
Particolato (PM10): cos’è, quando si genera e come si contrasta? – Un inquinante pericoloso sicuramente non facile da trattare che ha iniziato a interessare anche i moderni motori benzina a iniezione diretta.
Le emissioni inquinanti, le strategie per abbatterle o eliminarle, i cicli di omologazione e le normative anti-inquinamento sono tematiche al giorno d’oggi quanto mai attuali. Sia i recenti scandali sulle emissioni, sia la messa al bando delle vetture a gasolio da parte di alcune città europee che l’abbandono da parte di alcune Case costruttrici dello sviluppo di nuove motorizzazioni a gasolio a causa degli ingenti investimenti che le stesse Case dovranno affrontare per poter rispettare le sempre più stringenti normative, hanno portato questi delicati argomenti sulla bocca di tutti rendendoli di dominio pubblico.
Se da un lato le unità a gasolio si sono sempre dimostrate delle motorizzazioni parche nei consumi e quindi capaci di emettere minori quantitativi di CO2 rispetto alle unità alimentate a benzina, dall’altro lato hanno sempre dovuto fare i conti con altri due inquinanti altrettanto importanti e pericolosi. Stiamo parlando del Particolato o PM10 e degli Ossidi d’Azoto o NOx che, seppur sempre più contrastati e combattuti dai moderni sistemi di post trattamento dei gas di scarico, sono purtroppo le principali cause dell’elevato accanimento odierno da parte delle istituzioni nei confronti di queste motorizzazioni alimentate con un combustibile di minore nobiltà.
In questa prima trattazione andremo ad analizzare il Particolato (PM10) per capire nello specifico di cosa si tratta, quando si genera all’interno del motore e quali sono le attuali strategia per contrastarlo o eliminarlo.
Cosa è il Particolato PM10 e quando si genera
Il Particolato è una sostanza composta da particelle carboniose che hanno assorbito composti organici ad alta massa molecolare. Tali particelle si formano all’interno del cilindro durante il processo di combustione. Volendo essere più precisi, si formano nelle zone centrali del getto di combustibile dove, a causa dei bassi valori di ossigeno, la combustione procede con fiamme diffusive e parte del combustibile si ossida solo parzialmente.
Nello specifico, durante la combustione il Particolato è favorito: dalla massa di combustibile non mescolato all’aria e dal suo rapporto di equivalenza, dalle tempistiche di miscelazione del combustibile con l’aria e dalla temperatura alla quale avviene la combustione. Infatti, l’ossidazione delle particelle di particolato è influenzata: dal valore di temperatura raggiunto dai gas combusti, dal quantitativo di ossigeno disponibile e dal tempo a disposizione per il completamento delle reazioni di ossidazione.
Inoltre, il motore diesel è un propulsore che per sua natura lavora in eccesso d’aria cioè con miscele povere e con elevati rapporti di compressione. Viste queste caratteristiche agli elevati carichi il motore diesel lavora con un rapporto ideale e con una miscela ricca generando allo scarico eccessiva fumosità, tanti idrocarburi incombusti (HC) e tanto particolato (PM10) mentre ai carichi parziali, ricchi di aria e ad alta temperatura, genera molti NOx.
Come si contrasta il Particolato PM10
Per contrastare l’emissione di tali particelle vengono normalmente istallati dei sistemi di post trattamento denominati appunto filtri antiparticolato. Tali sistemi altro non sono che delle trappole meccaniche costituite da un supporto monolitico a base di carburo di silicio poroso. Al loro interno la matrice in ceramica porosa a nido d’ape, su cui sono depositati materiali nobili come Palladio e Platino, intrappola il particolato ma lascia passare i gas di scarico. In questo modo i filtri antiparticolato consentono di ridurre la quantità di particolato emesso dallo scarico intrappolandolo al loro interno e ossidandolo per via termica o catalitica. Continuando a intrappolare il particolato il filtro raggiunge però la fase di saturazione. Questa fase può essere rappresentata come una strozzatura che crea una contropressione in grado di opporre una certa resistenza al passaggio dei gas di scarico.
Questa situazione, generando una vera e propria perdita di carico, non solo innesca nel motore un calo di potenza ma causa anche un apprezzabile aumento nei consumi di carburante. Raggiunta questa condizione il filtro antiparticolato deve quindi essere svuotato. Tale operazione viene eseguita attraverso un processo denominato rigenerazione che consiste essenzialmente in una vera e propria combustione del particolato presente all’interno del filtro. Grazie, infatti, a un forte innalzamento della temperatura dei gas di scarico si riesce a innescare la reazione che porta alla combustione del particolato depositato. Questo processo normalmente viene attivato ogni 400 o 500 chilometri percorsi o comunque ogni qualvolta venga registrata una eccessiva caduta di pressione tra monte e valle del filtro ed è influenzato dallo stile di guida e dalla tipologia di strade percorse.
FAP VS DPF
In base però alla metodologia di rigenerazione utilizzata possono essere distinti due diversi tipi di filtri antiparticolato: il FAP e il DPF. Nel FAP si instaura una rigenerazione attiva grazie all’intervento di additivi a base di ossido di cerio e ferro (Cerina). Questi additivi hanno lo scopo di abbassare la temperatura alla quale normalmente avviene la rigenerazione da 650 °C fino a 450 °C così da innescare più facilmente il processo di ossidazione delle particelle depositatesi nelle strutture del filtro. Grazie a questa strategia è, infatti, necessario un minore numero di post iniezioni in prossimità del Punto Morto Superiore e quindi un minore quantitativo di gasolio iniettato per innalzare la temperatura nel catalizzatore ossidante e raggiungere la soglia dei 450 °C.
Nel DPF, invece, non vengono utilizzati additivi ma viene innalzata ulteriormente la temperatura dei gas di scarico fino alla soglia dei 650 °C tramite una serie di post iniezioni di gasolio effettuate nei collettori di scarico e nel catalizzatore ossidante. Queste post iniezioni sono poi aiutate dai metalli nobili, inseriti all’interno del filtro antiparticolato, che fungono da catalizzatori per favorire il processo di ossidazione delle particelle depositatesi nelle strutture del filtro. Entrambe le soluzioni sono quindi realizzabili grazie alla tecnologia common rail che, essendo in grado di gestire elettronicamente da 3 fino a 8 diverse iniezioni per ciclo, attiva l’ultima o le ultime iniezioni per avviare il processo di rigenerazione non appena il sistema lo ritenga necessario.
GPF : Gasoline Particuler Filter
Recentemente però, con l’avvento dell’iniezione diretta, si è scoperto che anche i moderni propulsori benzina, che fino adesso erano riusciti a rimanerne fuori, soffrono di eccessive emissioni di Particolato, emissioni nocive causate proprio dalle sempre più elevate temperature e pressioni che si sviluppano all’interno di queste motorizzazioni. Per risolvere tale ulteriore problema si è resa necessaria quindi l’adozione dei filtri antiparticolato anche in questi moderni motori. Anche nei motori benzina quindi, per poter rispettare la tanto temuta normativa Euro 6c che è entrata in vigore nel 2017, la complessità dei sistemi di post trattamento dei gas di scarico è cresciuta a dismisura, al punto da richiedere l’adozione dei filtri antiparticolato, denominati per l’occasione GPF.
All’interno dei nuovi filtri GPF il flusso di gas di scarico viene convogliato in un sistema di filtraggio del particolato che ha una struttura a nido d’ape con condotti di aspirazione e di scarico che si chiudono alternativamente. In questo modo il gas di scarico è costretto a fluire attraverso una parete filtrante porosa che determina una separazione della fuliggine. Nello specifico viene utilizzato un filtro antiparticolato ottimizzato per la contropressione con un’elevata efficienza di filtraggio che al tempo stesso risulta esente da manutenzione e autoregolante. Ma, al contrario dei diesel dove si adotta un filtro antiparticolato ceramico in carburo di silicio (SiC), per i motori benzina è stata scelta la cordierite, un minerale particolarmente resistente al calore.
Conclusioni
Malgrado l’adozione di sistemi di post trattamento sempre più affinati, permangono ancora delle difficoltà nel controllo e limitazione dei valori delle emissioni nocive all’interno dell’aria che respiriamo. Infatti, anche se gli attuali filtri antiparticolato riescono finalmente ad attuare una buona riduzione sul particolato prodotto, questi stessi filtri non sono però in grado ne di ridurlo completamente ne di eliminarlo e nemmeno di trasformarlo in qualcosa di meno nocivo. Anzi, grazie ad alcuni recenti studi, si è scoperto che la riduzione in particelle sempre più piccole (PM2,5 – PM1 – PM0,5 – PM0,1) possa alla fin fine essere maggiormente dannosa in quanto queste particelle non solo sarebbero in grado di rimanere per più tempo in sospensione nell’aria grazie alla loro leggerezza ma riuscirebbero anche a raggiungere più facilmente gli alveoli polmonari grazie alle loro ridotte dimensioni.
Inoltre, non va nemmeno dimenticato che, sempre secondo recenti studi, il filtro antiparticolato durante la fase di rigenerazione possa emettere esattamente lo stesso quantitativo di particelle nocive che emetterebbe un motore sprovvisto di questo dispositivo e lasciato girare nelle stesse condizioni. Questa situazione è, infine, resa ancor più complicata dal fatto che il particolato non è prodotto dal solo trasporto su ruota, ma anche da tutte le fonti industriali. Bisogna, infatti, ricordare che anche la combustione dei processi industriali, come per esempio quelli legate al riscaldamento e alla produzione di materie prime, produce particolato, anche quando la combustione non è così veloce come quella che avviene all’interno dei motori a combustione interna.
Quindi, se da un lato siamo ben consapevoli delle problematiche relative al contenimento delle emissioni alle quali sono soggetti anche i moderni motori a combustione e dell’importanza di ridurre il più possibile queste emissioni per salvaguardare sia la nostra salute che quella del mondo nel quale viviamo, dall’altro lato è forse giunta l’ora di smetterla di accanirsi esclusivamente con i motori a combustione interna, vedendoli come unica fonte di inquinamento e costringendo i costruttori di automobili a fare carte false per rispettare normative anti-inquinamento sempre più stringenti e al tempo stesso ridicole, ma sarebbe meglio investire buona parte delle risorse nell’abbattimento di fonti di inquinamento nettamente più importanti e pericolose come i processi industriali, i riscaldamenti, la produzione di energia elettrica da fonti non alternative e il trasporto aereo.