Sistemi on-board

Sistemi on-board. “Organi di senso” sempre più evoluti ed integrati consentono già oggi alle nostre automobili di offrire funzioni avanzate di sicurezza attiva già nei segmenti bassi del mercato. E domani?

Essere connessi, per la maggioranza degli utenti, significa notoriamente poter disporre di un accesso rapido alla rete, alle sue molte informazioni ed alle applicazioni che la moderna IT ha sviluppato: Google, Facebook, Twitter e chi più ne ha più ne metta, una domanda per soddisfare la quale l’industria automobilistica ha sviluppato, spesso in partnership con i colossi della telefonia e dell’informatica, gli attuali sistemi di infotainment. Eppure, questa accezione del concetto di connettività potrebbe presto rivelarsi essere solo la punta dell’iceberg: negli anni a venire, infatti, saranno le vetture stesse con i loro sistemi di bordo e di navigazione ad essere sempre più connesse le une con le altre, con l’obiettivo finale ed ideale (forse non per gli appassionati della guida, ammettiamolo…) di un parco circolante interamente autonomo dall’intervento umano, in grado di distribuire i propri flussi nel più efficiente dei modi e di ridurre a zero l’incidentalità, il che consentirebbe, tra l’altro, lo sviluppo di vetture più esili e leggere delle attuali, con ulteriori vantaggi per l’efficienza.

Folie 1

Cose da film di fantascienza, penserà qualcuno, ed in effetti al momento di fantascienza si tratta. Più per ragioni di standardizzazione acerba dei protocolli e di assenza di normative che per la presenza di ostacoli tecnici, però: l’equipaggiamento sensoristico in dotazione alle vetture contemporanee, in effetti, è già oggi – ovviamente con le dovute variazioni a seconda di modelli ed allestimenti – una eccellente piattaforma tecnica, in grado di assicurare al sistema vettura una panoramica completa del mondo circostante. Quello dei sensori è peraltro un comparto tecnico ancora in piena evoluzione, con tecnologie anche profondamente diverse che si confrontano sul mercato senza che si sia ancora individuata una ricetta univoca, e prospettive di affinamento ancora significative, il che non fa altro che rendere ancor più interessante il tutto. Muovere i primi passi in questo universo significa, dunque, farsi innanzitutto una cultura sulle varie “famiglie” di sensori, di cui vi proponiamo qui una stringata disamina.

A CIASCUNO IL SUO: La categoria di sensori cui siamo ormai più avvezzi è senz’altro quella degli “ultrasonici”, utilizzati da ormai molti anni nel ruolo di sensori di parcheggio e prodotti dall’industria automotive a costi ormai irrisori. La capacità di misura della distanza di questi strumenti è generalmente confinata a 2-3 metri, ma in compenso il loro costo contenuto consente, già da parecchio, di installarne intere batterie sui paraurti anteriori e posteriori, in modo da incrementare la precisione dei sistemi di rilevazione ostacoli. Ben diverso è il potenziale offerto dai sensori Lidar e Radar che, essendo in grado di individuare oggetti a distanze ben superiori, possono operare nei cruise control adattivi nonché nei sempre più diffusi sistemi di frenata automatica di emergenza. Il Lidar, acronimo di Light Detection and Ranging, altro non è che la versione “amica” del ben più noto e temuto Telelaser, e rappresenta una soluzione di ingresso, con prestazioni limitate (il range effettivo è di solito nell’ordine dei 10 metri) e dunque in grado di garantire frenate automatiche efficaci solo a basse velocità, 20-30 km/h al massimo, ma fortemente avvantaggiata dal costo contenuto che la rende ideale per le utilitarie, il cui utilizzo urbano comporta oltretutto frequenti rischi di micro-tamponamenti proprio nei range di velocità citati.

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Per la misura di distanze superiori, necessaria per i cruise control adattivi “autostradali”, il sensore Radar resta invece la soluzione privilegiata. La portata utile di un moderno radar automotive a lungo raggio, per intenderci, può superare i 250 metri, con un angolo di campo dai 30° ai 45°, il che consente alla vettura di viaggiare in sicurezza e di operare se necessario i freni con buon anticipo anche alle alte velocità autostradali, alle quali, ricordiamolo, anche distanze apparentemente elevate vengono “bruciate” in pochi istanti. Anche la funzione di frenata d’emergenza automatica, con i sensori radar, vede incrementate le sue capacità fino a velocità massime circa doppie rispetto a quelle gestibili con gli economici Lidar. Sempre sensori radar, di potenza inferiore e diversamente ottimizzati, vengono adottati in gran parte dei sistemi di sorveglianza dell’angolo cieco (Blind Spot): in questo caso le “parabole”, occultate all’interno dei passaruota posteriori, sono naturalmente rivolte di lato ed all’indietro.

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SERVIZIO IN CAMERA: Parallelamente allo sviluppo dei sensori radar è proceduta, negli ultimi dieci anni, la diffusione a tappeto dei sistemi “camera” ottici, in gran parte in chiave complementare ai radar ma con il potenziale per arrivare a sostituirli. La prima ricetta, ovvero quella di un’integrazione di radar e videocamera, è quella che va per la maggiore presso i maggiori costruttori, e non è difficile capirne il motivo: il sensore ottico, con la sua raffinata capacità di captare ed analizzare (a mezzo di specifici algoritmi) immagini complesse, consente infatti di distinguere, ad esempio, un’auto da una bicicletta o da un pedone e di ricostruire con estrema precisione la situazione frontale, consentendo di conseguenza l’adozione di strategie di contrasto più sicure e mirate man mano che il potenziale pericolo – individuato preventivamente a grande distanza a mezzo del radar – si avvicina.

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Inoltre, le videocamere possono assolvere a tutta una serie di funzioni avanzate quali il riconoscimento dei segnali stradali, il mantenimento di corsia e la funzione di spegnimento automatico degli abbaglianti, che costituiscono già oggi la base della futura guida autonoma. Su alcuni modelli, come accennato, la soluzione ottica arriva a rimpiazzare completamente le altre famiglie di sensori: il sistema Subaru Eyesight, ad esempio, affida a due telecamere frontali, in grado di sviluppare una vera e propria visione stereoscopica, le funzioni di cruise adattivo e di frenata d’emergenza, eliminando totalmente il radar, mentre altri costruttori utilizzano la sempre più diffusa telecamera posteriore ed eventualmente piccole telecamere laterali per assolvere alle funzioni di parcheggio e di “Blind Spot”. Infine una menzione d’onore la meritano le telecamere ad infrarossi, seppur confinate nei segmenti più alti del mercato e non certo d’attualità per l’automobilista comune: a fornirle sui loro modelli di punta sono infatti essenzialmente le tre maggiori case tedesche, le giapponesi Toyota e Honda e l’americana Cadillac, con una importante distinzione sulla logica di funzionamento, che può essere attiva, ovvero basata sull’emissione di una sorgente di luce infrarossa e sulla sua riflessione (migliore qualità delle immagini ma peggiore range), oppure passiva, ovvero basata sulla sola ricezione della radiazione termica propria dell’ambiente circostante (immagini più grezze ma range superiore e migliore evidenziazione delle creature viventi).

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Allo stadio attuale, ad ogni modo, mentre l’ottimizzazione di tutte le famiglie di sensori citate prosegue, il processo più importante è quello della progressiva integrazione degli stessi nel “sistema nervoso” dell’automobile, ormai resa possibile dalla diffusione a tappeto degli ESP e dei servosterzi elettrici, che consentono virtualmente all’elettronica di bordo di prendere in tutto e per tutto il controllo della vettura. Un buon esempio è il recente “Avoidance Assistant” di Audi, che una volta individuato un ostacolo è in grado, sulla base della velocità dell’auto e della presenza di altre vetture nella corsia opposta, di decidere tra la consueta frenata d’emergenza e una – più efficace soprattutto ad alte velocità – sterzata autonoma.

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AIUTO VIA SATELLITE: Infine non va dimenticato il contributo del sistema GPS, anch’esso sempre più spesso integrato nel cervello elettronico di bordo, ed il cui sfruttamento ottimizzato potrà portare a significativi incrementi di efficienza. Un buon punto di partenza è il già universalmente noto sistema Google Traffic integrato nell’applicazione Maps, che fa uso del cosiddetto “crowdsourcing”, ovvero la raccolta di dati sul traffico direttamente dai segnali GSM/GPS dei device degli utenti, successivamente elaborati e tradotti in mappe di traffico.

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L’evoluzione futura dovrà prevedere, naturalmente, in primis l’installazione per standard di un GPS di bordo, e secondariamente l’interfacciamento di quest’ultimo con gli altri sottosistemi. Evidentemente dall’elaborazione di una semplice mappa del traffico al suo utilizzo “intelligente” da parte dell’elettronica, per decidere autonomamente il percorso più efficiente o per tenere conto direttamente della posizione degli altri veicoli, il passo non è breve: si tratterà, come detto all’inizio e più di qualunque altra cosa, di arrivare a definire standard tecnici e normativi uniformi a cui tutti i costruttori si possano allineare. Una volta fatto ciò, le nostre auto saranno realmente in grado di pensare davvero con le loro teste.

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