
Motori Volvo Drive-E: campioni di efficienza –Â Modulari, leggeri, ecologici e prestazionali, i motori Drive-E sono il fiore all’occhiello della Casa svedese.
Basati sulla tecnologia Drive-E, i motori a benzina e gasolio della casa svedese optano tutti per la stessa unità fondamentale 4 cilindri da 2.0 litri, un’unità modulare che ha permesso di condividere non pochi componenti tra le diverse unità benzina e diesel, abbattendo di molto i costi finali. Nonostante siano progettati unicamente sul propulsore da 2.0 litri a quattro cilindri, i motori Drive-E sono comunque in grado di soddisfare le esigenze di una svariata cerchia di clienti. Da questa unità fondamentale trovano origine, infatti, il D3 (turbo diesel da 150 CV), il D4 (biturbo diesel da 190 CV e 400 Nm), il D5 (biturbo diesel da 235 CV e 480 Nm), il T4 (turbo benzina da 190 CV e 300 Nm), il T5 (turbo benzina da 254 CV e 350 Nm), il T6 (turbina + volumetrico a benzina da 320 CV e 400 Nm) e il T8 Hybrid (twin engine termico T6 + elettrico da 407 CV e 640 Nm).
Progetto comune
Tutte le unità sono frutto di un alesaggio da 82 mm per una corsa da 93.5 mm, il basamento è in alluminio fuso in sabbia, la testa è in alluminio fusa in conchiglia e la coppa è in alluminio ma è pressofusa. La parte calda del motore propone intercapedini modificate per una maggiore portata del liquido di raffreddamento, una testata modificata per una maggiore resistenza alle alte temperature e pressioni generate, un impianto di scarico ridisegnato in prossimità del catalizzatore per evitare dannose contropressioni e un condotto di aspirazione modificato per un migliore riempimento della camera di combustione. La parte fredda ha, invece, visto l’adozione di nuovi e più piccoli cuscinetti di banco così da generare minori attriti e perdite. Infine, si avvalgono tutti della sovralimentazione e dell’iniezione diretta, sono facilmente abbinabili anche a una tecnologia ibrida e sfruttano la pompa dell’acqua elettrica per abbattere le perdite e migliorare l’efficienza.
Stato dell’arte motori Volvo Drive-E
I propulsori benzina adottano anche un sistema di alimentazione e combustione caratterizzato da una candela e un iniettore montati centralmente con un layout di spruzzatura unico che fornisce una miscela di aria-carburante omogenea. L’iniezione diretta posizionata centralmente consente, infatti, un avvio stratificato della carica e un migliore preriscaldamento dei catalizzatori contribuendo al raggiungimento dello standard Euro 6 per le emissioni nocive. L’elevato effetto Scavenging e il consistente raffreddamento della carica offerto dall’iniezione diretta contribuiscono, infine, a migliorare la coppia ai bassi regimi. I condotti e valvole di aspirazione sono stati progettati per generare un elevato movimento rotatorio della carica in ingresso, favorendo la miscelazione di aria e carburante durante la corsa di aspirazione. Nella successiva corsa di compressione questo movimento rotatorio viene schiacciato e trasformato in turbolenza, accelerando la velocità di combustione della carica. La combustione è quindi molto stabile e garantisce un elevato EGR interno che riduce al minimo le perdite di pompaggio e il consumo di carburante.
Tecnologia i-ART
L’iniezione diretta dei motori Volvo Drive-E, progettata dalla Denso, si avvale della tecnologia i-ART che consente di monitorare e adattare l’iniezione di carburante per ogni combustione in ciascuno dei quattro cilindri. Ciascun iniettore monta, infatti, nella parte superiore un piccolo computer che monitora la pressione di iniezione cioè sfrutta il ritorno di pressione di ciascun iniettore così da assicurare che venga iniettata la quantità ideale di carburante durante ciascun ciclo di combustione. Questa tecnologia, abbinata a un’elevata pressione d’iniezione, è in grado di garantire al cliente un motore con consumi ottimizzati, emissioni notevolmente più basse e prestazioni elevate, accompagnate da un “suono” allo scarico possente.
Volumetrico + turbo
La variante benzina più prestazionale, denominata T6 e capace di ben 320 CV e 400 Nm, si avvale di una doppia sovralimentazione composta da un turbocompressore della BorgWarner e da un compressore volumetrico della Eaton. Il compressore volumetrico agisce fin dai bassi regimi per una risposta immediata al pedale del gas e per una più veloce attivazione del turbocompressore mentre il turbocompressore interviene dai regimi medio alti così da incrementare l’erogazione della coppia e migliorare l’allungo del motore. Nello specifico, intorno ai 3.500 rpm il motore apre una valvola a farfalla per bypassare il compressore volumetrico e lasciare agire solamente il turbocompressore così da generare l’allungo voluto e l’erogazione della potenza massima. In questa condizione il compressore volumetrico viene completamente scollegato dal motore cosi da eliminare la perdita intrinseca che può arrivare anche fino al 20% della potenza totale generata dal motore.
Biturbo + aria compressa
La variante diesel più prestazionale, denominata D5 e capace di ben 235 CV e 480 Nm, si avvale di una doppia sovralimentazione sequenziale composta da due turbocompressori in serie prodotti dalla BorgWarner, di cui quello più piccolo da 38 mm a geometria variabile e quello più grande da 53 mm a geometria fissa con valvola wastegate che lavora a 160.000 rpm. Lo stesso propulsore fa anche affidamento su una iniezione diretta a 2.500 bar la quale, grazie ad una centralina per ogni iniettore, consente fino a ben 9 iniezioni per ogni fase di combustione. Ma cosa ancora più importante è la tecnologia PowerPulse che consiste in un dispositivo che permette di ridurre l’effetto del turbo-lag massimizzando le accelerazioni da fermo e ai bassi regimi. Tramite un piccolo compressore elettrico viene caricato in circa 40 secondi un serbatoio da 2 litri con aria pressurizzata a 12 bar. Questa aria compressa ad alta pressione verrà iniettata direttamente nel collettore di scarico così da azionare rapidamente la girante della turbina più piccola. Grazie, infatti, a questo getto di aria compressa della durata di un decimo di secondo, la turbina più piccola accelera da 20.000 rpm a 150.000 rpm in circa 0,3 secondi, proprio durante le partenze da fermo o ai bassi regimi motore, permettendo al motore stesso di erogare fin da subito il massimo della spinta e riducendo al minimo qualsiasi ritardo nella risposta al pedale del gas.
Trappola LNT
Tutte le motorizzazioni diesel per poter rispettare le più stringenti normative Euro 6b si avvalgono di un complesso sistema di post trattamento dei gas di scarico che fa affidamento su un filtro antiparticolato DPF e su una trappola LNT, facendo a meno del tanto discusso additivo AdBlue. La trappola LNT (Lean NOx Trap) altro non è che un catalizzatore ad accumulo di NOx che opera quindi in maniera discontinua nella trattazione degli ossidi di azoto. In pratica, l’idea è quella di intrappolare gli ossidi di azoto formando un composto chimico nell’interno del catalizzatore. Grazie, infatti, alla sua struttura monolitica gli ossidi di azoto vengono prima accumulati, poi ossidati e infine ridotti. L’NO presente viene prima ossidato in NO2 dall’azione catalitica del platino e poi accumulato come nitrato di metalli alcalini. Questa procedura continua fino a quando la capacità di accumulo della trappola si è talmente ridotta da compromettere la generale efficienza di accumulo e conversione. A quel punto si innesca la necessità di rigenerare il filtro LNT perché intasato e per farlo si sposta il funzionamento del motore da lambda > 1 (miscela magra), durante la quale gli NOx erano immagazzinati a formare i nitrati, a lambda < 1 (miscela grassa). Per ottenere il passaggio da lambda > 1 a lambda < 1 nei motori diesel di solito o si incrementa il ricircolo dei gas di scarico tramite la valvola EGR oppure si esegue una iniezione ritardata oppure ancora si attua uno strozzamento dell’aria in aspirazione.