% da eptano.

Una recente ricerca della Shell Global Solution ha messo in relazione il numero di ottano con il consumo di combustibile. Il modello proposto si basa sul l’equazione: FC=α+β•e(-γ•OI) dove α, β e γ sono costanti sperimentali da determinare mentre l’indice di ottano va calcolato con una relazione un po’ più articolata. Per lui vale la seguente: OI=(1-K)•(RON-95)+K•(MON-85).

Il contenuto energetico: qui sí che si fa la differenza
Raramente si parla di questo argomento, ma l’energia contenuta in un unità qualsivoglia di combustibile é un dato fondamentale che fa veramente la differenza. Ad esempio, un gallone di benzina americana contiene tra i 121.000 kJ/gal e i 132.000 kJ/gal. Questo significa una valore compreso tra i 32.000 kJ/litro e 35.000 kJ/litro. Le benzine che hanno maggiore contenuto energetico sono quelle in grado di sviluppare maggiore potenza e una migliore fuel-economy. Quando siete alla pompa e acquistate della benzina, nessuno vi dice mai quale sia il suo contenuto energetico. Se però, a parità di tutte le condizioni di esercizio, vi fosse capitato di fare più chilometri con un pieno rispetto ad un altro… bene, allora avete trovato una benzina a maggior contenuto energetico. Parlare in questo modo di contenuto energetico, però, é fin troppo semplificativo. Considerando invece la questione sotto un punto di vista più tecnico, la quantità di energia contenuta in un combustibile si misura con il Potere Calorifico Inferiore. Esiste anche un Potere Calorifico superiore, ma per l’impiego nel settore motoristico quello che interessa é il primo. Il Potere Calorifico Superiore è la quantità di calore che è possibile ottenere con la combustione completa di 1 kg di combustibile a pressione costante, una volta che i prodotti della combustione stessa raggiungono la temperatura iniziale di combustibile e comburente. Il Potere Calorifico Inferiore, invece, é pari al Potere Calorifico Superiore meno il valore corrispondente al calore di condensazione del vapore di acqua che si forma durante la combustione. In altre parole, il Potere Calorifico Superiore, che ovviamente ha valore più alto, tiene conto anche del calore ceduto durante la fase di condensazione del vapore. Se si tiene conto dell’elevata temperatura dei gas di scarico, si capisce bene che nei collettori di scarico di un motore non ci sarà mai la condensazione del vapore, cosa che invece avviene lungo la linea dello scarico stesso. Si tenga infine presente che il contenuto energetico di un combustibile cresce al crescere della quantità di atomi di idrogeno presenti nelle molecole che lo compongono. Tra l’altro, maggiore é il potere calorifico di un combustibile e minore sarà il consumo del motore.

La velocità di combustione
Anche in questo caso, poche persone parlano di questo parametro. Le benzine per motori a combustione interna destinati al trasporto turistico (leggi “auto costruite in grande serie”) vengono pensati per motori che viaggiano mediamente ad un regime di giri stabilito in sede di progetto. Se infatti si fa eccezione per quei casi più strettamente legati al mondo degli appassionati e di coloro che si sentono piloti per natura (purtroppo anche su strada aperta al traffico), l’utente medio utilizza il motore della propria auto all’interno di un regime compreso tra i 2.000 giri/min e i 3.000 giri/min. È quanto mai evidente che più velocemente brucia il combustibile e più energia potenzialmente si riesce a sfruttare nell’unità Le benzine - Ulteriori approfondimentidi tempo o prima che tutto finisca allo scarico. Ma il problema vero legato alla velocità di combustione nasce quando il regime di giri sale. E in alcuni casi – si pensi ad esempio ad alcuni motori Honda con il VTEC – la velocità di combustione diventa fondamentale. A questo punto il concetto dovrebbe essere chiaro. Se infatti una benzina fosse tarata per avere la massima velocità di combustione a circa 3.500 giri/min, quando il motore raggiunge, o supera, i 6.000 giri/min nasce un problema. Già, perché tutta la benzina non riesce a bruciare in camera di combustione e quindi allo scarico viene buttata una parte di energia che si concretizza in valori di temperatura sensibilmente più elevati all’interno dei collettori di scarico. Se volessimo riassumere tutto in un concetto semplice, potremmo dire che é tassativo puntare su benzine con velocità di combustione che sia la più elevata possibile.

Volatilità: la chiave per la guidabili
Dopo tutto quello che é stato detto si scopre che per ottenere una buona guidabili c’é altro ancora. In particolare, c’é un parametro che si chiama Volatilità e rappresenta la tendenza della benzina ad evaporare. Questo fatto é di primaria importanza perché sono solo i vapori a reagire con l’aria nelle modalità necessarie ad un motore a ciclo Otto. Un liquido non brucia e quando lo vedete bruciare in realtà é il vapore presente sulla sua superficie che sta bruciando. In altre parole, il combustibile per poter bruciare bene deve vaporizzare. Questo é anche il motivo per cui la volatilità delle benzine varia al variare della stagione. In inverno, per esempio, si tende a realizzare benzine con maggiore volatilità. Se invece ci troviamo di fronte a climi prettamente estivi é bene che la volatilità venga ridotta per evitare di incorrere nel fenomeno del vapor lock. Non é quindi possibile indicare un valore ideale di volatilità, perché si tratta di un parametro che va sintonizzato sulle condizioni climatiche e geografiche del luogo. Per quantificare la tendenza della benzina a generare il fenomeno del vapor lock si utilizza il rapporto tra liquido e vapore che si forma in corrispondenza di una determinata temperatura. In genere si cerca il valore di temperatura che vede in equilibrio 20 parti in volume di vapore con una di liquido. In genere il valore di V/L=20 si ottiene per temperature variabili, a seconda della stagione, tra i 35 ºC e i 60 ºC. Ovviamente a valori più elevati corrisponde una minore attitudine al vapor lock. Le bolle di vapore dovute al fenomeno del vapor lock non fanno bene al sistema di alimentazione, perché la riduzione della portata effettiva di combustibile comporta l’introduzione nel motore di miscele più magre che causano cali di potenza e surriscaldamento.

Le curve di distillazione
L’acqua bolle ad una determinata temperatura. La benzina bolle all’interno di un range di temperature. Perché? Semplicemente perché le benzine non sono composti puri come l’acqua, ma sono formate da centinaia di idrocarburi che, ovviamente, hanno la loro temperatura di ebollizione. Ecco perché allora si parla di curva di distillazione o di ebollizione. La curva di distillazione, talvolta noto anche come profilo di distillazione, é un insieme di valori di temperatura in corrispondenza dei quali avviene l’evaporazione di percentuali in volume crescenti i corrispondenza di determinate condizioni di riferimento.

Ancora qualcosa sulla guidabili: il Driveability Index
Le curve di distillazione vengono utilizzate anche per calcolare un indice di guidabilità che tenga conto delle curve stesse. Per cercare di avere un’idea di quello che potrebbe essere il comportamento di una benzina rispetto ad un’altra in termini di accensione del motore a freddo e di guidabilitá in fase di riscaldamento, é stato messo a punto il Driveability Index che viene calcolato con la seguente equazione: DI [°C] = 1.5(T10) + 3.0(T50) + (T90) + 1.33 (ethanol volume percent) dove T10, T50 e T90 sono le temperature in corrispondenza delle quali si assiste ad un’evaporazione del 10%, del 50% e del 90%. Siccome le benzine moderne contengono anche etanolo, l’equazione tiene conto anche di questo. L’indice di guidabilitá, se vogliamo tradurrò nella nostra lingua, é quindi un valore di temperatura che può variare da 400 ºC fino a 600 ºC e anche oltre. A valori più bassi corrisponde una migliore guidabilitá.

Lo zolfo
Lo zolfo presente nelle benzine crea non pochi problemi. Uno dei più noti riguarda la sua capacità di ossidare gli elementi in lega di argento come, ad esempio, alcuni contatti elettrici presenti all’interno dell’impianto elettrico di un’auto. Un esempio tipico é l’alterazione della capacità di lettura dello strumento per il livello del combustibile. La formazione dei solfati di argento tra i contatti del circuito di misurazione del livello di combustibile nel serbatoio porta ad un’errata indicazione dello strumento di bordo. I componenti a base di zolfo presenti nelle benzine vanno dallo zolfo elementare a molecole più complesse come l’idrogeno solforato H2S. La riduzione dello Zolfo nelle benzine é di fondamentale importanza, soprattutto per le auto moderne dotate di catalizzatori trivalenti. L’anidride solforosa o biossido di zolfo SO2 che viene generata allo scarico, inibisce il funzionamento dei convertitori catalitici.

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Il mondo degli additivi
Le benzine di base devono essere additivate per diversi motivi, tra cui migliorare la stabilità del combustibile nei confronti dell’invecchiamento, aumentare la sua capacità detergente, al fine di mantenere il motore pulito (circuito di alimentazione, valvole, iniettori) e limitare l’effetto corrosivo a causa delle piccole quantità di acqua che possono essere presenti nel combustibile stesso. Gli inibitori di ossidazione, noti anche come antiossidanti, sono additivi fondamentali che devono essere presenti in tutte le benzine. Evitano ai componenti della benzina di reagire con l’ossigeno presente nell’aria per formare perossidi e gomme. Come anticipato sono fondamentali per tutte le benzine, ma lo sono ancora di più per quelle ad alto contenuto di olefine. Si faccia attenzione perché i perossidi peggiorano la resistenza alla detonazione e portano all’usura di alcuni componenti in plastica e quelli della pompa di alimentazione. Poi ci sono gli inibitori di corrosione, in genere rappresentati da acidi carbossilici. La componente acquosa della benzina, infatti, potrebbe portare alla corrosione di numerosi componenti del sistema di alimentazione che, in alcuni veicoli più datati, sono stati realizzati in acciaio non ricoperto da strati di materiale protettivo.