I sistemi di distribuzione per motori V8 americani – Chi ha avuto modo di provare un V8 americano degli anni ’60, sia esso uno small-block o un big-block, si sarà accorto dell’enorme coppia e del basso numero di giri a cui viene raggiunta la potenza massima. La filosofia di fondo non è cambiata, ma il regime di potenza massima è ora molto più elevato. Come è stato possibile tutto ciò, visto che in molti casi si tratta ancora di unità ad aste e bilancieri? Ve lo raccontiamo in queste pagine
Introduzione
Lo sa chiunque si sia almeno una volta interessato al motorismo americano. I principali parametri di progetto di un progettista GM, Ford e Chrysler sono sempre stati i medesimi: affidabilità, grande coppia disponibile ai bassi regimi, e lungo tutto l’arco di giri, e costi di costruzione e manutenzione bassi. Nel periodo al quale gli americani si riferiscono con la dizione the old good days, il problema della fuel economy non aveva mai rappresentato un problema. E per una società come quella americana, completamente disinibita di fronte ai problemi di stampo energetico che interessano il mondo di oggi, il passaggio a motorizzazioni più piccole, tendenzialmente meno affidabili e meno prestazionali, ha rappresentato sempre un grande problema. Proprio in quest’ottica, i costruttori americani, pur fedeli ad un certo modo di intendere e pensare l’automobile, hanno evoluto il loro stile di progettazione lavorando essenzialmente su due differenti fronti: il noto downsizing (non così apprezzato come molti credono) e l’ottimizzazione delle architetture esistenti (soluzione molto più consona al loro modo di progettare e costruire). Avremo modo di parlare della prima voce in un altro articolo del nostro giornale. In questo caso, ci interessa approfondire quel processo metodico, certosino e pragmatico che ha portato il sistema di
distribuzione dei V8 americani di oggi all’estremo stadio evolutivo, quell’evoluzione che ebbe inizio molto tempo addietro, il tempo dei V8 Ford Flathead, dell’intramontabile small-block Chevy e dell’illustre V8 HEMI del gruppo Chrysler. La questione tecnica che si vuole discutere in queste pagine è molto precisa: su quali fronti hanno lavorato gli ingegneri americani per rendere la distribuzione ad aste e bilancieri dei V8 odierni capace di girare a regimi così elevati. Ma non solo. In altre parole, come è stato possibile raggiungere regimi così elevati (anche oltre 10.000 giri/min) ad un prezzo concorrenziale, pur conservando tutto quello che l’utente medio americano esige dal motore montato sulla propria auto? La risposta breve è semplice: ottimizzazione di ogni possibile dettaglio cercando di sfruttare, per dirla all’americana, ogni cfm (cubic feet meter) di aria aspirata e ogni lb (libbra) di combustibile. Ci sono voluti oltre cinquant’anni, un lasso di tempo che è stato sfruttato fino all’ultimo secondo con risultati strepitosi. Vediamo allora nel dettaglio cosa è successo in tutti questi anni facendo riferimento anche al mondo delle competizioni yankee.
Il progresso sui sistemi di distribuzione
È ovviamente uno dei reparti dove i tecnici si sono maggiormente concentrati. Ogni punto debole è stato eliminato attraverso stadi successivi. Verso la fine degli anni ’80, era maturata la tecnologia giusta per costruire rampe di salita e rampe di discesa degli eccentrici tali da consentire il raggiungimento di regimi elevati. Esisteva però un grande problema: le molle valvola del tempo non erano in grado di gestire le accelerazioni imposte da lobi così spinti. Questo fu il motivo che impose uno studio intenso sulle geometrie delle molle e sui materiali. Bisognerà aspettare i primi anni ’90 per vedere le prime molle valvola ad alte prestazioni e disponibili ad un prezzo popolare. Quest’ultimo aspetto manca quasi sempre nell’offerta europea. Ma si sa, la distribuzione ad aste e bilancieri si compone di parecchi componenti, e dopo aver lavorato su eccentrici e molle fu la volta delle punterie. Queste si rompevano a causa dello sforzo imposto dalle molle di ultima generazione e dal design aggressivo dei lobi. Quando ogni anello debole della catena sembrava fosse stato eliminato a cedere furono i bilancieri. A tal proposito, vale la pena ricordare che oggi un motore utilizzato nel campionato NHRA Pro Stock è in grado di ruotare a circa 11.000 giri/min e che, sempre per citare un esempio, i motori della NASCAR possono superare tranquillamente i 9.000 giri/min. Tornando al problema dei bilancieri il punto debole venne quindi individuato nei due bracci di leva e anche nel sistema di fissaggio. Anche qui la risposta dei tecnici fu eccezionale, perché i bilancieri vennero irrobustiti lavorando sui materiali e sulle geometrie, cercando di mantenere invariate le masse e proponendo appositi alberi rinforzati. Quando il cerchio sembrava ormai chiuso, e del resto non poteva essere diversamente visto che quasi tutti gli elementi erano stati modificati, il problema ritornò in forma di molle valvola non più adeguate. I veri cambiamenti sul fronte dei sistemi di distribuzione arrivarono negli anni tra il 1999 e il 2003. Giusto perché ci si possa rendere conto delle grandezze in gioco, il diametro delle molle valvola arrivò sino ai 60 mm e gli small-block Chevy da 350ci, tanto per citare un esempio, riuscivano a raggiungere anche gli 11.000 giri/min. Per quanto riguarda l’utilizzo degli alberi di supporto dei bilancieri, la soluzione fu di passare dal sistema di fissaggio con dado su colonnette ai bilancieri montati su dei veri e propri alberi. Il sistema con dado e colonetta rappresentò sempre un grosso limite per il raggiungimento di regimi elevati, e proprio per questo motivo si dimostrò essere una soluzione non adatta per le nuove tecnologie che stavano comparendo a favore di molle e punterie. Ma il problema non era solo di tipo resistenziale. Ciò che rese appetibile la soluzione con albero porta bilancieri fu la possibilità di spostare il centro di rotazione, o punto di pivot del bilanciere stesso. Con il sistema a dado e colonetta l’unico modo per regolare la geometria del sistema di distribuzione era di cambiare la lunghezza dell’asta. Ogni altro sistema si sarebbe rivelato troppo costoso e complicato. Con l’introduzione dell’albero porta bilancieri, il punto di pivot poteva essere posizionato a dovere in funzione della posizione della testa della valvola, e questo perché l’insieme di albero e bilancieri veniva alloggiato in un apposito castelletto. Successivamente sarebbe bastato scegliere un asta di lunghezza adatta.
Alberi a camme maggiorati
Il passaggio successivo furono gli alberi a camme con cuscinetti di banco (quelli del castelletto porta albero) di maggior diametro. Anche in questo caso le ragioni furono molteplici. La prima è di tipo strutturale, perché con perni di maggiore diametro gli alberi offrono maggiore resistenza alla flessione. Ma le due ragioni più importanti furono altre. La prima riguardava la possibilità vera e propria di inserire un albero a camme all’interno della propria sede. L’albero di un motore V8 ad aste e bilancieri, infatti, viene inserito attraverso un foro di sezione circolare posto nella parte frontale del monoblocco. Il diametro di questo foro limita, di fatto, la dimensione massima dell’eccentrico e quindi del suo naso. Se quindi si vogliono ottenere alzate superiori il problema dell’ingombro diventa fondamentale. Per questo motivo si pensò a nuovi punti di accesso nel monoblocco e alberi a camme con lobi maggiorati. Ma c’era un terzo aspetto enormemente importante. Per dare stabilità all’intero sistema di distribuzione nel caso dell’architettura ad aste e bilancieri, infatti, la soluzione migliore è sempre stata prevedere l’eccentrico più aggressivo possibile e il rapporto di leva più piccolo possibile. Questo è un problema che ebbe sempre grande impatto sui motori impiegati nella NASCAR. In questo caso, siccome i motori impiegati in questa categoria utilizzano punterie a piattello, non è possibile ricorrere a lobi con profilo aggressivo perché non si possono imprimere accelerazioni eccessive con questo genere di punterie. Cosa che invece è possibile fare nel caso di punterie a rullo. Nei motori NASCAR, allora, si usa generalmente un rapporto di leva di 2,4:1 che è molto spinto rispetto all‘1,7, 1,8 che si riscontra sui motori per uso turistico. Alcuni valori di riferimento sono i seguenti: con una camma da 50 mm si può raggiungere un’alzata di 0,440” mentre con una camma di 60 mm si possono raggiungere valori nell’intorno degli 0,590”. In linea di massima, quindi, l’utilizzo di eccentrici con cerchio di base di maggiori dimensioni divenne la soluzione migliore per ottenere un incremento di prestazioni. Questo è lo stesso motivo che spinse ad esempio gli ingegneri Chevrolet a rivedere il disegno della biella in fase di progettazione della versione V8 da 400ci, sempre ovviamente su base small-block. E questo, proprio perché la biella del 350ci interferiva con la zona dell’albero a camme. Certo, sarebbe costato meno adottare un albero di diametro più piccolo ma non sarebbe stata la soluzione ideale, soprattutto in termini di affidabilità.
La risonanza
Un ulteriore problema, che venne allo scoperto in un secondo tempo, era la frequenza di risonanza dell’intero sistema di distribuzione. Come molti sanno, i componenti della distribuzione concorrono a formare un impianto dotato di frequenza di risonanza propria. Bene, questo valore di frequenza deve essere differente da quello dei singoli componenti. Purtroppo, in questo caso, molto ancora è affidato al campo della sperimentazione perché il calcolo puro non è cosa semplice. A tal proposito, è interessante una testimonianza di Darin Morgan della Reher-Morrison. Con uno dei crate engine realizzati da quest’azienda, si riusciva a far correre senza problemi auto per drag race, mentre quando lo stesso motore veniva utilizzato per gare nautiche le molle valvola spaccavano. Indagini approfondite misero in luce che queste molle raggiungevano la propria frequenza di risonanza quando il motore segnava circa 7.400 giri/min. Il problema non si presentava nel caso delle drag race perché il motore permaneva a quel regime per pochissimo tempo. Nel caso delle competizioni su acqua, invece, l’unità rimaneva parecchio tempo nell’intorno del regime sopra indicato e ciò provocava un tempo di eccitazione della molla piuttosto lungo. Accadeva così che le molle spaccavano.
Riduzione della massa: obiettivo complicato
Ridurre la massa e quindi di conseguenza il peso di un componente della distribuzione è fondamentale per limitare gli effetti indotti dall’inerzia. Il problema è che in questo caso l’operazione di riduzione richiede per lo meno il mantenimento delle medesime caratteristiche di resistenza se non superiori. Questo significa adottare materiali speciali, come ad esempio il titanio, con tutte le complicazioni che ne derivano, e disegni specifici per punterie, aste, bilancieri, valvole, sistemi di ritenuta delle molle e piattelli. Il processo di riduzione della massa fu quindi un percorso molto difficile anche perché certe nozioni erano già note da tempo. Ad esempio, la riduzione della massa è un’operazione molto più complessa se viene realizzata sul lato del bilanciere che guarda verso la valvola piuttosto che sulla parte che comprende anche l’asta. In ogni caso, si tenga conto che l’obiettivo fondamentale su questi motori con distribuzione push-rod è sempre stato mantenere bassissimi valori di flessione, lasciando ad uno stadio successivo il compito di ridurre le masse. Quest’ultima metodica, poi, malgrado la sua complessità, spesso si rivelò strategica. A beneficiarne sono le versioni moderne dei motori V8 ad aste bilancieri prodotti dai costruttori americani. Con una sistematica riduzione delle masse, infatti, è stato possibile diminuire sensibilmente l’effetto delle forze inerziali. In passato, soprattutto nel settore delle competizioni, la riduzione delle forze di inerzia consentì l’allungamento dei valori di percorrenza dei motori. Un esempio famoso vale per tutti e viene dal mondo delle competizioni americane. È la storia di un motore costruito dalla Richard Childress Racing. Dopo aver sviluppato un albero a camme speciale che consentiva un guadagno anche di 10 HP e averlo montato sul motore gli effetti furono disastrosi. Il motore rompeva dopo una percorrenza di 300 miglia. Rimuovendo solo 3 grammi da ogni bilanciere, e in particolare sul lato valvola, le forze di inerzia si ridussero, a parità di resistenza strutturale, a tal punto che il propulsore riusciva a percorrere tutte le 500 miglia della gara senza avere più alcun problema.
Conclusioni
Quelli indicati in questo articolo sono alcuni tra i maggiori studi che sono stati messi a punto dai costruttori americani. I benefici di quanto detto, e di molto altro, sono oggi visibili sulle moderne versioni degli small-block Chevy e sulle unità HEMI. Ford, almeno nella produzione di serie, ha pressoché abbandonato la soluzione ad aste bilancieri discostandosi un po’ dalla tradizione. In realtà anche la casa di Dearborn offre a catalogo innovativi crate engine ad aste e bilancieri che i clienti possono acquistare per le loro muscle car o per i loro truck. Esiste un movimento consolidato che considera i V8 americani ad aste e bilancieri dei motori obsoleti. Tutte queste persone si sbagliano alla grande e il pregiudizio è ancora una volta foriero di opinioni errate che non hanno alcun fondamento tecnico. La discussione che mette a confronto le soluzioni con albero a camme nel basamento e alberi a camme in testa potrebbe occupare pagine intere di un giornale. La realtà dei fatti è che certe soluzioni tecniche vengono abbandonate per ragioni non sempre strettamente tecniche. Spesso il substrato culturale provoca un condizionamento forte. In altri casi certe soluzioni aziendali sono la scelta migliore per chi si occupa di progettare ma si rivela una scelta tutt’altro che felice per l’utente finale. Lo stato dell’arte dei motori di oggi ci insegna che la soluzione ad aste e bilancieri era bel lungi dall’aver raggiunto il suo massimo sviluppo. Se qualcuno nutrisse ancora qualche dubbio, lo invitiamo a interessarsi con occhio critico e senza preconcetti al mondo delle auto americane senza fare distinzione tra settore delle competizioni e veicoli per uso turistico. Scoprirete un mondo senza fine che vi appassionerà sempre più.
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