Come fa una berlina elegante a trasformarsi in una “bète a gagner”, come amano definire i francesi le auto da corsa più vittoriose? Quando debutta, al Salone di Francoforte del 1979 come modello d’accesso della gamma Lancia, il futuro della “δ” (battezzata con la lettera greca) non sembra dover sfociare in una carriera sportiva, anche se dal punto di vista tecnico vanta già caratteristiche degne di nota come le sospensioni indipendenti MacPherson sulle quattro ruote, ereditate dalla Beta insieme all’architettura a motore trasversale e trazione anteriore. La linea si deve a Giorgetto Giugiaro, che vi riversa concetti moderni come il tetto piatto e il lunotto inclinato già espressi con la Volkswagen Golf cinque anni prima. Lunga 3,9 metri e con carrozzeria a cinque porte, la Delta interpreta le nuove tendenze riducendo cromature e inserti metallici in favore di elementi in plastica a resine sintetiche. All’esordio offre due motori quattro cilindri a benzina di derivazione Fiat Ritmo rivisti e potenziati, un 1.3 litri da 75 CV e un 1.5 litri da 85 CV con cambio a quattro o cinque marce per il primo, e unicamente a cinque rapporti per il secondo che dall’82 proporrà però anche una trasmissione automatica a tre marce.
Turbo e 4×4
L’esordio è felice, tanto che nel 1980 la Delta può già fregiarsi del titolo di ’Auto dell’Anno’, assegnato per la prima e unica volta nella storia a un modello del marchio torinese. Nello stesso anno, mentre in Italia arriva il ricco allestimento LX che la consacra compatta “premium”, grazie alla collaborazione tra il Gruppo Fiat e Saab approda in Svezia e Norvegia come Saab Lancia 600. Il preambolo all’evoluzione prestazionale si ha nel 1982 con la GT, dotata di un 1.6 bialbero da 105 CV, che grazie al peso sotto la tonnellata accelera da 0 a 100 orari in 10”5 e tocca i 180 km/h, meritandosi freni a disco sulle quattro ruote e contagiri. L’aura sportiva le dona, e così in quello stesso anno Lancia alza il tiro esponendo al Salone di Torino un audace prototipo battezzato Delta Turbo 4×4. Abbinato alla trazione integrale c’è il motore 1.6 della GT in un’inedita variante sovralimentata con turbocompressore Garrett T2 e intercooler che raggiunge i 130 CV di potenza. Il progetto piace, anche se alla produzione di serie approda prima il motore turbo, in gamma nel 1983 con la versione chiamata 1.6 HF Turbo.
L’eredità della S4
Mentre la carriera commerciale prosegue con successo, la Delta approda all’ambito rallystico tramite la S4. Chiamata a sostituire la 037 nel sempre più estremo Gruppo B, questa non ha in realtà nulla in comune con la Delta ma è la prima a far riferimento, per questioni di marketing, ad un modello di serie, diversamente dalla Stratos e dalla stessa 037, di cui di fatto prende il posto nel mondiale rally.
I pochi esemplari stradali, realizzati a fini omologativi, sono costosi e impegnativi cosicché nel 1986 la Casa si convince a produrre una versione integrale della Delta di serie che manco a farlo apposta, aprirà la strada al suo ingresso nei rally quando, alla fine dello stesso ’86 (dopo i tragici incidenti in Corsica occorsi proprio alla S4) il Gruppo B sarà abolito per lasciare il posto al più ‘umano’ Gruppo A che impone una derivazione diretta da un modello di serie prodotto in almeno 5.000 esemplari.
Dunque, mentre un nuovo restyling aggiorna la gamma base, che riceve l’iniezione elettronica e nuovi motori (1.1 a benzina per Paesi emergenti e il primo turbodiesel 1.9), e il nome del modello viene modificato da “δ” a “Delta”, entra in listino la Delta HF 4WD, di cui la vettura fotografata per questo servizio è uno dei primi esemplari prodotti. Esternamente la 4WD non si differenzia molto dalla versione normale.
E’ subito riconoscibile, tra le altre cose, per le due coppie di fari tondi di diverso diametro in omaggio alla formidabile S4 e per lo spoiler anteriore che prevede l’alloggiamento per due fari rettangolari, fendinebbia o di profondità. Dietro spiccano i due terminali di scarico. Sotto il cofano pulsa un poderoso 2.0 litri (84 x 90 mm) prelevato dalla Thema ma portato, grazie al turbo, a 165 CV a 5.250 giri e dotato di funzione overboost, che grazie a una valvola wastegate aumenta temporaneamente la pressione del turbo quando si accelera a fondo, generando un picco di coppia di 285 Nm a soli 2.500 giri. Lo 0-100 scende nettamente sotto i 10” (7”8 per l’esattezza) e la velocità oltrepassa, seppur di poco, la soglia dei 200 km/h.
La trasmissione 4WD prevede un differenziale anteriore dotato di un ripartitore di coppia con giunto viscoso Ferguson che distribuisce il 56% davanti e al 44% dietro e un differenziale posteriore autobloccante Torsen (fornito dalla Gleason).
Le sospensioni sono entrambe a ruote indipendenti tipo McPherson, con bracci oscillanti inferiori, barra stabilizzatrice e ammortizzatori idraulici a doppio effetto. Dietro l’assetto è mantenuto da aste trasversali, tiranti di reazione e barra stabilizzatrice. L’impianto frenante è a disco su tutte le quattro ruote con pinze flottanti.
Da 4WD a Integrale
Per il 1987, la Delta è pronta a prendere il posto della S4 nel nuovo Gruppo A e quello che era un omaggio alle corse si trasforma nel modello base con cui omologare la vettura da competizione.
Per il mondiale rally 1987, in ottemperanza al regolamento del Gruppo A la vettura è sostanzialmente quella di serie, con le sole modifiche consentite: nel motore ci sono pistoni stampati e nuovi alberi a camme. Migliorata la lubrificazione e la componentistica dell’impianto di sovralimentazione, mentre i rapporti del cambio e al ponte possono essere sostituiti per adattarli ai tracciati di gara.
Il debutto della Delta HF 4WD Gr.A è strabiliante: al Rally di Montecarlo, prima gara della stagione, le prime due vetture al traguardo sono le Delta di Miki Biasion e Juha Kankkunen, campione del mondo 1986 con la Peugeot. Nel Rally del Portogallo si impone un altro fuoriclasse della Lancia, Markku Allen. Saranno questi tre piloti che porteranno alla Lancia i punti necessari per aggiudicarsi il Mondiale Marche, davanti ad Audi, Renault e Volkswagen. Campione del mondo sarà Kankkunen, davanti a Biasion e Allen.
Alla 4WD fa quindi seguito la HF Integrale, subito riconoscibile per le carreggiate allargate sottolineate dai vistosi rigonfiamenti dei parafanghi, i paraurti più grandi, le minigonne e gli specchietti in tinta con la carrozzeria. Dal punto di vista meccanico la Integrale è più spinta: monta una turbina Garrett T3, un intercooler maggiorato e una nuova elettrovalvola per l’overboost che fanno salire la potenza a 185 CV e il picco di coppia a 304 Nm, portando la velocità a 215 km/h mentre lo 0-100 precipita a 6”6.
Per meglio accompagnare questo incremento, si adotta la frizione più robusta della Lancia Thema 8.32 (quella con il V8 Ferrari) e si rivede anche telaio con molle e ammortizzatori, giunti, semiassi e montanti specifici, pinze e dischi freni di dimensioni maggiorati, cerchi da 15” (in luogo dei 14” della 4WD) dotati di pneumatici 195/55.
Dalla 16v al “Deltone”
L’avventura sportiva va a gonfie vele, non serve far altro che seguirne l’eco: nel 1989, mentre in ossequio alle norme sull’inquinamento la Delta HF Integrale si rende disponibile anche catalizzata (con potenza ridotta a 177 CV), ad alzare l’asticella arriva la Delta HF Integrale 16v che si distingue a occhio per il cofano motore bombato e il nuovo spoiler posteriore regolabile.
Il motore con distribuzione a quattro valvole per cilindro arriva nuovamente dall’analoga Thema 2.0 Turbo 16v e presenta anche modifiche a iniezione, turbina e intercooler nonché due alberi controrotanti di equilibratura. La potenza raggiunge i 200 CV, il valore di coppia massima resta invece lo stesso ma a regimi più bassi e stavolta, oltre alla frizione, dalla Thema 8.32 arriva anche il cambio, più robusto ma anche più confortevole negli innesti.
Una nuova taratura della trasmissione, che passa a una ripartizione della trazione con leggera prevalenza al posteriore (47%-53%) riduce il sottosterzo migliorando gli inserimenti in curva e a dare una mano alla frenata arriva, come opzione, l’ABS.
All’apice del successo, con quattro mondiali rally di fila vinti dall’87 al ’90 (a cui ne seguiranno altri due), la Delta Integrale 16v si concede un ulteriore upgrade con la Evoluzione: piccoli interventi al motore portano la potenza a 211 CV (185 sulla versione catalizzata che adotta però una testata a otto valvole), quanto basta ad alzare la velocità a 220 km/h e abbattere lo 0-100 a 5”7.
Ma è la telaistica a subire la rivisitazione maggiore, con l’ulteriore allargamento delle carreggiate e dunque dei parafanghi e una bombatura ancora più marcata del cofano che cela attacchi delle sospensioni più alti. Inoltre, compaiono nuove prese d’aria per un miglior raffreddamento del motore e i quattro fari si fanno più piccoli. Questa versione, soprannominata “Deltone” dagli appassionati, è probabilmente la più amata di tutte, anche perché la Casa ne incrementa l’attrattiva con varie edizioni limitate che celebrano i trionfi rallistici infiammando il settore collezionistico.
Doppio addio
Di fatto, l’Evoluzione rappresenta l’apice dell’epopea di questo modello anche se non ancora l’ultimo atto. Malgrado il 6° mondiale consecutivo, infatti, il Gruppo Fiat sceglie di non sostenere più il marchio Lancia puntando invece sull’impegno di Alfa Romeo nelle competizioni su pista, ritiro che coincide bruscamente con la fine della produzione della prima Lancia Delta, sostituita per il ‘93 da una seconda generazione che, meno riuscita esteticamente e senza più un’eco sportivo, viene accolta poco calorosamente dal pubblico.
Una “proroga” arriva tuttavia grazie alla Carrozzeria Maggiora, che rileva le vecchie linee continuando a produrre il “Deltone” ancora per due anni durante i quali nascono la Evo 2, con potenza di 215 CV, cerchi da 16”, scarico da 60 mm, interni in Alcantara e volante Momo, e l’unico esemplare della Evo 3, con cerchi da 17” e motore da 237 CV.
(Testo a cura di Filippo Einaudi)