Vogliamo celebrare, con questo articolo, una delle vetture più innovative e di successo prodotte dalla FIAT. La 128 si guadagnò proprio 50 anni fa, nel 1970, il titolo di ‘vettura dell’anno’. Una storia che farà tornare alla mente dei bei ricordi ai lettori di Auto Tecnica.
Rivoluzione rock
Nel 1969 accaddero fatti che non solo stravolsero e condizionarono fortemente il decennio successivo ma hanno avuto effetti di cui ancora oggi viviamo i postumi. E tra questi, l’uomo sulla Luna rappresentò il passaggio epocale a una nuova era contraddistinta da una grande ansia di modernità favorita da un velocissimo progresso tecnologico.
La musica vide nel ’69 la nascita di una delle rock band più apprezzate, sicuramente la più innovatrice, che cambiò e condizionò la musica rock da quell’epoca in poi: i Led Zeppelin. Ma la 128 cosa c’entra? Direte voi… Tranquilli, un po’ di pazienza e capirete. I Led Zeppelin nascono dalle ceneri di una band, dai più dimenticata ma ancora oggi nel cuore dei più appassionati, che si chiamava Yardbirds e che verso la fine degli anni ’60 poteva contare su una notevole fama (appare anche nel filmo Blow Up, il capolavoro di Michelangelo Antonioni) e che lanciò sul proscenio del successo tre chitarristi del calibro di Jeff Beck, Eric Clapton e Jimmy Page. Si trattava di una vera e propria accademia del virtuosismo che però nel ’68 si era già sciolta negli abusi degli acidi lisergici perpetrati dai suoi protagonisti. Jimmy Page, esasperato dalle vicende intricate degli Yardbirds cercò di formare una nuova band, autogestita e indipendente a tutti gli effetti e fondò i mitici Led Zeppelin che uscirono ufficialmente con il loro primo album il 12 gennaio del 1969. Da lì al settembre del 1980 fu un susseguirsi di successi planetari finché il gruppo interruppe la sua attività per la tragica morte del suo batterista, il funambolico John Bonham.
Rivoluzione FIAT
A Torino l’idea concreta di sostituire la gloriosa 1100 con un nuovo modello prese già forma tra la fine del 1964 e l’inizio del 1965 quando ai piani alti della FIAT, stravolgendo la caratteristica propensione sabauda del ‘bogianen’, si convinsero che si doveva optare per la trazione anteriore. Gli studi portati avanti dall’Ing. Dante Giacosa alla SIRA (Società Industriale per le Ricerche Automobilistiche) e il buon successo commerciale ottenuto dalla Primula, prodotta dalla FIAT e commercializzata dall’Autobianchi, convinsero il management torinese ad avviare presso l’Ingegneria Avanzata il progetto contraddistinto dal codice interno X1/1 poi ricodificato, nel passaggio dai vari tavoli progettuali, in Progetto 128.
La berlina media, che in casa FIAT aveva rappresentato dal dopoguerra uno dei modelli più importanti, si apprestava a subire una vera e propria rivoluzione creando attese e aspettative nella sostituzione della gloriosa 1100 che con la R era ormai giunta alla fine del proprio ciclo evolutivo. Il pubblico poté vedere le prime immagini del nuovo modello sui giornali di domenica 30 marzo 1969. Nel comunicato stampa diffuso dalla FIAT si richiamava l’attenzione dei giornalisti e dei lettori alla grande novità di un’autovettura completamente nuova, meccanicamente e tecnologicamente moderna e del tutto difforme dalla 1100; dall’altro, per rassicurare una clientela di per sé piuttosto tradizionalista, si voleva sottintendere che la 128 era in fondo una nuova 1100 concettualmente più evoluta mantenendo il concetto ben consolidato della classica berlina a tre volumi. La 128 con la nuova architettura a motore trasversale e trazione anteriore era lunga 10 centimetri meno della 1100R ma aveva un’abitabilità interna decisamente superiore, grazie soprattutto alla mancanza del ponte sotto il quale era alloggiato l’albero di trasmissione.
Cosa accomuni dunque la 128 con i Led Zeppelin mi sembra assai chiaro. Entrambi nascono sulle ceneri di un progetto pilota ed entrambi sono portatrici di una forza innovativa che dominò tutto il decennio seguente con importanti influenze anche ai giorni nostri. I rivoluzionari anni ’70 erano alle porte, ma a Torino e a Londra iniziarono con qualche mese di anticipo…
A un progetto che meccanicamente rappresentava una svolta epocale, almeno per la FIAT, si decise di optare per un vestito il più tradizionale possibile e fu così che i designer del Centro Stile FIAT coordinati da Gian Paolo Boano, idearono delle linee estremamente tese con superfici ampie e piane movimentate da leggere nervature volte a dare un certo slancio. Le maniglie delle porte erano incassate e poche concessioni vennero fatte agli ornamenti cromati. Il frontale, con la famosa calandra a nido d’ape, incorniciava due generosi proiettori tondi e gli indicatori di direzione anch’essi di dimensioni piuttosto estese e montati sugli spigoli. La coda, molto razionale, racchiudeva un bagagliaio accessibile e capiente anche in virtù della collocazione della ruota di scorta nel cofano motore. Le luci posteriori erano ben visibili, con catadiottri montati sotto di essi, in ottemperanza a una evidente maggiore attenzione alla sicurezza in termini di visibilità.
La Prima Serie
Il lancio della 128 avvenne il 30 marzo del 1969 nelle versioni a due e a quattro porte a cui si affiancò, nel mese di novembre, la giardinetta. La versione a due porte, che si differenziava da quella a quattro per pochi dettagli (frontale, fiancate e montante posteriore) fu commercializzata per andare a contrastare sul mercato europeo modelli come l’Opel Kadett e la Ford Escort che già offrivano tale variante.
In Italia il successo della due porte fu piuttosto timido e la FIAT utilizzò le scocche invendute per il lancio nel 1971 della versione più spinta e sportiva della 128, la Rally, col motore di cilindrata portata da 1.116 cc a 1.290 cc (86 x 55,5 mm) e relativo incremento della potenza da 55 a 67 CV a 6.200 giri/min. La velocità massima che passava da 140 a 150 chilometri orari e oltre a questi allettanti dati prestazionali c’erano tutti gli ingredienti per accontentare il giovane sportivo o il meno giovane che desiderava un’auto tutto sommato comoda come la berlina ma con più spunto e maggiore aggressività. La Rally fu, cavalcando anche l’onda della moda del momento, un buon successo commerciale.
Sulla 128 era stata posta una particolare attenzione anche al tema della sicurezza passiva; la scocca era stata progettata con una cellula particolarmente rigida a protezione dei passeggeri con zone anteriori e posteriori a deformazione progressiva per assorbire al meglio gli urti; il serbatoio era collocato in posizione protetta sotto il pavimento posteriore e sia all’interno dell’abitacolo che all’esterno si erano evitati il più possibile elementi sporgenti.
Dal punto di vista della meccanica la 128 era completamente diversa non solo dalla sua progenitrice, la 1100 R, ma anche dal resto della produzione FIAT, che in questa classe di cilindrata proponeva la 124. Il motore quattro cilindri montato trasversalmente e leggermente inclinato in avanti, progettato dall’ingegner Aurelio Lampredi,
il cambio a quattro marce e il differenziale dal quale partivano i due semiassi coi giunti omocinetici per trasmettere la coppia alle ruote anteriori e tutti gli organi meccanici erano nuovi ed erano stati progettati nell’ottica di una produzione di grande serie che raggruppasse il meglio dell’ultima tecnologia disponibile senza alcun vincolo con il passato. Nei piani industriali di Mirafiori c’era infatti l’obiettivo di vendere la nuova 128 non solo ai clienti della 1100R ma anche a quelli che volevano fare un deciso passo avanti rispetto alla popolare ed economica 850.
Il motore era un compatto quattro cilindri superquadro (80 x 55,5 mm), raffreddato ad acqua di 1.116 cc con distribuzione ad albero a camme in testa azionato da cinghia dentata, un’innovazione per l’epoca che lasciò inizialmente perplessi i più conservatori ma che si rivelò vincente dal punto di vista dei costi e anche dell’affidabilità, a patto di non transigere sugli intervalli di sostituzione indicati dalla Casa.
Era un propulsore dalla natura sportiva, Lampredi proveniva dalla Ferrari, la cui lubrificazione forzata era realizzata con una pompa ad ingranaggi e che forniva prestazioni piuttosto elevate, con 55 CV erogati a 6.000 giri/min e una velocità massima di circa 140 km/h. I freni erano di tipo misto con dischi all’anteriore e tamburi posteriori. Il cambio era a quattro marce più retromarcia, tutte sincronizzate, lo sterzo era del tipo a pignone e cremagliera con piantone snodato in tre tronchi per ragioni di ergonomia e sicurezza in caso di incidente. Le sospensioni erano a quattro ruote indipendenti con le anteriori che adottavano il classico schema MacPherson con barra stabilizzatrice e le posteriori con una balestra trasversale e trapezi inferiori in lamiera stampata con ammortizzatori telescopici.
L’allestimento interno era piuttosto tradizionale ma con accenti di modernità e attenzione alla sicurezza; la plancia, novità per l’epoca, non aveva più la lamiera a vista ma era imbottito e rivestito di materiale antiriflesso e antiurto, la strumentazione risultava ben leggibile e completa per la categoria dell’auto; le leve di comando erano ben posizionate, era presente, prima volta in casa FIAT, il tergicristallo dotato di intermittenza. I rivestimenti interni erano in finta pelle di colore nero, marrone o rosso a seconda dell’abbinamento con la vernice esterna che prevedeva otto alternative, tutte pastello: rosso sport, giallo positano, bianco, verde oliva, blu cannes, blu scuro, grigio garda e, con sovrapprezzo, nero. La Rally era disponibile in rosso arancio, giallo oriente, colori di gran lunga preferiti per il loro ‘appeal’ sportivo, oppure bianco, grigio o verde.
La produzione della 128 fu avviata nel moderno stabilimento di Rivalta di Torino dove si procedeva, oltre all’assemblaggio, all’intero ciclo della lastratura e al collaudo finale, mentre i componenti meccanici provenivano dallo stabilimento di Mirafiori. Quando venne commercializzata la 128 costava 875.000 lire e si posizionava esattamente al livello della 1100R che al momento di uscita di produzione costava 885.00 lire.
Le serie successive
La 128 era dunque una vettura estremamente moderna che non faticò ad affermarsi anche oltre confine, tanto che il 40% degli esemplari era venduto all’estero contribuendo a fare della Casa di Torino il maggior produttore europeo di automobili. D’altronde, non è leggenda ma verità, quando i manager di Volkswagen, nei primi anni’70 chiamarono a Wolfsburg Giorgetto Giugiaro per commissionargli il progetto di un nuovo modello che sostituisse l’ormai vetusto Maggiolino, gli fecero trovare in una stanza una Fiat 128 completamente smontata da cui gli chiesero di attingere il più possibile per la realizzazione della futura GOLF che fu un altrettanto successo commerciale e che portò VW a diventare uno dei maggiori player dell’industria automobilistica.
A tre anni e mezzo dal debutto, dopo oltre di un milione di esemplari venduti, in occasione del Salone dell’Automobile di Torino del 1972, la 128 fu oggetto di un primo leggerissimo restyling; una nuova mascherina con il logo Fiat rinnovato e racchiuso nei quattro rombi che caratterizzerà da lì tutti i modelli, le maniglie delle portiere nere, l’eliminazione dei rostri ai paraurti sostituiti da una fascia di gomma nera antiurto, nuove coppe ruota; all’interno faceva sfoggio un volante dal design più moderno e nuovi rivestimenti dei sedili; nella meccanica l’unica variazione era l’aggiunta del servofreno, come sulla Rally, e dell’alternatore al posto della dinamo. In realtà già nel progetto iniziale l’impianto elettrico contemplava l’utilizzo dell’alternatore al posto della dinamo ma i magazzini pieni di dinamo convinsero i vertici aziendali a smaltirle nella fase iniziale di produzione tant’è che l’auto del nostro servizio, che è una prima serie ma che è stata immatricolata alla fine del 1971, ha già l’alternatore ed il lunotto termico come il restyling del ’72.
La gamma della 128 fu completata, con il lancio alla fine del 1971, della versione Sport Coupè. Si trattava di un modello che sarebbe dovuto andare a coprire la nicchia di mercato fino ad allora presieduta dalla 850 Sport ma con l’intento di offrire un’autovettura più sportiva e prestigiosa. La 128 Sport Coupè fu proposta in due diversi allestimenti, S ed SL, quest’ultima con migliori rifiniture, e in due diverse motorizzazioni; l’entry level era il classico 1.116 cc della berlina portato, con un diverso carburatore, dai 55 cv iniziali a 64 cv a 6.000 giri/min, in alternativa il 1.290 cc della Rally con più performante albero a camme che aumentava la potenza dai 67 cv iniziali a 75; le velocità massime raggiunte erano rispettivamente di 150 e 160 km/h.
Nel maggio del 1974 la Fiat, che era diventato il maggior costruttore europeo di automobili anche grazie alle vendite della 128, decise di ampliare ulteriormente l’offerta della sua berlina media offrendo la disponibilità della motorizzazione 1300 anche sulla gamma base. Nacque così la versione Special, con una potenza invariata di 55 cv ma con una coppia migliorata ai bassi e medi regimi ed una velocità che arrivava ai 145 km/h. Gli allestimenti risultavano più curati e confortevoli con una plancia di nuovo disegno e maggiori imbottiture e veniva dotata di serie di alcuni optional quali la luce di cortesia, l’accendisigari, il termometro dell’acqua ed il comando elettrico del lavavetro. La gamma colori si arricchiva dei metallizzati con l’azzurro,il grigio e più tardi il bronzo; esteriormente si distingueva per la diversa calandra anteriore, le molure sulle fiancate e le luci di retromarcia aggiunte sui fanali posteriori.
Nel maggio del 1975 venne fatto il lancio della 128 3P, una berlinetta a tre porte che manteneva la meccanica e parte anteriore, con leggere modifiche, della precedente Sport Coupè e la parte posteriore completamente rivisitata con l’introduzione del portellone che conferiva al modello l’immagine un po’ anticonvenzionale di una sportiva e familiare allo stesso tempo,con quattro posti comodi ed un capiente bagagliaio, anticipazione stilistica di quelle che diverranno poi le shooting-brake dei giorni nostri.
Nel maggio del 1976, dopo sette anni di produzione, la Fiat presentò la nuova 128. I forti cambiamenti sociali che caratterizzarono quei sette anni avevano profondamente stravolto lo scenario automobilistico internazionale e la 128, che tutto sommato era una vettura tecnicamente ancora attuale, venne aggiornata con interventi che la resero ancora molto appetibile per la clientela appartenente alla fascia media che apprezzava le linee classiche. La meccanica, rimasta sostanzialmente invariata, era stata migliorata con interventi mirati per incrementare la già ottima affidabilità come i nuovi sincronizzatori Borg Warner per la prima e seconda marcia, i semiassi di maggiore diametro, i freni migliorati, il regolatore di tensione per l’alternatore; venivano anche allungati i rapporti al ponte per aumentare la fluidità di marcia. L’estetica fu invece aggiornata in modo più evidente con interventi sul frontale e sulla coda; sparivano le già poche cromature con uso più massiccio di plastiche e materiali antiriflesso, venivano rinnovati i gruppi ottici posteriori ora di maggiori dimensioni. All’interno le modifiche più evidenti erano un nuovo cruscotto più imbottito, un nuovo volante di diametro leggermente inferiore e una nuova plancia portaoggetti con nuovi comandi di aerazione e riscaldamento. I sedili erano stati ulteriormente imbottiti e nella versione CL (Confort Lusso) erano dotati di appoggiatesta.
Nell’aprile del 1978 debuttò sul mercato la Ritmo che con la sua carrozzeria a due volumi rivoluzionò lo scenario del segmento C nel quale la GOLF stava spadroneggiando. La 128 prosegui ancora la sua onorata carriera sino alla metà del 1985 accontentando una sempre più esigua nicchia di clientela fedele ad una formula estetica ormai andata fuori moda.
Anche dal punto di vista della comunicazione la 128 rappresentò per la Fiat una grande opportunità di cambiamento e modernizzazione. Fu una delle prime automobili su cui fecero fortuna molte aziende produttrici di optional, in un contesto in cui l’automobile era un mezzo non solo di spostamento, ma anche un oggetto da curare e personalizzare a proprio piacimento.
Tra le curiosità da segnalare non posso tralasciare che Enzo Ferrari, in uno spot dell’epoca, guidava una 128 due porte blu per gli spostamenti quotidiani e che la 128, protagonista della quotidianità degli anni 70 nel bene e nel male era anche l’auto preferita dai terroristi in quanto facilmente rubabile, come raccontò uno dei capi storici delle BR Franceschini, …”la aprivi con una chiavetta apriscatole e quando c’eri sopra era talmente un’auto comune che passava inosservata”…
Ma la più curiosa tra le curiosità è quella della 128 del nostro servizio; venne acquistata nel 1971 da un signore, dipendente Fiat, che abitava a Torino in Corso Galileo Ferraris; dopo sei mesi, com’era peraltro prassi, la vendette ad un signore di origini pugliesi che all’epoca lavorava e risiedeva a Torino. Quest’ultimo al raggiungimento della pensione rientrò di nuovo al paese natio in Puglia senza separarsi dalla sua 128 fino a quando non venne ereditata dal nipote. L’attuale proprietario che l’ha acquistata in Puglia dall’erede ha riportato la 128 a Torino e la parcheggia in un garage che è proprio di fronte all’abitazione del primo proprietario… Quando si dice che in certi casi anche le automobili possono avere un’anima!
(Testo Alessandro Cerruti – Foto Franco Daudo)