
La filiera italiana dell’automotive e la sfida della mobilità elettrica: un tema che tiene banco, appassiona e al tempo stesso preoccupa gli attori dell’industria, per cu la transizione non è sempre un’opportunità .
Per avere un quadro più realistico della situazione, e soprattutto del sentimento generale, delle aziende, l’osservatorio TEA (Trasformazione dell’Ecosistema Automotive) propone da tre anni un’analisi statistica basata su un articolato questionario inviato alle aziende della cosiddetta “filiera allargata”, e comprendente tutte le realtà che lavorano nell’automotive includendo ovviamente anche quelle attive nello sviluppo di componenti, sottosistemi, tecnologie e servizi per l’elettrificazione.
I risultati sono stati presentati ieri pomeriggio a Roma in una conferenza stampa organizzata dalla stessa TEA in collaborazione con Motus-E e svoltasi in una sala del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nel palazzo che tra l’altro da fine novembre a febbraio ospita all’ingresso principale un’interessante mostra dedicata ai brevetti.
Oltre a Francesco Zirpoli, Direttore dell’Osservatorio TEA, che ha illustrato i risultati, e al presidente di Motus-E Fabio Pressi, all’incontro moderato da Daniele Moretti, vicedirettore di Sky TG-24, hanno partecipato altre personalità del mondo industriale e politico. In particolare Alessandro Moroni, Responsabile Divisione IX. Mobilità sostenibile, automazione e logistica del MIMIt, Massimiliano Calamai (Alpitronic), Giovanni Comboni (O.R.I. Martin) e i membri del comitato tecnico-scientifico del Mimit Anna Moretti e Francesco Naso, che hanno dato vita alla tavola rotonda finale con il commento dei dati.
Un campione rappresentativo
A questi sono state poste domande circa la volontà di investire e realizzare nuovi prodotti da qui al 2027, l’impatto percepito della transizione energetica sull’occupazione, accesso al credito ecc…
Il bacino d’utenza è enorme e ha generato n campione piuttosto significativo: delle oltre 2.100 realtà interpellate, che totalizzano 167.000 dipendenti, e che nel corso del 2024 hanno risposto in poco meno di 400 oltre il 18%, e di queste circa 250 hanno partecipato a fine anno un’ulteriore indagine sulle prospettive del settore basate si dati più aggiornati.
Chi investe e chi no
Il dato principale, emerso dall’indagine, presentata dal è che second il campione dei partecipanti in Italia quasi metà delle aziende non prevede investimenti in nuovi prodotti e processi, in attesa di indicazioni più chiare sulla direzione che intende prendere l’industria dei trasporti. Per le rimanenti, il 31% ha programmato investimenti sulla mobilità elettrica e il 21% sulle motorizzazioni endotermiche.
Andando più nel dettaglio, il 61,6% degli investimenti riguarderà elementi e componenti “generici”, non collegati a un particolare tipo di alimentazione. Il 17,9% sarà invece impiegato per lo sviluppo di componenti specifici dei veicoli elettrici, il 10,1% su componenti per veicoli endotermici. Appena il 6,7%, infine, andrà a sostegno dei comparti ingegneria e design e, infine, solo il 3,8% sarà concentrato sul software, pur essendo quest’ultimo indicato come uno dei settori chiave per la futura evoluzione del trasporto.
Le aziende più fiduciose e propense a investire nell’innovazione sono tendenzialmente quelle più grandi e meglio affacciate sui mercati globali, mentre quelle medio-piccole e spesso legate a poche forniture importanti per volumi sono più in difficoltà nel trovare le risorse e lo stimolo a innovare.
L’elettrificazione non è ancora la chiave
La transizione, ad ogni modo, non è vista come un processo così rivoluzionario nel breve termine: addirittura il 66% delle imprese interpellate dall’osservatorio TEA non si aspetta, infatti, che da qui al 2027 l’elettrificazione abbia impatti davvero rilevanti sul portafoglio prodotti o che renda necessari particolari adeguamenti, attesi soltanto dal 26,6% degli intervistati. Appena il 7,4% è pronto a cambiare in modo significativo sul portafoglio prodotti o rivolgere la sua attenzione al di fuori dell’automotive.
La ritrosia nell’investire nel rinnovamento di prodotti e processi è uno degli indicatori più preoccupanti in quanto interessa meno della metà degli interpellati, mentre il 55,2% delle aziende non ha in programma investimenti di questo tipo.
Occupazione e… preoccupazioni
Sotto il profilo occupazionale, l’analisi di TEA rileva che le imprese che investiranno nelle produzioni rivolte alla mobilità elettrica sono le uniche con un orientamento positivo, soprattutto per quanto riguarda le assunzioni nelle aree a maggior valore aggiunto, come ricerca e sviluppo (+5,6%) e sistemi informatici (+8%).
Come riporta il comunicato finale di presentazione dell’analisi, “in cima alle preoccupazioni della filiera c’è il nodo dei costi dell’energia, seguito dall’esigenza di un’accelerazione sull’adozione delle fonti rinnovabili, percepita come un elemento di competitività rilevante per via delle certificazioni sull’impronta carbonica richieste ai fornitori di componenti. Inoltre, si invocano politiche per la diffusione dell’infrastruttura di ricarica, per facilitare assunzioni e formazione del personale e per stimolare la domanda di veicoli elettrici, agendo così indirettamente anche sulle economie di scala.
Si segnalano infine tra le priorità indicate dalla filiera le azioni orientate a favorire la realizzazione di nuovi impianti, il rientro in Italia di attività produttive, la collaborazione tra soggetti diversi, gli accordi di innovazione per l’automotive e l’attrazione di nuovi investitori”.