In tutto questo gran parlare di auto 100% elettriche come panacea (tutta da discutere) alle emissioni globali di CO2, c’è chi guarda al futuro con una visione diversa e per molti versi più vicina alla realtà che stiamo vivendo.
Punch Torino non è una voce solitaria fuori dal coro, poiché in questa sua crociata a favore del mantenimento in vita del motore endotermico, pur con adeguate evoluzioni nel sistema di alimentazione per poter utilizzare combustibili ‘green’, è affiancata da altre aziende che ancora credono che un secolo di esperienza e affinamento dei motori a ciclo Otto e Diesel non possa essere messa da parte ma vada ulteriormente messa a profitto.
Non solo. Il mondo industriale e il tessuto sociale, inteso come indotto che fa capo all’aftermarket e a tutto ciò che è riparazione e manutenzione, che ruota attorno a motori e trasmissioni ‘tradizionali’ ha tempi di riconversione che fanno a pugni con quelli cadenzati dai burocrati governati dalla politica che oggi pare abbiano un solo obiettivo: gettare alle ortiche le automobili in quanto tali.
Un piano strategico per la mobilità
Per spiegare il suo posizionamento nel contesto evolutivo dell’auto e in generale dei mezzi di trasporto e per comunicare, a un anno e mezzo dall’acquisizione da parte del Gruppo Punch del centro di engineering ex General Motors di Torino, il futuro di questa vera eccellenza tecnologica italiana, Punch Torino ha organizzato un ‘Technology Day’ a cui ha invitato stampa, autorità locali, partner e stakeholder. Un’intensa giornata in cui è emersa chiara la posizione dell’azienda torinese, che ha presentato per voce del suo CEO Pierpaolo Antonioli la ‘versione di Punch’ su transizione energetica, decarbonizzazione e mobilità.
Una strategia presentata in maniera ben strutturata e fortemente motivata, affiancata da una visita alla struttura tecnica di R&D che la supporta con prototipi in avanzato stadio di sviluppo. Non solo parole ma anche fatti, quindi, per sottolineare quanto Punch Group creda nella struttura tecnica torinese e come questa sia pronta a rispondere a quegli investitori che vorranno darle fiducia e si convinceranno a investire su questo progetto.
I capisaldi di Punch Torino
Abbiamo parlato di transizione energetica e decarbonizzazione, ma la visone di Punch Torino si allarga alla mobilità sostenibile, all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e, per restare su un tema più palpabile, alla conversione dei motori endotermici alimentati a combustibili fossili in propulsori a idrogeno.
Nel presentare il programma della sua azienda Antonioli è stato chiaro: “La transizione ecologica o energetica deve essere affrontata a tutto tondo e deve tenere indubbiamente conto degli effetti sul clima ma anche e soprattutto degli effetti che questa transizione, se non gestita in maniera opportuna, può avere sull’economia e sullo stato sociale, che significa, in pratica, preservare i posti di lavoro”.
Una posizione ampiamente condivisibile e che, al di là del ‘tifo’ che a volte traspare dalle fazioni favorevoli all’una o all’altra tecnologia, è giusto abbia la visibilità che merita, senza alcun pregiudizio.
Punch Torino guarda non solo al mondo dei trasporti
L’auto è indubbiamente la testa di ponte utilizzata per mandare il messaggio di trasformazione a un’amplissima platea di persone.
E’ infatti partendo da questo oggetto di uso quotidiano che la gente dovrà metabolizzare una transizione che coinvolgerà tutti gli aspetti della loro vita.
Punch Torino sta portando il suo credo tecnologico a tutti i mezzi di trasporto, all’industria, ai generatori e anche alle barche, con la presentazione proprio al ‘Technology Day’ di uno yacht spinto da un V6 alimentato a idrogeno.
Punch Hydrocell
Nel 2021, proprio per supportare l’attività nel settore energetico, è stato creato il primo spin-off torinese focalizzato al 100% sull’idrogeno, Punch Hydrocells.
Ma questa è ovviamente solo una e la più futuribile delle aree in cui opera Punch Torino, tra cui citiamo trasmissioni, motori, sviluppo di e-Drive e e-Axle (nell’ambito dei quali è nata una JV con Marelli), l’elettronica, i KERS e le soluzioni di micromobilità.
Significativo anche il sito in cui opera Punch Torino, ovvero l’area del Politecnico di Torino nella quale è superfluo citare quali opportunità di collaborazione e di ‘travaso’ di cervelli possano materializzarsi ogni giorno.
Per dare alcune cifre significative dell’attività della Punch Torino, negli ultimi 15 anni ha generato 11 famiglie di motori prodotti in quasi 12 milioni di unità, oltre ai 12 milioni di trasmissioni a livello globale fabbricate da Punch Group.
Oltre a questo, tutte le centraline elettroniche applicate ai motori diesel GM utilizzate nel mondo dal brand Opel sono Punch.
L’European Green Deal
Pierpaolo Antonioli ha ricordato come questo accordo sia di fatto globale e richieda a tutti gli Stati una riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera.
E’ noto come i target indicati per il 2030 e il 2050 siano tecnicamente estremamente difficili da raggiungere e come nell’ambito delle emissioni attribuibili ai mezzi di trasporto, che sono il 24% del totale, solo il 40% sia attribuibile alle auto.
Il resto è fatto da navi, treni, aerei, trasporto pubblico e commerciale.
“Le soluzioni che oggi il legislatore sta imponendo possono funzionare bene per alcuni veicoli ma non possono essere applicate a tappeto su tutti”, ha ribadito Antonioli. “Nel momento in cui si va a distruggere la supply chain dell’auto imponendo ad esempio solo il 100% elettrico, si va a uccidere una grande fetta di aziende specializzate, ad esempio, nei componenti per motori endotermici. La soluzione proposta da Punch mira a non distruggere l’economia e l’occupazione del settore e unisce più soluzioni”.
Dal 2013 a oggi diesel e benzina hanno rappresentato il 90% delle motorizzazioni: immaginare che in tempi così brevi si possa effettuare una conversione all’elettrico è utopistico.
In proiezione 2030 si arriverà al 35% delle vetture convertite all’elettrico, dunque è indispensabile adottare soluzioni intermedie tra le quali possiamo citare l’utilizzo di idrogeno o biocarburanti sui motori endotermici.
Qual è il valore di un ICE?
Partendo dal presupposto che un powertrain ICE (Internal Combustion Engine) è composto da circa 1000 componenti e un powertrain per un BEV (Battery Electric Vehicle) solo da qualche centinaio, per trasformare un veicolo tradizionale in uno elettrico si devono togliere il motore ICE (-18% del suo valore), la trasmissione (-9%) e altri accessori (-4%) per un totale del 31%.
Si devono poi aggiungere il motore elettrico (+4% del valore), l’elettronica di controllo (+6%) e la batteria (+51%).
In pratica un BEV ha un valore finale che è circa il 30% superiore a quella ICE. Dal punto di vista industriale, le aziende che forniscono il migliaio di componenti di un ICE sono sostanzialmente europee (e molte di esse sono italiane), poiché è qui che il motore è nato e si è evoluto in oltre un secolo di storia.
Oggi i componenti di un powertrain elettrico provengono dall’area asiatica o, in generale, da fuori Europa.
In termini di ore per la fabbricazione, invece, i tempi sono pressoché equivalenti: questo significa che nel nostro Continente manterremo solo la forza lavoro necessaria all’assemblaggio del veicolo, lasciando ai Paesi che operano al di fuori della nostra sfera economica tutto il montaggio di batterie, motori ed elettronica.
”Questo non significa che Punch sia contro l’auto elettrica, anzi pensiamo che questa sia fondamentale per indirizzare la decarbonizzazione, ma ritiene che non sia l’unica soluzione”, aggiunge Antonioli, che punta poi il dito sul valore che l’industria automobilistica ha nell’economia generale dell’Unione Europea.
“Oggi in Europa sono impiegate oltre 14 milioni di persone e nell’R&D legato all’automotive si investono circa 61 miliardi di euro”.
“Un’enormità se si pensa che il farmaceutico, secondo in classifica, investe circa la metà”.
“Proteggere il settore dell’automotive e in generale dei trasporti vuol dire proteggere una delle fonti più importanti di investimento in Europa e in Italia, dove l’automotive copre il 6,8% del PIL”.
La strategia Punch Torino
“Riconvertire quello che c’è e riutilizzare quello che abbiamo”, queste le chiare parole con cui Antonioli annuncia la strategia Punch. “Si deve ovviamente puntare all’utilizzo di fonti di energia alternative perché sono quelle che realmente ci consentono di attuare la decarbonizzazione, ma queste vanno applicate a soluzioni utilizzabili realmente”.
“Oggi è improponibile impiegare tonnellate di batterie su un truck o una nave, e ancor meno passare ore e ore per ricaricarle”.
“Punch è convinta che la creazione di un ecosistema che si basi sull’idrogeno sia uno degli elementi complementari alle soluzioni elettriche a batteria”.
“Ciò che noi cerchiamo di comunicare ai legislatori e alle istituzioni è la loro neutralità rispetto alla tecnologia da adottare”.
“Benissimo dare dei target come le ‘zero emissioni’ nel 2050, ma senza indicare quale debba essere la tecnologia”.
“Questa deve essere scelta in accordo coi Costruttori che hanno già fatto degli investimenti e vogliono utilizzare quanto già sviluppato e, parallelamente, riconvertirsi sviluppandone di nuove”.
“Bloccare i motori endotermici quando invece possono non emettere CO2 bruciando idrogeno è un controsenso”.
Detto questo, la strategia del Punch Group nel medio termine si focalizza su tre pilastri fondamentali:
• continuo sviluppo dei motore tradizionali e relative trasmissioni ed elettronica di controllo affiancate all’utilizzo di carburanti sintetici e dell’idrogeno prodotto con energie rinnovabili (di cui Punch ha già attivo un impianto pilota di generazione e stoccaggio installato nell’area del Politecnico)
• ibridizzazione nelle sue varie declinazioni (ne sono un esempio l’e-Axle sviluppato con Marelli e i motori elettrici coi relativi controller in fase finale di sviluppo)
• utilizzo di fuel cell a idrogeno abbinate a motori elettrici, ideale per veicoli commerciali, autobus e truck e anche per certe tipologie di SUV e pick-up da lavoro.
Nel 2030 è previsto che siano prodotte ancora 80 milioni di veicoli con motore a combustione.
L’Europa non può uscire da questo business, pena il crollo di un castello industriale costruito in un secolo di storia a favore della delocalizzazione anche di questo business.
Punch è in prima linea per far si che questo non succeda.