Il mito della Jeep volante – Il vero boom della motorizzazione militare è stato durante la Seconda Guerra Mondiale e da allora gli organi tecnici degli stati maggiori delle forze armate di tutto il mondo non hanno mai smesso di cercare soluzioni idonee a creare dei veicoli tattici che avessero la possibilità di superare gli ostacoli sollevandosi da terra. È stato studiato di tutto, cercando di unire le tecnologie automobilistiche a quelle degli elicotteri, degli autogiri, degli hovercraft ed altro ancora. La materia è stata estesamente studiata, soprattutto dall’esercito americano e da quello inglese (per gli studi postbellici del secondo v. Auto Tecnica N. 401, gennaio 2015). La sperimentazione pratica si è spinta più avanti negli Stati Uniti dove negli anni Cinquanta sono stati realizzati e provati svariati prototipi.
Queste Flying Jeep sono costate molti soldi al contribuente e i risultati pratici sono stati scarsi ma meritano ugualmente di essere raccontati.
Il concorso del 1956
Nel 1956 l’US Army Transportation Research and Engineering Command (Trecom) con la collaborazione del NACA – all’origine dell’attuale NASA – definì la specifica per un veicolo utility come la Jeep, capace di muoversi nelle tre dimensioni per superare situazioni nelle quali un mezzo convenzionale sarebbero rimasto bloccato. La richiesta era relativa ad un biposto, suscettibile di essere sviluppato successivamente in un quadriposto, con un disegno dal profilo molto basso ed una larghezza massima non superiore a 3 m, in grado di essere armato con un cannone senza rinculo da 57 mm o da 106 mm, un Bazooka o una mitragliatrice. Le prestazioni prevedevano portata di 450 kg, velocità massima di 95 km/h, autonomia di 95 km (o di diverse ore a velocità ridotta) ed una quota di crociera compresa tra 1,50 e 3,60 m.
In quel periodo apparve una vera pleiade di progetti più o meno assimilabili a quanto richiesto dall’US Army, dal quale alcuni di essi furono finanziati mentre altri procedettero “private venture”; un elenco completo non è mai stato fatto, ma sappiamo che all’inizio del 1957 l’esercito americano finanziò con contratti di sviluppo i tre progetti finalisti giudicati più interessanti, presentati dalla Defense Engineering Division della Chrysler, dalla filiale Aerophysics della Curtiss-Wright e dalla Piasecki Aircaft Corporation.
LA VZ-6CH
Al primo classificato in ordine alfabetico, cioè la Chrysler Defense Engineering di Detroit (Michigan) fu assegnata la designazione VZ-6CH.
La Chrysler VZ-6CH Aerial Platform poteva essere assimilata ad un elicottero con due rotori intubati in tandem, annegati in una cellula a forma di saponetta, lunga 7,01 m, alta 1,37 m e larga 3,05 m. Non rispondendo pienamente alla specifica, era monoposto, con un motore centrale Lycoming a sei cilindri contrapposti da 290 HP a 3.400 giri/min che azionava i due rotori tripala. Il flusso dei rotori era indirizzato verso il basso mediante una “minigonna” di gomma, mentre manovrabilità e moto orizzontale si ottenevano deviando il flusso delle eliche con delle vistose “veneziane”.
I due prototipi ordinati furono consegnati nel 1958 ed il primo di essi fu pronto ad iniziare le prove di sollevamento vincolato nel 1959. La macchina pesava al decollo circa 1.080 kg, troppi per la potenza installata, e la sua controllabilità lasciava molto a desiderare. Durante il primo volo libero questo prototipo si capovolse: il pilota se la cavò senza gravi danni ma il mezzo fu giudicato non riparabile e fu demolito, assieme al secondo, nel 1960.
LA VZ-7AP
Anche all’Aerophysics, quella che poi divenne Santa Barbara Division della Curtiss-Wright, furono ordinati due prototipi.
La Curtiss-Wright VZ-7AP Aerial Jeep si discostava più degli altri progetti dalla specifica, non solo in quanto monoposto (vi era però la possibilità di un secondo sedile in tandem), ma perché il suo ingombro, in pratica quello di un elicottero con due coppie di rotori bipala in tandem un po’ come nei moderni minidrone quadrirotore, arrivava a ben 4,87 m di larghezza massima, mentre la scocca, costituita da un cassone d’alluminio, era lunga 5,18 m. Le quattro eliche erano mosse da una turbina Turbomeca Artouste IIB da 425 sHP, che offriva anche una certa spinta per il volo traslato e contribuiva alla direzionalità con un piccolo timone immerso nel flusso di scarico.
Questo veicolo, con un peso a vuoto di 770 kg ed al decollo di 952 kg, dimostrò una controllabilità soddisfacente e la possibilità di volare ad una velocità massima di 52 km/h (40 km/h in crociera), salendo fino a 60 m di quota; l’autonomia, invece, non fu determinata. L’US Army ritenne che una Jeep, sia pure volante, con velocità pari a circa la metà di quella della sua controparte terrestre, non fosse interessante e nel corso degli anni Sessanta restituì il secondo prototipo alla Curtiss-Wright che probabilmente lo demolì; il primo, invece, è all’US Army Aviation Museum di Fort Rucker (Alabama).
LA VZ-8P
Il Piasecki VZ-8P Airgeep (la grafia “geep” fu scelta per evitare conflitti commerciali con l’industria automobilistica detentrice del marchio Jeep) fu il più fortunato dei tre progetti. Ordinato anch’esso in due prototipi, dimostrò fin dall’inizio la superiore esperienza in fatto di volo verticale dei progettisti della Piasecki.
Il VZ-8P fu il primo dei tre concorrenti a volare, compiendo il primo decollo con successivo “hovering” il 12 ottobre 1958. Quello che per il costruttore era il Model 59K Sky Car aveva una formula simile a quella del progetto Chrysler, con due rotori tripala intubati in tandem, azionati da due motori a pistoni Lycoming O-360-A2A da 180 HP; ogni motore muoveva un’elica ma, in caso di avaria, una trasmissione consentiva al motore funzionante di farle girare entrambe.
La Jeep volante di Frank Piasecki era lunga 7,95 m, larga 2,87 m ed alta 2,01 ed aveva un posto di pilotaggio a destra con un sedile di fortuna a sinistra, rispettando così le specifiche. Pesava a vuoto 838 kg e 1.159 kg al decollo. Le sue prestazioni erano nettamente superiori a quelle dei concorrenti, con una velocità massima di 104 km/h (80 km/h in crociera), mentre l’autonomia era di 40 km. Nel 1959 il primo prototipo ebbe i due motori a pistoni sostituiti con una turbina Turbomeca Artouste IIB da 425 sHP e con questo motore volò il 28 giugno.
Alla VZ-8P si interessò anche l’US Navy che ebbe in prestito un esemplare, ribattezzato Model 59N Seageep, dotato di galleggianti gonfiabili; all’epoca dei suoi collaudi, nel 1961, si parlò della possibilità di rimanere in “hovering” fino a 1.525 m, un risultato decisamente notevole (se reale) per una macchina di questo genere. Il mezzo fu provato sia sul fiume Delaware che dal ponte del cacciatorpediniere USS Norris. Con piccole modifiche, la Seageep fu valutata anche dall’US Coast Guard e quando fu restituita all’US Army fu ulteriormente modificata con una turbina Garrett AiResearch TPE331-6 da 480 sHP.
Nonostante i risultati apparentemente buoni della VZ-8P, il secondo prototipo fu completamente riprogettato e divenne VZ-8P(B) o Model 59H Airgeep II. Era immediatamente riconoscibile in quanto la parte posteriore, quella che conteneva il secondo rotore, aveva una netta inclinazione verso l’alto ed il carrello diventava triciclo. Sulla sua motorizzazione ci sono indicazioni contrastanti: si parla di due turbine Turbomeca Artouste IIC da 400 sHP o di due Palouste IIC da 530 sHP; inoltre per il pilota vi era un seggiolino eiettabile “zero-zero” (cioè funzionante anche con il veicolo fermo a terra) mentre un armiere e tre passeggeri avevano sedili fissi. L’angolazione della parte posteriore in volo orizzontale consentiva di eliminare l’assetto inclinato che la VZ-8P assumeva durante la traslazione. La bibliografia parla anche di trasmissione del moto alle ruote per consentire una limitata mobilità e, infatti, la VZ-8P fu fatta sfilare in parata ma su quest’aspetto non si trovano indicazioni.
L’Airgeep II compì il primo collaudo non vincolato nell’estate del 1962. Il veicolo era lungo 7,47 m, largo 2,82 m, alto 1,78 m e pesava al decollo 2.177 kg. La sua velocità massima era di 136 km/h e quella di crociera di 112 km/h, mentre sulla quota massima ci sono indicazioni che vanno da 915 a 5.500 m, anche se il secondo dato appare assolutamente esagerato.
Sulla scia dei buoni risultati dall’Airgeep II, Frank Piasecki, il responsabile dei programmi Donald N. Meyers ed il direttore tecnico Bruno J. Uggeri rilanciarono l’idea della Sky Car, un’automobile volante a due-quattro posti, capace di una velocità massima di 240 km/h e 160 km/h in crociera ma il progetto non ebbe un seguito.
La VZ-8P si trova, restaurata, presso l’American Helicopter Society Museum, sull’aeroporto di Brandywine, a West Chester (Pennsylvania), mentre la VZ-8P(B) è conservata all’US Army Transportation Museum di Fort Eustis, in Virginia.