Ferrari e Scaglietti. E’ aperta fino al 19 gennaio 2020 la mostra che il MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile di Torino – dedica a Sergio Scaglietti, a un secolo dalla sua nascita. In mostra una selezione di vetture fatte a mano dal maestro modenese.
Che Sergio Scaglietti fosse un maestro nell’arte di creare forme tridimensionali partendo da una lastra di alluminio lo sanno tutti gli appassionati di automobilismo. Basta guardare una qualunque delle sue innumerevoli opere dinamiche per capirlo. Un po’ meno noto è senza dubbio il fatto che quest’uomo, modenese come lui, avesse un rapporto umano con Enzo Ferrari che andava ben oltre il quello tra committente e fornitore. Sentimenti nati in un’altra epoca, nella quale uno sguardo, quattro parole, a volte anche meno, e un piccolo segno d’intesa potevano creare amicizie indistruttibili. Enzo Ferrari, come ha testimoniato Oscar Scaglietti, il figlio di Sergio, nel breve ‘talk show’ che ha preceduto l’inaugurazione della mostra, alternando l’italiano al simpatico dialetto modenese, aveva la rara dote di saper ‘inquadrare’ al volo chi gli stava di fronte. E al volo discriminava, spesso senza appello, quelli ‘giusti’ dagli altri. Scaglietti passò evidentemente l’esame a pieni voti, grazie anche alla sua modestia e all’indubbio ‘feeling’ che derivava dalla stessa parlata dialettale del ‘Drake’, tanto da diventare uno dei suoi uomini di fiducia, prima ancora che fedele artigiano e artista cresciuto poi a imprenditore.
Giusto quindi ricordarlo, come ha fatto al MAUTO, con alcune preziose Ferrari che portano la sua firma sulle sinuose forme dei loro lamierati, come la 250 SWB e GTB Lusso, 275 GTB, 750 Monza. Insieme ad esse una Ermini 357 Sport e una BJC Formula Junior, oltre a documenti filmati, una toccante intervista al celebre carrozziere modenese e un’altra a Piero Ferrari, oltre a qualche oggetto che ne ricorda l’attività .
Scaglietti non era un designer, come lo intendiamo oggi, ma sapeva creare le forme in 3D in un periodo in cui non esistevano la modellazione solida né la simulazione, e il designer esprimeva i volumi solo nei bozzetti, che quando approvati erano seguiti dai disegni costruttivi bidimensionali. Scaglietti, col suo mestiere mescolato con l’arte, rendeva reali le idealizzazioni tracciate dalla matita, diventando la (umile ma fondamentale) mano nascosta del progettista, senza la quale molti dei capolavori di carrozzeria che conosciamo forse non sarebbero stati tali. Lo stesso Leonardo Fioravanti, maestro del design e imprenditore di successo, ha tracciato in modo estremamente concreto il contributo che Scaglietti ha dato ad alcune delle sue creature, come la Ferrari Dino, dando forma con le sue prodigiose mani alle idee, talvolta semplici intuizioni, trasmesse spesso solo verbalmente.
‘Fil rouge’ dell’opera di Scaglietti la ricerca estrema della funzionalità e della leggerezza, elementi complementari che quando dosati con sapienza portano sempre a risultati eccellenti anche dal punto di vista della bellezza intrinseca dell’oggetto che le racchiude. Il curatore della mostra, l’eclettico Giosué Boetto Cohen, che vola con agilità nello spazio culturale più ampio ma lascia trasparire una certa propensione per il bello che corre sulle quattro ruote, ha voluto completare l’opera con un commento musicale, così come indubbiamente musicale è il suono del martello che batte la lamiera, della cui creazione ha incaricato Marco Robino, celebre compositore contemporaneo piemontese. E’ sua la colonna sonora che accompagnerà il visitatore nel percorso della mostra.
Foto F.Daudo e ©Stefano Guidi|Getty Images