La parabola del terzo volume. Il trascorrere del tempo non è ne bello né brutto: è un fatto naturale. Tuttavia, a chi ha avuto una vita professionale piuttosto estesa, dà il vantaggio di saper esaminare ciò che avviene in una prospettiva storica, non limitata al momento in cui l’evento si svolge. Abbiamo fatto questa riflessione quando è stato annunciato che la FCA avrebbe immesso anche sul mercato italiano la Tipo, quella che al momento della sua presentazione, avvenuta in Turchia, portava il nome Aegea. La prima reazione che abbiamo avuto è stata: “Non ci credo neppure se la vedo!”. In Italia sono importate e distribuite (o lo sono state fino a pochi mesi fa) auto, alquanto… improbabili, come la Dahiatsu Materia, la Renault Wind o la Caterham Seven ma avete mai visto una Opel Astra Sedan 4 porte o una Chevrolet Malibu? Ed ecco che, su queste considerazioni, siamo tornati all’assunto iniziale, per vedere nel tempo l’evoluzione del gusto italiano in relazione ai volumi dell’auto. Ancora negli anni Trenta lo sbalzo posteriore della carrozzeria era praticamente nullo e, anzi, la coda delle vetture sembrava quasi… ripiegarsi. Per semplificare il discorso ci limiteremo alla produzione Fiat e vediamo che sull’Ardita faceva, in qualche versione, la comparsa di un timido “baule” che poteva servire da bagagliaio ma nella gran parte dei modelli che ne erano dotati era solo un coperchio per proteggere la ruota (o le ruote) di scorta.
All’estero il terzo volume apparve durante la guerra e si affermò soprattutto sulle versioni più sportive, perché dava una linea più slanciata. In Italia fu la 500C Topolino del 1949 ad avere un terzo volume che era parte integrante della carrozzeria, mentre sulla 1100E del 1949 vi era il cofano copriruota di scorta. La formula fu consolidata dalla 1400, una delle auto italiane dal design più americano. Era fatta: dal 1950 gli italiani scoprirono la sedan a due e quattro porte, con la sua eleganza e la sua funzionalità . Non poteva beneficiare di questa formula la 600 del 1955 perché in poco più di 3 metri e 20 il terzo volume proprio non ci stava, così come non poteva esserci nei tre metri della Nuova 500 del 1957. Già l’850 del 1964, pur derivata dalla 600, aveva un mezzo volume posteriore (occupato dal motore).
A rimescolare le carte ci pensarono la crisi di Suez (che fece temere al mondo di rimanere senza benzina) e Alec Issigonis che nell’agosto del 1959 lanciò l’Austin Mini (allora si chiamava Morris Mini Minor). Nel 1962 ci fu la Morris 1100 che tagliava la coda come con un rasoio. Lo stesso tema fu affrontato da Giorgetto Giugiaro poco più di un decennio dopo con la Golf, quando il gruppo Vokswagen mise in campo lo stesso design per Golf, Passat e Audi 80, declinato in una serie di versioni. Da quel momento l’avanzata delle due volumi diventò inarrestabile.
In Italia, però, il processo è stato estremizzato: le tre volumi si vendono solo se portano i marchi Audi, BMW e Mercedes, con poche eccezioni. Sul successo delle auto “senza coda” si è innestato quello dei SUV, per nulla intimoriti dalle gag dei comici con le ormai logore battute sulla casalinga che porta i bimbi a scuola con una specie di autoblindo da tre tonnellate.
Ciò che vogliamo dire, al termine di questa carrellata, è che le divisioni commerciali dei costruttori automobilistici si sono arrese senza combattere alla moda dilagante, dimenticando che ci sono classi di utenti che restano tuttora legati alla sedan: molte persone di età matura, il mondo delle “auto blu”, le forze di polizia, i militari, gli ecclesiastici, coloro che nutrono poca simpatia per la Germania e, tra il serio ed il faceto, non sarà difficile individuare altre categorie di potenziali utenti, più che sufficienti a fare dei numeri di vendita di un certo interesse. Però bisogna far vedere che queste auto esistono e sono in catalogo e magari dedicare loro anche qualche pagina Internet e qualche spot o inserzione, tanto le 500 e le Audi A4 si venderebbero bene anche senza pubblicità …