La Volkswagen Golf è in circolazione dal 1974. Neppure la Mini ha avuto una vita produttiva così lunga. E se dopo l’ottava serie appena presentata la Golf proseguirà ancora questa sua inarrestabile carriera, anche l’apparente irraggiungibile longevità del Maggiolino, prodotto per 40 anni in Europa e per altri 25 solo in Sud America, potrebbe essere messa in discussione.
La declinazione sportiva della Golf, siglata GTI, non è certo da meno, essendosi aggiunta alla gamma della due volumi disegnata da Giugiaro appena due anni dopo, nel 1976. Quella ‘I’ che si aggiungeva al ben noto acronimo di Gran Turismo indicava l’adozione dell’iniezione elettronica Bosch K-Jetronic, all’epoca un sistema decisamente fuori dall’ordinario per una vettura di questo segmento, ma fondamentale per rendere così fruibili i 110 CV denunciati per il quattro cilindri monoalbero di 1.588 cc.
In quegli anni, quelli che come lo scrivente erano degli neo maggiorenni con la passione per i motori vedevano la GTI come un traguardo e guardavano le poche che circolavano come fossero delle supercar. Un vero e proprio fenomeno frutto di una riuscitissima operazione, che contribuì a rafforzare l’immagine di tutta la gamma e contribuì a fare della Golf uno dei simboli dell’automobilismo moderno. In fondo, la Golf GTI era una semplice vettura compatta che pur trasformata in un’auto di elevate prestazioni restava alla portata di una relativamente vasta fetta di pubblico e conservava la praticità utile all’utilizzo quotidiano.
Le origini
Come spesso accade alle vetture di successo, la genesi che portò alla creazione della Golf GTI fu piuttosto insolita. Una storia unica nella quale rivestì un ruolo fondamentale Anton Konrad, all’epoca responsabile dell’ufficio stampa e P.R. di Volkswagen. Ovviamente la GTI non fu opera di un singolo ma di un team di persone che condivisero la stessa idea e la realizzarono attraverso un progetto, il suo sviluppo e infine la messa in produzione. Come pilota di auto dilettante, giornalista e ingegnere, Konrad aveva buoni rapporti con tutti i settori aziendali, cosa che indubbiamente gli facilitò il compito e contribuì a fornire al
gruppo di lavoro l’indispensabile spinta per arrivare al traguardo finale: “Alcuni ingegneri di Wolfsburg avevano pensato a una Golf sportiva sin dalla nascita del modello, ma l’atmosfera generale consigliava di procedere con cautela”, ricorda Konrad.
In quegli anni, infatti, alla Volkswagen gli investimenti erano tutti concentrati sulla nascita del nuovo modello, che doveva raccogliere la pesante eredità del ‘Maggiolino’, e una sua versione sportiva era anche in qualche modo osteggiata perché, incitando comportamenti pericolosi al volante, poteva danneggiare la nuova immagine di Volkswagen che si voleva creare. “Volevamo costruire 5.000 esemplari di una Volkswagen sportiva ma sobria, che andasse bene per fare la spesa e allo stesso tempo fosse a suo agio in pista”, aggiunge Konrad. “Tutto questo richiedeva professionalità e altrettanta segretezza, visto che il progetto non era ufficiale”.
Per questo Konrad convocò quattro esperti della Volkswagen che iniziarono a collaborare al progetto fuori dall’orario d’ufficio e nei weekend: erano Hermann Hablitzl, responsabile del progetto Golf, Herbert Horntrich, esperto di telai, Alfons Löwenberg, ingegnere addetto allo sviluppo del prodotto, e Horst-Dieter Schwittlinsky proveniente dal marketing. A questi si aggiunsero successivamente lo specialista di interni Jürgen Adler, Gunther Kühl del motorsport ed Herbert Schuster che fu poi nominato responsabile dello sviluppo veicolo. Dopo alcuni prototipi giudicati troppo estremi basati sulla piattaforma della Scirocco, il team di lavoro riuscì a raggiungere la perfetta sintesi dell’idea iniziale allestendo una Golf sportiva costituita in gran parte da componenti di serie.
Battezzata GTI, la nuova vettura impressionò il Consiglio di Amministrazione con le sue prestazioni, convincendolo a rilasciare il benestare lla produzione grazie anche all’ampio utilizzo di componentistica standard, adeguatamente affidabili e di costo contenuto.
La produzione fu avviata nel giugno del 1976 con un volume previsto di soli 5.000 pezzi, anche perché, prima del debutto mondiale all’IAA di Francoforte nel 1975, la divisione vendite di VW non aveva certo dato molte speranze di successo: “Non riuscirete a venderne 500, di queste GTI”. In effetti avevano ragione: da allora, infatti, ne sono state vendute oltre due milioni…
La Golf GTI prima serie (1976-1983)
Sotto il cofano della GTI c’era un brillante quattro cilindri di 1.6 litri (alesaggio x corsa 79,5 x 80 mm) con distribuzione monoalbero in testa e due valvole per cilindro. La potenza dichiarata era di 110 CV a 6.100 giri/min. Pochi per gli standard odierni, ma ricordiamoci che all’epoca le A112 Abarth, in Italia le sportive compatte per antonomasia, uscivano con due livelli di potenza, 58 CV e 70 CV, pur se per la ridotta cilindrata rispetto alla Golf la avvicinavano in termini di potenza specifica.
Ciò che faceva la differenza, a livello tecnico, era indubbiamente l’iniezione elettronica Bosch K-Jetronic che con una pressione di iniezione di 160 bar e la sua centralina rendeva l’erogazione della coppia estremamente fruibile oltre a consentire ai preparatori di intervenire sulla mappatura per incrementare ulteriormente le prestazioni che sulla vettura di serie si misuravano in un tempo di 9,2 secondi per passare da 0 a 100 km/h e in una velocità massima di oltre 180 orari.
Nel 1982 fu aumentata la cilindrata del motore a 1.8 litri più per migliorare l’erogazione che non aumentare la potenza, salita di fatto solo di un paio di cavalli. Nel 1983, l’edizione speciale ‘Pirelli’, celebre per i suoi cerchi in lega con i caratteristici fori a forma di P fu un grande successo, tanto da essere prodotta e venduta in 10.500 esemplari in appena sei mesi.
Anche all’interno si viveva un’atmosfera sportiva: tessuto tartan a quadri per la fascia centrale dei sedili sportivi neri, padiglione nero e pomello del cambio a forma di pallina da golf sono dettagli voluti da Gunhild Liljequist, dal 1964 la prima donna a lavorare
nell’atelier di design di Volkswagen. “Sono stati di grande ispirazione i miei viaggi di quel periodo in Gran Bretagna, dove venni conquistata dai tessuti di alta qualità con fantasie a quadri”, spiega Liljequist, che a proposito del pomello del cambio aggiunge: “Quella è stata un’idea totalmente spontanea. Eravamo in tre e riflettevamo su tutti gli elementi associabili a una Golf sportiva. A quel punto dissi ad alta voce ciò che stavo pensando: ‘Che ne dite di una pallina da golf sulla leva del cambio?’ All’inizio venni derisa, ma poi…”.
La linea caratteristica color Rosso Marte sulla calandra, lo spoiler anteriore di dimensioni pronunciate, le modanature in plastica sui passaruota e la cornice nera opaca del lunotto posteriore furono invece idee del capo designer Herbert Schäfer. Il rosso, ancora oggi sinonimo di GTI, venne ripreso anche all’interno con numerosi dettagli nella strumentazione e nelle decorazioni sulle porte.
In totale, furono prodotte circa 462.000 Golf GTI prima serie.
La seconda serie (1984-1991)
Il successo, da qualcuno insospettato, della prima versione, convinse tecnici e designer Volkswagen a non abbandonare gli stilemi caratteristici della GTI, che nella sua seconda versione riuscì a ripetere il successo della precedente, inizialmente con lo stesso motore di 1.8 litri e 112 CV che avevano equipaggiato gli ultimi esemplari della prima serie.
Nel 1986 arrivò una prima importante svolta tecnica con l’adozione delle quattro valvole per cilindro, che consentirono di arrivare alla potenza di 139 CV e di superare agevolmente i 200 orari di velocità massima (208 km/h per l’esattezza). L’assetto della GTI seconda serie era 10 mm più basso della precedente, mentre l’abitacolo era caratterizzato dai sedili sportivi, dal padiglione nero e dal volante a quattro razze con i quattro pulsanti rotondi del clacson.
Nel 1990, al top della gamma arrivò la GTI G60 il cui motore restava sempre il 16 valvole di 1.8 litri cui fu aggiunta la sovralimentazione con un compressore volumetrico a spirale G-Lader azionato da una cinghia, che erogava 160 CV e spingeva l vettura fino ai 219 km/h di velocità massima. In totale, furono prodotte circa 628.000 Golf GTI seconda serie.
La Golf GTI terza serie (1991-1997)
La terza generazione debuttò con un motore di 2.0 litri 8 valvole da 115 CV che dopo circa un anno fu sostituito con un 16 valvole da 150 CV che consentiva alla Golf GTI di passare da 0 a 100 km/h in 8,7 secondi e di raggiungere una velocità massima di 215 km/h. Dal punto di vista estetico la terza serie si differenziava dalle precedenti soprattutto nel frontale, più moderno e arrotondato, dotato di gruppi ottici allungati e paraurti maggiormente integrati nella carrozzeria.
Nel 1996, in occasione dei vent’anni dalla nascita della prima GTI, fu presentato il modello celebrativo GTI Edition 20, caratterizzato dai cerchi in lega BBS e disponibile col motore 2.0 litri 16 valvole da 150 CV e 180 Nm di coppia. Seguendo l’onda del successo che all’epoca stavano riscuotendo i motori turbodiesel, cui la sovralimentazione arrecava evidenti benefici in termini di coppia ed erogazione, anche la GTI ebbe una motorizzazione diesel, che si intersecava con l’esistente versione GTD (disponibile già dal 1982 con motore da 70 CV ed esteticamente vicina alla coeva GTI) ma ne aumentava ulteriormente l’immagine sportiva.
Il motore, di cilindrata 1.9 litri, in questa versione erogava 110 CV e consentiva prestazioni davvero brillanti, con un’accelerazione da 0-100 km/h in 10,3 secondi e una velocità massima di 193 orari. Ovviamente tra i sostenitori della classica motorizzazione a benzina la versione diesel non fu accettata con entusiasmo.
In totale, furono prodotte circa 327.000 Golf GTI terza serie.
La quarta serie (1998-2003)
La Golf GTI di quarta generazione, a livello estetico non si discostò troppo dalla precedente, ma subì alcuni significative evoluzioni nella parte tecnica. Tra gli elementi più caratteristici di questa serie ricordiamo i cerchi in lega BBS, i gruppi ottici posteriori con una fascia centrale brunita e, all’interno, i sedili sportivi anatomici forniti da Recaro.
Questa versione offrì alla esigente clientela di questo modello una scelta di motori dai 110 CV della turbodiesel d’accesso, introdotto nella serie precedente, ai 170 CV del potente benzina 2.3 litri a cinque cilindri VR5 di derivazione Audi. Al centro dell’offerta c’era un 1.8 litri turbo a benzina, un quattro cilindri in linea con cinque valvole per cilindro che erogava 150 CV, capaci di spingere la quarta serie della Golf GTI da 0 a 100 km/h in 8,5 secondi e fino a una velocità massima di 216 km/h.
Prestazioni pressoché identiche venivano raggiunte dal turbodiesel più potente, che nell’evoluzione finale raggiunse anch’esso i 150 CV che le consentirono di avvicinare il benzina rendendo questa versione più accettabile anche da parte della clientela più conservatrice.
Per celebrare i 25 anni, venne realizzata la serie speciale GTI Edition 25, con produzione limitata a 3.000 esemplari. Oltre alle appendici aerodinamiche dedicate, in tinta con il colore carrozzeria, questa Golf GTI speciale montava il turbo a benzina di 1.8 litri che portato a 180 CV consentiva un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 7,9 secondi e una velocità massima di 222 km/h.
In totale, furono prodotte 164.859 Golf GTI quarta serie.
La Golf GTI quinta serie (2004-2008)
Con la quinta generazione, presentata al Salone di Francoforte nell’autunno del 2003 e commercializzata da fine anno, si evolve ulteriormente nell’estetica, senza comunque cancellare il passato, anzi il segreto del suo successo è proprio questo, essere immediatamente riconoscibile proprio grazie a un volontario rifiuto degli stilisti verso un’innovazione più radicale.
Una tradizione addirittura enfatizzata da elementi che richiamavano la prima GTI, come il profilo rosso attorno alla calandra anteriore e il rivestimento dei sedili a quadri. Tuttavia l’innovazione tecnologica non si arresta e insieme a una carrozzeria assemblata in automatico e saldata con tecnica laser fu adottata la sospensione posteriore multilink a quattro bracci.
Oltre a questo la sinergia con Audi si intensificò utilizzando molte parti in comune con la coeva A3. Il motore era un 2.0 litri TFSI turbo a benzina, capace di erogare 200 CV, poteva essere accoppiato al nuovo cambio a doppia frizione DSG a sei rapporti, per consentire alla Golf GTI di accelerare da 0 a 100 km/h in appena 6,9 secondi e toccava i 233 km/h.
Per celebrare i primi trent’anni, nel 2006 fu presentata la GTI Edition 30, con il 2.0 TFSI portato a 230 CV, cerchi da 18” e il pomello del cambio che dopo trent’anni mantiene la forma di pallina da golf, come sulla prima serie. Stessa potenza massima per un’altra serie speciale, la Golf GTI Pirelli del 2007: un omaggio all’omonima versione allestita sulla prima generazione.
In totale, furono prodotte circa 181.800 Golf GTI quinta serie.
La sesta serie (2009-2012)
A capo del design del Gruppo Volkswagen è da poco arrivato Walter de Silva e quella di sesta generazione è la prima Golf che esce sotto la sua guida. Questa in sintesi, la sua visione della vettura: “Abbiamo disegnato la Golf con un’architettura nuova, più precisa. La Golf è un’icona, un punto di riferimento per tutto il mondo dell’automobile. Ed è per questo che anche il nuovo modello è una vera Volkswagen: semplice, universale e inconfondibile”.
La ‘sei’ appare con un look più sportivo e nitido: “La nuova Golf è più accentuata”, aggiunge de Silva, “più tridimensionale dei modelli che l’hanno preceduta: con linee e angoli ben definiti, con spazi concavi e spazi convessi sapientemente proporzionati e precisi”. Klaus Bischoff, responsabile del design Volkswagen aggiunge: “Ogni dettaglio è stato curato rigorosamente per aumentarne il valore”.
Si assiste infatti a un ulteriore aumento della qualità costruttiva, un processo già avviato con la quarta serie, che contribuisce a portare nel segmento C una qualità vicina a quella delle vetture premium. Tra i tratti più salienti spiccano il frontale dai lineamenti nitidi come sulla prima Golf e la forma del montante posteriore, già peraltro perfezionata con l’arrivo della quarta generazione.
Il tetto della nuova Golf poggia su spalle larghe e grintose, frutto della linea pronunciata che unisce i proiettori anteriori ai gruppi ottici posteriori. Una ‘linea di carattere’ che esalta la presenza e rende grintosa la vista laterale su strada.
Novità assoluta nella gamma GTI l’introduzione, avvenuta nel 2012, della prima versione Cabriolet, dotata di capote elettrica in tessuto. La GTI decappottabile accelerava da 0-100 km/h in 7,3 secondi e raggiungeva i 237 km/h (235 km/h con il cambio DSG). Il motore era un nuovo 2.0 litri TSI da 210 CV e 280 Nm, lo stesso che permetteva alla variante chiusa di accelerare da 0- 100 in 6,9 secondi e di raggiungere i 240 km/h di velocità massima (238 km/h col cambio DSG).
Sul lato tecnico la sesta generazione della Golf GTI ridefinì il concetto di trazione, grazie al differenziale autobloccante a bloccaggio elettronico XDS di serie. Anche in questa serie non mancarono le versioni speciali: la GTI Edition 35 del 2011 aveva un 2.0 litri TSI portato a 235 CV ed era capace di toccare i 247 km/h di velocità massima.
In totale, furono prodotte 199.903 Golf GTI sesta serie.
La Golf GTI settima serie (2013-2020)
Nel 2013 la settima generazione della Golf entra nell’era dell’elettrificazione, della connessione e della più evoluta assistenza alla guida che fa da premessa alla futura guida autonoma. E’ sempre una Golf ma si evolve per restare al passo con la concorrenza, che nel suo segmento è sempre più forte e dotata di contenuti tecnici ed estetici mirati a contenderle la preziosa clientela.
Nella gamma, comunque, la GTI mantiene il suo posto come versione top in termini di prestazioni e lo fa con un motore 2.0 litri TSI declinato in due diversi livelli di potenza: 220 CV nella versione ‘standard’ e 230 CV per la GTI Performance dotata inoltre di un nuovo differenziale autobloccante.
All’inizio del 2016 la affianca l’inedita e ancora più potente versione Clubsport da 265 CV, che possono per brevi tempi, quando serve un po’ di spinta in più, arrivare fino a 290 CV, grazie alla funzione ‘boost’. Lo scatto da 0-100 km/h scende a 6,3 secondi e i 250 km/h di velocità massima danno il senso delle sue straordinarie prestazioni, oltre che dell’evoluzione della Golf GTI a quarant’anni dalla sua nascita.
Se già nella Clubsport il confine tra un’auto di serie e una purosangue da competizione è molto sottile, nella GTI Clubsport S, presentata nel maggio 2016 al Wörthersee, il confine è superato: l’edizione limitata a 400 esemplari è una tre porte a due posti che, grazie al 2.0 TSI da 310 CV, infrange il record sul giro per vetture di serie a trazione anteriore sul circuito Nordschleife del Nürburgring, fermando il cronometro sul tempo di 07:49:21.
Nel 2017, l’aggiornamento della Golf VII interessa anche la GTI, proposta con potenze rispettivamente di 230 CV per la standard e 245 CV per la versione Performance. La serie speciale che chiude la storia di questa generazione è la Golf GTI TCR: il suo 2.0 TSI eroga 290 CV e 380 Nm di coppia massima, che le permettono di passare da
0-100 km/h in 5,6 secondi e di arrivare fino ai 260 orari di velocità massima, grazie all’abolizione del limitatore di velocità.
Nel 2020 si entra quindi nell’era della Golf VIII, l’ottava generazione di questa icona che traghetterà questa vettura nei suoi primi cinquant’anni di vita. Ovviamente, al fianco della gamma che come sempre offrirà un’ampia scelta di motorizzazioni, benzina, diesel, metano, ibrida plug-in, e poi anche elettrica, ci sarà anche la cara, vecchia GTI, che coi suoi 245 CV e i 250 orari continuerà a fare sognare i 18enni del 1976 e le nuove generazioni di automobilisti.