L’unione fa la forza: turbo piccoli e potenti orientati verso il downsizing
Concluso lo spin-off sull’effetto sovralimentante, riprendiamo lo studio degli impianti turbo introducendo quello che, ad oggi, è considerato uno dei i sistemi più efficienti tra le proposte del mercato. Stiamo parlando del Twin-turbo parallelo, noto anche come biturbo, termine coniato da Maserati (primo costruttore in Italia) per descrivere un gruppo di sovralimentazione costituito da due unità di turbo-compressione della stessa taglia. Disposte in parallelo, queste operano indipendentemente l’una dall’altra, dividendosi in parti eque il flusso di gas di scarico e contribuendo in egual misura alla compressione dell’aria fresca nei cilindri.
Il sistema è tanto semplice quanto funzionale: ogni turbo è servito dallo stesso numero di cilindri, mentre l’aria fresca compressa viene convogliata in un unico collettore prima di raggiungere la camera di combustione. Ad esempio, in un motore a sei cilindri, un banco da tre scaricherà i gas esausti nel primo turbo e l’altro nel secondo, motivo per cui i biturbo funzionano spaventosamente bene nei motori a V con numero di cilindri pari.
Dovendo dividere i gas di scarico in parti eque, solitamente vengono utilizzate due unità turbo di taglia piuttosto piccola che garantiscono sensibili riduzioni delle perdite legate al fenomeno del turbo-lag e delle sue conseguenze negative sulla risposta al transitorio e sulle prestazioni complessive dell’intero apparato. Questi argomenti sono stati ampiamente affrontati negli articoli precedenti di questa trattazione, per cui ci limitiamo a ricordare che un turbo di piccole dimensioni monta pale piuttosto corte, capaci di accelerare la propria rotazione più velocemente rispetto ai turbo che montano pale lunghe. Questo fa sì che la risposta alle variazioni di carico è più rapida e l’intero sistema si adegua con maggior prontezza alle nuove condizioni di esercizio (riempimento dei tubi, adeguamento delle pressioni, ecc…).
Il segreto per raggiungere i punti di massimo rendimento è fare in modo che le velocità di rotazione dei due turbo restino sempre basse: al contrario delle soluzioni tradizionali che prevedono l’impiego di un unico grande turbocompressore, nei biturbo sarà la cooperazione delle due unità piccole a generare la potenza desiderata senza dover mai spingere al massimo le condizioni di funzionamento di ogni singolo gruppo. Per questo motivo i Twin-turbo paralleli sono considerati downsizing oriented, ossia amici della filosofia che promuove la riduzione delle dimensioni per contenere consumi ed emissioni.
Tuttavia, anche loro presentano delle criticità. Se da un lato si sposano perfettamente con i motori a V, dall’altro sono piuttosto scomodi se accoppiati con altre configurazioni: l’idea di dividere i contributi dei cilindri in due grandi metà funziona bene se anch’essi vengono realizzati in due banchi separati. Al contrario, nel caso di soluzioni diverse, risulta complesso gestire la frequenza degli scarichi, che ricordiamo devono essere sempre alternati per evitare reciproche interferenze. Inoltre, tecnologicamente parlando, il biturbo è una soluzione semplice ed economica: dimentichiamo quanto raccontato sui dispositivi a geometrie variabili, questi non verranno mai impiegati su motori pensati per non essere troppo costosi.
Riassumendo, i motori Twin-turbo paralleli sono un ottimo compromesso tra ingombri, costi, prestazione ed emissioni. Nel 2008 BMW ha vinto l’International Engine of the Year (Motore Internazionale dell’Anno) grazie al suo N-54 6 cilindri montato sulla Serie 3 (modelli Sedan e Touring) e sull’X6. Negli anni a seguire sono stati costruiti nuovi impianti che prevedono l’utilizzo di due o più unità turbo e, nei prossimi articoli, analizzeremo le configurazioni che hanno avuto più successo fino ai giorni d’oggi.