L’evoluzione dei collettori sincronizzati in collettori a geometria variabile.
Nel precedente articolo di questo spin-off sui collettori di aspirazione è stato spiegato come si possa ottenere un piccolo effetto sovralimentante dimensionando opportunamente i collettori d’aspirazione. Tuttavia, tenendo presente che il motore lavora a regimi di rotazione molto variabili, la sincronizzazione delle onde pressorie all’interno dei collettori è possibile soltanto per intervalli piuttosto limitati.
Del tentativo di aumentare la flessibilità del motore nasce quindi l’idea di sviluppare collettori variabili (Variable Intake Manifold – VIM), realizzati in maniera tale da poter assumere due o più configurazioni d’aspirazione in funzione delle velocità di rotazione. Questa soluzione è simile alla tecnica di variazione delle valvole (Variable Valve Timing – VVT), ma di gran lunga più economica in quanto richiede pochi componenti realizzati in pressocolata o in plastica e semplici valvole elettriche. Questo giustifica perché in principio furono utilizzati nei veicoli più economici prima che le VVT diventassero accessibili a prezzi inferiori.
Pur essendo economici, i VIM vengono utilizzati sempre meno nei motori sovralimentati: la sovralimentazione meccanica o fluidodinamica (turbo) fornisce una forte compressione dell’aria in ingresso nella camera di combustione, per cui il piccolo contributo che può essere apportato dai VIM non giustifica il loro costo di realizzazione (tra le poche eccezioni, una delle più famose è il motore 2.0 TFSI Volkswagen). Al contrario, il loro impiego può essere interessante nei motori ad aspirazione naturale sui quali sono stati largamente utilizzati a partire dalla metà degli anni ’90.
Collettori di aspirazione a lunghezza variabile
Il tipo più comune di VIM è quello a lunghezza variabile (Variable Length Intake Manifold – VLIM), introdotto nel mercato dalla Daimler Benz AG, la quale nel 1958 ha brevettato un sistema capace di modificare la lunghezza del collettore d’aspirazione in funzione delle condizioni di funzionamento del motore. Il VLIM è un sistema composto da due gruppi di collettori, uno più lungo ed uno più corto, rispettivamente utilizzati ai bassi ed alti regimi di rotazione del motore. Il passaggio dall’uno all’altro è dettato da semplici valvole a farfalla con comando elettrico.
Uno dei primi motori ad utilizzare la tecnologia VLIM è stato il Ford 2.5 Duratec V6. I collettori, disposti parallelamente l’un l’altro, sono stati costruiti in modo tale che quelli più corti possano convogliare nei cilindri più vicini mentre i più lunghi in quelli più lontani. Tuttavia, questa disposizione non sfrutta adeguatamente le geometrie disponibili e la mancanza di spazio costringe ad utilizzare tubi più stretti, quindi meno adatti a motori performanti.
Per questa ragione sono stati sviluppati particolari sistemi VLIM, come quello dell’Honda K20C, i cui collettori prevedono setti mobili attuati da elettrovalvole e capaci di allungare o accorciare il percorso dell’aria a seconda delle necessità del motore.
Un ulteriore passo avanti è stato compiuto a cavallo dell’anno 2000 da Audi con il suo 4.2L V8 dotato di un sistema di aspirazione a tre stadi che, grazie alla presenza di due setti mobili, era capace di modulare la lunghezza delle tubazioni in tre misure differenti rispettivamente per i bassi, medi ed alti regimi. L’introduzione del terzo stadio ha consentito di gestire al meglio la coppia di trazione durante l’intero intervallo di funzionamento del motore apportando evidenti benefici alle prestazioni complessive della macchina.
I VLIM hanno raggiunto l’apice del successo nel 2010 con l’AMG 6.3L V8 ad aspirazione naturale. Le sue caratteristiche principali furono le sezioni di passaggio più ampie, il design aerodinamico e l’allineamento verticale di tutti i condotti (disposizione spesso adottata nel mondo delle corse). I collettori, realizzati in magnesio, dispongono di due valvole a farfalla disposte in parallelo che intervengono sull’aspirazione ottimizzando le frequenze delle onde pressorie alle 32 valvole ospitate dalle teste dei cilindri. Capace di produrre fino a 375 kW (510 CV), trionfò nelle categorie Best Performance Engine (Motore più performante) e Above 4 litres (sopra i quattro litri) all’International Engine of the Year Awards 2010.
Nel prossimo articolo concluderemo lo spin-off sui collettori d’aspirazione analizzando quelli a variabilità differenziale e quelli a risonanza.