Peugeot 3008 MY2010: fuori dagli schemi. Il nuovo crossover del leone rampante è degno di interesse sotto molti aspetti. Eccellente connubio di versatilità, comfort e piacere di guida, il 3008 è anche destinato a divenire il primo veicolo ibrido della casa francese.
Mai il mercato dell’auto era stato difficile come in questi ultimi anni: il panorama europeo è saturo di offerte in tutti i segmenti, e non è una novità che ci siano troppi costruttori e troppa capacità produttiva per quelle che sono le effettive richieste del pubblico. Da anni ormai gli analisti vanno dicendo che qualcuno dei protagonisti europei dovrà necessariamente scomparire, e la crisi economica che ci attanaglia oggigiorno è solo l’ultimo capitolo di questa brutta storia. In siffatto clima temporalesco la strategia di coloro che possono permetterselo è univoca: investire, investire e ancora investire, sperando, per usare una metafora in tema, di uscire dalla curva più velocemente degli altri. E non solo in motori e telai più moderni o in evoluzioni dei modelli attuali, ma anche e soprattutto in linee prodotto completamente nuove, ibridazioni dei generi tradizionali che vadano a creare nuovi segmenti, soddisfando domande della clientela finora rimaste inascoltate. E se i tedeschi, dall’alto della loro immagine “premium”, si permettono di rischiare il loro prestigio con prodotti anticonvenzionali come X6, Classe R e le varie Audi Sportback, anche in Francia non si dorme. E’ anzi sintomatico del periodo che sia il marchio Peugeot, da sempre simbolo di dinamismo e piacere di guida ma mai, in passato, innovatore quanto i connazionali Citroën e Renault, a lanciarsi in un così forte allargamento della propria gamma. Prendiamo ad esempio il segmento C, che in Europa è il più significativo: molti sono i costruttori che possono vantare buone proposte in questa categoria, ma pochissimi hanno un’offerta variegata quanto l’attuale della Casa del Leone, che offre la 308 nelle sue tre classiche declinazioni di carrozzeria nonché nella variante coupè-cabriolet, il recentissimo monovolume 5008, la coupé RCZ che entrerà in produzione nei prossimi mesi e, per l’appunto, l’insolito 3008. E’ di questo ultimo veicolo che andremo ad occuparci, essendo un prototipo ideale del “nuovo modo” di pensare l’automobile.
UN PUNTO D’INCONTRO
L’abbiamo definito “insolito”, il che a qualcuno potrebbe anche sembrare un insulto. In realtà è semplicemente la prima cosa che si pensa quando lo si guarda: alto e massiccio come un SUV sulle sue gomme a spalla alta dedite all’off-road, sfoggia però un cofano corto e raccordato e una linea arrotondata come quella delle monovolume. Il tutto, peraltro, con dimensioni né da SUV né da monovolume, bensì da berlina compatta: con i suoi 4,36 metri di lunghezza, il 3008 è poco più lungo della 308. Insomma, cosa vuole essere? E perché Peugeot l’ha realizzato in questo strano modo? I suoi creatori hanno la risposta pronta: esiste, in Europa, una folta schiera di utenti che, pur affascinata dagli imponenti SUV di prestigio e dalla loro versatilità e posizione di guida dominante, non può o non vuole sobbarcarsene i difetti come consumi, costi di gestione ed ingombri, e soprattutto respinge la loro immagine sempre più “politically uncorrect”. Queste persone desiderano una vettura di categoria media, ma che sia diversa dalle altre, imponente, spaziosa e versatile come solo SUV e monovolume possono essere, ed è con in mente questo concetto che Peugeot ha realizzato il 3008. “Crossover”, ossia contaminazione di più generi, è la definizione esatta di un veicolo simile, ed è così che Peugeot lo presenta al mercato.
MECCANICA: BASI SOLIDE
Tenendo conto delle suddette premesse, e della necessità di intercettare una clientela proveniente dalle berline tradizionali, si capisce che il 3008 non poteva configurarsi come un fuoristrada duro e puro, in quanto la guidabilità doveva rimanere di tipo “automobilistico”. Per questo, nonché ovviamente per una valutazione sui costi, si è scelto di utilizzare la ben nota “piattaforma 2” del gruppo, quella su cui si fonda già la famiglia 308 e, in effetti, tutto il più recente segmento C Peugeot-Citroën. Nel caso della 3008, volendo realizzare un prodotto compatto, si è scelta la variante di passo più corta di 261 cm. Il pianale è di recente progettazione e consente buone prestazioni globali sia dal punto di vista della sicurezza che da quello dell’handling. La struttura è in grado di incanalare dal muso verso la coda i flussi di energia dovuti ad un impatto frontale attraverso le ormai canoniche tre linee di carico: in basso, la resistenza alla deformazione opposta dai longheroni viene sfruttata mediante l’adozione di due prolunghe aggiuntive poste sulla culla, mentre in alto i rinforzi presenti nei passaruota anteriori consentono al frontale di resistere al meglio anche in un malaugurato impatto contro il rimorchio di un TIR (in cui le linee “basse” sarebbero impossibilitate a lavorare). Inoltre, pensando anche ad impatti meno catastrofici ma comunque devastanti per il…portafoglio, i tecnici Peugeot hanno adottato, tra traversa anteriore e longheroni, degli innovativi elementi di assorbimento denominati “Bogé”.
Questi, composti ciascuno da un elemento tubolare passante in due assorbitori a tronco di cono, fungono da componenti “sacrificali” in caso di impatto frontale a velocità medio-bassa, deformandosi in maniera costante, calcolata e progressiva senza ritrasmettere energia (e danni) alla scocca vera e propria. Si hanno vantaggi non solo nel minor costo di riparazione (perché, almeno fino ad una determinata velocità di impatto, i Bogé incassano tutto il colpo evitando che la scocca venga danneggiata) ma anche in termini di lunghezza dello sbalzo anteriore: la reazione continua e regolare opposta dai Bogé alla deformazione, infatti, consente di avere una decelerazione media più costante ed esente da picchi, il che si traduce, a parità di corsa di deformazione e di decelerazione massima (imposta dai limiti del fisico umano), in una maggiore energia assorbita…oppure, che è il caso voluto dai progettisti per la 3008, nella possibilità di ridurre la corsa di deformazione e dunque lo sbalzo anteriore. Non si tratta di un traguardo da poco, dal momento che moltissimi modelli moderni (e, per dirla tutta, anche alcune Peugeot) sono afflitti da sbalzi anteriori grottescamente lunghi dovuti proprio alla necessità di sostenere gli attuali crash test. Per quanto riguarda il resto della scocca, si è fatto il possibile per ottenere buoni valori di rigidità senza aumentare troppo il peso. Il risultato finale è una rigidezza alla torsione di circa 20.500 Nm/°, risultato più che onesto per una segmento C di oggi, mentre sul fronte del contenimento delle masse si è fatto ricorso in più parti della scocca ad acciai altoresistenziali ad alto ed altissimo limite elastico, per un totale del 12,5% della massa complessiva.
Sempre in questo senso, si è scelto di realizzare il cofano motore in alluminio, mentre per i parafanghi anteriori si è ripresa la realizzazione in plastica già vista fin dalla 307. In ultimo, la saldatura laser dei contorni delle porte e della cornice del portellone ha consentito, rispetto ad una tradizionale saldatura a punti, di incrementare la rigidezza complessiva della scocca riducendo la superficie delle relative battute e, conseguentemente, risparmiando circa 5 kg di materiale. Passando poi al comparto sospensivo gli schemi sono tipici di questa classe di vetture: l’avantreno è un comune Mac Pherson, mentre al posteriore si trova un ponte torcente a ruote interconnesse, soluzioni semplici e affidabili a cui si affida buona parte del segmento C “generalista”. Nel complesso, comunque, si trattava di una base di partenza eccellente, e tuttavia ciò non bastava a risolvere tutti i problemi degli ingegneri del Leone: restava infatti apertissimo il dibattito su come conciliare la buona guidabilità di una berlina con le capacità off-road di un SUV. Il nocciolo del rebus era che un veicolo più o meno dedicato all’uso off-road, fuoristrada o SUV che dir si voglia, deve tradizionalmente poter contare sulla trazione integrale per garantirsi una mobilità sufficiente anche sui fondi più avversi all’aderenza. Inoltre, è anche necessaria una geometria delle sospensioni tale da fornire alle ruote una buona escursione massima, così da poter sempre mantenere il contatto col terreno, anche nei passaggi più difficili.
Tutto ciò, malauguratamente, è il contrario del patrimonio di una buona vettura stradale: la trazione integrale, su asfalto asciutto, rappresenta soprattutto un attrito e un peso inutile (potrebbe servire se ci fossero centinaia di cavalli da scaricare a terra, ma non è questo il caso), mentre le sospensioni, la cui escursione massima è sempre di molto inferiore a quella di un fuoristrada, devono essere rigide e frenate per assicurare una tenuta di strada ed una stabilità impeccabili ad alta velocità. Vediamo come in Peugeot si è cercato di far quadrare il cerchio.
GRIP CONTROL
Diciamo subito che si è rinunciato completamente all’implementazione di una trazione integrale convenzionale con annessi albero di trasmissione e differenziali. Molte le ragioni, e tutte abbastanza condivisibili. Innanzitutto, la derivazione dalla piattaforma 2 non rendeva facile la trasformazione ad integrale: si sarebbero rese necessarie profonde modifiche al retrotreno, tra le altre cose. Inoltre, si è osservato che la clientela-modello del 3008, per l’appunto ex guidatori di berline, non è granché interessata alla presenza di questa soluzione tecnica, se è vero che le avversarie d’elezione, Nissan Qashqai e Ford Kuga, vengono vendute per la stragrande maggioranza nelle versioni 2WD, nonostante la disponibilità della trazione integrale come optional. In ultimo, il peso e il calo di rendimento della trasmissione insiti nella meccanica di una trazione integrale andavano contro gli obiettivi di efficienza e di ecologia che Peugeot si era posta. Scartata dunque la soluzione classica, i tecnici francesi hanno fatto il possibile per ottimizzare la resa della semplice trazione anteriore, rendendo disponibile come optional il cosiddetto “Grip Control”. Trattasi di una profonda evoluzione del tradizionale controllo di trazione e stabilità, gestito dal guidatore tramite una manopola posta sul tunnel centrale, dietro alla leva del cambio.
Il “Grip Control” consente di scegliere tra cinque differenti programmi di funzionamento dell’ASR, e mentre nella prima modalità si ha il classico funzionamento “stradale”, la seconda, la terza e la quarta sono dedicate ad altrettanti tipi di fondo a bassa aderenza: neve, fango e sabbia. A seconda della modalità inserita il pattinamento viene più o meno consentito fino ad una determinata velocità, per facilitare lo spunto da fermo su fondi a bassa aderenza e consistenza, mentre nelle modalità “fango” e “sabbia” i freni, comandati dall’elettronica, possono simulare la presenza di un blocco del differenziale, arrestando il pattinamento a vuoto di una ruota e trasferendo così la coppia sul pneumatico in presa. Il tutto, offerto da Peugeot in combinazione con i quattro pneumatici Michelin Latitude 215/60 R16 di tipo “M+S”, consente di ottenere, se non vere e proprie performance fuoristradistiche, quantomeno una valida motricità in condizioni di terreno difficili, senz’altro superiore a quella di una vettura tradizionale. Vettura tradizionale di cui il 3008 conserva non solo l’efficienza energetica, ma anche buona parte dell’ handling, grazie al sistema di controllo del rollio chiamato Dynamic Rolling Control, montato di serie sulle versioni benzina e diesel più prestazionali.
UN FRENO AL ROLLIO
Dare un buon comportamento stradale ad un’automobile, oggigiorno, non è semplice come si potrebbe pensare: le masse sono molto elevate, come pure l’altezza media del baricentro, per cui i progettisti sono chiamati a mettere in campo tutta la loro abilità nel disegno e nella messa a punto delle sospensioni. Per un veicolo a baricentro particolarmente alto come il 3008 questi problemi assumevano rilevanza ancora maggiore, tanto da rendere una vera sfida la voce del capitolato che recitava “piacere di guida degno del marchio Peugeot”. La risposta degli ingegneri francesi è stata appunto il DRC (Dynamic Rolling Control), in pratica un sistema di variazione dello smorzamento degli ammortizzatori posteriori, realizzato tramite un terzo modulo idraulico centrale che può o meno venire collegato ai due normali ammortizzatori posteriori. In questo modo il retrotreno del 3008 può disporre di una frenatura estremamente rigida in curva e nei rapidi cambi di direzione, ammorbidendosi poi notevolmente in rettilineo, quando viene “abilitato” il terzo elemento ammortizzante. Il risultato è una vettura che, quasi incredibilmente vista l’altezza, riesce davvero a sfoggiare un comportamento stradale degno di una berlina: chiaro che non si tratta dell’auto giusta per praticare una vera e propria guida sportiva (al limite, massa e altezza non possono che emergere) ma in condizioni di guida “veloce” non troppo impegnata il 3008 dissimula molto bene la sua natura, soprattutto se equipaggiato con i pneumatici 225/50 R17 o 235/45 R18 in luogo dei più “pacifici” M+S. A far sentire il conducente a bordo di un veicolo diverso dagli altri contribuisce, poi, l’intera impostazione dell’abitacolo.
SOLUZIONI MODERNE
Sin qui abbiamo parlato solo di meccanica, perché essa rappresenta l’anima e la chiave di qualsiasi automobile, ma fermarsi ad essa sarebbe limitante: alcune delle soluzioni più interessanti ed esotiche del 3008, infatti, si trovano esaminando l’abitacolo. La prima è immediatamente evidente quando ci si assesta sul sedile del guidatore. Infatti la postura, ben lungi dall’essere piuttosto “seduta” e verticale come quella di un classico SUV, è assolutamente paragonabile con quella della 308, rispetto alla quale risulta solamente “traslata” verso l’alto. Ciò significa che nonostante l’innalzamento complessivo della seduta di oltre dieci centimetri, l’angolazione del volante non è cambiata, e questo grazie ad un piantone sterzo specifico con tre giunti cardanici in luogo dei classici due. La plancia, poi, è la stessa utilizzata sul “fratello maggiore”, il monovolume 5008, e sfoggia materiali e finiture all’altezza dei migliori prodotti tedeschi di pari segmento: sotto questo aspetto ormai la Casa del Leone non ha nulla da imparare da nessuno. Particolarmente evoluta l’elettronica di bordo, che conta su soluzioni rare in questa categoria quali l’Head Up Display e il radar di prossimità (qui denominato Distance Alert). Il primo, come qualsiasi appassionato di aeronautica sa bene visto che lo si trova da decenni su qualsiasi velivolo da combattimento, consiste in un piccolo schermo in policarbonato posto tra plancia e parabrezza, proprio davanti agli occhi del guidatore. Su di esso vengono proiettate informazioni chiave quali la velocità, la taratura del cruise control e vari tipi di allarmi. Non si tratta, beninteso, di una soluzione nuova nel mondo dell’automobile, essendosi vista già una decina d’anni fa sulla Chevrolet Corvette e, in seguito, su vari modelli di prestigio. Tuttavia, nel segmento C le applicazioni sono ancora pochissime: oltre alla 3008 e al gemello 5008, solo la Toyota Prius ne dispone. La sua utilità è notevole, una volta che ci si fa l’abitudine: non è più necessario spostare gli occhi dalla strada per guardare la strumentazione, con ovvi vantaggi per la sicurezza di marcia.
Altrettanto interessante è il “Distance Alert”, che si pone come obiettivo il rispetto della distanza di sicurezza. Esso è in grado di valutare lo scarto dal veicolo che precede tramite il radar frontale, e di visualizzarne sullo H.U.D la misura, espressa in secondi. Al primo impatto molti potranno sottovalutare l’utilità di questo dispositivo, ma a torto, perché anche solo osservandolo in azione è possibile imparare moltissimo. Per esempio, ci si può rendere conto che a 130 km/h, l’automobile che ci precede con un margine apparentemente più che sicuro si trova in realtà a solo due secondi di distanza, esattamente come se, in città, gli fossimo incollati al paraurti! E dunque che quella distanza che all’occhio sembra assolutamente sicura, tanto sicura non è affatto. Altre soluzioni curiose proposte dai tecnici francesi riguardano il bagagliaio (da 512 litri) con piano di carico posizionabile su tre altezze diverse e con portellone posteriore dotato di ribaltina, e la eccezionale disponibilità di vani portaoggetti dell’abitacolo, fino ad un totale di ben cinquanta litri di volume utile. Enorme, in particolare, il vano posto sotto il bracciolo del guidatore, che offre 13,5 litri. Nel corso delle nostre prove abbiamo avuto modo di guidare il 3008 per lungo tempo e in tutte le condizioni di uso quotidiano, e il crossover francese ha sempre saputo dimostrarci un’ottima versatilità di utilizzo sia in termini di comfort di guida e di praticità dei comandi che di capacità di carico. Unico punto debole si è rivelata essere l’abitabilità posteriore, molto simile a quella della 308 (ovvio, visto che piattaforma e passo sono gli stessi) e oggettivamente un po’ sacrificata, soprattutto per coloro che, vedendo il 3008 dall’esterno, si aspettassero spazi interni da “grande” SUV. Ma anche questo, esattamente come sulla 308 e su moltissime segmento B, C e D moderne, è un tributo pagato alla sicurezza passiva: se vi verrà da chiedervi dove siano stati nascosti tutti quei centimetri, ricordate sempre che essi non sono scomparsi nel nulla, e rappresentano la vostra assicurazione sulla vita. Concludiamo l’analisi rituffandoci nella meccanica pura, per valutare la gamma delle motorizzazioni e le future, interessantissime evoluzioni di questo modello.
MOTORI EVOLUTI
Sotto il cofano ritroviamo una serie di vecchie conoscenze, e con piacere visto che tutte quante si sono guadagnate rispetto e buona reputazione nell’arco degli ultimi anni. Sul fronte benzina non ci sono sorprese particolari: i motori sono i due 1.6 litri, aspirato e turbocompresso, presentati ormai cinque anni fa e realizzati in joint-venture con BMW, la quale li utilizza sulle Mini Cooper e Cooper S. Entrambi, all’epoca del loro lancio, fissarono un punto di riferimento nella loro classe per la tecnologia applicata a basamento, distribuzione ed accessori. La struttura fondamentale, comune, conta su un basamento in alluminio con struttura bedplate, che nel caso del turbo incorpora rinforzi in acciaio sinterizzato per aumentarne la rigidità. Notevole anche lo sforzo per ridurre al minimo le masse alterne del manovellismo: le bielle sono di tipo “fratturato” (tecnologia ormai di casa in BMW), mentre l’albero motore si snellisce man mano che ci si allontana dal volano, per ottimizzarne peso ed equilibratura. Altra soluzione raffinata comune ad entrambe le unità è la pompa olio a portata variabile, che richiede al motore il massimo assorbimento di potenza solo quando ciò è realmente necessario. Dove poi i due motori risultano profondamente differenti, naturalmente, è nelle testate. L’aspirato, che ovviamente è il meno potente dei due, compensa la mancanza del turbocompressore con una delle distribuzioni più raffinate della categoria: due variatori di fase continui azionati dalla pressione olio, integrati dal variatore d’alzata continuo VALVETRONIC attuato elettricamente da un motorino passo-passo.
Grazie alla combinazione di questi dispositivi, l’elettronica riesce a comandare il motore con le sole valvole, senza dover chiamare in gioco la valvola a farfalla con le sue nocive perdite di pompaggio. I risultati sono una potenza rispettabile (120 CV) e soprattutto una coppia specifica molto buona di 100 Nm/litro (160 Nm complessivi), valori notevoli se rapportati al consumo medio che questa unità riesce ad ottenere, oltretutto su una vettura decisamente pesante: soli 7,1 l/100 km. La versione turbocompressa naturalmente è un’altra storia: erogante 156 CV e 240 Nm (sin da 1.400 giri/min), il 1.6 THP (Turbo High Pressure) rinuncia al VALVETRONIC e alla fasatura variabile sullo scarico, ma sfoggia un’iniezione diretta di benzina a 120 bar e soprattutto un turbocompressore twin-scroll in grado di fare realmente confondere questa unità con un aspirato da tre litri di cilindrata. Lo schema twin-scroll prevede una separazione dei flussi di gas combusti (cilindri 1-4 e cilindri 2-3) incanalati in una turbina a doppia chiocciola: in questo modo si riduce l’energia dissipata per effetti turbolenti dai gas di scarico, aumentandone la capacità di spingere la girante ai bassi regimi senza dover sacrificare il dimensionamento della turbina per gli alti. Il risultato è immediatamente evidente alla guida: non sono molti i motori turbo in grado di spingere con veemenza e continuità da 1.000 giri/min fino a quasi 7.000 giri/min, e il THP è uno di questi. Lo 0-100 km/h in 8.9 secondi è testimonianza delle prestazioni brillanti, ma non dice ancora nulla sull’elasticità e sulla bontà di erogazione di questo propulsore. Passando alle unità a gasolio, peraltro le più interessanti per la clientela (almeno nel nostro paese), troviamo alla base della gamma l’ormai celeberrimo 1.6 HDi da 110 CV.
Motore di immenso successo equipaggiante ormai moltissime autovetture (Ford, Peugeot, Citroën, Mini…), il diesel di media cilindrata francese viene qui omologato Euro 5 e provvisto di serie di filtro anti-particolato FAP. Peugeot prevede che questa sarà la motorizzazione più venduta nel nostro paese, e a ragione se si guarda ai 5,1 l/100 km dichiarati. E’ evidente che le prestazioni, su questa versione, non sono più prioritarie, ma ad ogni modo lo 0-100 in 12,2 secondi non è da disprezzare più di tanto visto il tipo di vettura che non nasce certo per il “drag racing”. Questo propulsore è anche ordinabile con cambio automatico, di tipo robotizzato a sei marce: la morbidezza di azionamento non è ancora quella di un automatico tradizionale, ma i consumi ringraziano, migliorando addirittura i risultati della versione manuale. In cima alla gamma diesel, infine, troviamo il diesel due litri DW10D da 150 CV. Evoluzione del diffuso propulsore da 136 CV montato anche da Ford e da Mazda, in questa nuova incarnazione è stato completamente rivisitato sia nelle geometrie delle camere di combustione e dei condotti di aspirazione che nella fasatura delle camme e nella messa a punto dell’iniezione. Il risultato è un motore più elastico e denso di coppia, anch’esso Euro 5 ed equipaggiato di FAP. Inoltre per chi volesse il massimo dalla 3008, è possibile anche ordinare una versione speciale equipaggiata con cambio automatico a sei marce la cui potenza arriva addirittura a 163 CV.
INTEGRALE CON SORPRESA
Nel complesso, un quadro motoristico moderno e raffinato, dunque. E, per il momento, questo è tutto. Ma attenzione: la novità più succulenta è un’altra, ancora in cantiere, e arriverà solo tra un paio d’anni nelle concessionarie, quando Peugeot lancerà sul mercato il sistema HYbrid 4 che farà del 3008 una delle primissime ibride di produzione europea, nonché uno dei primi esempi al mondo di ibrido diesel-elettrico. Questa accoppiata finora non è mai stata tentata, non per ragioni tecniche ma semplicemente perché i principali paladini dell’ibrido fino ad oggi, cioè i giapponesi, non hanno mai avuto (per una questione di normative sulle emissioni domestiche) grande interesse nello sviluppo di motori a gasolio. Eppure il superiore rendimento del diesel in accoppiata all’aiuto dell’elettrico può potenzialmente garantire grandi risultati. L’idea dei tecnici francesi, per la verità non del tutto inedita (si veda il SUV Lexus RX) è stata semplice e geniale: accoppiare alle ruote posteriori un motore elettrico da 37 CV, che unito al già citato due litri turbodiesel da 163 CV, fosse in grado in un sol colpo di migliorare le prestazioni (200 CV totali), ridurre il consumo di gasolio (solo 4,1 l/100 km, contro i 4,9 del modello di partenza) e, dulcis in fundo, dare al 3008 quella trazione integrale di cui un SUV, in fondo, pur sempre necessita per potersi davvero definire tale. Una trazione integrale in grado di fornire coppia in abbondanza all’asse posteriore e libera dai difetti delle sue antenate “convenzionali”, priva di albero di trasmissione, priva di attriti parassiti, compatta e senza ripercussioni sui consumi, insomma un’ideale ciliegina sulla torta per uno dei prodotti più anticonvenzionali dell’ultimo anno.