Riproponiamo l’intervista rilasciataci da Jody Egginton lo scorso anno a Monza, prima del GP d’Italia.
L’Autodromo di Monza è una sorta di luogo di culto per noi appassionati e lo è ancora di più quando a settembre ci fa tappa la Formula 1.
Passano gli anni, cambiano le tecnologie e i piloti, ma il fascino di vedere sfrecciare le monoposto sul circuito brianzolo rimane immutato.
Lungo i 5793 metri di Monza, i componenti del powertrain ibrido vengono sollecitati da enormi stress termici e meccanici, mentre i freni sono chiamati a produrre decelerazioni violentissime.
Vista l’elevata velocità media sul giro – quest’anno con le F1 è stata di oltre i 228 km/h – il concetto chiave dell’assetto per Monza è la riduzione del “drag”, cioè della resistenza all’aerodinamica all’avanzamento.
Si ottiene tramite la diminuzione della “downforce”, ovvero della deportanza complessiva generata dalla scocca e dai profili alari della monoposto.
Togliere deportanza è relativamente facile, mentre ciò che è complicato è capire qual è il limite minimo, per non compromettere troppo la stabilità, soprattutto in frenata.
Grazie all’intervista che abbiamo fatto nel 2022 a Monza a Jody Egginton, direttore tecnico del team Alpha Tauri, abbiamo appreso nel dettaglio come si definisce il setup ideale della monoposto per il weekend del GP d’Italia.
La nostra intervista a Jody Egginton
Jody Egginton, classe 1974, fa parte del Team di Faenza a partire dal 2014.
Inizialmente responsabile Vehicle Performance, è diventato Vice-Direttore Tecnico tre anni dopo e successivamente è stato promosso a Direttore Tecnico.
Ma la carriera di Jody Egginton nel Motorsport è iniziata a soli 22 anni, nel lontano 1996, alla Tyrrell F1, in qualità di Junior Designer.
Ha avuto ruoli di responsabile tecnico anche alla Caterham e alla Force India.
Jody, parlaci di come si imposta l’assetto della monoposto per il weekend di Monza.
Monza richiede l’efficienza aerodinamica più elevata di tutta la stagione (l’efficienza è il rapporto tra deportanza e resistenza, cioè tra downforce e drag, ndr).
Non partiamo da zero per impostare le scelte di setup, perché conosciamo a priori le caratteristiche del tracciato.
Monza infatti è un circuito che è cambiato pochissimo nel corso degli anni, anzi negli ultimi 20 anni è rimasto praticamente invariato.
Inoltre, occorre considerare che prima di arrivare a Monza si corre a Spa, che ha requisiti aerodinamici simili e che vanno nella stessa direzione.
Quindi sul circuito belga si costruisce una buona conoscenza, soprattutto su come la vettura reagisce nel momento in cui viene ridotta la deportanza aerodinamica.
Da questo punto di partenza, con il lavoro fatto al simulatore, si cerca di capire quanto si può scendere ancora dalla deportanza aerodinamica impostata a Spa, senza però compromettere la stabilità della monoposto in rettilineo e in frenata.
Nelle scelte occorre anche rispettare il regolamento, che consente solo alcune modifiche di assetto.
Quanto è importante il lavoro al simulatore?
È ovviamente molto importante il lavoro al simulatore che viene fatto prima di arrivare in circuito. Nella scelta del setup, il simulatore serve prevalentemente a definire i requisiti aerodinamici.
Per Monza tipicamente si sceglie un’ala posteriore molto scarica, per ridurre il drag della monoposto ed è un’ala che viene usata solo per questo Gran Premio.
Prima della gara, nel nostro team ogni pilota fa circa 8-10 ore di simulatore, con un lavoro specifico sul circuito in cui si corre.
Ma oltre al lavoro finalizzato a un singolo circuito, il simulatore serve per altre due finalità: la prima è il training dei piloti, per esempio per i giovani piloti e gli esordienti, e la seconda è lo sviluppo tecnico della monoposto.
Nel lavoro di sviluppo al simulatore si sperimentano soluzioni mai provate prima, come per esempio un nuovo cinematismo di sospensione, un nuovo componente della Power Unit o un nuovo dispositivo aerodinamico.
Si possono fare simulazioni anche senza piloti (Offline Simulation), dove è il computer e l’intelligenza artificiale a guidare la monoposto, senza dover impiegare per ore i nostri piloti.
Come è logico, il lavoro fatto con i driver è quello più importante, specialmente quando si fa un lavoro di validazione, cioè quando si prova a mettere in correlazione i dati ricavati in pista con quelli del simulatore.
La validazione viene fatta in genere i primi giorni della settimana dopo il GP, confrontando i rilievi telemetrici del weekend con i risultati che ci fornisce il simulatore.
Qual è il fattore più critico dell’assetto di Monza?
A Monza togliamo tantissimo downforce dalla monoposto, che diventa molto più difficile da guidare.
Il bilanciamento dei freni diventa quindi estremamente importante, oltre che trovare una buona stabilità in rettilineo.
Che differenze ci sono a livello aerodinamico, dopo il cambio di regolamento del 2022, qui a Monza?
La differenza principale è che le vetture vengono influenzate di meno dalla vettura davanti. Anche l’effetto scia è diminuito in intensità.
È ancora importante, ma non lo è più come negli scorsi anni. Infatti in qualifica i piloti non hanno cercato in modo sistematico le scie di altre vetture, come invece avveniva in passato.
Da questo punto di vista il cambio di regolamento è stato migliorativo.
Parlando dell’assetto meccanico, quali sono le caratteristiche di Monza rispetto agli altri circuiti?
Le barre e le molle devono essere ottimizzate per la ridotta deportanza, visto che non devono sopportare elevati carichi verticali alle alte velocità.
Ma allo stesso tempo dobbiamo considerare che a Monza ci sono anche tanti cordoli alti che i piloti devono necessariamente prendere per ottenere un buon giro, e per i quali serve un buon assorbimento meccanico per poter garantire stabilità e motricità in uscita.
Occorre quindi trovare un compromesso tra ottimizzazione aerodinamica e un buon assorbimento meccanico sui cordoli.
L’efficienza in rettilineo si ricerca anche con minori angoli di convergenza?
No, oggi la scelta della convergenza non è più determinante sotto l’aspetto dell’efficienza e della resistenza all’avanzamento.
Lo è stato nel passato, ma con le monoposto attuali non influisce più di tanto. Sulla convergenza facciamo quindi solo piccoli aggiustamenti per migliorare eventualmente la stabilità in rettilineo.
Il camber invece è un parametro che varia in maniera percentualmente maggiormente, soprattutto per ottimizzare le temperature dello pneumatico.
Vengono fatte particolari modifiche per evitare le rotture qui a Monza, visto l’elevato stress meccanico della Power Unit e dell’impianto frenante?
Oggi tutte le parti sulla monoposto sono progettate in modo da avere il massimo coefficiente di sicurezza nelle condizioni peggiori possibili.
Quindi anche il caso di Monza, dove il motore rimane a pieno carico per moltissimo tempo, viene contemplato in fase di design della Power Unit.
Non ci sono pertanto modifiche specifiche per Monza, né per altri circuiti che hanno delle conformazioni particolari, come per esempio Montecarlo.
Le parti che utilizziamo qui a Monza sono le stesse che impieghiamo abitualmente anche negli altri tracciati.
Il fatto di modificare alcuni componenti per un tracciato in particolare avveniva in passato, oggi da questo punto di vista è più facile, perché la Formula 1 è in grado di sopportare qualsiasi condizione che si riscontri durante tutto il calendario.
Questo è necessario anche perché il budget cap non ci consentirebbe di progettare nuovi componenti per ogni singolo tracciato (il budget cap è il limite di spesa – 140 milioni di dollari – legato agli aspetti di miglioramento della prestazione, che ogni team di Formula 1 deve rispettare per regolamento, ndr).
L’unico accorgimento è quello di arrivare a Monza con un motore che abbia meno km possibili sulle spalle, perché comunque è un tracciato “power-sensitive”.
Parlando di elettronica, c’è qualche settaggio particolare per Monza?
Dal punto di vista del settaggio elettronico della Power Unit, cerchiamo di sfruttare tutta la potenza ma al tempo stesso di conservare una buona drivability, cioè una risposta dal motore che sia quanto più possibile fruibile dai piloti.
L’elettronica influisce poi sulla frenata e sul Brake By Wire. Vista la ridotta deportanza qui a Monza, siamo chiamati a un extra lavoro sui settaggi dell’impianto frenante, per cercare di avere quanta più possibile stabilità in frenata.
C’è un settore del circuito dove cercate una migliore prestazione, a discapito degli altri settori?
Alcuni team lo fanno, per esempio la Williams, che è stata velocissima nel settore 1, dove c’è la maggiore velocità. Noi invece cerchiamo di essere competitivi in maniera globale, in tutto l’arco del circuito.
Che differenza di assetto c’è tra le due monoposto?
Le differenze sono minime. Si parte di solito al venerdì dove a volte si cercano strade diverse di assetto, ma poi con il team di ingegneri cerchiamo di mettere tutto assieme e di uniformare i due assetti.
Non si tratta mai di modifiche drastiche, quanto piuttosto di piccole ottimizzazioni, anche in ottica di ridurre l’usura degli pneumatici, in vista della gara.
Tra i due piloti, chi ha meno esperienza di solito predilige un anteriore meno veloce e meno aggressivo nell’inserimento.
Questo è abbastanza normale per i piloti più giovani, che in genere vogliono una monoposto più facile da guidare e che permetta loro di apprendere più velocemente possibile, evitando di commettere errori.
Se fornissimo ai nuovi piloti la monoposto in configurazione di migliore assetto, sarebbe per loro troppo difficile e frustrante condurla.