Sviluppate sulla base della 812 Superfast, le barchette in serie limitata si distinguono per lo stile leggendario e l’esperienza di guida unica.
Dopo un’attesa di circa un anno dalla presentazione avvenuta nel 2018, sono iniziate le consegne dei cinquecento esemplari di Ferrari Monza SP1 e SP2 ai fortunati acquirenti.
Si ispirano alle vetture “barchette” da competizione degli anni ’50 (la prima della casa di Maranello fu la 166 MM del 1948), caratterizzate dalla totale assenza della capote e del parabrezza.
Realizzate sia in versione monoposto (SP1) che biposto (SP2), sono già diventate delle “istant classic”, grazie non solo all’esclusività della serie limitata, ma anche in virtù dei tratti stilistici che richiamano al passato, rivisitati in chiave moderna.
Un design puro, più vicino a una concept car che a un’auto prodotta in serie, ottenuto con due volumi che sembrano due gusci, divisi in modo netto da una modanatura che scorre sulle fiancate.
L’assenza delle maniglie esterne è una scelta estrema per non intaccare la purezza delle forme e per aprire i piccoli sportelli, incernierati in alto in modo da avere un movimento diagonale, occorre utilizzare le fettucce di pelle che fuoriescono dai pannelli portiera interni.
Curioso notare che tale configurazione, senza parabrezza, non è omologabile negli USA, ma nonostante ciò, tantissimi collezionisti oltreoceano hanno voluto possederne una, per un costo impegnativo, a partire da 1,6 milioni di euro.
Analizziamo i concetti tecnici chiave di questa vettura, così particolare e unica nel suo genere.
“EN PLEIN AIR”
Una delle sfide più impegnative per i progettisti è stata quella di far fronte all’assenza di protezione dal vento: dallo studio aerodinamico è nato un nuovo dispositivo brevettato, chiamato “Wind Shield Virtuale”, in grado di deviare il flusso d’aria verso l’alto, mitigando l’impatto dell’aria sul viso del pilota.
Il sistema, integrato nel cupolino sopra al quadro strumenti, è caratterizzato da un passaggio aerodinamico, dove la parte superiore (bridge) è realizzata con un vero e proprio profilo alare in fibra di carbonio.
L’aria, che scorre sopra il cofano della vettura, viene parzialmente convogliata all’interno del passaggio, accelerata e infine diretta verso l’alto, creando un flusso verticale chiamato “upwash”.
Un flap, posto all’estremità del ponte superiore, causa una zona di depressione dietro di esso, aumentando la velocità del flusso verticale e facilitando la fuoriuscita dell’aria dal tunnel.
Lo scopo di questo flusso verticale è quello di proteggere il pilota dall’aria, creano una zona a bassa velocità (una bolla) attorno alla testa.
Alle due estremità del passaggio centrale, troviamo inoltre due passaggi più stretti, diretti verso l’esterno, che servono a convogliare aria alle estremità della bolla di bassa velocità, per diminuire il rumore aerodinamico e le forze aerodinamiche trasversali agenti sulla testa.
La realizzazione di questo dispositivo ha reso necessario prima una progettazione in ambiente virtuale (con software CFD) e poi una sperimentazione del sistema in galleria del vento, alternando i collaudatori a manichini strumentati con sonde di pressione.
La presenza dei collaudatori è stata fondamentale per fornire feedback, sia nella fase iniziale di definizione, che nella parte finale di validazione. Le prove con i dummies e i calcoli sono stati invece necessari all’apprendimento dei fenomeni complessi che regolano il flusso d’aria attorno alla zona dell’abitacolo.
Nonostante la raffinatezza del sistema, l’assenza di un riparo fisico rende comunque consigliato l’utilizzo del casco, specialmente se si procede a velocità sostenute.
Scelta quantomeno curiosa, quella di non equipaggiare anche il passeggero (nella versione biposto) del dispositivo di “Wind Shield Virtuale”: al suo posto, solo una piccola protezione verticale in policarbonato trasparente, dallo stile “retrò”, ma decisamente molto meno efficace nel contrastare l’afflusso d’aria.
MECCANICA DELLA SUPERFAST
Le Monza sono sviluppate sulla meccanica della Ferrari 812 Superfast, della quale ereditano tutto, a partire dal motore V12 aspirato da 6,5 litri, il quale, grazie a una mappatura specifica, guadagna 10 cavalli arrivando a 810 cv a 800 giri/min, con una coppia massima di 719 Nm a 7000 giri/min, accoppiato al velocissimo cambio 7 marce con doppia frizione.
Un motore eccezionale, premiato nel 2018 agli International Engine of the Year come miglior motore oltre i 4 litri e come “Best New Engine”, con la particolarità di essere il primo propulsore ad accensione comandata ad aver introdotto un sistema a iniezione diretta a 350 bar, che permette di ridurre drasticamente l’emissione di particolato durante la fase di riscaldo del catalizzatore.
Assieme alla nuovissima 812 GTS, la configurazione della Monza permette di assaporare a pieno delle tonalità armoniche di questo dodici cilindri, provenienti dai quattro scarichi ma anche dal sistema di aspirazione.
Proprio a causa delle stringenti normative anti-inquinamento, che rendono difficili ulteriori sviluppi, rischia oggi di essere una delle ultime unità a 12 cilindri ad alimentazione naturale prodotte dal Cavallino.
Altre particolarità della Superfast, presente anche sulla Monza, sono la servo-assistenza elettrica e l’asse sterzante posteriore, sistema che rende la guida più facile, nonostante la lunghezza dell’auto di 4657 mm, dando la sensazione di avere un passo più corto di quello effettivo (2720 mm): per questo motivo il concetto è chiamato Passo Corto Virtuale.
DINAMICA DI GUIDA
Il basso centro di gravità e il peso contenuto (1500 kg a secco la SP1, 1520 kg a secco la SP2), dovuto all’assenza della capote e all’utilizzo esteso di materiali compositi in fibra di carbonio, permettono alla Monza di essere scattante, maneggevole ed equilibrata, soprattutto nei cambi di direzione.
Il feedback di sterzo è meno accentuato rispetto alla 812, pensato per un utilizzo meno estremo, contribuendo a un’esperienza di guida estremamente piacevole e mai impegnativa.
Ferrari dichiara le stesse incredibili prestazioni della Superfast per quanto riguarda l’accelerazione, (2,9s da 0-100 e 7,9s da 0-200), mentre la velocità massima viene sensibilmente penalizzata, a causa ovviamente del drag sfavorevole dovuto alla configurazione “open”, fermandosi a poco più di 300 km/h (invece che 340 km/h).
Alla guida, il pilota è avvolto dalla scocca alta, con la strumentazione a suo utilizzo esclusivo, come su un jet, sentendosi totalmente coinvolto nella guida.
L’assenza dei montanti regala anche un altro grande vantaggio al guidatore, perché permette di affrontare le curve visualizzando il relativo punto di corda con una maggiore facilità e sicurezza, avendo una migliore visibilità, senza angoli ciechi, come sulle monoposto a ruote scoperte.