Lotus 64: regina mancata alla Indy 500 del 1969

Dopo aver partecipato all’edizione 1968 della 500 Miglia di Indianapolis con la rivoluzionaria 56, un monoposto a quattro ruote motrici spinta da un motore a turbina Pratt&Whitney affidata a Graham Hill e Joe Leonard, la Lotus tornò a Indy l’anno seguente con una vettura più convenzionale, seppure simile nella trasmissione, la Lotus 64.

Lotus 64 Indy 500

Questo perché il regolamento mise delle restrizioni all’aspirazione dei motori a turbina da renderli praticamente non più competitivi e decretandone così la fine. Per il 1969 Colin Chapman passò quindi a una vettura più convenzionale che manteneva però la trazione sulle quattro ruote, seguendo un’ispirazione tecnica che avrebbe portato il Costruttore inglese ad adottare questa soluzione anche sulle sue vetture di Formula 1. Della 56 la nuova 64 manteneva la forma a cuneo a cui però aggiungeva della grandi superfici aerodinamiche alle estremità longitudinali. Il telaio era un monoscocca realizzato con pannelli in alluminio, sospensioni indipendenti a triangoli sovrapposti con elementi elastici montati on-board, così come i dischi freno dell Girling.

Lotus 64

Il motore centrale era il V8 Ford di 2.6 litri con distribuzione bialbero e quattro valvole per cilindro era abbinato a una trasmissione AWD frutto della collaborazione tra Lotus, Hewland, ZF e Ferguson. La potenza era stimata il oltre 650 CV a 10.000 giri.

Nell’inverno 1968-’69 fu lanciato l’allestimento di tre Lotus 64, due per Graham Hill e Jochen Rindt, piloti ufficiali del Team Lotus in Formula 1, e l’altra per ‘italo-americano Mario Andretti, che l’avrebbe guidata sotto i colori della STP di Andy Granatelli, sponsor anche dell’avventura della Lotus con la vettura a turbina, e dell’esperto meccanico Clint Brawner.

Andretti, che aveva iniziato la stagione al volante della vettura Brawner-Hawk III sempre sotto i colori STP, fu l’unico pilota a provare la nuova 64 nei test pre gara di Indy, dopo i quali Chapman tornò in Inghilterra per cercare di risolvere tutti i problemi emersi.

Secondo quanto riportato da Gordon Kirby in un articolo apparso su Motor Sport, Brawner nutriva molti dubbi sull’affidabilità di taluni componenti utilizzati Chapman sulla 64. Si trattava degli stessi utilizzati sulle Formula 1, dove però le potenze, essendo i motori aspirati, erano molto inferiori. Senza contare le sollecitazioni derivate da una gara assai più lunga di un GP e percorsa praticamente sempre a tutto gas. In particolare non lo avevano convinto i mozzi e i cerchi posteriori, troppo leggeri, che invece Chapman assicurava andassero bene essendo meno sollecitati che in Formula 1, poiché una parte della coppia motrice andava sulle ruote anteriori.

Lotus 64 Indy 500 1969
Lo schema delle sospensioni anteriori e il gruppo differenziale semiassi. (foto tratta dal libro The 4-Wheels Drives).

Nel corso delle qualifiche Andretti si mostrò subito il più veloce dei piloti Lotus, anche se i suoi meccanici avevano ancora grossi dubbi sulla durata dei cerchi posteriori in magnesio, tanto che pare ogni sera li smontassero e li mandassero a esaminare per evidenziare qualche cricca. Hill e Rindt, alle prese con un motore turbo (che all’epoca soffrivano tanto del turbo-lag) cui non erano abituati, erano piuttosto indietro rispetto a Mario.

Ciò che Brawner si aspettava puntualmente si avverò: un cerchio cedette in piena velocità e fece uscire di pista Andretti, che se la cavò per miracolo con solo qualche ustione leggera ma non poté più utilizzare la vettura per le qualifiche ufficiali.

Mario Andretti l volante della Lotus 64 (Indianapolis 1969 – Foto tratta dal libro The 4-Wheel Drives).

Resosi conto dell’errore, Chapman non aveva più tempo per intervenire sulle altre due vetture e così ritirò il team dalla gara. Da allora la Lotus non sarebbe mai più tornata a Indianapolis.

Andretti ripiegò sulla affidabile Brawner-Hawk con cui si qualificò al secondo posto e in griglia e ottenne poi la sua prima (e unica) storica vittoria alla 500 Miglia di Indianapolis.