De Tomaso – Alfa Romeo Formula 1

Incredibile Alfa Romeo Giulietta. Proseguiamo la saga del mitico modello del “Biscione” parlando di Formula 1. Si, avete capito bene. Perché l’incredibile bialbero 1.3 evoluto per la Giulietta Sprint Veloce è arrivato persino a correre nei gran premi di Formula 1.

De Tomaso - Alfa Romeo Formula 1

Il quattro cilindri milanese, infatti, incrementato nella cilindrata fino a 1.500 cc e montato sulla monoposto realizzata dalla De Tomaso ha partecipato al Gran Premio d’Italia 1961 sia con Nino Vaccarella, iscritto dalla Scuderia Serenissima, sia con Roberto Bussinello, iscritto dalla Scuderia Isobele De Tomaso. Purtroppo entrambi furono costretti al ritiro.

Sviluppo bloccato

Un epilogo che, probabilmente, non rende giustizia al motore del Biscione preparato dal “mago” Virgilio Conrero, perché non ci furono i fondi necessari per portare avanti un adeguato lavoro di sviluppo. Infatti, nello stesso anno la F. 1 De Tomaso-Alfa Romeo venne schierata in altre tre gare extra campionato, ma poi il progetto fu abbandonato perché mancarono gli investimenti necessari all’adeguato sviluppo di un pacchetto sulla carta interessante. E’ un po’ la storia del gatto che si morde la coda, perché la mancanza di risultati di rilievo nelle prime gare disputate non attirò potenziali clienti, obbiettivo al quale aveva puntato il vulcanico imprenditore argentino, che smessi i panni del pilota aveva sempre pensato ad un business legato alle corse, realizzando piccole serie di vetture da corsa da vendere a clienti sportivi.

La spinta della passione

Infatti, posto che la storia imprenditoriale di De Tomaso ha certamente conosciuto luci e ombre, di una cosa si può certamente dare atto all’argentino: di essere sempre stato spinto, nel bene e nel male, nelle sue imprese industriali da una innegabile passione.

De Tomaso - Alfa Romeo Formula 1

Sia per quanto riguarda la produzione di automobili stradali sia per la realizzazione di auto da corsa. Una passione iniziata proprio con le corse, nei panni di pilota. Perciò vale la pena ripercorrere rapidamente la storia di Alejandro De Tomaso. Nato a Buenos Aires il 10 luglio 1928 da una delle famiglie più in vista dell’Argentina, con il padre Antonio che emigrato dalla provincia di Potenza da semplice muratore era diventato ministro mentre la madre apparteneva a una delle famiglie più facoltose dell’Argentina, Alejandro fin da giovane aveva manifestato un carattere piuttosto turbol

ento. Abbandonata ben presto la scuola fu spedito a lavorare in una delle tenute dalla famiglia. Nel 1949 debutta in veste di pilota nelle corse automobilistiche a Rosario, al volante di una Bugatti, e pare avviato ad una discreta carriera. Ma quasi contemporaneamente il rovesciamento politico che avviene nel Paese sudamericano porta al tracollo della famiglia De Tomaso e il giovane rampollo, accusato di essere coinvolto in un fallito golpe, deve riparare all’estero. Spinto dalla passione, nel 1954 giunge a Modena, allora fulcro del motorismo mondiale e, un po’ grazie all’esperienza maturata e un po’ sull’onda dei successi maturati da altri grandi campioni argentini quali Fangio e Gonzales, viene ingaggiato dalla Maserati, marchio per cui corre due stagioni prima di passare alla Osca dei fratelli Maserati, con l’aiuto dei quali avvia anche una piccola officina di elaborazione dei motori.

Marchio di famiglia

Nell’ambito corsaiolo modenese De Tomaso conosce anche la donna che contribuirà a dare una svolta alla sua vita: Elisabeth Haskell, anch’essa pilotessa, sorella del presidente di una grossa azienda americana partner commerciale di Ford e GM e proprietaria di un rilevante pacchetto azionario di quest’ultima lasciatogli dal nonno. Grazie al matrimonio con la ricca e appassionata americana, De Tomaso trova gli appoggi necessari per trasformare nel 1959, anno in cui decide di appendere il casco al chiodo, la piccola officina nella Automobili De Tomaso, adottando nel marchio la stessa “T” utilizzata in argentina per marchiare il bestiame nella fattoria del padre, con l’obbiettivo di realizzare automobili gran turismo stradali in piccola serie e vetture da competizioni destinate a piloti privati. Lo stesso anno, partendo da un telaio Cooper con alcune modifiche, prende il via il primo progetto di monoposto “marchiata” De Tomaso, una F. Junior che però non soddisfò le aspettative del costruttore argentino, il quale per l’anno successivo mise in cantiere la costruzione di una Formula 2 spinta da un motore twin-cam Osca di 1.5 litri. Partendo dalla base della monoposto di F. Junior, De Tomaso apportò diverse modifiche alla parte ciclistica e, soprattutto, alla carrozzeria, fatta realizzare in alluminio dalla nota Carrozzeria Fantuzzi di Modena, ottenendo delle linee molto filanti ed eleganti. Tuttavia, la neonata Formula 2 non corse mai: nel 1960 causa il prolungarsi dei lavori, ma soprattutto perché il cambiamento regolamentare che dalla stagione 1961 ridusse la cilindrata dei motori di Formula 1 a 1,5 litri diedero l’occasione al costruttore Argentino di accedere con la stessa monoposto addirittura alla massima categoria. De Tomaso, sempre con l’obbiettivo di produrre una piccola serie di monoposto da vendere a piloti e scuderie private, realizzò in totale quattro telai. Il primo, motorizzato Osca, fu schierato dalla Scuderia Serenissima nel Gran Premio di Francia a Reims per Giorgio Scarlatti, ma la velocissima pista francese evidenziò la poca competitività del binomio e l’esperienza terminò lì. Di conseguenza partì il progetto legato al motore Alfa Romeo normalmente montato sulla Giulietta Sprint Veloce, la cui preparazione fu affidata a Virgilio Conrero che oltre a portare la cilindrata da 1.3 a 1.5 litri, variando sia l’alesaggio che la corsa, modificò anche la lubrificazione, adottando una coppa a carter secco anche per poter montare il motore in posizione bassa come richiesto su una monoposto, e adottando la doppia accensione, montando lo spinterogeno direttamente calettato alla camme in testa e modificando le camere di scoppio per ospitare le doppie candele per cilindro. Ma anche in questo caso il progetto non decollò e, come detto, l’attività della F. 1 De Tomaso-Alfa Romeo restò limitata ad alcune presenze nella stagione 1961, tra cui il Gran Premio d’Italia a Monza.

Doppia accensione

La monoposto di questo servizio, numero di telaio 04, fu realizzata nel 1961, quindi nacque subito in versione F. 1 oltreDe Tomaso - Alfa Romeo Formula 1a presentare alcune differenze rispetto alle altre: di carrozzeria, con un musetto con la bocca a tutta larghezza e più corta al posteriore, di telaio, più robusto, e con un cambio Colotti a cinque marce anziché quello De Tomaso. La vettura, con il motore sperimentale di Conrero fu portata in gara a Monza nel Gran Premio d’Italia 1961 da Roberto Bussinello, che però fu costretto al ritiro. Quindi partecipò ad altre gare extra campionato condotta dallo stesso Bussinello e da Nino Vaccarella. La monoposto, passata sotto la proprietà della Scuderia del Portello una dozzina di anni fa, è stata sottoposta ad un restauro completo e poi schierata in diverse edizioni del Grand Prix Monaco Historique e in altre prestigiose manifestazioni internazionali. Il restauro della parte telaistica è stato eseguito dalla struttura dell’ingegnere Giampaolo Ermolli, mentre per quanto riguarda il motore dopo i problemi di messa a punto riscontrati con il propulsore dotato di doppia accensione si è passati alla versione più tradizionale, con lubrificazione sempre a carter secco ma accensione e spinterogeno tradizionali.

De Tomaso - Alfa Romeo Formula 1

Convenzionale

La De Tomaso Alfa Romeo è una monoposto decisamente convenzionale. D’altronde, dovendo realizzare una monoposto da vendere a team privati, peraltro senza grossi investimenti, non era certo il caso di inventarsi cose strane mentre era più logico realizzare un prodotto semplice e funzionale.

De Tomaso - Alfa Romeo Formula 1

Il telaio è il classico traliccio in tubi a sezione tonda, peraltro di dimensioni piuttosto generose in larghezza come tradizione dei telai Cooper dai quali deriva, che si prolunga nella parte posteriore integrando la centina a cui sono ancorate le sospensioni. Ai lati dell’abitacolo, come consuetudine all’epoca, sono posti i due serbatoi del carburante, mentre sul lato destro si trova

 anche quello dell’olio. Le sospensioni sono a doppio triangolo sovrapposto all’anteriore mentre al posteriore c’è un trapezio nella parte superiore, con il gruppo molla-ammortizzatore (Koni) in posizione verticale obliqua mentre le barre antirollio sono alloggiate in un tubo superiore del telaio sia all’anteriore che al posteriore. Facendo scorrere le ghiere di fissaggio delle molle sulla parte filettata del gambo ammortizzatore si può variare l’altezza da terra della vettura, mentre all’anteriore il camber si regola tramite l’uniball di ancoraggio del triangolo superiore al montante e la convergenza tramite l’apposito raccordo filettato del braccetto dello sterzo.

Al posteriore, invece,gli angoli di camber e convergenza si variano tramite i registri del trapezio superiore. L’impianto frenante, con circuito sdoppiato, ha doppie pompe freno collegate al pedale tramite un bilanciere con dei registri che consentono di ripartire la forza frenante tra i due assi, dischi freno da 270 mm e pinze a doppio pompante sulle quattro ruote, quelle anteriori da 5.50×15” mentre all’anteriore sono da 6.50×15”. La carrozzeria, in alluminio, è scomponibile in tre parti: un guscio inferiore che avvolge il telaio, una copertura superiore dell’abitacolo che integra anche il musetto e la copertura del motore che si chiude nella parte posteriore a carenare il cambio.

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Mitico bialbero Alfa Romeo

Il motore, nella sua versione più convenzionale, è il classico bialbero Alfa Romeo derivato dall’evoluzione realizzata per la Giulietta Sprint Veloce, con carburatori Weber doppio corpo da 40 mm, rapporto di compressione aumentato a 9:1 e collettori di scarico singoli.

De Tomaso - Alfa Romeo Formula 1Per la versione F. 1 la cilindrata è stata portata da 1300 a 1500 cc, tramite l’aumento dell’alesaggio, l’albero motore è stato alleggerito e bilanciato mentre bielle e pistoni sono di tipo speciale, così come il disegno degli alberi a camme e dei collettori di scarico, oltre alle valvole maggiorate. Anche la messa a punto degli speciali carburatori Weber 45 DCOE 14 è stata
adeguata. La lubrificazione mantiene il carter secco, con doppie pompe di recupero e mandata azionate da una cinghia e collegato da un alberino, mentre il raffreddamento del lubrificante è garantito da un radiatore posto nella parte bassa della fiancata destra, sotto la batteria dei carburatori, e quello del liquido dal radiatore anteriore. In questa versione, comunque non tirata all’estremo per garantire una buona affidabilità, il mitico bialbero milanese arriva ad erogare oltre 150 cv a 7.800 giri/min. Il cambio è un Colotti a cinque rapporti, con differenziale autobloccante meccanico. Proprio quest’ultimo particolare ha creato qualche diatriba in sede di verifica, dato che le altre monoposto De Tomaso montavano un cambio realizzato internamente, ma gli ingombri del suddetto cambio non combaciano con i punti di fissaggio sul telaio e con la culatta della carrozzeria, quindi l’adozione del cambio Colotti è da considerare una della altre differenze tra la monoposto del nostro servizio e le altre. Una  differenza, peraltro, suffragata da documentazione fotografica dell’epoca.

De Tomaso - Alfa Romeo Formula 1

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