
La sovralimentazione mediante turbocompressore – Il percorso dell’aria all’interno di un tradizionale circuito di sovralimentazione prevede l’ingresso nella scatola filtro e, da questa, lo spostamento verso la bocca di aspirazione del compressore centrifugo. Una volta trattata dalle pale della girante, l’aria compressa (e quindi calda) viene inviata all’intercooler per essere raffreddata e quindi ai collettori di aspirazione che la immettono nella testata. Il turbocompressore è una macchina termica che oggi viene ampiamente impiegata nel settore automobilistico e in particolare in accoppiamento con la trazione di tipo diesel, anche se in questi ultimi tempi il turbocompressore sta conoscendo una nuova vita nelle applicazioni sui motori a benzina. I propulsori dotati di turbocompressore a gas di scarico sono in grado di sviluppare, a parità di cilindrata, maggiori valori di potenza e coppia.
Come sono nati e come vengono impiegati
I turbocompressori utilizzati in campo automobilistico hanno visto la loro grande diffusione nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Precedentemente a tale periodo, il loro maggiore impiego fu in campo aeronautico dove, la necessità di sopperire alla diminuzione di densità dell’aria con l’altitudine, aveva spinto i progettisti ad introdurre questa tecnica. I turbocompressori rappresentano uno degli sviluppi in cui si articola una metodologia più generale nota con il nome di sovralimentazione. Con questo termine si indica un apposito sistema che, montato su un propulsore a combustione interna, permette a quest’ultimo di raggiungere un più elevato riempimento dei cilindri rispetto a ciò che normalmente accade per un motore aspirato.

Come è noto l’immissione della carica fresca nel cilindro è possibile grazie alla differenza di pressione che nasce tra l’interno del cilindro stesso e l’ambiente esterno. Il motore aspirato per sua natura è vincolato a lavorare con una differenza di pressione che, nel caso ideale, può essere pari al massimo ad 1 bar e cioè alla pressione atmosferica (non prendiamo in considerazione in questo caso gli effetti di sovralimentazione ottenuti con metodi aerodinamici che sfruttano appositi airbox). Nel caso di un motore sovralimentato si può, al contrario, aumentare la differenza di pressione e di conseguenza la quantità di carica fresca all’interno del cilindro. La sovralimentazione può ottenersi con metodi molto diversi; nel caso dei propulsori montati su auto e mezzi industriali ha trovato largo impiego il turbocompressore azionato dai gas di scarico. L’idea di accoppiare una seconda macchina al motore a combustione interna appare senz’altro una soluzione efficace e i risultati sono quanto mai visibili e quantificabili. Purtroppo però il turbocompressore è per sua natura una macchina dinamica, ossia una macchina percorsa da un fluido a flusso continuo. Viceversa il motore endotermico è un trasformatore energetico di tipo volumetrico, ossia il fluido al suo interno subisce ciclicamente un ricambio. Questa sostanziale differenza rende le due macchine, turbocompressore e motore termico, estremamente diverse e ciò, di fatto, rende complicato il loro accoppiamento. Per giungere a tale scopo è necessario quindi conoscere i concetti di base che regolano il funzionamento delle turbomacchine. Büchi (1879-1959) è l’inventore del turbocompressore azionato dai gas di scarico. Lo svizzero, originario di Winterthur, presentò la sua invenzione il 13 novembre 1905 presso l’ufficio brevetti. L’idea di Büchi fu quella di sfruttare l’energia dei gas di scarico per azionare una turbina e convogliare, in maniera forzata, l’aria ambiente nel motore. Dopo essere stata adottata su un aeroplano (1915), su una nave (1925) e un autocarro (Saurer, 1938), il sistema di sovralimentazione a turbocompressore venne utilizzata per la prima volta dagli americani nel 1962, per le autovetture Chevrolet Corvair Monza e Oldsmobile Jetfire. Tuttavia, a causa della bassa affidabilità , dopo due anni il progetto venne abbandonato. Solo a partire dal 1973 il turbocompressore ritornò sul mercato, anche grazie all’impegno di May e Cosworth.
Il principio che regola il funzionamento di un turbocompressore accoppiato ad un motore a combustione interna è molto semplice: i gas di scarico che fuoriescono dal motore investono le pale di una turbina che, mettendosi in moto, provoca la rotazione di un compressore ad essa collegato solidamente mediante un alberino. Sebbene il principio base sia semplice, le difficoltà pratiche per realizzare un sistema di questo genere sono notevoli. In primo luogo esiste un problema di resistenza termomeccanica dei materiali; le temperature raggiunte sul lato di scarico del motore sono infatti elevatissime (superiori anche agli 800 °C). In secondo luogo, i principi che regolano il funzionamento del turbocompressore e del motore alternativo sono molto diversi; il primo sfrutta il passaggio di una grande quantità di fluido che scorre in modo continuo all’interno degli organi della macchina, il secondo è un sistema che ciclicamente ricambia il fluido. Il problema dell’accoppiamento assume pertanto estrema rilevanza sia in fase di progettazione del motore sia in una futura possibile preparazione. I problemi tipici cui si va incontro quando si opera una scelta sbagliata del turbo sono sostanzialmente due: se il gruppo turbocompressore è troppo grande significa che i gas in uscita dal motore faranno molta fatica a mettere in moto la turbina e di conseguenza l’effetto di sovralimentazione si otterrà con estremo ritardo e in corrispondenza di un regime del motore stesso troppo alto. Diversamente una turbina piccola avrà un’inerzia ridotta, si metterà in moto subito garantendo grande elasticità ma poi, quando i regimi cresceranno, la portata dei gas di scarico sarà troppo elevata per essere smaltita dal gruppo. In altre parole la turbina sarà troppo piccola per poter elaborare tutta la massa fluida in uscita dal motore. Quando si presenta questa eventualità , il turbo invece che essere di aiuto diventa una causa di perdita di potenza.
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