Evoluzione nell’uso del turbocompressore

Evoluzione nell’uso del turbocompressore

Evoluzione nell’uso del turbocompressore – Il funzionamento di un turbocompressore è, per tutti coloro che ci seguono, cosa nota. Sinteticamente, possiamo dire che la sovralimentazione mediante turbocompressore è un sistema intelligente in cui una macchina dinamica viene accoppiata ad un motore alternativo affinché quest’ultimo raggiunga un’efficienza volumetrica elevata e, di conseguenza, una potenza e una coppia specifiche molto più elevate dell’equivalente motore aspirato. Il concetto su cui si basa il funzionamento di un turbocompressore è semplice: i gas di scarico in uscita dal cilindro vengono convogliati radialmente all’interno di una chiocciola che li porta ad impattare sulle pale di una turbina di tipo centripeto. Dopo essere entrati radialmente e aver scambiato energia con le pale della turbina vengono rilasciati all’esterno assialmente. La turbina che viene messa in movimento diventa la fonte energetica per la girante del compressore che è a lei collegata attraverso un albero. Il compressore, questa volta di tipo centrifugo, aspira l’aria esterna (in arrivo dalla cassa filtro) che procede lungo l’asse della girante e che successivamente viene spinta radialmente all’interno della chiocciola e quindi verso l’intercooler. Da qui, verso i condotti di aspirazione della testata del motore. Il bilancio energetico, non così semplice da fare, tra motore endotermico e turbocompressore è ovviamente un bilancio positivo. Bilancio che prevede di sottrarre energia utile ai gas di scarico che, al momento in cui escono dal motore, conservano ancora elevati valori di Entalpia. Bene, in questi ultimi anni, i turbocompressori hanno subito un’evoluzione incredibile. Vediamo quali sono le tecniche e le tecnologie messe in campo per renderli sempre più efficienti.

I turbocompressori di tipo Twin Scroll
In questo caso, l’accorgimento è molto intelligente, perché a fronte di un’estrema compattezza si possono ottenere prestazioni davvero interessanti. Nel turbocompressore di tipo twin-scroll la parte del leone la fa la zona calda del gruppo di sovralimentazione, ossia la turbina. In pratica, il tratto dei collettori di scarico che portano i gas alla chiocciola della turbina sono divisi in due parti, così come lo è la chiocciola stessa. In questo modo si possono separare i flussi dei gas in uscita dai diversi cilindri, ottimizzando le loro pulsazioni e facendo in modo che gli stessi non si ostacolino a vicenda. Ciò rende il turbocompressore molto pronto, eliminando quindi il suo fastidioso lag (ritardo di risposta).

Evoluzione nell’uso del turbocompressore

I turbocompressori in serie
Le parti attive del turbocompressore hanno una loro inerzia. I gas che colpiscono le pale della turbina devono metterla in movimento e la turbina, in quanto corpo dotato di massa, possiede una certa inerzia. La cosa si complica maggiormente se si pensa che la turbina, oltre a mettere in moto sé stessa, deve anche porre in rotazione il compressore centrifugo. Questo fatto assume importanza strategica quando si devono scegliere le dimensioni del gruppo di sovralimentazione, tenendo conto che più il gruppo è grosso e più inerzia avrà ma, allo stesso tempo, una volta messo in movimento, saprà gestire portate elevate alle quali corrisponderanno potenze e coppie elevate. Allora i costruttori si sono inventati i turbo in serie. Anche qui si tratta di una complicazione da un lato, ma di un’idea geniale dall’altro. Scegliendo un turbocompressore piccolo e uno grande, si può pensare di affidare il processo di sovralimentazione in corrispondenza delle portate più basse al turbo più piccolo, facendo entrare in gioco il turbo più grande quando il flusso dei gas in uscita diventa molto più elevato. Anche in questo caso, i benefici sono enormi, anche se la complicazione tecnica fa aumentare parecchio il costo del progetto e quello del motore finale.

Evoluzione nell’uso del turbocompressore

La turbina a geometria variabile
Il discorso che abbiamo appena fatto poco sopra in merito alle dimensioni dei turbocompressori trova piena applicazione anche in questo caso. Anzi. L’idea è quella di ottenere con una turbina sola l’effetto di più turbine separate. In pratica, il concetto del sistema a geometria variabile parte da un presupposto: la gestione delle portate di gas combusti in uscita dal motore può essere controllata facendo variare opportunamente le sezioni di ingresso. Si parte quindi da una chiocciola capace di gestire la portata massima, mentre le sezioni di passaggio si rendono variabili con opportune palette che possono essere ruotate per modificare la sezione stessa. In corrispondenza delle portate più basse, le palette si chiudono, perché altrimenti le sezioni di ingresso sarebbero troppo grandi. Mano a mano che la portata cresce, le palette vengono orientate in modo tale da ottenere la massima sezione possibile.

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Turbo a geometria variabile

Il doppio turbo
Esiste poi un’altra soluzione, anch’essa pulita e razionale. Quando i motori sono plurifrazionati, diciamo dai 6 cilindri in su, potrebbe avere senso prevedere due gruppi di sovralimentazione identici, da installare uno per ciascuna bancata. In questo caso, il singolo turbo dovrà essere dimensionato per gestire i cilindri di una bancata. Il risultato è una risposta pronta dei gruppi di sovralimentazione, grazie anche all’eliminazione delle sovrapposizioni di flusso dei gas che escono dalle due bancate.

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