Lomar Honey: triciclo col motore Cagiva

La Lomar Honey è un classico esempio di veicolo ‘intelligente’ prodotto in un periodo che non era quello ‘giusto’.

Come noto, nel nostro Paese, a differenza degli Stati Uniti dove sono sufficienti 16 anni, per conseguire la patente che consente di guidare le automobili è necessario aver compiuto 18 anni.

Negli ultimi tempi si sono viste numerose iniziative basate sulla formula del quadriciclo leggero per consentire ai più giovani di spostarsi autonomamente rimanendo al riparo da freddo e pioggia.

In questo articolo vi presentiamo un esempio di veicolo del genere che risale a una quarantina d’anni fa e riteniamo particolarmente interessante.

Omologata come motocarrozzetta, la Honey era guidabile con la patente A. Era spinta da un motore motociclistico Cagiva 125 da 20 cavalli con raffreddamento a liquido.
La Honey con l’originale sistema di apertura delle porte.

Tra moto e auto

Era infatti il novembre del 1985 quando al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano ai visitatori sarà probabilmente sembrato strano vedere esposta in quel contesto una piccola vettura a tre ruote.

Il legame con le moto c’era, però, visto che era spinta da un piccolo motore monocilindrico di 125 centimetri cubici e si poteva guidare con la patente A, il celebre ‘patentino’ dei 16 anni.

L’auto si chiamava Honey ed era prodotta dalla Lomar.

La linea era quella di una moderna e filante coupé a due posti molto rastremata nella parte posteriore visto che il retrotreno era sostenuto da una sola ruota centrale; le due portiere, come nelle fuoriserie più prestigiose, si aprivano ad ‘ali di gabbiano’ con la particolarità di essere facilmente asportabili per la bella stagione trasformando di fatto la vettura da coupé in spider.

L’abitacolo si presentava ben rifinito, con due comode poltrone, volante sportivo a quattro razze, plancia con strumentazione completa, autoradio e leva del cambio sul tunnel centrale.

La completa strumentazione di bordo comprendeva anche l’autoradio.

Insomma, tutto era al suo posto come in un’automobile moderna, tant’è che non mancava nemmeno il bagagliaio posteriore.

Il telaio era realizzato in tubi d’acciaio e la carrozzeria in fibra di vetro e resina poliestere, il che consentiva di contenere il peso in soli trecento chilogrammi.

Propulsore Cagiva

Il motore, sistemato in posizione anteriore, era quello della popolare Cagiva Aletta Rossa 125.

Si trattava di un modernissimo monocilindrico a due tempi con ammissione lamellare, raffreddamento a liquido, accensione elettronica ad anticipo variabile, sei marce (in questo caso più retromarcia), che era all’epoca accreditato di una potenza di circa venti cavalli, sufficienti per far raggiungere alla Honey i novanta chilometri orari.

La trazione era sulle ruote anteriori con differenziale e semiassi; le sospensioni anteriori erano a ruote indipendenti con triangoli sovrapposti e molle in acciaio, quella posteriore era a braccio unico.

L’interno è ben rifinito ed elegante; i sedili avevano una conformazione sportiva.

Le tre ruote, da 13 pollici, erano frenate da tamburi di adeguate dimensioni.

La Honey aveva una lunghezza totale di tre metri e sessanta centimetri, larghezza di un metro e sessanta e ha altezza massima di un metro e venticinque centimetri.

Il prezzo di vendita fu stabilito in otto milioni e cinquecentomila lire, mentre le consegne sarebbero avvenuto tramite la rete dei concessionari Cagiva.

Il punto di forza di questa ‘tre ruote’, come dicevamo poc’anzi, era il fatto che era omologata come motocarrozzetta pertanto, essendo di cilindrata 125 cc, poteva essere guidata dai sedicenni in possesso di patente A.

Lomar Honey: una dolce proposta

Honey significa miele, ma chi fu l’ideatore di questa interessante e ‘dolce’ proposta?

Lomar non è altro che una sigla formata dalle prime lettere dei cognomi di due giovani parmensi: Giampiero Lombatti e Fulvio Martini.

Lombatti fa parte della famiglia fornovese degli storici concessionari di automobili Fiat, mentre  Martini dell’altrettanto storica famiglia di Coenzo che si occupa di resine espanse.

Era dunque destino che dall’incontro dei due nascesse un auto con carrozzeria in fibra di vetro!

Walter Cugini si occupò del design del primo prototipo, mentre il telaio fu progettato da uno studio che operava già per importanti Case automobilistiche modenesi.

La carrozzeria era in lamiera d’acciaio battuta a mano da Gianni Gobbi, abile battilastra della carrozzeria parmigiana Italcar.

Solo in un secondo momento, all’inizio della produzione in serie, il progetto prevedeva la realizzazione della carrozzeria utilizzando fibra di vetro e resina poliestere.

La Honey riscosse immediati consensi e interesse da parte della stampa di settore.

Anche Gianfranco Castiglioni, titolare della Cagiva, fu entusiasta del progetto, tanto da  promettere di mettere a disposizione la rete di vendita delle sue moto.

Purtroppo, l’iniziativa non ebbe seguito perché al momento di industrializzarla ci si rese conto che sarebbero occorsi capitali enormi e fuori dalla portata dei due giovani.

Che così dovettero rinunciare al sogno di diventare costruttori d’automobili.

Tuttavia, si impegnarono nelle rispettive aziende di famiglia e in seguito dettero vita ad altre iniziative produttive e commerciali.

La Honey è dunque rimasta a livello di esemplare unico ed è tutt’oggi gelosamente conservata e perfettamente funzionante.

Al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano del 1985, Giampiero Lombatti (a sinistra) presenta la Lomar Honey a un visitatore dello stand.

Testo Massimo Chierici – Foto Archivio M.Chierici