Sempre nuove idee per le batterie. Il futuro del mondo automotive (ma non solo di quello) sarà sempre più… elettrico ed è per questo che si studiano dispositivi che siano più affidabili ed efficaci per l’immagazzinamento dell’energia.
Si può dire che nel campo della propulsione elettrica si verifichi una situazione diametralmente opposta a quella che interessa i motori a combustione interna. Questi ultimi, infatti, sono estremamente complessi mentre le loro fonti di energia (soprattutto a cominciare dalla tanti vituperata benzina) non presentano grossi problemi di immagazzinamento e non vi sono dubbi sul fatto che lo straordinario successo di questi motori si debba anche alla capillarità della rete di distribuzione del carburante. Al contrario, la propulsione elettrica è letteralmente meravigliosa per la semplicità della concezione dei suoi motori e per il funzionamento quasi del tutto privo di impatto ambientale. Meno facile, però, è la loro alimentazione perché l’energia è difficile da conservare.
Le ferrovie hanno affrontato il problema già dal 1879 (ma dopo una quarantina d’anni o più di esperimenti) e lo hanno risolto solo a patto di ricorrere ad un imponente lavoro di costruzione di infrastrutture fisse. Per l’auto le soluzioni sono svariate ma in ogni caso difficilmente possono prescindere dalla presenza di batterie che, d’altro canto, sono presenti anche sugli autoveicoli a propulsione tradizionale.
Le batterie comunemente impiegate in campo automotive sono quelle piombo-acido tradizionali ma si stanno diffondendo quelle a ioni di litio che hanno densità di carica più elevata e si scaricano, se inutilizzate, in tempi molto più lunghi; per questi aspetti sono anche migliori del tipo a nickel-cadmio, che pur ha goduto di molto favore in tempi recenti. Un’evoluzione del tipo a ioni di litio è l’accumulatore a litio-polimeri (detto Li-Poly) nel quale l’elettrolita è una sale di litio (normalmente carbonato o perclorato di litio) immerso in materiale solido polimerico (ossido di polietilene o poliacrilonitrile). Si tratta di dispositivi potenti, in grado di erogare 2.800 W/kg, dalla velocità di autoscarica uguale a quella del tipo a ioni di litio ma con una densità energetica maggiore del 20%.
Un’ulteriore evoluzione dei concetti alla base della batteria a ioni di litio è stata annunciata nel corso del 2016 da Toyota che lavora su questo tema già dal decennio scorso ed ha trovato come superare i problemi connessi all’elettrolita nelle batterie al magnesio. I nuovi risultati sono stati conseguita dal TRINA (Toyota Research Institute of North America), i cui ricercatori hanno pubblicato un “paper” nel quale si spiega come l’elettrolita a base di cloruro sia stato sostituito da un composto di boro, più stabile e senza i problemi di corrosione dei componenti metallici che si verificava in precedenza con il ricorso al magnesio.
La scelta del magnesio è avvenuta come tentativo di superare i problemi legati all’uso del litio (che, come alcuni dei metalli alcalini, è caratterizzato da un comportamento piuttosto… effervescente, in quanto instabile, tanto da richiederne l’inclusione in cilindri di grafite). I problemi del magnesio, invece, sembrano essere stati risolti, per caso, nel corso di una ricerca relativa alle pile a combustibile, quando si è scoperto che materiali impiegati nella conservazione dell’idrogeno potevano essere utilizzati anche in associazione al magnesio.
In proposito, sembra che anche Elon Musk, il “grand patron” Tesla, sia pronto a convertire la sua produzione al magnesio qualora gli aspetti promettenti siano confermati, anche se si ritiene che debba trascorrere almeno qualche anno prima che le batterie al magnesio possano essere immesse sul mercato.
La ricerca, comunque, non si arresta, e sono in corso di analisi e di sviluppo batterie con altre accoppiate di componenti, alcune delle quali sembrano presentare caratteristiche idonee anche all’impiego automotive. Si tratta di soluzioni litio-aria (con l’ossigeno come ossidante), litio-zolfo, zinco-aria, a ioni di sodio, alluminio-aria (dalla quale ci si aspetta un impiego automobilistico con una potenziale autonomia di quasi 1.800 km). Altre soluzioni sembrano essere offerte dalle nanotecnologie e dall’impiego dei grafeni, come la “grabat” (graphene battery), dalla quale ci si attende una potenziale percorrenza di 800 km, ma l’elenco potrebbe essere destinato ad allungarsi.