E’ di poche ore fa il commento che Roberto Vavassori, Presidente ANFIA, ha rilasciato dopo l’esito favorevole della votazione della posizione negoziale che auspicava a una proroga dell’entrata in vigore della normativa Euro 7 sulle emissioni dei veicoli a motore.
Un passo importante verso anche una revisione della norma che, fatto salvo l’impegno da tutte le parti riconosciute sulla necessità di migliorare la qualità dell’aria, già con le ultime evoluzioni della Euro 6 ha drasticamente ridotto le emissioni.
Ecco il commento di Vavassori, così come trasmesso da ANFIA:
“Non possiamo che esprimere apprezzamento per quanto ha deciso oggi il Parlamento europeo sulla proposta Euro 7, perché siamo convinti che il proficuo confronto di questi mesi sia servito a far comprendere a molti decisori politici la complessità ed in alcuni casi l’irrazionalità di parti della proposta fatta dalla Commissione”.
“Le nostre osservazioni e proposte avevano questo scopo, tracciare un altro passaggio del percorso di transizione della nostra filiera con una visione normativa d’insieme, così da non rischiare di frenarla, ma piuttosto stimolarla in maniera pragmatica e razionale. Siamo fiduciosi che negli ultimi negoziati in trilogo si possa proseguire su questa strada.”
Euro 7: una lunga battaglia, tra tecnica e ideologia
Sulle pagine di Auto Tecnica abbiamo parlato tanto del nuovo standard Euro 7, seguendo tutta la sua evoluzione, a partire da marzo 2020 quando Bruxelles avviò le prime consultazioni.
All’inizio, l’Europa sembrava intenzionata a promuovere uno standard piuttosto restrittivo, soprattutto per quanto riguarda le emissioni dei motori endotermici diesel e benzina, con valori target molto stringenti, quasi utopistici, che avrebbero certamente fatto alzare bandiera bianca prematuramente a tantissimi Costruttori.
Infatti gli sforzi economici e tecnologici sarebbero stati tali da rendere sconveniente proseguire nello sviluppo dei motori endotermici per assecondare la nuova normativa.
Le proteste dei Governi degli Stati membri, dei Costruttori e delle Associazioni si sono fatte presto sentire, facendo ragionare i legislatori sulla revisione dei limiti, per non mettere in ginocchio l’intera filiera produttiva, che in Europa trova le sue fabbriche più importanti.
Un autogol che avrebbe tagliato migliaia di posti di lavoro, senza nemmeno dare il tempo alle industrie di riconvertire la produzione in motori elettrici, batterie e componentistica elettrica.
Dopo varie bozze, a settembre 2023, quella definitiva sembrava ormai cristallizzata, prevedendo un inasprimento dei limiti emissivi rispetto all’Euro 6, la regolamentazione di nuove sostanze pericolose, come l’ammoniaca (NH3) e i gas organici non metanici (NMOG), stabilendo anche limiti aggiuntivi per le emissioni di particolato dai freni e per le emissioni di microplastica dagli pneumatici, nonché regolamentando la durata delle batterie.
Ma ciò che preoccupava di più erano le tempistiche, praticamente irrealizzabili, visto che, mentre erano ancora in via di definizione molti aspetti tecnici, era stato fissato nel 2025 il target per l’applicazione dell’Euro 7 ai veicoli di nuova omologazione e nel 2026 per tutti i nuovi veicoli immatricolati.
Tre anni erano decisamente troppo pochi per poter sviluppare le tecnologie e le metodologie di test più adeguate.
Grazie al grande lavoro svolto dalle Associazioni automotive, tra cui ANFIA, a ottobre è arrivato un nuovo inaspettato dietrofront, che anche noi di Auto Tecnica avevamo giudicato come improbabile.
L’entrata in vigore dell’Euro 7 non sarà più nel 2025, ma nel 2030, dando così circa sette anni di tempo per sviluppare le nuove tecnologie, le infrastrutture e le metodologie di test.
Anche i limiti di emissione e le condizioni di test sono stati rivisti, e sono ora sostanzialmente in linea con quanto già previsto nell’Euro 6.
La posizione di ANFIA per voce del suo Presidente
Per capire meglio cosa è successo, allinearci agli ultimi sviluppi e ipotizzare gli scenari futuri, abbiamo fatto una chiacchierata con Roberto Vavassori, l’attuale Presidente ANFIA – Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, nonché Chief Public Affairs Officer e membro del Board di Brembo.
In rappresentanza delle Case e di tutte le industrie che gravitano intorno al mercato automotive, Vavassori è una voce importante nei tavoli europei dove da anni si discute riguardo al futuro del settore automotive.
Quali sono le ultime novità emerse dalle ultime negoziazioni?
“Ci sono due notizie positive. La prima è di qualche settimana fa: riguarda l’accordo firmato dal Consiglio sull’ottava bozza di testo della normativa”.
“Per farla breve, l’Euro 7 ci sarà, ma ricalcherà molto l’Euro 6, soprattutto per quanto riguarda le emissioni allo scarico dei veicoli leggeri”.
“La seconda novità riguarda la commissione ENVI (commissione per l’ambiente, ndr), titolare del dossier in seno all’Europarlamento, che si è espressa con un testo che sostanzialmente va a confermare quanto approvato dal Consiglio”.
“Siamo ora in attesa del voto della plenaria del Parlamento europeo, sperando che non vi siano levate di scudi”.
Come valuta, in sintesi, la nuova normativa Euro 7?
“È decisamente un compromesso. Coprirà tanti aspetti, ma non tutti sono normati, ad esempio le emissioni sugli pneumatici, per i quali i regolamenti tecnici non sono ancora stati scritti”.
“Arriva con un estremo ritardo, e quindi lascia meno tempo all’industria di adattarsi e di recuperare gli investimenti che sarà necessario fare”.
“Il lato positivo è che è una norma che per la prima volta copre le emissioni dei freni (PM) e degli pneumatici (microplastiche)”.
“Sulle batterie e sulla regolamentazione della loro durata è molto fumosa e quindi c’è ancora tanto lavoro da fare”.
“Rimangono ancora molte aree di miglioramento, una tra tutte il coordinamento della deroga per i piccoli costruttori, che ENVI non ha votato per non avere troppa ‘carne al fuoco’. Per esempio è assurdo come per la CO2 ci sia la deroga per i piccoli costruttori fino al 2035, mentre l’Euro 7 la preveda solo fino al 2030″.
“Quindi ci sono ancora degli affinamenti abbastanza importanti da apportare, che saranno discussi in occasione del voto dell’Europarlamento oppure nel trilogo successivo (che vede coinvolti i rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio dell’Unione europea e della Commissione europea, ndr)”.
Il prossimo avvicendamento politico europeo potrebbe cambiare nuovamente le carte in tavola?
“Dai rumors che si raccolgono a Bruxelles, sia in ambito Commissione che in Europarlamento, l’attuale maggioranza probabilmente sarà riconfermata”.
“Se ci sarà uno spostamento verso i partiti di destra, questo non andrà comunque a cambiare in modo sostanziale gli equilibri”.
“Anche se a volte si cerca un capro espiatorio, non dimentichiamoci che tutti i provvedimenti in ambito europeo, dal Green Deal fino al Fit for 55, sono state votati in modo coerente e unanime dai 27 Paesi”.
“Noi come ANFIA cerchiamo di lavorare molto a fianco del nostro Governo per indirizzare, per quanto possibile, le azioni dell’Italia in seno al Consiglio”.
“Incontriamo anche gli europarlamentari costantemente, per mettere al centro dell’agenda la competitività europea e dei singoli Stati”.
“Non è soltanto l’Euro 7 che si sta discutendo e che riguarda il nostro settore, infatti abbiamo anche Eco Design, la direttiva End Of Life Vehicle, e l’ESG (Environmental, Social e Governance, ndr) che dovrebbe essere esteso a migliaia di aziende in tutta Italia, con una serie di richieste vessatorie per quanto riguarda la reportistica per valutare la sostenibilità e l’etica degli investimenti”.
“Tutti questi provvedimenti non aumenteranno la competitività del nostro sistema produttivo e questo è semplicemente assurdo”.
“Non è il modo in cui l’Europa deve porsi, nel momento in cui si trova tra il Nord America che è diventato ultra-protezionista e l’Asia che è il più grande mercato del mondo. Siamo in una sorta di ‘bulimia’ regolatoria, come mi piace chiamarla, ma che non ci porta da nessuna parte”.
“Occorrerebbe fermarsi un attimo e fare il punto della situazione, perché così non stiamo facendo il bene dell’Europa”.
Cambierà la squadra del Parlamento ma le Commissioni tecniche rimarranno le stesse?
“Esatto. In questo momento l’Europarlamento vede effettivamente un rischio a lasciare troppa delega alla Commissione”.
“Potrebbe infatti rivelarsi critica, a seconda di chi andrà a insidiarsi, perché ovviamente gli atti delegati saranno ad appannaggio del nuovo insediamento”.
2Ci sarà quindi un vuoto, durante il quale continuerà a lavorare la struttura tecnica ma non la controparte politica”.
Entrando più nel merito della normativa, come valuta i nuovi limiti sul particolato emesso dai freni?
“Sui freni è in corso una bella sfida, fatta per l’ambiente, ma che ritengo accettabile e che si può vincere”.
“Certo c’è un ossimoro, perché le Case automobilistiche devono preparare gli impianti frenanti per le performance e la sicurezza, ma al tempo stesso devono prevedere un consumo ridottissimo, si parla di 1,5÷2mg emessi per km, pochissimo”.
“Si sta cercando di contemperare due mondi lontani tra loro. I componentisti, come Brembo, stanno investendo in ricerca e sviluppo e presentando le nuove tecnologie alle Case”.
“C’è ancora qualche incertezza sulle tolleranze, ci sarà infatti una differenziazione dei limiti in base al tasso di elettrificazione del veicolo, per cui più un veicolo è elettrificato e più potrà emettere emissioni dai freni”.
“È la prima volta che c’è una regolamentazione di questo tipo, ma fortunatamente pare che ci sia la volontà di fare degli assesment sulla normativa dopo che verrà implementata, per verificare se ci saranno margini di miglioramento”.
Oggi i veicoli elettrificati, essendo più pesanti, montano impianti frenanti più grandi…
“In effetti oggi stiamo vivendo un momento molto strano e contradditorio: più è elettrificato un veicolo, specialmente se è grande, e maggiore è la sua energia cinetica da dover gestire”.
“Siamo arrivati a produrre impianti frenanti con dischi che arrivano fino a 440 mm di diametro, più grandi dei dischi di un autoarticolato (che solitamente si ferma a 430 mm)”.
“Mi auguro che un domani, migliorando la possibilità di recupero dell’energia cinetica in frenata, si possa tornare ad avere dimensioni dei componenti più piccole”.
“Anche se il fattore sicurezza è imprescindibile e dovranno sempre garantire la frenata in caso di guasto della parte elettrica.”.
C’è stata un’apertura da parte dell’Europa sugli e-fuel, ma non sui biocarburanti, la partita è persa?
“Nelle premesse iniziali che hanno anticipato la stesura della normativa Euro 7 c’era scritto che, mentre gli e-fuel erano consentiti – con la Germania che ha insistito che venisse manifestato in modo esplicito a che condizioni lo fossero –, i carburanti da biomasse non lo fossero”.
“Quindi una negazione evidente, perché si è partiti da un’ideologia errata che dice che i biocarburanti tolgono aree coltivabili per l’agricoltura e quindi sono da bocciare”.
“In realtà, con Eni e Regione Lombardia abbiamo preparato già da tempo un manifesto sui biocarburanti, dimostrando che si possono usare gli scarti di produzioni (biocarburanti di seconda generazione) oppure aree marginali che non vanno a intaccare i terreni coltivati”.
“Ancora una volta bisogna superare una remora ideologica, andare sul concreto. L’ideale sarebbe ricavare carburante da rifiuti solidi urbani, come Eni sta provando a fare con un impianto pilota a Gela”.
“L’Italia e gli altri Paesi devono portare avanti queste battaglie, perché al di la dei tribalismi tra elettrico e endotermico, se avessimo a disposizione carburanti a bassa o nulla impronta carbonica già da oggi, faremmo un grandissimo favore all’ambiente”.
“L’Italia è campionessa di tecnologie di riciclo. Da sempre abbiamo la capacità e le idee per convertire in maniera positiva gli scarti”.
“Investire in questa direzione ci consentirebbe non solo di fare bene in Italia e in Europa, ma anche di vendere tecnologia al resto del mondo, che comunque userà il motore endotermico molto più a lungo di noi”.
“330 milioni di veicoli circolanti oggi in Europa dall’età media di 11 anni, se venissero alimentati con biocarburanti per il 20-30%, avrebbero un impatto enorme, da qui al 2035. Cosa succederà dopo? Lo deve dire il mercato”.
“Noi come ANFIA siamo per la neutralità tecnologica, è sciocco stare a discutere per i prossimi 12 anni, mentre invece potremmo fare cose concrete per l’ambiente fin da ora”.
“Quindi la partita è ancora aperta e in blocco, assieme agli altri Paesi della comunità europea, continueremo a chiedere l’apertura verso i biocarburanti”.
Dopo il 2035, come si potrà regolamentare l’alimentazione dei carburanti sintetici, proibendo ai veicoli di nuova omologazione di essere alimentati con carburanti tradizionali, che hanno le stesse specifiche tecniche?
“Le Commissioni stanno studiando colori del liquido e bocchettoni di alimentazione diversi per i carburanti sintetici, in modo da essere identificati e monitorati”.
“Inoltre, le pompe di servizio saranno controllate e piombate, per evitare manomissioni. Attenzione però ai costi, si stima che il carburante sintetico costerà almeno 3 volte tanto rispetto a quello fossile”.
Visto che limite dell’Euro 7 viene spostato molto a ridosso del 2035, è probabile un prematuro abbandono dello sviluppo dei motori tradizionali endotermici?
“La risposta sta proprio nel carburante e nei vettori energetici. Io credo che lo sviluppo delle tecnologie per l’elettrificazione andrà avanti senza sosta, con il principale obiettivo di far scendere i prezzi”.
“Ma rimarrà una nicchia di utenti che sceglierà ancora il motore endotermico. Tecnicamente la risposta è sì, ma una volta che ci sarà la neutralità tecnologica, concetto su cui ANFIA crede tantissimo, lasciamo che la tecnologia evolva e che l’ultima parola la dia il mercato”.