Se il Mini Challenge quest’anno è arrivato alla ottava edizione un motivo ci sarà. È vero che il marchio ha profonde radici nel mondo delle corse, come ha giustamente ricordato Stefano Ronzoni, direttore di Mini Italia, nell’introduzione al campionato monomarca che ha preso il via 7 aprile a Monza: “Sessant’anni fa Alec Issigonis disegnava la prima Mini, cambiando in qualche modo la storia dell’automobile. Quest’anno, precisamente il 26 agosto, la Mini compirà sessant’anni. E solo qualche anno dopo John Cooper cambiò qualcosa nel mondo sportivo individuando nella Mini una vettura in grado di competere ad alto livello in pista e nei rally”. Come ha ricordaro Ronzoni era infatti il 1961 quando la Mini-Cooper, dalla quale derivarono le leggendarie vetture da corsa della BMC, fu presentata al pubblico, sancendo una collaborazione giunta fino ai giorni nostri. Un DNA ereditato dalla nuova Mini con le partecipazioni al WRC, alla Paris-Dakar e, appunto, al Challenge giunto quest’anno all’ottava edizione.
La base è la JCW
Oggi la massima espressione sportiva della Mini è la John Cooper Works, e questa è stata ovviamente la vettura base scelta per sviluppare la versione pistaiola protagonista del Challenge. Un’iniziativa italiana che fa onore a Mini Italia, che è riuscita a creare una formula tutto sommato accessibile anche a chi, senza un portafoglio da sceicco ma un buon manico e l’indispensabile intraprendenza per trovare qualche sponsor, vuole vivere da protagonista una vera stagione di corse.
Ricchi premi e cotillons…
Sei, come di consueto, le tappe sulle quali si svolgerà il Challenge: Monza (6-7/04), Misano (18-19/05), Imola (22-23/06), Mugello (20-21/07), Vallelunga (14-15/09) e il 20-21 ottobre nuovamente a Monza. Dunque piste ultra blasonate in grado di mettere alla prova i piloti e le vetture, oltre che i meccanici dedicati alla messa a punto del mezzo. Due i livelli di preparazione e due ovviamente le categorie che corrono insieme con classifiche separate: la Mini JCW Pro, con 265 CV, e la Mini JCW Lite con 231 CV, allestite con due kit creati per offrire due diverse sensazioni ai piloti, a prescindere dalla differenza, peraltro non sostanziale, di potenza. Sul lato prettamente sportivo ogni prova si svolgerà nell’arco di un weekend nel quale i piloti avranno la pista a disposizione per 50 minuti di prove libere, 30 minuti per le qualifiche e quindi per le due gare, ciascuna della durata di 25 minuti + 1 giro. Per ogni gara è previsto un montepremi in denaro e materiali di consumo da dividere tra i primi 5 classificati della Pro e i primi 3 della Lite, mentre a fine campionato un consistente montepremi andrà ai primi 3 classificati di entrambe le classi e ai 2 team vincitori. Al Mini Challenge 2019 sono iscritte 22 vetture, che in un periodo come questo sono da considerare un successo, visto l’impegno economico richiesto dall’attività sportiva in pista in generale.
La tecnica
Dietro l’allestimento delle Mini JCW Challenge c’è la Promodrive, azienda che dal 2016 è partner di Mini Italia come promoter e organizzatore dell’evento. A Monza, nel corso del weekend di apertura del Challenge abbiamo incontrato Stefano Gabellini, che ci ha fornito alcune interessanti informazioni tecniche su queste vetture, per capire anche lo spirito col quale ci si è approcciati alla loro preparazione. “Le vetture selezionate per essere allestite per il Challenge fanno parte di uno stesso lotto produttivo”, esordisce Gabellini. “Questo è un fattore fondamentale per mettere tutti i partecipanti sullo stesso piano tecnico, poiché si sa che una vettura di serie è soggetta ad aggiornamenti continui nell’arco della sua vita produttiva”.
Dunque, per chiarire, non si acquista una Mini JCW ‘qualunque’, ma deve essere una di quel lotto identificato al quale appartengono tutte le vetture che andranno ai team iscritti. “Resta comunque il concetto di coinvolgimento, che è poi alla base del Challenge. La vettura è comunque una stradale targata preparata per la pista e questo comporta il passaggio dal concessionario e il rafforzamento del rapporto col Team. Questo per avvicinare la rete dei concessionari allo sport, che è poi uno degli obbiettivi del Challenge”. Passando all’aspetto più tecnico, i kit sono costituiti da una serie di componenti speciali il cui elenco è riportato a parte. “Tralasciando le dotazioni standard di sicurezza, come rollbar, cinture, sedili, impianto di estinzione e altri componenti soggetti a omologazione ACI Sport, le parti dedicate alla trasformazione vera e propria non stravolgono il progetto iniziale”, prosegue Gabellini. “Per quanto riguarda le sospensioni, ad esempio, tutti i componenti sono di serie, incluse le barre antirollio. Nuovi e decisamente sofisticati gli ammortizzatori anteriori Bilstein con molle speciali, ghiere filettate per la regolazione del precarico e click di regolazione dell’idraulica indipendenti per la compressione e l’estensione. I posteriori sono più semplici, con la regolazione dell’idraulica che agisce allo stesso modo su compressione ed estensione. Oltre a queste regolazioni i team posso lavorare anche su camber, convergenza e altezza. Dunque un bel po’ di parametri”.
Per quanto riguarda i freni Gabellini ammette che si è scelta una strada un po’ più rischiosa: “E’ stata una scommessa. Avremmo potuto utilizzare tutti componenti racing e invece abbiamo voluto mantenere le pinze freno originali JCW che chiunque si ritrova sulla vettura stradale accoppiate a dischi racing flottanti e autoventilati. Devo dire che questa combinazione sta andando benissimo. Ovviamente, come in passato quando i dischi erano di serie si utilizzano pastiglie freno racing, comunque uguali per tutti, e tubazioni e olio racing”. Riguardo il fading, ovvero il calo di prestazioni in gara, questo dipende molto dallo stile di guida del pilota, che in questo genere di gare deve sapere anche amministrare il materiale che ha a disposizione: “Su una GT gli impianti sopportano sollecitazioni estreme”, aggiunge Gabellini, “ma in queste categorie ci possono essere grandi differenze e devo dire che spesso hanno più problemi ai freni i piloti lenti piuttosto che i veloci…”.
Il sistema frenante mantiene attivo l’ABS. I cerchi sono dei BBS da 17” e fanno parte del kit. Sulla versione Pro ci sono il cambio sequenziale Bacci a 6 marce, che consente cambiate più veloci e abituano alla guida racing, il differenziale autobloccante, la frizione rinforzata e il volano alleggerito. Sulla Pro c’è poi una centralina racing, a differenza della Lite che utilizza invece l’originale. “La centralina Pro è stata mappata da noi di Promodrive insieme ai tecnici della Bosch. Abbiamo eseguito la mappatura al banco curando soprattutto l’erogazione ai bassi. Avremmo potuto salire di molto coi cavalli e i giri, invece siamo rimasti ai 6.500-6.700 giri. Col turbo non serve salire troppo, meglio lavorare sui medi e dare maggiore schiena alla curva di coppia”.
Nei box circolano i fusti di benzina avio: “E’ prescritta da ACI Sport. Sulla Pro è indispensabile per non avere detonazione. La Lite può invece utilizzare tranquillamente la benzina verde”. Nel motore non c’è traccia di modifiche meccaniche per incrementare le prestazioni: “È anche questa una scelta fatta fin dall’inizio per far capire ai clienti quanto il prodotto di serie, tempi alla mano, sia in grado di esprimere in pista senza intaccare l’affidabilità”. Per quanto riguardi gli pneumatici quest’anno si è passati per la prima volta agli Hancock. Una scelta venuta dopo anni con la Pirelli e, ma solo per lo scorso anno, con la Michelin. I test sono andati molto bene e le prospettive sembrano eccellenti. C’è molta aspettativa sulle Hancock e i tecnici sono convinti che specie nei weekend più caldi ci saranno evidenti miglioramenti del tempo sul giro rispetto alle Michelin dell’anno scorso. “C’è una sola mescola, per limitare i costi. In questo modo si evidenziano le capacità di gestione del pilota e l’abilità del team a trovare un assetto che sia il migliore compromesso tra velocità in rettilineo e grip in curva”.
Nel primo weekend di gara, dall’inizio delle prove ufficiali, si possono punzonare 6 gomme nuove che il team può utilizzare come preferisce. Dalla seconda gara vengono punzonate altre 4 gomme nuove cui si aggiungono due delle ‘vecchie’, scelte a discrezione del team.
Nelle gare del Challenge c’è grande equilibrio prestazionale, con distacchi limitati e bagarre dall’inizio alla fine, almeno tra i piloti che sanno amministrare meglio freni e gomme, di fatto i soli componenti che possono andare in crisi. Si è lavorato anche per ridurre la temperatura del motore: “Abbiamo tolto dal vano motore il catalizzatore, che fino all’anno passato era stato tenuto di serie, e abbiamo messo un catalizzatore racing posto a metà vettura, sotto il pavimento. Da lì parte il tubo di scarico libero con doppio terminale centrale”.
La scatola filtro è l’originale, con un elemento filtrante racing, ovvero più libero. Il risultato, a Monza, è una media sul giro di circa 165 orari e una velocità di punta che sfiora i 240. Niente male per una vettura poco più che stradale. Dal punto di vista aerodinamico ci sono l’ala regolabile e gli estrattori posteriori, oltre allo splitter anteriore, che secondo Gabellini è piuttosto efficace. “In tre anni, questo è il nostro quarto, di Challenge, non abbiamo mai riscontrato un’irregolarità tecnica”, conclude Gabellini. “Merito dei nostri controlli sistematici sulle parti che sappiamo essere quelle sulle quali si potrebbe ‘barare’, e merito anche all’onestà dei team”.
Il main sponsor del MINI Challenge 2019 è Motor Trend, il canale dedicato ai motori del gruppo Discovery Italia. Gli sponsor ufficiali sono Genart, Mini Financial Services, Mini Accessories, Alphabet. Gli sponsor tecnici sono OMP, Bilstein, Power On, Sassa Roll Bar, Promodrive Performance, Panta e Hancock, come fornitore unico di pneumatici.