Dopo aver concluso al diciottesimo posto assoluto la Mille Miglia del 1937 alla guida di una Lancia Augusta berlina, il conte Vittorio Mazzonis di Pralafera si iscrive all’edizione successiva con una Lancia Aprilia spider realizzata da Zagato.
Questa volta, però, il nobile piemontese non ebbe fortuna: fu infatti costretto ad abbandonare la competizione a causa di un incidente.
Carrozzeria aerodinamica
Nel 1939 la corsa contraddistinta dalla famosa Freccia Rossa non fu organizzata, ma al via dell’edizione dell’anno successivo la stessa vettura, che nel frattempo era stata ricarozzata dalla milanese Colli, prese il via col #68 con alla guida l’equipaggio ‘Ariano’-Forti.
A onor del vero definirla la stessa vettura è una forzatura, poiché quell’Aprilia si presentò con una linea completamente nuova, fortemente ispirata dalla ricerca aerodinamica che iniziava a interessare alle le automobili.
Con l’intento di contrastare il meno possibile l’impatto con l’aria, i fari furono nascosti all’interno della calandra, ma in generale tutto il disegno della parte anteriore fu studiato per convogliare il flusso sui fianchi.
Con lo stesso concetto, i due poggiatesta alle spalle del pilota e del passeggero proseguivano con due appendici che assottigliandosi si esaurivano a metà circa della parte posteriore delimitata dai parafanghi e una parte piatta fortemente spiovente che terminava su una linea orizzontale quasi a formare una sorta di primitivo alettone.
Mille Miglia 1940: vince una BMW
La classifica generale di quell’edizione fu dominata dalla BMW 328 berlinetta Touring dell’equipaggio Husche von Hanstein-Walter Baumer, davanti all’Alfa Romeo 6C 2500 tipo 256 spider Touring di Nino Farina-Paride Mambelli.
Nella Classe 1500 sono al via un lotto di agguerritissime Lancia Aprilia le cui carrozzerie portano firme diverse ed evidenziano tra loro forme e linee assai eterogenee.
Ci sono anche due Auto Avio 815 spider: la #66, la versione corta, affidata ad Alberto Ascari-Giovanni Minozzi e la #65, versione lunga, di Lotario Rangoni ed Enrico Nardi.
Il percorso si svolse sul veloce tracciato chiuso al traffico e basato sul triangolo Brescia, Cremona, Curtatone.
L’anello è da ripetere nove volte e si dimostra molto selettivo, tanto da mettere fuori gioco le due creature di Enzo Ferrari e tante delle Aprilia, tra le quali anche la #68.
Risulta così vincitrice di classe l’Aprilia spider Zagato #56 di D’Ambrosio-Guerrini che, nella classifica assoluta risultano piazzati al venticinquesimo posto.
Una Lancia Aprilia ‘da guerra’
Con il periodo bellico ben altre e più tristi cronache accompagneranno l’esistenza degli italiani, e anche l’Aprilia di cui stiamo parlando ebbe un suo momento di gloria quando fu protagonista, nel periodo della Liberazione, di un episodio nelle mani di Adolfo Orighi un giovane classe 1922 originario di Salsomaggiore Terme.
Orighi, arruolato come sergente carrista del Regio Esercito, fu arrestato a Verona dove prestava servizio, ma durante un trasferimento riuscì a fuggire e a rientrare al lavoro presso l’officina meccanica paterna.
Arrestato una seconda volta come renitente alla leva della Repubblica Sociale Italiana, meglio conosciuta come Repubblica di Salò, riuscì a evadere dal carcere di San Francesco di Parma durante il bombardamento avvenuto nel maggio del 1944.
Da lì raggiunse e si unì alle formazioni partigiane che operavano sulle colline parmensi, dove assunse il nome di battaglia di Freccia.
Vista la sua esperienza lavorativa, Orighi fu nominato responsabile dei mezzi sequestrati al nemico, ma soprattutto si rese protagonista di alcune azioni di disturbo come un assalto alla polveriera di Noceto e, insieme ad altri due compagni, allo scambio, avvenuto a Varano de’ Melegari, di tre marescialli tedeschi con altrettanti partigiani.
Fu in quel periodo che tornò alla ribalta l’Aprilia #68: mentre era al volante di quella vettura, Orighi incrociò un compagno alla guida di un autocarro, i due si fermarono, ma improvvisamente udirono il rombo di un aereo nemico che a bassa quota iniziò a mitragliare.
Fecero appena in tempo a mettersi al riparo dietro gli alberi quando l’aereo fece un secondo passaggio e centrò l’autocarro mettendolo fuori uso e crivellò di colpi anche la povera Aprilia che fortunatamente subì pochi danni.
Orighi, venuto a mancare nel 2011, gestirà per oltre cinquant’anni un distributore di benzina a Salsomaggiore: oltre ad avere scritto un libro sulla sua guerra, conservò appesa nel suo ufficio la foto al volante dell’Aprilia crivellata di fori che pubblichiamo a corredo di questo servizio.