Nuove idee per aumentare la sicurezza. Fino a poco tempo fa il mantra che spiegava tutti i sinistri nella circolazione era l’eccesso di velocità , individuato come causa principale degli incidenti. Oggi l’attenzione si è spostata sulla mancanza di SA (Situational Awareness, consapevolezza della situazione) o, nel parlare di tutti i giorni, sulla distrazione.
È in atto, da qualche mese, una campagna di sensibilizzazione degli automobilisti sul pericolo dell’uso del cellulare al volante: secondo l’ACI, il 75% degli incidenti è attribuibile alla distrazione del guidatore e questo dato è probabilmente realistico anche se non è facile da dimostrare su base scientifica. È altrettanto probabile che la causa di questa disattenzione sia dovuta all’uso dello smartphone ma certamente non è questo l’unico motivo per il quale il guidatore può avere un calo di attenzione alla strada o può guidare in una situazione di disagio più o meno consapevole che assorbe parte delle sue capacità . I motivi di pericolo sono tanti: la ricerca di un CD, la sintonizzazione della radio, l’accensione di una sigaretta, il numero eccessivo di segnali stradali talvolta disposti ai margini del campo visivo, la spasmodica attenzione rivolta ad individuare gli autovelox, la ricerca delle monete in prossimità del casello autostradale e l’elenco potrebbe continuare.
Non va neppure trascurato l’effetto diseducativo delle scene di telefilm nelle quali chi guida un’auto si gira all’indietro per parlare con gli occupanti del sedile posteriore o, comunque, distoglie per un tempo troppo lungo lo sguardo dalla strada (un’auto a 50 km/h in un secondo percorre poco meno di 14 m).
Vi sono poi aspetti di sicurezza passiva, come quello del peggioramento della visibilità (si veda, in proposito, quanto scriveva Stefano Lazzarino su Auto Tecnica N. 389 (dicembre 2013, a pag. 4), con l’allargarsi degli angoli morti alle estremità del parabrezza e attraverso il lunotto. All’epoca dei parabrezza panoramici all’americana la visione verso l’avanti (a parte qualche distorsione ai lati) era libera per quasi 180°. Negli ultimi decenni, invece, i parabrezza sono molto più inclinati e i montanti anteriori, che hanno anche una funzione strutturale, sono diventati più invasivi e ciò comporta due vistosi angoli morti. Talvolta i progettisti cercano di alleviare il problema con delle “quarter lights” in corrispondenza degli specchietti retrovisori ma il loro effetto è limitato. Non va meglio se guardiamo all’indietro: se prendiamo come esempio la popolare Golf, nella Mk.1 lo spessore medio del montante posteriore era pari a circa il 9% della lunghezza dell’intero padiglione mentre sulla Mk.4 questa dimensione arrivava quasi al 14%, tanto da far sembrare l’auto una sorta di furgoncino! Non sono solo questi gli aspetti negativi sulla sicurezza derivati da certe caratteristiche tecniche e costruttive ma sono apparse anche alcune idee recenti che puntano a migliorare la situazione.
IL CAMION “TRASPARENTE”
Alla ricerca di nuove idee che possano contribuire al miglioramento della sicurezza stradale, la sudcoreana Samsung ha affrontato un problema che spesso ha angustiato gli automobilisti. Si tratta del disagio causato dal procedere incolonnati dietro un grosso furgone che impedisce di vedere cosa ci sia sulla strada davanti a noi. La Samsung ha così pensato ad un modo per rendere “trasparente” un grande veicolo furgonato ed ha realizzato il suo Safety Truck che ha inviato in Argentina per un ciclo di valutazioni. Il problema, infatti, è particolarmente sentito sulle strade argentine dove il traffico pesante è piuttosto intenso e le carreggiate sono strette. Concettualmente l’idea è semplice: nella parte anteriore della motrice di un grosso autoarticolato è stata installata una telecamera a circuito chiuso, collegata a uno o due grandi schermi sulla parete posteriore del semirimorchio. L’automobilista che segue e che ha intenzione di sorpassare il camion in questo modo ha una buona visione di cosa ci sia davanti al veicolo da sorpassare e può scegliere il momento più idoneo per farlo. La soluzione è intelligente e, da un certo punto di vista, semplice ma non propriamente economica e l’aspetto principale è proprio questo: chi se ne vorrà sobbarcare il costo? Una variante di questo stesso concetto è stata sperimentata dall’Universidad Politécnica de Valéncia nella quale l’interconnessione tra auto mediante wi-fi permette di trasmettere le immagini di quella che precede direttamente su un tablet o uno smartphone in quella che segue.
FRENATA AUTOMATICA
Negli USA, dove amano gli acronimi, la chiamano AEB (Automatic Emergency Braking, frenata automatica d’emergenza); si tratta di una forma di assistenza alla guida che aziona i freni quando l’auto si avvicina ad un ostacolo senza che il guidatore stia frenando o compiendo una manovra evasiva. L’AEB trae ispirazione dalle spolette di prossimità dei proiettili dell’artiglieria contraerea entrati in uso durante la seconda guerra mondiale: un sensore (che può essere un radar a onde millimetriche, una videocamera, un telemetro laser o la combinazione di queste apparecchiature) rileva un oggetto in avvicinamento rispetto al veicolo su cui è installato ed invia un messaggio sonoro al guidatore. Qualora questo non inizi a frenare o a compiere una manovra evasiva, il sistema inizia a frenare in modo autonomo.
Negli Stati Uniti la National Highway Traffic Safety Administration e l’Insurance Institute for Highway Safety hanno raccomandato l’adozione di un dispositivo di questo genere e 20 marche automobilistiche hanno annunciato che sulle loro auto sarà una dotazione standard a partire dal 2022. Si tratta di Audi, BMW, FCA, Ford, GM, Honda, Hyundai, Jaguar Land Rover, KIA, Maserati, Mazda, Mercedes-Benz, Mitsubishi, Nissan, Porsche, Subaru, Tesla, Toyota, Volkswagen e Volvo, cioè quelle che controllano il 99% del mercato USA.
AVVISI AI PEDONI
Se la disattenzione degli automobilisti costituisce un grosso problema, non è meno importante quella dei pedoni, spesso anch’essi intenti e mandare SMS o meno attenti ai rumori per l’uso di auricolari. Per affrontare quella che sta diventando una vera emergenza sono state già presentate delle soluzioni. La Volvo, un’azienda che ha sempre dedicato il massimo impegno nella ricerca della sicurezza, ha realizzato un sistema, per i suoi autobus urbani, chiamato Pedestrian and Cyclist Detection System, sistema di rilevamento di pedoni e ciclisti. Anche in questo caso alla base c’è la capacità di riconoscimento delle immagini resa possibile dagli attuali sistemi informatici.
Telecamere disposte attorno all’autobus inviano le loro immagini ad un computer il cui software comporta degli algoritmi che permettono di riconoscere un pedone o un ciclista in posizione di pericolo rispetto al bus. A differenza dei sistemi di frenata, questo dispositivo ha solo funzioni di avviso: se il pericolo non è immediato, si produce un suono considerato sufficiente ad attirare l’attenzione ma, se si tratta di emergenza, il claxon suona a tutto volume. Il guidatore, a sua volta, è avvertito da una spia luminosa e da un segnale acustico. Questo PCDS appare particolarmente utile sui nuovi autobus elettrici che sono molto più silenziosi di quelli diesel.
Una variante di questo stesso concetto è stata messa a punto dalla Semcon (anche in questo caso una ditta svedese) il cui slogan è “Tecnologie avanzate basate sul comportamento umano”. La sperimentazione verte su sensoristica simile a quella del bus elettrico Volvo ma con dei led che disegnano una banda orizzontale sulla calandra dell’automobile. Quando l’auto (se a guida autonoma) o il guidatore hanno preso atto dell’intenzione del pedone di attraversare la strada e, quindi il veicolo rallenta o frena, la barra orizzontale si modifica nel disegno a mezzaluna che tradizionalmente simboleggia il sorriso.
A differenza del Volvo PCDS, questo dispositivo si presta a diversi interrogativi e pone problemi anche in termini di responsabilità civile oltre che di comprensione del segnale. L’interazione tra automobili e pedoni sulla sede stradale è certamente complessa e, più che con la tecnologia, dovrebbe essere affrontata con infrastrutture adeguate (come attenzione agli ostacoli alla visuale o creazione di sottopassi nelle zone più critiche), educazione stradale e norme più chiare e certe su diretti e doveri.
BAMBINI A BORDO
La cronaca recente ci ha informato di un aspetto non secondario della sicurezza stradale: quello dei bambini dimenticati a bordo dell’auto, talvolta con conseguenze letali. Il problema ha essenzialmente connotazioni sociologiche e psichiatriche ma naturalmente i tecnici hanno presentato le loro soluzioni, spesso complesse e non facilmente attuabili. Una delle più semplici ed interessanti sembra essere quella della General Motors per le sue auto. Si tratta del Rear Seat Reminder, un dispositivo che è diventato standard sulla nuova crossover GMC Acadia 2017 a quattro porte; su quest’auto il sistema (quando è inserito) memorizza l’apertura delle varie porte e, quando il conducente toglie la chiave, produce cinque squilli ed accende una scritta sullo strumento centrale con un invito a controllare il sedile posteriore.
Un problema di educazione stradale
Il comportamento dei pedoni nell’attraversamento delle strade (e di conseguenza quello degli automobilisti che le percorrono) sono regolati dal punto di vista normativo dagli Art. 190 e 191 del Codice della Strada. Chi, comunque, si aspettasse da questi articoli una burocratica precisione “alla tedesca”, e la spiegazione di termini non scientifici come “si accinge ad attraversare”, rimarrebbe deluso… In pratica, il regolamento della circolazione si limita a dire che sui passaggi pedonali i pedoni alla precedenza che al di fuori di essi spetta agli automobilisti. Nella pratica purtroppo non mancano le prevaricazioni degli uni e degli altri.
In questi ultimi tempi i media hanno prestato molta attenzione a fatti certamente esecrabili (soprattutto quando vi si configura l’omissione di soccorso) ma quasi sempre ne hanno dato un’interpretazione a senso unico, attribuendo tutte le colpe a chi è sull’auto. Vi sono stati casi paradossali nei quali “l’investito sulle strisce”, attraversava una lunga strada periferica, con circolazione veloce, poco dopo l’alba, quando il traffico era minimo. Fermo restando che chi guida deve sempre essere pronto a fronteggiare un imprevisto ed essere in grado di arrestare il suo veicolo, non possiamo fare a meno di chiederci perché la povera vittima, con visibilità di alcune centinaia di metri in entrambe le direzioni, alle 6 del mattino non potesse aspettare qualche secondo per far passare quell’unica auto prima di attraversare la strada, mettendo a repentaglio la propria vita e quella dell’automobilista (e forse ipotecando anche il futuro delle famiglie di entrambi).
Vediamo quotidianamente gente che si lancia in strada senza guardare o fissando lo smartphone, proprio mentre sta giungendo un’auto al volante della quale il guidatore è a sua volta intento a telefonare…
Si tratta, oltre che di buon senso, di educazione (e non solo stradale). Quando non si era tutti perennemente “connessi”, la vita andava avanti ugualmente ed anche oggi, se nell’attraversare la strada si perde qualche secondo, si tratta di un prezzo che possiamo permetterci di pagare. Oggi la vita si è molto allungata e perciò se la accorciamo bruscamente solo per paura di perdere qualche secondo, forse non siamo neppure troppo furbi…