Quest’anno la soppressione del Salone di Ginevra, al di là delle vetture ‘normali’ che ci siamo persi, ha rappresentato la rinuncia all’unico appuntamento situato a una distanza accessibile nel quale vedere tutte insieme le cosiddette ‘piccole’ Case che offrono sempre interessanti spunti tecnici da analizzare se non qualche novità sensazionale creata ad hoc per attirare su di loro le luci dei riflettori.
Koenigsegg è immancabilmente una di queste.
La factory svedese va orgogliosa di essere la portabandiera di un’industria che negli anni ha sempre dimostrato elevate capacità tecniche e di innovazione in tutti i generi di mezzi di trasporto, dagli aeroplani, i truck, i bus fino, ovviamente, alle vetture che hanno fatto di affidabilità, comfort e sicurezza i loro capisaldi.
Quando nel 1994 Christian von Koenigsegg ha fondato l’azienda che porta il suo nome aveva in mente una sola cosa: creare una supercar che avesse in se il DNA del tipico prodotto svedese.
La prima vettura col marchio Koenigsegg, nacque nel 1996 grazie a lavoro di un piccolo team di tecnici che misero in pratica le idee del proprietario, realizzando una spider con la scocca in carbonio che dimostrò eccellenti doti prestazionali e di durata.
Nel 2002 uscì la CC8S l prima vettura omologata dopo aver superato tutti i crash test per poter circolare in tutta Europa.
Definita la ‘vettura di serie più potente’ (di serie è una parola grossa essendo stata prodotta in soli 6 esemplari), essa fu seguita nel 2005 da quella ‘più veloce’, la CCR. Era la verità, poiché nel 2005, a Nardò, fece registrare i 388 orari, superando il record della McLaren F1 che lo deteneva da un bel po’ di anni.
Non abbiamo ancora visitato l’azienda di Ängelholm, ma crediamo che non sia azzardato fare un paragone con la nostra Pagani, che invece abbiamo visitato e il cui fondatore Horacio Pagani ci ha trasmesso un entusiasmo incredibile.
Se mai riusciremo, siamo convinti che Christian von Koenisegg sia anche lui un visionario che ha rincorso un sogno.
Koenigsegg Gemera: i CV non bastano mai
Per il tour al Salone di Ginevra avevamo già programmato una visita allo stand Koenigsegg, un’intervista a Christian e l’osservazione da vicino del prototipo della Gemera, la super, anzi hypercar ibrida a trazione integrale più incredibile in circolazione, o meglio che sarà in circolazione, secondo i piani della Casa svedese, tra un paio d’anni.
E avremmo chiesto lumi in particolare sul suo motore a combustione interna, che sulla carta prometteva prestazioni stellari.
Il Covid-19 ci ha smorzato ogni entusiasmo, ma non quello di saperne di più per poterlo presentare sulle pagine di Auto Tecnica.
Dunque telefono e email hanno supplito all’annullamento dell’incontro fisico. Ed ecco quello che si nasconde dietro il nome Gemera, la mega-GT.
Il sistema Freevalve
Scopo del sistema Freevalve è quello di sviluppare un sistema tecnologicamente sofisticato per il comando delle valvole che sia applicabile sia su un motore di elevata potenza specifica destinato a una supercar sia su un motore destinato a veicolo di uso quotidiano, dove l’efficienza deve essere massima per ridurre consumi ed emissioni.
Freevalve ha iniziato la sperimentazione del suo sistema trasformando dei motori già in produzione mediante la semplice sostituzione della testata.
E già a livello dimensionale sono apprezzabili le prime differenze: in generale, rispetto a una testata bialbero quattro valvole per cilindro, la Freevalve consente un abbassamento considerevole (circa 50 mm) e un accorciamento evidente, essendo non necessario il sistema di azionamento delle camme, sia esso a cinghia dentata, catena, a ingranaggi, o misto.
Varia anche il peso, poiché al posto degli alberi a camme, delle ruote dentate, della trasmissione per il loro azionamento e di tutti i dispositivi accessori per il funzionamento ci sono unicamente i moduli di attuazione pneumatici, che hanno raggiunto dimensioni estremamente compatte ed efficienti.
Senza dimenticare l’energia richiesta per caricare le molle valvole, che è tutt’altro che trascurabile e non viene restituita nella fase di chiusura. Uno ‘spreco’ di energia parzialmente risolto dai sistemi desmodromici, che non hanno però la flessibilità del Freevalve.
Ma a parte queste considerazioni, non certo marginali quando a parità di cilindrata si riesce a ottenere un’unità più corta e bassa e che pesa circa 20 kg meno di una tradizionale, la parte che più accende la fantasia dei progettisti è la possibilità di gestire in modo indipendente per ogni valvola l’alzata e la legge di apertura.
Un sogno di chiunque abbia avuto modo di lavorare sulle distribuzioni o meglio abbia lavorato direttamente sul calcolo dei profili delle camme, e dunque conosca bene quanto questi possano influenzare il rendimento del motore e debbano, per forze, essere sempre una soluzione di compromesso per soddisfare una curva di coppia fruibile su tutto il range di giri.
Nella soluzione Freevalve non solo ogni valvola è comandata singolarmente, ma opera su condotti di aspirazione e scarico dedicati.
Questo è in generale un enorme vantaggio che diventa fondamentale quando si opera con una sola valvola di aspirazione, condizione adatta ai bassi carichi, e che richiede un controllo dei moti di thumble e swirl in camera di combustione ben diversi da quelli con entrambe le valvole in funzione.
Per questo motivo la forma e le dimensioni dei due condotti di aspirazione sono diversi e derivano da studi effettuati proprio per attuare questa ottimizzazione.
La segmentazione vale anche per lo scarico e, ovviamente è possibile gestire brillantemente anche la parzializzazione del numero dei cilindri attivi.
Riguardo lo scarico, esistono varie conformazioni, a seconda dei livelli di prestazioni che si desidera ottenere.
Nella soluzione più semplice una serie di condotti va direttamente allo scarico e l’altra è indirizzata nel turbocompressore.
Questo implica l’abolizione della valvola waste gate poiché la pressione nella turbina può essere regolata agendo sull’apertura della valvola di scarico relativa al condotto che va nel turbo, che viene infatti chiamata ‘turbo valve’.
Con gli altri condotti che vanno direttamente verso lo scarico, si riduce la backpressure e si aumenta il gradiente di temperatura nel sistema di scarico, diminuendo drasticamente il tempo di warmup, ovvero della fase più critica a livello di emissioni.
Questa condizione di raggiungimento rapido della temperatura ideale di funzionamento del catalizzatore consente di superare le omologazioni relative alle emissioni senza complicare il sistema di abbattimento con i precatalizzatori necessari in fase di avviamento a freddo.
Le soluzioni più prestazionali, come nel caso del motore della Gemera, utilizzano due turbocompressori, disposti come vi spiegheremo più avanti.
Un altro vantaggio del sistema è la possibilità di regolare il regime del motore direttamente in camera di combustione e non al suo esterno, agendo unicamente sull’alzata delle valvole di aspirazione.
Questo comporta una rapidità e un’accuratezza di risposta assai superiori a quella ottenibile col più sofisticato sistema con valvole a farfalla, che per dimensioni e necessità di movimento devono per forza essere arretrate rispetto alla sezione di ingresso della valvola; questo implica anche una diminuzione delle perdite nei condotti di aspirazione poiché si elimina la depressione che si genera nel tratto tra la valvola e la farfalla.
Ovviamente il corpo farfallato può essere eliminato. Inoltre il sistema di iniezione non è necessario sia di tipo diretto ma può essere indiretto (port injection), con evidenti risparmi in termini di costo e una riduzione delle emissioni di particolato, particolarmente importanti nei motori a benzina a iniezione diretta.
A vantaggio dell’iniezione diretta resta la possibilità di ‘raffreddare’ la camera di combustione, cosa che nel sistema Freevalve deve essere attuato in moto diverso, tipicamente lavorando sul flusso d’aria nel cilindro.
L’attuatore Freevalve è sostanzialmente costituito da un sistema eletto-idraulico-pneumatico di azionamento della valvola cui è abbinato un raffinato sensore di posizione.
Freevalve ha condotto dei test comparativi su un motore 4 cilindri bialbero di 1.6 litri sul quale ha sostituito la testata originale, mantenendo invariati tutti gli altri componenti meccanici.
I risultati dichiarati sono decisamente interessanti, poiché si parla di un aumento medio della coppia del 47%.
Secondo Freevalve, lo sviluppo dei motori a combustione interna nei prossimi 10 anni sarà superiore a quello avvenuto in un secolo di storia e questo implicherà un forte impulso all’uso di combustibili biologici che per poter esprimere la loro energia richiedono motori con una fluidodinamica e una termodinamica estremamente flessibile per adattarsi a ogni situazione di carico.
Un esempio è la facilità con la quale è possibile gestire il rapporto di compressione reale nella camera di combustione, agendo, come avviene nei cicli Miller o Atkinson, sui tempi di apertura delle valvole.
Il powertrain della Koenigsegg Gemera
Il nuovo motore tre cilindri montato longitudinalmente sulla Gemera è stato definito Tiny Friendly Giant (TFG), più o meno il ‘piccolo gigante buono’, per sintetizzarne le grandi e ben sfruttabili prestazioni racchiuse in dimensioni decisamente contenute.
In effetti è solo un parte del poderoso powertrain che somma ai suoi 600 CV a 7.500 giri/min e 600 Nm di coppia tra i 2.000 e i 7.000 giri, i 400 CV e 500 Nm di un motore elettrico in serie al motore endotermico.
A questi 1.000 CV, che si scaricano sulle ruote anteriori dobbiamo aggiungere il contributo di altri due motori elettrici, ciascuno da 500 CV e 1.000 Nm di coppia, applicati alle ruote posteriori attraverso un riduttore di rapporto circa 3:1 e che rendono la Gemera la prima Koenigsegg a trazione integrale.
Direi che anche i palati più esigenti possono dichiararsi soddisfatti da questi numeri, anche se la massima corrente erogabile dalle batterie limita a 1.100 CV la potenza elettrica e quindi a ‘solo’ 1.700 CV quel totale!
La trazione anteriore, essendo indipendente sulle due ruote si presta perfettamente al torque vectoring che si estende anche alle posteriori grazie a due frizioni con bloccaggio a 0 a 100% gestite elettronicamente collegate a ciascun semiasse.
Le batterie hanno una capacità di 16,6 kWh, sono raffreddate a liquido e alimentate a 800V. Assicurano una potenza di scarica fino a 900 kW e 200 kW di massima potenza di ricarica, autonomia in solo elettrico di circa 50 km e autonomia complessiva di 1.000 km.
200 cavalli per cilindro
Il TFG di Gemera è un tre cilindri in linea di 2.0 litri con dimensioni caratteristiche di 95 x 93,5 mm per una cilindrata unitaria di 662,5 cc.
Il rapporto Corsa/Alesaggio è pari a 0,984 un valore che, considerato il regime massimo fissato a 8.500 giri/min genera una velocità media del pistone pari a 26,5 m/s, piuttosto elevata, superiore, ad esempio, a quella del motore motociclistico Ducati Panigale V4 che con una corsa di 53,5 mm e un regime di 13.000 giri/min si ferma a 23,2 m/s e vicino a quella dei motori tipicamente racing, come quelli della MotoGP e di Formula 1 che arrivano però a 15-16.000 giri/min.
La potenza specifica di 300 CV/litro pone questo motore ai massimi livelli assoluti per un motore ‘stradale’, ovvero in grado di garantire doti di regolarità di funzionamento e durata ben diversi dai motori tipici da competizione (che ricordiamo, ai bei tempi dei turbo 1.5 litri delle F1 arrivavano, in qualifica, al 650-700 CV/litro! Anche il peso di 70 kg è da record e corrisponde a una ‘densità di potenza’ di 8,6 CV/kg.
La massa complessiva del veicolo è di 1.850 kg per un rapporto peso potenza complessivo di 1,68 kg/CV, in questo caso non da record.
La pressione di alimentazione può arrivare fino a 2 bar ed è assicurata da due turbocompressori collegati ciascuno a tre condotti di scarico.
Potendo gestire le valvole di scarico in modo indipendente su condotti dedicati, il primo turbo a intervenire, per regimi da 0 a 1.700 giri/min, è alimentato dai gas di scarico uscenti da una sola delle due valvole (l’altra resta chiusa).
Al salire del regime inizia a lavorare anche la seconda valvola di ogni cilindro e a mettere in rotazione la seconda turbina che aggiunge portata all’aspirazione, fino a raggiungere la potenza di picco.
Un evidente vantaggio in termini di riempimento volumetrico, esaltato dalla sovralimentazione, è insito nella possibilità di creare una curva di alzata di forma trapezoidale, ovvero con le due rampe di apertura e chiusura molto ripide e un tratto esteso orizzontale che favorisce il riempimento del cilindro.
Condizione irraggiungibile con un sistema a camme, la cui legge di apertura avrà sempre una forma a campana, più o meno raccordata in funzione delle masse e dei regimi in gioco, in modo da evitare il ‘distacco’ della valvola dal profilo della camma.
Un altro vantaggio è che la variazione di alzata, che nei sistemi meccanici implica anche una variazione di durata della fase, col Freevalve può essere resa indipendente.
Ovviamente qualche contro ci deve pur essere, come in ogni soluzione tecnica complessa come questa.
Sicuramente, il sistema è delicato dovendo unire in un unico componente diverse tecnologie, l’elettronica, la pneumatica e l’idraulica, tutte miniaturizzate e operanti in ambiente aggressivo sia per le alte temperature in gioco sia per la presenza di fluidi.
La sensoristica deve essere estremamente affidabile e a ulteriore complicazione c’è un compressore che genera l’ria compressa per creare le molle ad aria che, coadiuvate da molle a elica cilindrica tradizionale, controllano la chiusura delle valvole.
Il motore, che ha un rapporto di compressione geometrico di 9,5:1 può essere alimentato con combustibili E100 (etanolo), metanolo e carburanti solari sintetici.
Il veicolo
La parte estetica è ben esposta dalle fotografie che corredano il servizio e dunque lasciamo a loro presentare l’auto. Restando sul piano prettamente tecnico, vale la pena ricordare la trasmissione KDD (Koenigsegg Direct Drive) che consente un’accelerazione progressiva da fermo fino alla massima velocità, stimata in 400 km/h, con una trasmissione diretta del moto dal motore alle ruote attraverso il convertitore di coppia HydraCoup bloccato.
L’HydraCoup è in grado di raddoppiare la coppia motrice generata dall’accoppiata motore endotermico-motore elettrico (1.100 Nm) fino a raddoppiarla nel range da 0 a 3.000 giri.
In questo modo la Koenigsegg Gemera dispone di 3.500 Nm di coppia fin dall’avvio e può dunque raggiungere la velocità massima senza bisogno di un cambio.
All’avantreno ci sono due differenziali a bloccaggio regolato da una frizione a secco che consentono la gestione del torque-steering sulle due ruote, che si va ad aggiunge a quello sulle ruote posteriore, operato attraverso i due motori elettrici.
Oltre a questo, le ruote posteriori sono sterzanti togliendo un ulteriore asse di vincolo e completare il controllo dinamico del veicolo.
A livello costruttivo, il telaio Koenigsegg è costituito da una monoscocca in fibra di carbonio con una rigidezza torsionale computata vincolando i due assi (3.000 mm di braccio) vale 40 kNm.
Le dimensioni generali della Koenigsegg Gemera sono 4.975 mm (H), 1.988 mm (W) e 1.295 mm (H). E’ prevista la produzione di soli 300 esemplari.
Una sfida che auguriamo di tutto cuore a Koenigsegg e Freevalve di vincere, sia per il successo delle aziende sia per dimostrare come relativamente piccole realtà con elevata creatività e obiettivi precisi possano insegnare qualcosa ai cosiddetti colossi.
Photo credits Koenigsegg Automotive AB