Guidare un’auto elettrica: ecco cosa cambia

Le auto elettriche rappresentano l’evoluzione tecnologica più drastica nell’ambito della nuova mobilità sostenibile. Eliminano completamente il powertrain tradizionale per fare spazio ai motori elettrici e a un pacco batterie di notevoli dimensioni, nonché a tutti i dispositivi di controllo dei motori, come gli inverter e le centraline elettroniche. Le nuove piattaforme sono realizzate ad hoc e negli ultimi anni si stanno standardizzando su architetture modulari chiamate “skateboard”, dove le batterie sono collocate nella parte bassa e centrale del pianale e i motori sono alle due estremità, in corrispondenza degli assali.

Tutto ciò scardina completamente la distribuzione dei pesi rispetto al passato, rendendo necessaria una ricalibrazione delle sospensioni, dello sterzo, e delle logiche di controllo elettronico relative alla dinamica del veicolo. Tra le caratteristiche peculiari di ogni modello elettrico c’è sicuramente il baricentro che, grazie al collocamento delle batterie nella parte inferiore del veicolo, è in posizione più bassa rispetto ai veicoli tradizionali. Allo stesso tempo però, il valore assoluto di massa è notevolmente più elevato.

Piattaforma “skateboard”

Massa e centro di gravità

La semplificazione fa da padrona quando si parla di automobili, ma sappiamo che la dinamica del veicolo è molto più complessa di quanto si possa pensare.  Spesso si fa riferimento al fatto che la ridotta altezza del centro di gravità possa essere risolutiva nello sviluppo del veicolo e che compensi il notevole peso che caratterizza tutte le auto elettriche. La prima puntualizzazione è che l’entità della rotazione della cassa del veicolo attorno all’asse longitudinale e all’asse trasversale, chiamati rispettivamente beccheggio e rollio, non dipendono dalla sola altezza del baricentro da terra, ma più correttamente dalla distanza tra il baricentro e il punto di istantanea rotazione. Parlando di rollio, il punto di istantanea rotazione è detto centro di rollio, e ce n’è uno per la sospensione anteriore e uno per la sospensione posteriore. È detto istantaneo perché la sua posizione cambia istante per istante, a seconda dell’inclinazione dei bracci delle sospensioni. Unendo i due centri, anteriore e posteriore, si ottiene l’asse di rollio, cioè l’asse attorno al quale la cassa del veicolo ruota a causa delle accelerazioni laterali. La posizione dei centri di rotazione – e quindi dell’asse di rollio – dipende dalla geometria dei braccetti delle sospensioni e la si trova congiungendo i prolungamenti virtuali dei bracci inferiori e superiori delle sospensioni. Il concetto di centro di rollio è importante quanto il baricentro, perché determina l’entità della rotazione della cassa. Analogamente, le accelerazioni longitudinali determinano la rotazione della cassa sul piano longitudinale, alzando o sollevando il muso della vettura in accelerazione e in frenata. Quindi anche un veicolo con un baricentro più alto può compensare rollio e beccheggio della cassa con una buona geometria delle sospensioni – si vedano i concetti anti-dive e anti-squat – oltre all’utilizzo di barre anti rollio e a eventuali controlli attivi o semi-attivi delle sospensioni. Il baricentro è invece importante quando si parla di trasferimenti di carico sulle ruote, e quindi di aderenza, perché, come visibile dalla seguente equazione, il baricentro si trova al numeratore.

Trasferimento di carico [kg] = (massa x accelerazione trasversale x altezza baricentro / larghezza carreggiata )

 

Quindi un’altezza più bassa da terra del baricentro teoricamente diminuisce il trasferimento di carico tra le ruote dello stesso assale e, a causa del comportamento non lineare degli pneumatici nello scambiare forze al contatto, aumenta la tenuta di strada su quell’asse. Ma al numeratore è presente anche il valore assoluto di massa. Quindi la ridotta altezza di baricentro va sì a vantaggio della dinamica, ma se poi è presente un elevato valore di massa, il vantaggio è in parte o totalmente vanificato. Le auto elettriche, a causa del pacco batterie, pesano generalmente abbondantemente oltre i 2000 kg.

Facendo un calcolo soltanto qualitativo, un’auto tradizionale, che pesa 1600 kg, ripartiti 50:50 sui due assali, con un’altezza di baricentro di 0,6 m da terra e una carreggiata di 1,5 m, a fronte di un’accelerazione laterale di 0,5 G, sarebbe interessata da un teorico trasferimento di carico tra le due ruote dello stesso asse di:

(1600 kg / 2) x 0,5 G x 0,6 m / 1,5 = 160 kg

Un’auto elettrica, che invece pesa 2200 kg, con un’altezza di baricentro ridotta a 0,5 m da terra (10 cm più basso), con gli stessi valori di accelerazione laterale e carreggiata, avrebbe un trasferimento di:

(2200 kg /2) x 0,5 G x 0,5 m / 1,5 = 183 kg

Quindi un trasferimento di carico addirittura superiore, nonostante l’abbassamento del baricentro. Il miglioramento della prestazione in curva e in frenata di un’auto elettrica è quindi dato dal bilancio tra l’abbassamento di baricentro e l’aumento della massa, e non è detto che sia sempre a vantaggio del primo. La massa invece, in valore assoluto, rappresenta sempre uno svantaggio, anche in accelerazione e in frenata, perché aumenta la forza d’inerzia, il valore che nell’equazione di moto contrasta le accelerazioni e le decelerazioni impresse da motore e freni.

 

Batterie e prestazioni

Esiste un interrogativo che pochi appassionati si pongono, ma che i progettisti di auto elettriche sportive stanno studiando da alcuni anni.  Qual è la dimensione di batteria che trova il giusto equilibrio tra le prestazioni e le dimensioni della batteria? C’è infatti una discriminante essenziale tra i motori a combustione e i motori elettrici. I primi vedono un gradiente basso tra prestazioni e peso, mentre le auto elettriche, per poter essere più performanti e più prestazionali, devono aumentare non solo la potenza del propulsore ma anche la capacità delle batterie, e quindi il peso. Si ritiene generalmente che più la batteria è grande e più aumentano le prestazioni: Porsche ha fatto alcuni interessanti test virtuali proprio per sperimentare questa presunta correlazione, simulando al computer la Taycan Turbo S sul tracciato del Nurburgring.

Risultati della simulazione del tempo sul giro al Nurburgring aumentando la capacità della batteria

I tempi sul giro simulati suggeriscono esattamente il contrario di ciò che si è portati a pensare. Porsche ha calcolato che una Taycan Turbo S virtuale con una batteria da 85 kWh e un peso di 2.419 chilogrammi può completare un giro in 7:39,5 minuti, e che questa sia la miglior configurazione possibile, per massimizzare le prestazioni in pista. Quando infatti la capacità della batteria viene ridotta a 70 kWh, il peso totale del veicolo scende a 2.310 kg, ma la riduzione della carica della batteria, e quindi la potenza erogata dai motori, fa sì che la Taycan impieghi altri sette decimi di secondo per completare il giro. Con questa configurazione la Taycan impiega 9,51 secondi per raggiungere i 200 km/h, ovvero circa otto decimi di un secondo più lenta rispetto alla versione con 85 kWh. Quindi il risparmio di peso complessivo non compensa la ridotta potenza della batteria. Al contrario, una batteria da 100 kWh aggiunge ben 107 kg in più al peso totale del veicolo. Nonostante la batteria più potente, il tempo sul giro sale a 7:42,4 minuti, l’accelerazione da zero a 200 km/h impiega 9,71 secondi. L’influenza del peso diventa ancora più evidente con una batteria da 130 kWh, che aumenta il peso totale del veicolo a 2.743 kg. Con questa configurazione il tempo sul giro sale a 7:48,2 minuti, l’accelerazione da zero a 200 km/h impiega 10,48 secondi.  I risultati di Porsche indicano come esiste una dimensione di batteria “ottimale” per offrire la migliore dinamica di guida e che, nel caso di una berlina sportiva come Taycan, sia attorno agli 85 kWh.

 

Frenata

Porsche Taycan 4S

Nel comportamento su strada di un’auto elettrica, il comando del freno è uno degli aspetti più particolari e meno convincenti. Nelle frenate a bassa intensità infatti, entro circa 0,3 ÷ 0,4 G di decelerazione a seconda dei modelli, le pinze idrauliche non intervengono e il rallentamento viene attuato soltanto dai motori elettrici, che generano una coppia resistente e contraria al moto. Per frenate più impegnative, interviene a supporto anche il sistema frenante tradizionale. Il gradiente di intervento, cioè la quantità di frenata in relazione alla corsa del pedale, e il transitorio di passaggio tra frenata rigenerativa e frenata convenzionale, vengono impostati a livello software nella centralina elettronica in fase di impostazione e sviluppo dell’auto. Per questo motivo, spesso sulle auto elettriche il comando del freno può risultare al guidatore poco sincera e “virtuale”, specialmente alle basse velocità, se paragonato a quello di un veicolo tradizionale. Tale sensazione si avverte soprattutto durante i primi chilometri, nei quali occorre un certo apprendimento prima di trovare la giusta confidenza.

 

Accelerazione e “Jerk”

Ford Mustang Mach-E

L’accelerazione di un veicolo elettrico viene impressa da motori elettronici – chiamati anche digitali – e per questo motivo è potenzialmente immediata ed esplosiva. Per rendere fruibile l’elevata coppia disponibile già a partire da fermo, il comando dell’acceleratore subisce una lunga fase di sviluppo e test da parte dei tecnici, per poter definire le rampe di coppia dei motori, in base a quanto e a come il pedale viene premuto dal guidatore. Per esempio, quanti millimetri deve essere premuto il pedale per far partire il veicolo da una condizione stazionaria? Quanto invece deve essere premuto per erogare il 50% della coppia? Cosa accade se il guidatore preme in modo repentino il pedale, spalancando il gas in pochi decimi di secondo? Gli sviluppi sono focalizzati per rendere quanto più fluida e prevedibile l’erogazione della coppia, evitando accelerazioni brusche, strappi, o reazioni innaturali del motore, che potrebbero mettere in allarme il guidatore. In particolare si studia il “jerk”, cioè la derivata dell’accelerazione, espresso in m/s^3. Rappresenta come varia l’accelerazione nel tempo e in termini pratici misura lo “strappo” che si avverte se l’accelerazione è troppo brusca. Soltanto pochi decenni fa lo studio del jerk era relegato a calcoli specifici, come la progettazione dei profili delle camme, lo studio della penetrazione di fluidi o del raggio di curvatura dei binari dei treni. Oggi è diventato essenziale nello sviluppo dei veicoli elettrici, per renderli guidabili da tutti, addomesticando l’elevata coppia, grazie a rampe graduali e fluide.

 

Motricità e trazione

Tesla model S Plaid

L’essere svincolati dall’utilizzo di un albero di trasmissione e di un differenziale centrale per ripartire la coppia tra i due assi rappresenta un grande vantaggio per la motricità dei veicoli elettrici. Questi possono contare non solo sulla possibilità di avere logiche di azionamento diverse tra l’asse anteriore e quello posteriore, ma anche tra le due ruote dello stesso asse, qualora fossero presenti due motori. Ciò rende potenzialmente superiore il sistema a quattro ruote motrici di un veicolo elettrico rispetto a un veicolo tradizionale. Viene quindi sfruttata maggiormente l’aderenza disponibile sulle quattro ruote, con ovvi vantaggi sull’accelerazione, specialmente se da fermo.

 

Sterzo

Lo sterzo di un’auto elettrica ha il primo vantaggio di essere totalmente privo di vibrazioni che possono, al contrario, essere trasmesse da un motore endotermico tramite i semiassi. Quindi risulta filtrato e puro, simile a quello di una vettura tradizionale a trazione posteriore, che è da sempre la scelta meccanica più raffinata. Il secondo vantaggio, è il massimo angolo di sterzatura, generalmente più elevato, grazie al ridotto ingombro del powertrain. Ciò si traduce in diametri di sterzata ridotti che, uniti ai piccoli sbalzi anteriori e posteriori tipici delle piattaforme elettriche, rendono le BEV molto maneggevoli e adatte alla guida cittadina.

 

Pneumatici

Pirelli Elect

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, le auto elettriche, oltre a pesare di più, erogano molta più coppia e in modo più repentino al comando dell’acceleratore. Gli pneumatici vengono quindi messi a dura prova sia nel campo delle forze verticali che in quelle tangenziali. Per questo motivo, tutti i costruttori di pneumatici realizzano modelli specifici, capaci di rispondere alle richieste delle auto elettriche. Al maggior peso della vettura, si risponde con una struttura rinforzata della carcassa, con una rigidezza distribuita per mantenere l’impronta a terra corretta e con pressioni di gonfiaggio più elevate, fino a 2,8 bar. Alla coppia generosa e immediata dei motori digitali, si risponde invece con un battistrada che possa garantire aderenza, ma anche resistenza nel tempo, specialmente per quanto riguarda le sollecitazioni dei tasselli. Al tempo stesso, ai produttori di pneumatici viene richiesto dalle Case la riduzione di resistenza al rotolamento, per poter aumentare l’autonomia, uno dei parametri di valutazione principali nell’acquisto di un’auto elettrica. Infine, c’è da considerare che spesso le auto elettriche non sono dotate di ruote di scorta, per lasciare spazio alle batterie, quindi le coperture sono di tipo Run Flat oppure Seal Inside, notoriamente più pesanti. Per tutti i motivi sopra, la struttura di uno pneumatico specifico per l’auto elettrica è più pesante e più rigida. Ed è scontato affermare che, in uno pneumatico, se si esaltano determinati parametri, occorre declassarne altri, e in questo caso a farne le spese è il comfort, sia acustico che vibrazionale. Le gomme risultano più rigide e meno inclini all’assorbimento delle asperità. Lo si avverte specialmente sulle micro irregolarità, come le piccole imperfezioni della strada, dove gli pneumatici e gli elastomeri, che hanno un modo di vibrare a una frequenza di un ordine di grandezza più alta rispetto agli ammortizzatori idraulici, sono chiamati a smorzare le vibrazioni, prima che queste raggiungano l’abitacolo.

 

Comfort Acustico

Un grande vantaggio delle auto elettriche è la riduzione del rumore in abitacolo, grazie alla quasi assenza di rumore proveniente dal powertrain, ad esclusione del sibilo delle correnti magnetiche e del rumore di trascinamento degli ingranaggi dei riduttori a valle del motore. Quindi si avverte principalmente il rotolamento degli pneumatici e il fruscio aerodinamico, che oltre gli 80 km/h circa diventa non trascurabile. Dalle prove effettuate, a seconda del veicolo, la differenza di rumorosità residua in abitacolo, tra un veicolo elettrico e uno tradizionale, per velocità comprese tra 90 km/h e 130 km/h, è di circa 10 dB.